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Autore: Leslie and Lalla    12/12/2009    1 recensioni
[Ispirata a L'Amore non va in Vacanza]
Loredana è vivace, affettuosa e disordinata, adora cantare, è circondata da amici e famiglia, vive sulla costa, ma sogna la montagna.
Cleo è un'artista riservata, timida e ancora un po' bambina, che vive tra i monti ma preferisce il mare cupo e gelido in inverno, alla neve fangosa delle sue parti.
Si incontrano per caso su facebook e decidono di scambiarsi le case per un periodo.
Fin qui, insomma, tutto bene, sempre se non calcoliamo Michele, l'affascinante fratello di Cleo, e Davide, il fotografo che somiglia terribilmente a Leo DiCaprio...
[Scritta a quattro mani, con due punti di vista diversi: quello di Lori e quello di Cleo]
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'All of Drawing a Song and Sequels'
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13. No good




Sabato 5 dicembre

Cleo's Pov.

Apro gli occhi che il sole è già alto e qualcosa di piccolo e fastidioso vibra sul comodino. Stupido telefono, io volevo dormire! Con uno grugnito di protesta, allungo la mano e lo afferro. Il display dice che è Michele... beh, c'era da aspettarselo. È tipico di lui, fare il guastafeste.
«Ti odio» annuncio, la voce impastata dal sonno.
La risata di mio fratello giunge familiare al mio orecchio e non riesco a fare a meno di sorridere. Mi manca.
«Buongiorno anche a te» dice infine, quando le risa cessano.
«Ti informo che stavo dormendo» annuncio, tirandomi le coperte sul viso e rannicchiandomi in modo da proteggermi dal freddo pungente. Ho dimenticato la finestra aperta.
«Lo avevo capito... è tipico di te dormire fino a mezzogiorno» sospira, in tono affettuoso.
«Non ci credo, non è mezzogiorno» sbotto, infastidita.
«Non crederci, tanto tu sei in vacanza» risponde, tranquillamente.
Okay, mi ha fatto venire il dubbio. Altra cosa tipica di mio fratello.
«Cos'era quella? Una specie di accusa? Sappi che non è colpa mia se tu hai deciso di insegnare greco ad un branco di capre e rovinarti l'esistenza» ribatto, acida.
Ride di nuovo. Beh, io non stavo scherzando, nonostante quello che abbia detto non lo pensi veramente. Almeno lui è felice, non è stato appena svegliato in malo modo da uno stupido cellulare.
«Volevi dirmi qualche cosa?» taglio, facendo gironzolare lo sguardo per la stanza.
«No, volevo solo sapere se eri viva, ma a quanto pare ho sbagliato a preoccuparmi... stai benissimo» replica lui, sarcastico.
Faccio schioccare la lingua contro il palato. «Per tua informazione, ieri sono quasi morta» ribatto.
«Ti sei schiantata contro un albero mentre contavi le nuvole?» chiede, sarcastico.
Sbuffo. «Guarda che non serve che cerchi di irritarmi, sono già arrabbiata con te per il semplice fatto che mi hai svegliata e io stavo dormendo.»
«Il fatto che ti ho svegliata sottintende che tu stavi dormendo, non serve specificarlo» precisa.
Alzo gli occhi al cielo. «E il fatto che tu sia mio fratello sottintende che io sappia che sei un prof di italiano, non serve specificarlo» ribatto, sarcastica.
Scoppiamo a ridere entrambi.
«Bene, e oltre al fatto che stavi per morire, come ti va?» chiede lui dopo un po'.
«Mah, non mi lamento... è pieno di persone simpatiche qui, e il posto è davvero... uhm.. pittoresco. Esattamente quello che cercavo. Probabilmente vivrò qui per sempre, ti mancherò?»
«All'inizio sì, poi mi comprerò un cagnolino scodinzolante e supererò il dolore.»
Scoppio a ridere di nuovo.
«E a te come va?»
«Tutto bene, le solite cose.»
Che bugiardo. Si capisce lontano un miglio che è successo qualcosa che non mi vuole raccontare. Che fratello ingrato, io gli raccontavo tutto da piccola: ogni giorno si doveva sorbire il resoconto dettagliato delle mie mattinate a scuola. Adesso che ci penso, probabilmente ero una palla, ma lui è mio fratello, è l'unico essere vivente al mondo che ha il diritto di non sopportarmi ma il dovere di volermi bene. Che gran figata.
«Bene, farò finta di crederti perché ho fame e voglio andare a mangiare» gli annuncio, sbadigliando.
«Ci credo, è mezzogiorno!»
«Piantala, non è vero.»
«Invece sì.»
«Invece no.»
Sento la voce di papà in sottofondo urlare qualcosa e Michele sbuffa.
«Devo andare, Cleo» annuncia, sospirando.
«Sì, anche io... ci sentiamo domani!»
«A domani!»
Chiudo la chiamata e getto il telefono da qualche parte sul letto, per poi ripiombare sui cuscini con un sospiro.
Guardo la sveglia sul comodino. Le undici e cinquantacinque. Lo sapevo che non era mezzogiorno. Sbuffando, mi alzo e mi trascino in cucina, ignorando completamente le pantofole. Mi guardo attorno, come se mi aspettassi di trovare qualcuno intento a preparare una colazione abbondante. Muoio di fame, eppure non posso mangiare più di tanto, perché tra meno di un'ora pranzerò. Sì, in effetti è un po' tardi, per alzarsi. Metto su il the e raggiungo il soggiorno, lasciandomi cadere sul divano con un sospiro. Oggi non farò assolutamente nulla, se non fare zapping davanti alla televisione, leggere, guardare qualche film e mangiucchiare quando ho fame. C'è stato un periodo, nella mia vita, durante il quale l'ozio era all'ordine del giorno, e sono diventata un'esperta. Allungo i piedi sul divano e li osservo, rabbrividendo. Primo obbiettivo all'ordine del giorno: trovare un paio di calzini.
A malincuore mi alzo e corro di nuovo su, per poi afferrare il primo paio di calze appallottolate e infilarle. Recupero anche una delle mie numerosissime sciarpe di cotone e me la avvolgo attorno al collo, per poi infilare una felpa sopra la maglietta del pigiama. Torno di sotto, canticchiando un motivetto senza capo né coda, infilo una delle bustine profumate nella teiera e la porto in soggiorno assieme ad una tazza decorata da un motivo floreale. Accendo la televisione e, con un sospiro, mi rannicchio tra i cuscini.
Non voglio pensare assolutamente a nulla, voglio solo rincoglionirmi un po', chiudermi in casa tutto il giorno. È un secolo che non lo faccio, e ne ho bisogno, specie dopo ieri sera. Verso il the nella tazza e la porto alle labbra, socchiudendo appena gli occhi, quando il liquido bollente mi scivola lungo la gola.
Il trillo del campanello mi fa sobbalzare. Chi diavolo è?
Mi alzo e, incerta, raggiungo il citofono. «Sì?» chiedo, aggrottando le sopracciglia.
«Sono Davide» dice soltanto lui, da sotto.
Sospiro e gli apro, per poi spalancare la porta d'ingresso e tornare ad accomodarmi sul divano. Perché è qui? Non aveva detto di avere “capito”? Ma capito cosa, esattamente?
Mi ci vogliono circa dieci secondi per rendermi conto che sono in pigiama, ho i capelli che vanno in tutte le direzione e probabilmente un alito che potrebbe stendere un branco di elefanti. Imprecando, raggiungo il bagno e mi ci chiudo dentro. No, non ho abbastanza tempo per una doccia, ma l'ho fatta ieri sera, perciò posso farne a meno. Mi spoglio velocemente e, mentre mi lavo i denti, mi guardo attorno in cerca di qualcosa da mettere. Benedico il mio disordine, quando individuo un reggiseno abbandonato sul tappeto. Dovrò tenere il pigiama... poco male, è un bel pigiama. Mi sciacquo la bocca e mi rivesto, per poi afferrare la spazzola e una matita per gli occhi. Di solito mi ci vuole mezz'ora per truccarmi, ma l'idea che Davide possa vedermi con la faccia-cadavere che esibisco appena sveglia mi provoca una fastidiosa stretta dalle parti dello stomaco e traccio veloce il contorno degli occhi, per poi completare l'opera con mascara e un velo di ombretto. Passo un sottile strato di rossetto sulle labbra e osservo il risultato finale. Non sono così male, almeno non sembro morta, e il pigiama potrebbe tranquillamente passare per una tuta per stare in casa, o qualcosa del genere.
Quando esco dal bagno, Davide è già entrato, e si guarda attorno perplesso.
«Oh, eccoti!» si illumina, quando mi vede.
Mi sento avvampare, davanti al suo sorriso. Mi costringo a ricambiare, relegando l'imbarazzo nell'angolo più inaccessibile della mia testa.
«Ehm... ciao» saluto, richiudendomi la porta alle spalle per nascondere il disastro che ho creato in pochi minuti.
«Ciao» fa lui, divertito.
Mi mordicchio il labbro, guardandomi attorno a disagio. Lui fa la stessa cosa. Forse sta aspettando che gli chieda il motivo della sua visita. Sto per aprire la bocca, quando mi rendo conto che mi ha scattato l'ennesima foto. Lo guardo male e, automaticamente, metto su un broncio divertito. Lui ridacchia.
«Non ho resistito» si giustifica, passandosi una mano tra i capelli.
Adoro quando lo fa, è terribilmente attraente. Mi ritrovo ad arrossire, mentre i miei pensieri si avvicinano a immagini decisamente poco caste. Dio, ma che mi prende?
«Cosa ti porta da queste parti?» domando con nonchalance, accomodandomi sul bracciolo del divano.
«Pensavo che potevamo fare un giro, se ti va...» propone, stringendosi nelle spalle.
Abbasso appena lo sguardo, lanciando uno sguardo alla finestra con aria svogliata.
«Oppure potresti rimanere qui con me a oziare... avevo una mezza idea di rivedere Titanic, magari con una grossa ciotola piena di popcorn e delle caramelle...» propongo, speranzosa.
Mi osserva divertito per un po', un sottile ghigno che gli increspa le labbra, poi annuisce.
«Andata!»

Una mezz'ora dopo, siamo seduti insieme sul divano, i popcorn sulle mie ginocchia e le caramelle sulle sue. Potremmo sembrare due amici che guardano un film, che è in effetti quello che siamo, se solo la piantassi di lanciargli occhiate furtive. Dio, sembro una ragazzina al suo primo appuntamento! Ho ventisette anni, non tredici, dovrei darmi un contegno. Mi siedo più dritta e mi infilo una caramella in bocca, concentrandomi sul film.
«Pensi che piangerai?» mi domanda Davide dopo un po', mentre affondo la mano nella ciotola dei popcorn.
Il the che stavo bevendo mi va di traverso e passo i successivi trenta secondi a tossire e sputacchiare come una deficente.
Che figura di merda.
Mi rimprovero, con una smorfia. Mi ci vuole un po' per rendermi conto che Davide sta ancora aspettando una mia risposta.
«Oh, beh... di solito piango, sì. Ti da fastidio?» chiedo, con voce sottile.
Si volta a guardarmi e sorride, per poi avvicinarsi con le labbra al mio orecchio.
«Ti confesso una cosa» mi sussurra, divertito. «Ho visto questo film diciassette volte, e per ora ho pianto alla fine di ognuna.»
Lo guardo sgranando gli occhi. Un ragazzo che piange guardando Titanic? Allora è vero che le anime gemelle esistono! Sto sorridendo, ma non me ne rendo nemmeno conto. Io Titanic l'ho visto solo quindici volte.
«Battuta da un ragazzo... non ci posso credere» sussurro, incredula.
Scoppia a ridere. «Non prenderla sul personale, le prime otto le ho viste da dietro il divano, mentre lo guardava mia sorella. Vedevo una scena su tre.»
«E hai pianto comunque?»
Annuisce con aria grave. «Sì, mi commuovo facilmente...» ammette, riluttante.
Il mio sorriso si allarga. «Chi lo avrebbe mai detto che uno sexy come te è un tenerone?»
Oh Cristo, l'ho detto ad alta voce. Torna indietro, rimangiati tutto! Dove cazzo è un telecomando, quando serve? Che figura del cavolo.
Non ho nemmeno il coraggio di guardarlo. Sprofondo tra i cuscini, rossa dalla punta dei piedi a quella dei capelli, cercando di fare finta di nulla. Lo so, cosa sta facendo. Si è girato a guardarmi con quel suo adorabile sorrisetto divertito, una punta di lusinga negli occhi, come per accertarsi che quello che ha sentito sia la verità. Chiudo gli occhi, cercando di sembrare a mio agio.
«Scusa un attimo» mi congedo, alzandomi. Cavolo, da quando la mia voce è così orribilmente acuta?
Lascio il soggiorno e mi chiudo in cucina.
«Stupida, stupida, stupida. Tuo padre te l'ha detto migliaia di volte, di collegare la lingua al cervello, e tu vai a dirgli che è sexy quando non dovrebbe nemmeno piacerti? Sei una stupida, Cleo. Che figura di merda, probabilmente sta pensando a quanto sono infantile. Oddio, e se pensasse che l'ho detto apposta? Oh, Dio... Dio, Dio, Dio!» sto parlando da sola, mentre giro attorno al tavolo gesticolando. Probabilmente non sembro molto normale, in questo momento. No, decisamente non sono normale. Oh mio Dio, sono pazza! È l'unica spiegazione razionale... sono una matta, dovrebbero rinchiudermi.
Sto ancora borbottando tra me, quando sento dei colpi leggeri contro la porta.
«Ehm, Cleo? Ti senti bene?» chiede la voce di Davide, perplessa.
Fantastico, mi ha pure sentita durante i miei sproloqui mentali ad alta voce. Perché? Che ti ho fatto di male? Cosa succederà adesso? Inciamperò sulla sedia e mi romperò l'osso del collo?
Come se tutto questo non sia già abbastanza comico, inciampo davvero sulla gamba di una sedia e perdo l'equilibrio, finendo lunga distesa con uno strillo.
«Cleo!» esclama, preoccupato, spalancando la porta.
Gli faccio un sorrisetto imbarazzato che dovrebbe voler dire “Non-ti-preoccupare-non-mi-sono-rotta-nulla” ma che ricorda più un “Lo-so-sono-una-pazza-furiosa”.
Davide mi guarda, occhi e bocca spalancati, per secondi che mi sembrano interminabili, poi, inaspettatamente, comincia a ridere. Quando mi riprendo dallo shock, noto che ha le lacrime agli occhi e si è appoggiato allo stipite della porta. Mi metto seduta e incrocio le braccia, leggermente offesa. Ho appena fatto due figuracce terribili di fila e lui mi ride in faccia? Cosa gli sembro, un clown? Metto il broncio, mentre continuo a guardarlo di sottecchi. Un minuto e, contro ogni mia previsione, comincio a ridere anche io, e nemmeno poco. Forse non sarò un clown, ma quello che è appena successo è talmente ridicolo...
Quando le nostre risate si spengono, mi rendo conto che si è seduto di fronte a me. Arrossisco e lui ridacchia di nuovo, per poi afferrarmi la mano. Si avvicina, e in pochi secondi sorpassa la distanza di sicurezza anti-bacio (trenta centimetri) e un allarme parte nella mia testa. Dovrei spostarmi, cercando di sembrare naturale, per poi tornare di là con qualche scusa stupida del tipo “non voglio perdermi il finale”, ma non lo faccio. Per quanto forte sia l'allarme, non riesce a scollarmi da lì, anzi, mi fa avvicinare a mia volta. Sento il suo respiro caldo sulle labbra e un brivido mi percorre la schiena.
«Sei adorabile, Cleo» mi sussurra, ad un centimetro dalle mie labbra, con un sorriso sghembo che mi fa quasi sussultare.
Sto per morire, me lo sento. È questione di secondi, ormai. Mi bacerà e io cadrò a terra morta per iperventilazione. Non sono mai stata così vicina a qualcuno senza poi baciarlo. È matematicamente impossibile non cedere, specie quando la voglia di saltargli addosso è forte anche da dieci metri di distanza.
Lo squillo forte del campanello ci fa sobbalzare entrambi, e lancio uno sguardo allarmato alla porta. Chiunque sia, ha trovato il portone di sotto aperto. Ma chi potrebbe essere, poi? Qui conosco solo Davide, o almeno, solo Davide potrebbe venirmi a trovare qui, e lui è già qui.
Restiamo per qualche secondo a guardarci, indecisi, poi mi alzo riluttante e raggiungo l'ingresso. Apro la porta, e per un secondo non mi viene un infarto.
Luca.
Apro e chiudo gli occhi un paio di volte, come per assicurarmi di non avere un'allucinazione. No, Luca è davvero qui, davanti a me, con quel suo sorrisetto malizioso che una volta adoravo, e che ancora adesso riesce a farmi fremere. Balbetto il suo nome con voce strozzata, mentre il suo sorriso si allarga appena.
«Già, ti sono mancato?» domanda, divertito.
Mi appoggio allo stipite della porta, sicura del fatto che le mie gambe non potranno reggermi ancora a lungo. Cosa diavolo ci fa lui qui? Lo credevo a Bolzano, avvocato di giorno e ubriaco di notte, invece è qui. Ma perché la mia vita deve essere così dannatamente complicata?
Guardo il suo volto, che stranamente non è cambiato per nulla dall'ultima volta che l'ho visto: un viso allungato, sul quale spiccano gli occhi azzurri, tendenti al verde, e un accenno di barba sul mento. Capelli a spazzola e sguardo da duro, uguale a com'era quando aveva quindici anni, solo forse un po' più adulto. I muscoli scolpiti sono perfettamente visibili sotto la maglietta aderente che si intravede sotto il giaccone, e la familiarità di quel corpo mi sconvolge.
Sono troppo shockata per sentire Davide che ci raggiunge, ma vedo lo sguardo di Luca spostarsi su di lui e farsi perplesso.
«E lui chi è?» domandano contemporaneamente, sospettosi.
Mi riscuoto e guardo prima uno, poi l'altro, disorientata. Fantastico, non solo Luca è qui, ma è qui mentre c'è anche Davide. Quanto può essere grave una cosa del genere? Sento la terra mancarmi sotto i piedi e la vista offuscarsi un momento. Ho bisogno di zuccheri.
«Davide, Luca, Luca, Davide» presento, massaggiandomi la fronte con un gemito.
Senza aspettare una qualche reazione da parte loro, torno i cucina e riempio un bicchiere di acqua, per poi scioglierci dentro due cucchiaini di zucchero. Fa schifo, ma magari mi farà sentire meglio. Davide mi raggiunge poco dopo, con aria irritata. Si chiude la porta alle spalle e mi guarda come in cerca di spiegazioni. Non gli rispondo e metto il bicchiere vuoto nel lavandino, per poi massaggiarmi le tempie con una smorfia.
«È chi credo io?» domanda.
Non riesco a capire l'emozione che accompagna la sua voce? Rabbia? Fastidio?
«Dipende» borbotto soltanto, chiudendo gli occhi.
«E che diavolo ci fa qui?» chiede ancora, senza curarsi del fatto che parlando a voce così alta in soggiorno si sente tutto.
La porta si apre e guardo con aria atona Luca entrare sogghignando.
«Sono venuto a trovare una vecchia amica, è forse vietato?» domanda, fingendosi sorpreso.
Davide lo guarda in cagnesco e io mi passo una mano tra i capelli. Ho solo voglia di distendermi e dimenticarmi di quello che sta succedendo.
«Aspetta, fammi indovinare... ho interrotto qualcosa» esclama Luca, in tono insopportabile.
Riesco a distinguere una punta di fastidio nella sua voce. Entrambi lo fulminiamo con lo sguardo.
«Perciò... state insieme?» domanda di nuovo lui, fingendosi curioso.
Giurerei di vedere una strana luce nei suoi occhi, se non sentissi che la mia testa sta per scoppiare. Com'è possibile che mi sia venuta l'emicrania da un minuto all'altro?
«Secondo te “Non sono affari tuoi” va bene come risposta?» ribatte Davide, ora decisamente irritato.
«Certo che sono affari miei! Cleo è... volevo dire, era, la mia ragazza!» esclama Luca, abbandonando l'aria innocente e rivelando a sua volta tutto il suo fastidio.
«Hai detto bene, era! Non lo è più, perciò quello che fa e con chi lo fa sono affari suoi!» sibila l'altro.
Luca sgrana gli occhi e si volta a guardarmi, sorpreso e geloso allo stesso tempo. «Sei andata a letto con lui?» chiede, sbalordito.
Faccio schioccare la lingua contro il palato, preferendo non rispondere. Uomini: tutti uguali.
«Ma si può sapere cosa cazzo te ne frega?!» salta su Davide, alzando il tono nella voce.
Non ascolto nemmeno la risposta di Luca, voglio andarmene subito. Con una mano posata sulla fronte, esco dalla cucina e salgo le scale, per poi chiudermi in camera sbattendo la porta e distendermi sul letto. Luca è qui, a casa mia, cioè, a casa di Lori. Che schifezza, proprio quanto ero sicura di essermi liberata di lui per sempre, torna. Succede sempre così.


Domenica 6 dicembre

Apro gli occhi dopo quello che mi sembra un attimo, ma che probabilmente non lo è, dato che attorno a me è buio. Batto le palpebre un paio di volte e cerco di ritrovare l'orientamento. Il mal di testa almeno è sparito... o magari non c'è mai stato. Sì, dev'essere così: ho sognato tutto. Probabilmente è mattina presto e la casa è deserta, e io ho così fame perché devo fare colazione. Probabilmente Luca è a Bolzano, che dorme nel suo letto, in attesa di svegliarsi e andare al lavoro. Tiro un sospiro di sollievo e mi tiro a sedere, per poi cercare a tentoni le ciabatte sul pavimento. Ci rinuncio quasi subito e mi alzo, decisa a cercare qualcosa da mangiare. Apro la porta e una figura in controluce si staglia davanti a me. Non riesco a distinguerne i lineamenti. Tiro uno strillo e richiudo la porta, ansimando. Sento una specie di gemito soffocato, probabilmente l'ho colpito.
«Cleo, apri! Sono io!» grida una voce familiare da fuori, bussando con forza.
Riapro la porta con gli occhi sgranati. Luca. Cazzo, non era solo un brutto sogno.
«Che diavolo ci fai tu qui?!» domando, con voce strozzata, continuando a tenere stretta la maniglia, in caso dovessi richiudergli la porta sul naso.
«È quello che ci chiediamo tutti» mi fa notare Davide, sbucando da chissà dove.
Fantastico, neppure le figure del cavolo di prima erano un brutto sogno.
Luca fa un sorrisetto malizioso. «Sono venuto a trovare una vecchia amica, che altro?» chiede, in tono innocente.
Davide sembra sul punto di rispondere, ma lo fulmino con lo sguardo, per poi tornare a fissare Luca.
«Tra noi è tutto finito» metto in chiaro, minacciosa.
Lui si stringe nelle spalle. «Lo so bene, cosa credi?»
Davide gli lancia un'occhiata scettica e io arriccio il naso, cercando di trattenermi dal alzare la voce, mentre ripeto la domanda di prima.
Lui scuote piano la testa, divertito. «Intendi dire che la mia presenza ti infastidisce?»
«Precisamente» si intromette Davide, risoluto.
Incrocio le braccia e lo guardo severa. Lui stringe le labbra e fa un passo indietro, mostrandomi i palmi in segno di resa.
«Cosa vuoi, Luca?» sibilo, tornando a guardare il mio ex.
«Un posto dove dormire, in realtà. Sai, la fretta di venire è stata tanta che ho dimenticato la carta di credito a casa, e non ho molti contanti per un albergo...»
«Che cosa?!» strillo con voce acuta, per poi rendermi conto che Davide ha esclamato la stessa identica cosa.
Luca si volta a guardarlo, infastidito. «Sbaglio o ti aveva detto di stare zitto?» chiede.
Davide gli lancia un'occhiata così cattiva da farmi rabbrividire.
«Non puoi stare qui» annuncio, secca.
Lui sospira. «Andiamo, Cleo! Non puoi mollarmi in mezzo ad una strada dopo tutto quello che abbiamo passato assieme...!» si avvicina a me, e mi ritrovo a guardarlo dal basso del mio metro e sessantasette. Arrossisco e cerco di indietreggiare, ma non riesco a muovere un muscolo. «Dopo quello che c'è stato tra noi» aggiunge, sussurrando, e sento il suo respiro caldo sul viso.
Davide si schiarisce rumorosamente la voce e faccio un balzo indietro, sussultando. «Ci devo pensare» cedo, con una smorfia.
Luca sogghigna e Davide emette un suono strano, a metà fra un gemito e un sospiro.
Sbuffando, supero Luca urtandolo quasi di proposito e scendo le scale, per poi entrare in cucina e guardare l'orologio. È appena passata mezzanotte... come ho fatto a dormire tanto? Beh, comunque sia, questa sera cenerò prima, altrimenti svengo. Ho l'impressione di non aver mai avuto tanta fame in vita mia, eppure non è la prima volta che salto sia il pranzo che la cena... Probabilmente è tutto questo stress, a mettermi fame.
Apro il frigorifero e ci guardo dentro: yogurt, maionese, pomodori, formaggio, insalata, un avanzo di torta al cioccolato... nulla che possa davvero essere una cena. Bene, opzione uno: ordino una pizza, solo che poi devo aspettare tre quarti d'ora. Okay, niente pizza. Opzione due: faccio una mega insalata con i pomodori, che mangio assieme ad un panino con formaggio e maionese – ma esistono panini con formaggio e maionese? – e per dessert la torta. Opzione tre: prendo la macchina e cerco il McDonald più vicino. Non devo neppure starci tanto a pensare: opzione tre, è ovvio.
Pregustando il sapore del cheesburger più grande del mondo, chiudo il frigorifero e torno di sopra. A metà strada ci ripenso, torno giù e prendo la fetta torta al cioccolato. Devo pur calmare lo stomaco in qualche modo, no?
Mentre alterno un boccone di dolce a un capo di abbigliamento, entra Davide. Strano, pensavo che se ne fosse andato...
Restiamo tutti e due un attimo immobili, in evidente imbarazzo, dato che sopra la biancheria indosso solo una t-shirt e credo di avere della panna sul naso. Mi riscuoto quasi subito e afferro il paio di jeans più vicini, infilandomeli con una mano sola – l'altra è ancora impegnata a reggere la forchetta.
«Scusa, dovevo bussare...» si giustifica, portandosi una mano sulla nuca leggermente a disagio.
Borbotto un “figurati” appena udibile e apro l'armadio alla ricerca di una felpa e di un paio di calzini. Non so perché sono arrabbiata con lui, è piuttosto stupido, ora che ci penso, ma la sensazione che quel quasi-bacio mi ha dato non è scomparsa, e ora che non ho più la prospettiva di sfiorare da un momento all'altro le sue labbra, non è così piacevole. In più, mi sento strana: non mai stata “oggetto di contesa” – tranne una volta che Alex si è preso una cotta per me mentre io piacevo già a Luca, ma allora avevo nove anni e non conta – tra due uomini, e decisamente non è divertente. Okay, ho detto una cazzata. Come faccio ad essere oggetto di contesa tra Luca e Davide, se non dovrei piacere a nessuno dei due? Mi sta tornando mal di testa.
«Volevi qualcosa?» domando, forse più scontrosa di quello che vorrei, mentre mi infilo le scarpe.
«Veramente sì, io...» comincia, ma si blocca quasi subito. «Dove vai?» mi chiede, mentre inghiotto l'ultimo boccone di torta e mi infilo uno dei miei amati berretti di lana.
«Fast food» biascico, con la bocca ancora mezza piena.
«Perché?»
Mi stringo nelle spalle. «Non c'è niente da mangiare... cioè, niente che potrebbe riempirmi davvero lo stomaco... o semplicemente perché ho bisogno di una cura a base di calorie superflue, decidi tu» spiego, leggermente fredda, prendendo una sciarpa.
«E Luca?» chiede, perplesso.
«Luca può starsene qui a fare quello che gli pare, io ho fame» sbotto, infilando lo stretto necessario nella borsa.
Faccio per uscire, ma all'ultimo momento mi blocco. «Vuoi venire?» domando, con voce più morbida.
Davide da un mezzo sorriso, senza troppa allegria, poi annuisce. Mi mordo il labbro e gli faccio cenno di seguirmi, poi usciamo senza una parola.















*** Spazio Autrici ***

Salve, di nuovo Leslie^^

E' un capitolo un po' lungo, e assolutamente fondamentale per la trama della storia dal POV di Cleo. Da adesso posso dire che si entra un po' più nel "vivo" della storia. ^^
In realtà non ho molto altro da dire... >.< spero vi sia piaciuto : DD


Foto personaggi
Luca

> Spazio Pubblicità <
Secretly di fallsofarc


Grazie tantissimissimissimo a coloro che leggono e recensiscono e naturalmente ai 10 che l'hanno aggiunta ai preferiti e ai 20 che la seguono. La storia ha in tutto 848 visualizzazioni e ci brillano gli occhi ogni volta che guardiamo **


vero15 star  no dai, non è così freddo... cioè, naturalmente è la regione più a nord di tutt'italia, ma non ha nulla a che vedere con il vero nord  grazie mille milioni di miliardi per la tua recensione e per il tuo sostegno, davvero ** (lascio a te, Lallus, l'onore di rispondere per quanto riguarda il capitolo precedente ; D) (eh beh... Michele è proprio un angelo >_____< Comunque per Alex ti capisco, cara XD E riguardo la tua frase "Solo che però Michelino mio, non può piangersi addosso in eterno... Su c'è Lori che mi sembra più che disponibile ad amarlo e fargli tante coccole... E poi vabbè, ci sono anche io *____*" Mi dispiace tesoro, ma lui è già occupato con la sottoscritta :P Stasera infatti abbiamo passato una notte di fuoco *alza e abbassa più volte le sopracciglia. Mi dispiace anche per la "povera" Lori... però d'altronde... vince la migliore! Ahahah! Alla prossima, bella ;D NdLaLLa) comunque grazie tantissime.. no, aspetta, l'avevo già scritto xD un bacio <3


E per oggi è tutto... alla prossima >.<
kiss, Leslie and LaLLa
   
 
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