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Autore: Elebeth    13/12/2009    2 recensioni
Quegli amici che hai e la cui amicizia hai messo alla prova, aggrappali alla tua anima con uncini d'acciaio. {W. Shakespeare}
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Questa One-Shot è stata scritta per i diciassette anni della mia migliore amica; parla di un futuro quasi impossibile ma per chi è determinato come noi forse possibile. Have Fun, commenti sia positivi che negativi li accolgo volentieri.
Ps: nella foto sotto siamo veramente noi due; io sono quella con la chitarra; Luisa quella sorridente su un ponte fiorentino. :D
 
 

Shaskpeare dice che siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni e penso che abbia pienamente ragione. I sogni appartengono a noi e solo noi diamo forma a loro. Ogni persona ne ha di diversi: chi bizzarri, chi semplici e chi complicati. Tutti però puntano a realizzarli.

 
Dedicato a Luisa, la mia migliore amica.
Dedicato a chi non smetterà mai di sognare.


Dreamers.

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Il sole californiano risplendeva in cielo illuminando il mare e i grattacieli di Los Angeles. Quel giorno tutto sembrava preannunciato per il meglio per un'ottimista, per un pessimista era semplicemente una copertina che nascondeva una storia orribile e piena di sfortuna.

Lu si svegliò con le note dell'energica Know Your Enemy dei Green Day, gruppo che seguiva da ormai diversi anni e che aveva visto in concerto sia in Italia, sua terra d'origine e in America, dove si era trasferita con la migliore amica all'età di diciannove anni.

Stropicciò gli occhi castani, con qualche sfumatura di verde e si stiracchiò, tentando di svegliarsi il prima possibile. Puntava la sveglia sempre quei dieci minuti prima perchè non voleva arrivare in ritardo al lavoro che aveva duramente sudato.

Aprì la finestra che dava direttamente sulla spiaggia di quella casa che avevano comprato con i loro soldi, ad un prezzo basso e che avevano dovuto risistemare tutta. Ora era completa al massimo, stupenda in ogni particolare e rispecchiava i caratteri di entrambe le ragazze.

Osservò l'orologio: le sette e dieci minuti. Perfettamente in tempo per scendere in cucina e fare un abbondante colazione. Infilò le ciabatte e giunse in cucina per prima. Lì trotterellava per la stanza Jolly, la loro cagnetta trovata abbandonata sulla spiaggia una sera di metà gennaio.

La coccolò dolcemente mentre il latte e il caffè si scaldavano. Sentì la porta finestra aprirsi e il rumore delle onde accompagnato dal sapore salmastro del mare la investì.

Elena, o meglio Ellie da quando si erano trasferite a Los Angeles, entrò bagnata, avvolta in un salviettone arancione con il solito sorriso amichevole disteso sul viso.

«Come mai sei uscita?», domandò Lu versandosi caffè e latte in un'unica tazza e chiedendo all'amica se ne volesse con una semplice occhiata, scosse la testa e si accomodò su una sedia.

«Dovevo scaricare la tensione con un po' di surf, oggi il capo dice chi tra me e Cassidy farà il servizio fotografico per Chanel», sorrise Ellie sorseggiando un bicchiere di latte freddo al cioccolato.

«è vero, me ne stavo dimenticando. Intanto sarà tuo, le tue foto sono dei capolavori», la rassicurò Lu accomodandosi di fronte a lei.

«E te che fai oggi? Solita routine di shooting, servizi fotografici, urli di quella perfida megera che hai come capo?», rise divertita Ellie prendendola in giro.

Lu scosse il capo, alzò gli occhi al cielo ed annuì con la testa. D'altronde era quello il suo lavoro, essere vicedirettrice di una rivista importante come Vogue deve avere pur qualcosa di negativo. Quel qualcosa di negativo di chiamava Concetta Romanoff, il più perfido capo che una persona potesse avere.

«D'altronde non posso farci molto. Se la conosci bene ed entri nelle sue grazie non è poi così malvagia», dichiarò Lu.

Ellie scoppiò a ridere, quasi sputando il latte addosso all'amica: «Ma se non vedi l'ora che muoia, o lasci il posto per poter divenire la direttrice?».

Lu lo diceva sempre, puntava sempre a divenire la direttrice e naturalmente Ellie lo sapeva perchè era la sua più grande ambizione. Soltanto che ultimamente Concetta era divenuta molto più buona nei suoi confronti, facendole mille complimenti su come stesse svolgendo il suo lavoro e il suo giudizio nei confronti del capo era notevolmente cambiato.

Lo spiegò all'amica che corrugò la fronte e mutò l'espressione in un viso estremamente buffo. Lu scoppiò a ridere: «Dovresti fotografarti il viso certe volte, fai delle faccie stra stupide».

Ellie fece la finta offesa: «No, ma grazie».

«Prego», rise Lu.

Ellie lavò la sua tazza e successivamente si diresse verso la sua stanza, verso il suo bagno per una bella doccia che la liberasse dalla salsedine oceanica.

Lu fece la medesima cosa, diretta verso la propria stanza si soffermò ad osservare il mare così estremamente diverso da quello italiano calmo e pacifico. L'oceano Pacifico, nonostante avesse quel nome in confronto al piccolo mare italiano era assolutamente furibondo.

Fissò i surfisti sulla tavola che solcavano le onde, impavidi e con la loro passione folle che scorreva nelle vene. Ellie appena giunta a Los Angeles per prima cosa si era iscritta ad un corso da surf e proprio grazie a quello sport aveva incontrato il suo attuale fidanzato: Steven Strait, noto attore newyorkese.

Mentre cominciava a cambiarsi, vestendosi con abiti firmati e tacchi ai piedi pensò al proprio di fidanzato: Ryan Kwanten. Anche lui un famosissimo attore, bellissimo e innamoratissimo di lei.

Ripensò ancora al giorno in cui si erano incontrati e un enorme sorriso le spuntò sul viso riempiendole il cuore di quel calore che ormai da mesi la caratterizzava.

Si truccò, si sistemò i capelli e per le otto era già di fronte allo specchio dell'atrio per gli ultimi dettagli.

Prima di uscire Lu ed Ellie si trovavano in salotto. Per Ellie come andasse vestita al lavoro non era di vitale importanza ma per Lu sì. La sua carriera sarebbe potuta affondare per un capo fuori moda.

Ellie saltò l'ultimo gradino delle scale e sedendosi su di esso si infilò le Converse gialle. Ellie non badava molto alle mode ma aveva quel suo stile che la rendeva unica.

«Come sto? Sono assolutamente perfetta?», domandò Lu mimando una passerella di fronte all'amica fotografa, intenta a legarsi le scarpe.

Levò gli occhi castani sull'amica e scrutò attentamente il vestito leggero di Armani e la borsetta di Dolce&Gabbana che portava in spalla, scese fino ai piedi dove dei tacchi neri la rendevano ancora più alta del suo metro e settanta.

Ellie dipinse sul volto un sorriso di consenso, si alzò e si posò davanti allo specchio.

«Ah, oggi a pranzo non torno a casa. Vado con Steven», sorrise la fotografa raggiante, illuminando gli occhi al solo pensiero del suo ragazzo.

«Dove andate?», chiese Lu dandosi un'ultima occhiata allo specchio.

«In un nuovo locale su Sunset Boulevard. Steven è amico del proprietario e quindi vuole mostrare la sua fidanzatina», rise divertita per poi scostarsi dallo specchio e afferrare le chiavi della sua Mini.

«Wow, allora fa sul serio?», domandò Lu all'amica mentre uscivano di casa.

«Penso, spero. È così dolce. Con Ryan come va?», chiese Ellie prima di salire in macchina.

«Bene, benissimo. Dopo il lavoro viene un po' da noi. Non ti fa nulla?», rispose Lu.

Ellie scosse la testa, controllando l'orologio si accorse di essere in ritardo e salutando l'amica si diresse verso il suo destino.

Lu salì in macchina, inforcò gli occhiali e partì alla volta del grande edificio vicino al centro di Los Angeles. Come solito rimase imbottigliata nel tragico traffico delle grandi metropoli ma giunse al lavoro in perfetto orario.

Nell'atrio risuonavano i passi delle donne con i loro tacchi, a Lu sembrò di rivedersi in una scena di Il Diavolo Veste Prada e la cosa le provocò quel lieve moto di egocentrismo che qualche volta la intaccava. D'altronde, se voleva fare quel lavoro doveva sapere di poter essere la migliore.

Prendendo l'ascensore giunse al ventesimo piano dove c'erano gli uffici di Vogue, la direttrice non era ancora arrivata e potè concedersi qualche minuto di respiro discutendo con una delle sue colleghe di lavoro. Si bevette un caffè e sedendosi alla propria scrivania controllò gli ultimi articoli per il numero imminente di Vogue. Continuò così il suo lavoro fino all'arrivo di Concetta che la fece chiamare nel suo ufficio.

Un brivido di terrore le percorse la schiena e il cuore cominciò a battere talmente forte da sembrare che volesse uscirle dal petto, ma dopo un lungo sospiro riuscì ad acquistare la calma necessaria per sfidare, anche con un semplice sguardo Concetta Romanoff.

Si aggiustò la gonna e bussò alla porta. Un grugnito significava che le porte erano aperte.

Lu entrò e salutò con deferenza la vecchia donna seduta, con classe, sulla poltrona di pelle.

Concetta abbassò gli occhiali di Dolce & Gabbana, puntando gli occhi azzurri, spenti dall'età, sulla giovane donna che si trovava nel suo ufficio.

«Luisa Rota, arrivata dall'Italia, ventidue anni, mia vicedirettrice. Dico giusto?», domandò la donna.

Lu annuì con il capo. La donna le fece cenno di sedersi e lo fece con molto piacere.

«Un'ottima carriera essere già vicedirettrice di Vogue a ventidue anni, proveniente da un altro paese. Complimenti», Concetta sfogliava un fascicolo.

«Mille grazie», sorrise Lu al settimo cielo.

«Ti piace questo servizio?», domandò la direttrice ponendole di fronte agli occhi il raccoglitore.

Era di una vecchia collezione di Chanel: rappresentava leggere imperfezioni nella luce ma i vestiti erano stupendi. Le foto non erano all'altezza di quelle magnifiche creazioni.

«Non molto. La luce è strana e le foto non rendono giustizia alle modelle ma soprattutto agli abiti», constatò Lu con occhio critico.

La donna alzò un sopracciglio e sorrise compiaciuta.

«E queste? Come ti sembrano?», domandò porgendole un altro fascicolo.

Un'altra collezione, di uno stilista di seconda categoria: le foto eccezionali, coglievano al meglio la bellezza degli abiti e la luce faceva risplendere la pelle delle donne.

«Stupende. Rendono bellezza a tutto il complesso e le modelle sembrano divertirsi», sorrise la giovane.

Un altro cenno di consenso da parte di Concetta.

«Sai di chi sono?», chiese indicando i due fascicoli.

Lu scosse la testa.

«Queste – indicò le prime – sono di un fotografo acclamato in tutto il mondo, che lavora per noi. Queste – indicò l'altro – appartengono a una giovane fotografa: Elena Locatelli. Viene dall'Italia, come te. La conosci? », domandò la Romanoff con espressione atona.

«Ehm sì. È la mia migliore amica», sorrise leggermente sorpresa. Avrebbe dovuto riconoscere lo stile dell'amica, forse troppo presa dal dettare un parere non aveva fatto caso ai particolari.

«Davvero? Molto bene. Ti sarai chiesta perchè ti ho chiamata, non certo per farti vedere delle foto. Tutto questo preambolo è servito solo per annunciarti la mia nuova decisione. La vecchiaia si fa sentire nel mio corpo e la vita frenetica della moda non mi sembra più adatta per me.

Proprio per questa ragione ho deciso di nominarti futura direttrice di Vogue appena io mi sarò ritirata», Lu la fissò esterrefata, non riuscendo a capire se fosse realtà o un sogno.

«Da-Davvero?», domandò la conferma.

«Certamente. Hai dimostrato una bravura straordinaria e così giovane riuscirai a lasciare un'impronta decisamente positiva nell'intera rivista», le sorrise Concetta.

«Mille grazie, non saprei proprio come sdebitarmi», rispose Lu, avrebbe voluto abbracciarla.

«Un modo ci sarebbe, domani fai venire qua la tua amica, vorrei parlarle», annunciò Concetta.

Lu annuì, Ellie sarebbe stata felicissima di parlare con la direttrice di Vogue, magari per una nuova proposta di lavoro.

«Ora puoi tornare al lavoro, arrivederci Luisa», la salutò la donna. Lu uscì dall'ufficio con un sorriso enorme sulle labbra: non vedeva l'ora di concludere il lavoro e di dare l'ottima notizia a Ryan ed Ellie.

Si risedette al suo posto di lavoro e continuò, ancora per tutto il pomeriggio, nel correggere i vari articoli che le giungevano dai vari giornalisti.

Alle cinque del pomeriggio, afferrando la borsa si diresse a passo svelto verso l'ascensore. Salì e premette ripetutamente, quasi istericamente, il bottone del piano terra.

Ryan la stava aspettando appoggiato alla macchina di lei: una Maserati Spyder.

Indossava una camicia bianca e dei jeans, stile sobrio, in quei giorni non era nemmeno impegnato con varie riprese.

«Amore!», Lu corse incontro al ragazzo, saltandogli al collo e baciandogli le labbra calde.

«Hey, come va?», domandò Ryan incuriosito dalla vitalità della ragazza dopo una giornata di lavoro.

«Benissimo, stupendamente», annunciò la ragazza salendo in macchina al posto del passeggero, consegnò le chiavi a Ryan che mise prontamente in moto e si diresse verso la piccola casa sulla spiaggia.

«Che è successo?», domandò il ragazzo.

Lu spiegò la storia a Ryan che ne rimase piacevolmente sorpreso e le fece i più vivi complimenti.

Lo adorava per come si sentisse protetta con lui, per come la guardava raggiante e naturalmente per quando la baciava con la naturale passione di un bellissimo rapporto come il loro.

Raggiunsero la casa a Venice Beach e la piccola Mini gialla di Ellie era già parcheggiata al suo solito posto; quel giorno era stranamente in anticipo; che la scelta non fosse capitata su di lei?

La curiosità scavò nelle viscere di Lu tutto il tempo adatto per raggiungere la porta d'ingresso ed essere invasi da quel profumo d'Italia che ogni tanto contraddistingueva la casa.

«Heilà», esordirono Lu e Ryan entrando in cucina dove Ellie e Steven stavano cucinando della pasta.

«Ciao», salutarono i due distaccandosi da un bacio imbarazzati.

«Ellie, come è andata? Che ci fai a casa così presto?», domandò Lu allarmata.

«Beh, è andata stupendamente: ha scelto me! Sono a casa così presto perchè dato che domani devo lavorare per Chanel Jhon vuole farmi riposare», rise la ragazza.

Lu le corse incontrò ad abbracciarla mentre Steven e Ryan ridevano divertiti.

«Ma che preparate?», domandò il ragazzo di Lu.

«Spaghetti al ragù, ricetta di mia nonna», sorrise Ellie indicando la pentola che stava rimestando.

Steven le cinse i fianchi con le braccia mentre Lu stava cominciando a comunicare la sua grande notizia.

«Oddio Lu, direttrice di Vogue e l'attuale dice che le mie foto sono le migliori? Oddio», saltellò Ellie al collo dell'amica. Jolly sembrava condividere la gioia delle due perchè cominciò ad abbaiare.

Continuarono a cucinare Ellie e Steven mentre Ryan e Lu preparavano la tavola.

Concluso tutto si sedettero a tavola e parlarono del più e del meno.

«Ho un'altra sorpresa», comunicò Ellie prima del dolce.

Tutti e tre corrugarono la fronte, puntando gli occhi sulla fotografa.

«Cioè?», domandò Lu vedendo Ellie correre verso la sua borsa e tirare fuori due pezzi di carta.

«Due biglietti: andata e ritorno per l'Italia. Ora che siamo tutte e due soddisfatte, appena c'è tempo, ritorniamo a casa per una settimana», sorrise Ellie donando uno dei due biglietti all'amica.

Con un brivido di felicità Lu lo afferrò, arrivo a Malpensa da quello stesso aereoporto dal quale erano partite senza un biglietto di ritorno e con tanta prospettiva.

Ora sarebbero tornate realizzate, sconfiggendo l'idea di andare in America e rimanere poveri. Loro erano riuscite a farsi valere ma la nostalgia di casa c'era sempre stata dopo un mese.

«Si torna a casa. Ho bisogno della mia Italia Lu, spero non ti sia arrabbiata», disse Ellie con occhi afflitti.

«Tranquilla, anche io voglio ritornare a casa per un pò», sorrise Lu.

Sì, perchè casa non è quel luogo dove abiti semplicemente ma casa è il luogo in cui sai di poter tornare ogni volta che vuoi; quel luogo in cui hai lasciato un pezzo di cuore e per le due ragazze casa sarà sempre l'Italia.

I due ragazzi sorrisero e accettarono l'idea delle due fidanzate annunciando che Steven sarebbe tornato a New York per girare un film, vi sarebbe rimasto per un po' ma appena possibile sarebbe ritornato da Ellie mentre Ryan aveva un nuovo contratto con la Warner Bros.

Le due amiche scontrarono gli occhi e sorrisero, quello stesso sorriso che si erano scambiate mille volte, quel sorriso che vuol dire: grazie d'esistere.



E.

  
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