Sweet
Sixteen
Children
waiting for the day they feel good
Happy birthday
Happy birthday
Made
to feel the way that every child should
Sit down and listen
Sit down and listen
Went
to school and I was very nervous
No one knew me
No one knew me
Hello
teacher tell me what’s my lesson
Look right through me
Look right through me
[Mad
World - Gary
Jules]
“Dovreste
finire di prepararvi, mia signora. Gli ospiti attendono”.
Morgana
chiuse gli occhi, imprigionando tra le ciglia le lacrime che si
ostinava a non
versare. Non voleva che la vedesse piangere. Ancora. Non voleva dare a
Uther
anche quella soddisfazione, dimostrargli quanto fosse debole, quanto
potesse
essere afflitta dalle naturali mancanze del suo sesso..
“Posso
finire da sola, Gwen. Non ho più bisogno del tuo
aiuto” disse più freddamente
di quanto avrebbe voluto. Risollevò lo sguardo in tempo per
vedere un’ombra attraversare
il viso della sua serva, prima che questa fosse cancellata un mezzo
sorriso e
un inchino. Fece per scusarsi ma
la
ragazza si ritirò silenziosamente, lasciandola sola nella
sua stanza. Morgana
abbassò di nuovo lo sguardo sulla manica finemente ricamata
del suo vestito
color vino.
Il regalo
di Uther per i suoi sedici anni. Odiava quell’abito. E odiava
Uther.
A volte
si domandava come sarebbe stata la sua vita se i suoi genitori non
fossero
morti tanti anni prima e se lei non fosse stata presa sotto
l’ala protettrice
del re di Camelot. Sapeva di dovergli molto, sapeva che lui e Arthur
erano la
sola famiglia che conoscesse eppure… eppure sentiva che la
sua vita sarebbe
stata molto più limpida,
senza la
tetra ombra della rabbia di Uther che incombeva sulla sua esistenza. Se
chiudeva gli occhi, riusciva a disegnare una sé stessa molto
diversa. Più
sorridente.. se i suoi genitori non fossero morti lei non sarebbe stata
così
irrimediabilmente sola, priva della compagnia di qualsiasi figura
materna o di
una giovane dama sua pari. Aveva Gwen, a cui voleva bene come a una
sorella, ma
non..
“Non
è la
stessa cosa” sussurrò a bassa voce. Gwen non era
incatenata a degli obblighi
che le erano stati imposti fin dalla nascita e benché la sua
condizione sociale
fosse di gran lunga inferiore, la sua serva era di certo più
libera di quanto
lei non fosse mai stata. Poteva amare chi voleva, poteva immaginare un
futuro
pieno di bambini, dove il suo matrimonio non sarebbe stato dettato da
ragioni
politiche.
No, per
quanto le fosse affezionata Gwen non avrebbe mai compreso a fondo le
sue
insicurezze.
La semplice
verità è che non poteva confidarsi con nessuno,
non poteva parlare con nessuno
dei suoi problemi, dei suoi sogni.. del sogno di una bambina dagli
occhi
intensi e dai lunghi capelli biondi. Vicino a quella bambina non
sarebbe mai
stata sola, non avrebbe mai dovuto fingersi diversa, una bella dama da
sfoggiare
durante i trattati politici e da rimandare nelle sue stanze non appena
qualcuno
mostrava un minimo interesse verso di lei. Non si sarebbe dovuta
piegare ai
dettami di un mondo prettamente maschile dove da lei non si pretendeva
solo
un’educazione perfetta nei modi di corte e un diplomatico
silenzio.
Con
quella bambina al suo fianco sarebbe stata libera,
sarebbe stata…
Espirò
a
fondo, cercando di scacciare quel pensiero. Gaius le diceva spesso che
i sogni
erano dei traditori da non ascoltare. Essi ci mostravano una
realtà distorta e
impiantavano il seme del dubbio nell’animo.
Si
voltò
verso la porta quando sentì due colpi distinti battuti sul
legno massiccio.
Probabilmente Uther aveva mandato uno dei cavalieri per scortarla al
ballo.
Prese una
spazzola, fingendo di essere impegnata a sistemarsi una ciocca ribelle.
“Avanti”. Dopo un istante vide comparire la testa
bionda del principe di
Camelot.
“Ti
stanno aspettando” disse il ragazzo, fermandosi a qualche
passo di distanza.
Morgana sollevò un po’ il mento con aria di sfida.
“Tuo
padre ha mandato te a prendermi? Ha paura che io lo faccia sfigurare
con gli
invitati alla festa del mio compleanno?” disse acidamente,
trovando un certo
conforto nel riversare su Arthur tutta la sua rabbia. Lo
guardò passarsi una
mano sulla nuca, andando a sedersi nel vano della finestra. Aveva un
profondo
taglio sulla fronte, ricordo di una caccia non particolarmente
fruttuosa
avvenuta due giorni prima.
Posò
la
spazzola sulla toilette, scostando lo sguardo da lui. Arthur era forse
l’unico
che doveva fronteggiare la rabbia e le aspettative di Uther
più di quanto
toccasse a lei e in diverse circostanze aveva provato una sincera
compassione
per il figlio del re.
“Vorrei
soltanto.. non sentirmi così…
impotente” sussurrò, giocherellando con il bordo
della manica. “Quello che è
successo…”
“Quello
che è successo non è stata colpa tua”
l’interruppe in fretta il ragazzo.
Morgana lo guardò attraverso il riflesso dello specchio. I
lineamenti del suo
viso avevano iniziato a perdere la freschezza della fanciullezza,
diventando
più marcati.
“Sì,
invece. Sir Duncan è rimasto ferito per causa mia. E
Sir..” ribatté.
“Sir
Duncan è un idiota e Sir Calum è un vigliacco.
Mio padre..”
“Tuo padre l’ha fatto frustare e poi l’ha
rinchiuso nelle prigioni per un mese.
Ha una moglie e due bambini piccoli. Se io
non..”mormorò prima che la voce le
morisse in gola.
Si
fissarono a lungo, separati solo dal velo di lacrime che ormai
avvolgeva lo
sguardo di Morgana. Il mese precedente, il primo di primavera, aveva
chiesto a
Uther il permesso di poter far visita alla tomba di suo padre, ma lei e
la sua
scorta erano stati attaccati nel bosco a nord di Camelot e soltanto
l’intervento fortuito di un gruppo numeroso di contadini,
richiamati dalle sue
urla e dai rumori della battaglia, aveva impedito la sua cattura. Gli
uomini
che erano sopravvissuti erano stati severamente punito per aver messo
in
pericolo la vita della protetta del re. E in tutto questo lei cosa
aveva fatto?
Cosa a parte urlare e guardare impotente gli uomini venir trucidati e
poi
frustati per ordine del suo tutore?
Abbassò le palpebre, non essendo in condizione di poter
frenare la discesa
delle lacrime sulle sue guance. Ricercò un fazzolettino per
potersi tamponare
gli occhi e il naso. Arthur non si mosse, rimanendo con lo sguardo
puntato sul
pavimento e le labbra serrate in una linea sottile. E Morgana
avvertì un impeto
di affetto stringerle forte il cuore per quel suo silenzio, per il suo
non
cercare di consolarla o alleviare il suo senso di colpa.
Aveva chiesto
a Uther il permesso di essere addestrata da uno dei cavalieri
all’arte del
combattimento con spada come regalo di compleanno. Aveva supplicato,
aveva
minacciato, aveva pianto, ma il re di Camelot era stato irremovibile
confinandola nelle sue stanze per tutta la settimana precedente. Una
donna non
dovrebbe essere incline a certe attività. Soprattutto una
dama del suo rango.
Era così che ripagava il suo affetto e la sua devozione? Era
in quel modo?
“Ti addestrerò io”
Morgana
fissò la sua espressione seria. Non le stava facendo uno
degli soliti scherzi,
che solo lui trovava divertenti. Arthur era mortalmente serio.
“Prima
di
poter maneggiare la spada, dovrai allenarti con una daga fatta di
legno, in
modo da migliorare il tuo equilibrio e la forza del tuo braccio.
Possiamo usare
la mia vecchia armatura di quando ero un ragazzino, credo che dovrebbe
andarti
bene”
Morgana
rilasciò il fiato, portandosi le mani alla bocca per
nascondere un sorriso
pieno di calore. “Ci incontreremo due volte la settimana e
dovrai fare esercizi
tutti i giorni qui..”
Il
principe fece un vago cenno con la mano indicando l’ampia
camera. “Dovrai
togliere del tempo al tuo ricamo.. o a qualsiasi cosa facciate voi
donne tutto
il giorno” aggiunse con una nota evidente di disgusto nella
voce.
“Lo
farò”
promise, versando lacrime di gioia.
“Se
mi
crei problemi o se non fai come dico io.. la nostra collaborazione si
interrompe all’istante” la minacciò lui
con i soliti modi sbrigativi.
“Farò
tutto quello che mi dirai.. lo prometto” rispose lei in
fretta.
Arthur
emise un grugnito frustato dal naso, prima di alzarsi. Se lo osservava
con
attenzione Morgana poteva notare un filo di imbarazzo imporporargli le
guance.
Si vergognava sempre quando doveva dimostrare il suo affetto a
qualcuno, ma lei
sapeva che a differenza di quello di Uther, il cuore di Arthur era
pieno di
affetto e privo delle ombre oscure che caratterizzavo suo padre. lo
seguì con
lo sguardo avvicinarsi alla porta. I capelli biondi erano lasciati
leggermente
lunghi e gli sfioravano le spalle.
“Ti
aspetto fuori, mentre tu finisci di…”
“Imbellettarmi.
Lo so.” Morgana sorrise alla schiena del principe mentre
questi usciva dalla
stanza.
“Arthur” lo richiamò quando la porta era
rimasta aperta solo di qualche
centimetro. Lei sapeva che lui stava ascoltando al di là del
pesante pannello
di legno.
“Grazie”
mormorò sentitamente. Un grugnito sommesso fu
l’unica risposta che ottenne
prima che la porta si richiudesse completamente.
Morgana
osservò la sua immagine riflessa. Aveva gli occhi rossi e
leggermente gonfi per
il pianto, ma essi erano illuminati da nuova luce. In fondo,
benché ci
provasse, Uther non riusciva a dominare completamente le loro vite e
loro due
potevano trovare delle brecce nell’esistenza perfettamente
pianificata che il
sovrano aveva tracciato per loro.
Morgana
sorrise. Quella era soltanto la prima di molte, molte brecce…
Nota
Ho
buttato giù questa fanfic dopo aver visto
l’episodio 2x12. Inutile dire che
adoro sia Morgana che Morgause, che secondo me è un
po’ una femminista ante litteram.
Si deve confrontare con
un mondo prettamente maschile e benché sia “dalla
parte sbagliata” riesce a
tener testa anche ad Arthur in attività non propriamente
femminili.. una
grande!
Ma a
parte queste considerazioni personali… devo ancora finire la
mia fanfic
precedente!
Lo soooooo! Scusate.. sono bloccata sull’ultima scena e non
so come
concluderla… ma prometto che la finirò! In un
modo o nell’altro!
Grazie a
tutti coloro che hanno commentato le mie fanfic!
E un grazie e uno scuuuusa grandissimo a Elyxyz.. mi sono un
po’ persa in
questi giorni, ma mi rimetto in pari con tutto!
Un bacione grande!