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Autore: nerry    14/12/2009    3 recensioni
Due realtà parallele, una in cui un libro di letteratura per ragazzine può trasformarsi in una sorta di passaporta alla Harry Potter, l'altra in cui un antico tomo profetizza l'arrivo di una fanciulla prescelta... E se questi due libri stravolgessero la storia di Edward così come ce l'ha lasciata la Meyer?
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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7 Regalo di compleanno

Blythe POV


O. Mio. Dio.
Edward Cullen mi stava baciando.
Stava baciando ME.
Avevo il cuore che batteva impazzito, mentre il naso era invaso dal suo profumo.
Se non fossi stata appoggiata alla parete alle mie spalle, con il corpo di quel vampiro mozzafiato a schiacciarmi contro di essa, sostenendomi, sicuramente sarei caduta a terra.
Avevo le gambe molli, il respiro affannato; e tutto ciò che riuscivo a percepire era la sua vicinanza e la sua bocca sulla mia.
Le mani, mosse da volontà propria andarono a circondargli il collo, carezzandogli la nuca per infilarsi nei suoi capelli.
Dio se avevo desiderato carezzarli in quel modo, saggiarne la consistenza! Erano più morbidi di quanto avessi mai potuto immaginare.
In risposta a quelle carezze lo sentii mugolare lievemente, mentre continuava a tormentarmi le labbra, mordendole lievemente, succhiandole, leccandole.
Non sapevo cosa fare: quello era il mio primo bacio.
Mi lasciai guidare dall’istinto e, quando con la lingua cercò di farsi strada tra le mie labbra, schiusi la bocca.
Una forte scarica mi attraversò il corpo mentre un mugolio strozzato mi usciva dalla gola, seguito da un breve ringhio di Edward, che iniziò a stuzzicarmi la lingua con la sua. Divenni avida, volevo di più e mi strinsi a lui con forza, mentre con le mani gli immobilizzavo la testa tenendolo forte per i capelli.
Poi, quando gli sfiorai i denti… fu come aver premuto un interruttore.
… sempre che tu non sia troppo occupato a farti controllare i canini da Bella…
Gli tirai i capelli all’indietro, cercando di allontanargli il volto dal mio per interrompere quel bacio incredibile. Fraintese le mie intenzioni, premendosi ulteriormente contro di me, mentre io iniziai a mugolare, protestando.
Volevo smettesse. Non era giusto. Edward era di Bella, non mio, e non lo sarebbe mai stato. Conoscevo benissimo la loro storia e non potevo illudermi che cambiasse solo per farmi piacere. Sapevo che non sarebbe stato così. E non doveva essere così.
Feci leva sul suo torace con tutte le mie forze, mentre le lacrime iniziavano a bagnarmi il volto.
- Cosa…? – chiese Edward stupito, la voce roca, mentre si allontanava lievemente da me.
- Cristo santo, Blythe… Scusami, mi dispiace. Non volevo…– mormorò, scostandosi ulteriormente da me, senza levarmi gli occhi di dosso.
Non volevo…
Cercai di riprendere il controllo della respirazione, tentando inutilmente di respingere le lacrime, memorizzando al contempo il volto contrito di Edward: mi avrebbe aiutata a non illudermi che quel bacio potesse ripetersi.
- Ti… ti spiace andare… giustificazione… infermiera – fu tutto ciò che riuscii a mettere assieme all’interno di una frase.
- Aspettami in macchina. Ci penso io. – mi disse mesto, porgendomi le chiavi della Volvo, che afferrai evitando accuratamente di toccargli la mano.
Corsi verso l’auto, aprendola e lasciandomi sprofondare nel sedile del passeggero. Quando sul cruscotto, dinanzi a me, vidi un capello di Bella, scoppiai in lacrime, dandomi dell’idiota per aver permesso che accadesse quello che non sarebbe mai dovuto accadere.
Quando Edward arrivò all’auto avevo già smesso di singhiozzare, risoluta nel volerlo tenere lontano da me il più possibile.
Non appena si mise seduto al volante, si voltò verso di me; ne sentivo lo sguardo percorrermi il volto, cercando di leggermi dentro; io me ne stavo girata verso il finestrino, ostinandomi a guardare fuori, mentre, rabbiosamente, mi asciugavo a più riprese le lacrime che non volevano saperla di smettere di scendere.
- Blythe…
-Voglio andare a casa – lo interruppi, sempre guardando fuori dal finestrino.
Lo sentii sospirare rassegnato, poi mise in moto e uscì dal parcheggio della scuola.
Il viaggio si svolse in un silenzio pesante. Ogni tanto Edward mi lanciava qualche occhiata, mentre io mi ostinavo a mantenere la mia posizione ed il mio mutismo.
Dovevo fare qualcosa, non sarei riuscita ad evitarlo in eterno, così come non sarei mai riuscita a dimenticare quel bacio, almeno non avendolo sempre davanti agli occhi.
Così decisi che avrei tenuto fede all’impegno preso: avrei partecipato alla festa di Bella, poi me ne sarei andata.
E nessuna Alice avrebbe potuto fermarmi, stavolta.
Non appena arrivati a casa, scesi dalla Volvo senza neanche aspettare che il motore fosse spento, sorda ai richiami di Edward.
Entrai in casa come se avessi avuto il diavolo alle spalle, salendo i gradini, correndo, per poi infilarmi in camera e rinchiudermi dentro, dando nuovamente sfogo alle lacrime.
Iniziai a fare la valigia, infilandovi dentro quello che mi capitava sottomano. La chiusi con uno scatto secco e la nascosi sotto il letto, su cui mi sdraiai cercando di distogliere la mente dalla sensazione provocatami dalla bocca di Edward sulla mia.
Quella sera ci sarebbe stata la festa dei diciotto anni di Bella ed io dovevo assolutamente avere il massimo controllo della situazione.

*****

Edward POV

Ero impazzito.
La stavo baciando come non avevo mai desiderato baciare Bella.
Era… Non saprei descrivere le sensazioni che quel bacio mi trasmise.
Aveva le labbra morbide, fatte per essere baciate, morse, succhiate.
Cristo, il corpo caldo, morbido, femminile, stretto al mio, era una cosa indescrivibile.
La costrinsi al muro per aderirle meglio contro; volevo sentirla interamente contro di me.
Mi facevano impazzire quelle dita sottili tra i capelli.
Ero eccitato come non mai e quando aprì la bocca, lasciandomi giocare con la sua lingua, persi completamente ogni contatto con la realtà.
Mi resi vagamente conto che qualcosa era cambiato. Sentii che cercava di allontanarmi da sé, mugolando in segno di protesta.
Mi staccai da lei a fatica, chiedendomi cosa le fosse preso per aver cambiato atteggiamento in maniera così repentina.
- Cosa…? – le chiesi, allontanandomi da lei.
Non mi sbagliavo: stava piangendo.
- Cristo santo, Blythe… Scusami, mi dispiace. Non volevo…– cercai di scusarmi, allontanandomi ulteriormente, senza staccarle gli occhi dal volto.
La vidi affannarsi nel tentativo di riprendere il controllo, cercando disperatamente di smettere di piangere.
Mio Dio, che avevo fatto.
Era mio compito proteggerla, ed invece mi ero preso delle libertà che non mi erano concesse.
Io ero fidanzato con Bella, l’amavo, sebbene desiderassi Blythe in maniera spasmodica.
Lei, dal canto suo, aveva già un compagno che aspettava solo di conoscerla, e sarebbero stati assieme per l’eternità.
E la cosa mi faceva stare male ed adirare in maniera a dir poco inquietante.
- Ti… ti spiace andare… giustificazione… infermiera – fu tutto ciò che riuscì a dirmi mentre si ostinava a voler ricacciare indietro le lacrime.
- Aspettami in macchina. Ci penso io. – le dissi, rassegnato ad averla fatta soffrire ed al mio destino, porgendole le chiavi della Volvo; il fatto che le prendesse stando ben attenta a non sfiorarmi mi raggelò: avevo veramente rovinato tutto.
La osservai correre verso l’auto, poi mi diressi a passo spedito in infermeria e sistemai la pratica della giustificazione.
Quando arrivai alla Volvo, capii immediatamente che aveva pianto fino a pochi attimi prima.
Ne cercai il volto, sperando che la cosa fosse meno grave di come la percepivo, ma si ostinava a guardare fuori dal finestrino, in silenzio, mentre si asciugava le guance dalle lacrime che continuavano ad uscirle dagli occhi.
- Blythe…
-Voglio andare a casa – mi interruppe sempre guardando fuori dal finestrino.
Non mi restò che sospirare rassegnato ed avviare il motore.
Il viaggio fu una tortura. Volevo parlare con lei, dirle che non volevo ferirla, che era nato tutto come un tentativo per spaventarla e costringerla al silenzio, per ascoltarmi. Ma la cosa mi era sfuggita di mano ed il mio istinto aveva prevalso sulla mia ragione.
Blythe, invece, era chiusa in un mutismo che mi squarciava i timpani, più delle urla che avrebbe avuto tutti i diritti di indirizzarmi contro.
Mi dissi che sicuramente, una volta a casa, mi avrebbe concesso di parlare, che mi avrebbe ascoltato, ma ogni speranza si infranse quando la vidi scendere dall’auto ancora in moto, slanciarsi in casa e rinchiudersi in camera sua, sorda ai miei richiami.
Trascorsi il resto della giornata in condizioni pietose. E l’arrivo dei miei fratelli, di ritorno dalla scuola, mi fece solo stare peggio.
Non sapevano cosa era accaduto, ma lo sguardo di fuoco che mi rivolse Rosalie mi fece capire che forse sospettava qualcosa.
Jasper mi si fermò davanti scrutandomi negli occhi in cerca di qualche conferma e ne ricavai un “idiota”; Alice, da par suo, mi scagliò contro tutta la sua rabbia.
- Non so cosa sia successo tra voi due, ma devi convincerla a rimanere.
- Che vuoi dire? – le chiesi in preda al panico.
- Ha fatto le valigie e vuole andarsene da qui, vuole andare lontana da te.
Mi passai le mani nei capelli, ammettendo con quel gesto quanto fossi disperato.
- Vado a parlarle. – dissi.
- Non vuole vedere nessuno – mi interruppe Rosalie, di ritorno dal piano di sopra, dove era evidentemente andata per stare vicina a Blythe.
- Ha mandato via anche me. Ha detto che uscirà stasera per il compleanno di Bella.
Mi lasciai cadere sul divano, schiacciato dall’enormità del gesto che avevo fatto, incerto se dire o meno a Bella di quello che avevo fatto a Blythe.
- Non c’è bisogno che lo sappia, Edward. Blythe manterrà il segreto.
Bene, adesso, grazie alla mia brillante idea di confessare ogni cosa alla mia fidanzata, Alice sapeva che avevo baciato Blythe.
A quel punto, non mi restava che aspettare l’ora della festa per vedere come si sarebbero evolute le cose.
Quando, quella sera, tornai a casa, dopo essere andato a prendere Bella, mi aspettavo di trovarla già in salone con tutti gli altri, agghindata anche lei a festa.
Eravamo tutti intorno a Bella, mentre Alice ci scattava delle foto con la digitale che aveva trovato nella borsa della mia fidanzata, quando notai la presenza di Blythe in cima alle scale.
Indossava un maglione candido con il collo alto, jeans stone-washed, ed aveva i capelli raccolti in una treccia. Era bellissima.
Tenevo Bella stretta a me, mentre con gli occhi non riuscivo a staccarmi dal volto di Blythe.
Rosalie le si fece incontro, attendendola ai piedi della scala.
- Perché non ti sei cambiata d’abito? Ti avevo lasciato il vestito sulla poltrona. – le disse sottovoce, in modo da non farsi udire da Bella.
- Non sono un’ospite gradita – rispose con voce flebile, facendomi sussultare, mentre un peso mi schiacciava il petto.
- Sono solo venuta a portare il mio regalo a Bella. E a Edward. – aggiunse con tono monocorde, sempre a voce bassa.
Aggirò Rosalie per venire davanti a me e Bella.
Mi chiesi per quanto ancora avrebbe evitato il mio sguardo.
- Bella, il mio regalo consiste in un consiglio: non aprire tu stessa i tuoi regali, lascia che a farlo siano Edward e Alice.
- Ma io voglio farlo, sono miei. Tu non puoi… - iniziò a protestare Bella, alterandosi lievemente.
- Alice… - sussurrò Blythe.
Mia sorella cadde in trance, lo sguardo vacuo.
E vidi, vidi tutto con chiarezza:  Bella che apriva i regali; che si tagliava con la carta da pacchi; Jasper che l’aggrediva; io che la spingevo contro il tavolino di vetro, provocandole un lungo taglio nel braccio.
Mia sorella tornò tra i presenti, mentre io fissavo Blythe incredulo.
Alice corse da Blythe abbracciandola.
- Grazie. Grazie infinite. Anche per Jazz. – le disse prima di andare ad abbracciare suo marito.
Solo allora gli occhi di Blythe incrociarono i miei, risoluti ed addolorati al contempo.
- Io… - iniziai.
- Le conseguenze sarebbero disastrose, Edward. Per Bella e per te… ed alla lunga per tutti voi. Se Bella si taglia, sarà aggredita e questo ti porterà ad allontanarti da lei. Il lupacchiotto si farà avanti, ma lei tornerà da te: interverrà per salvarti dall’ira dei Volturi, al cui giudizio ti sottoporrai credendola morta. Tornerete assieme, ma solo dopo aver sofferto inutilmente ed aver messo a repentaglio le vostre vite e quella di Alice. Così è scritto, ma non sono certa che le cose avranno un lieto fine. Edward. Convinci Bella a non aprire quei pacchi, non con le sole mani, almeno. E la storia sarà riscritta.
- Grazie… - fu tutto quello che riuscii a dire, troppo stupito per tutto quello che mi aveva rivelato.
Dette un’ultima occhiata a Bella, augurandole buon compleanno, poi tornò verso le scale, per salire nuovamente in camera sua.
- Aspetta… festeggia con noi – la richiamo Bella.
- Non mi sento in vena di brindare e quant’altro. Scusami, ma sarei di peso. Buonanotte a tutti voi. 
La osservai salire le scale, schiena dritta e passo sicuro. Ma sapevo che dentro di sé celava un mare in tempesta.
-Ah, un’ultima cosa, Edward: attento a Vittoria. Tornerà per vendicarsi. Ed avrete bisogno dell’aiuto dei lupi.- disse senza voltarsi, raggelando la stanza, con Bella che mi sondava il volto in cerca di risposte che non potevo ancora darle, mentre con gli occhi continuavo a seguire la figura di quella strana ragazza umana, sebbene di sangue vampiro dalla nascita, fino a che non sparì nell’ombra del corridoio.


  
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