Non avevo più rivisto Minerva fino a questa mattina,
quando è tornata nel mio appartamento, ancora una volta con gli occhi rossi e
l’aspetto del superstite di una cruenta battaglia, per dirmi cosa ti è
successo.
Mi sono chiusa in me stessa dopo il suo primo “Mi
dispiace!” e non ho sentito praticamente nulla di quello che mi ha raccontato
sul combattimento, su chi ha vinto o su chi è sopravvissuto.
Dopo pochi minuti l’ho interrotta e le ho chiesto di
scusarmi: io dovevo assolutamente uscire all’aperto perché le pareti avevano
iniziato a sembrarmi più strette e mi sentivo mancare l’aria.
Ho preso la macchina e ho cominciato a vagare per la
città senza una meta precisa, fino a quando ho capito che avevo bisogno di
sentirti vicino e sono venuta nell’unico posto Babbano dove sapevo di poterlo
fare.
Ed ora eccomi qui, nella tua vecchia casa a Spinner’s
End, travolta dal vortice dei ricordi.
Mi alzo dal letto e fisso la mia immagine riflessa nel
lungo specchio tarlato che apparteneva ai tuoi genitori, senza più riconoscermi
nella donna spenta che mi ricambia lo sguardo.
Non era così che doveva andare; Albus mi aveva raccontato
di un altro futuro e quello che mi aspetta adesso non riesco ad accettarlo.
Abbasso gli occhi e ripiego con cura la tua camicia
bianca, ormai inumidita dalle mie lacrime.
Quando torno a guardare lo specchio rimango attonita
nel vedere la tua figura dietro alla mia.
“Bene! Sono impazzita, ma era chiaro che prima o poi
dovesse succedere!” dico piano alla mia immagine.
Chiudo gli occhi e li riapro, pensando così di
ritrovarmi sola, e invece sei ancora lì, dietro di me, che mi fissi.
“Hannah?!”
Il tuo riflesso mi guarda sorpreso e spaventato, anche
se mai quanto il mio.
“Cosa ci fai qui? Come hai fatto ad entrare?”
Adesso ho veramente paura di aver perso ogni contatto
con la realtà, proprio io che non posso più permettermi di vivere nelle mie
fantasie, e mi giro adagio verso la porta.
“Minerva mi ha detto che sei morto e ora… no, non puoi
essere ‘vero’, sei solo frutto della mia immaginazione e io sono completamente
uscita di senno!”
Scuoto la testa e nuove lacrime mi inondano il viso;
questa volta, però, non è l’angoscia per la tua perdita a farmi piangere, ma la
disperazione che nasce dal desiderare profondamente una cosa impossibile.
“Non sei pazza. Tutti mi credono morto … ma come vedi è
stato solo un inganno.”
Ti avvicini lentamente, per non spaventarmi più di
quanto non lo sia già, con i tuoi occhi neri fissi su di me; quegli occhi scuri
come una notte senza luna che mi ero rassegnata a non poter più rivedere.
Ora sei davanti a me, un solo passo a dividerci, ma
ancora non riesco, non posso credere che tu sia vivo.
Allungo una mano tremante e provo a toccarti il viso.
Mi aspetto che ti passi attraverso perché è chiaro che
sei un’allucinazione o, se sono fortunata, un fantasma.
Ma la tua guancia è solida e calda.
Rimaniamo così per un istante, poi ti allontani quanto
basta per sottrarti alla mia mano, che rimane a mezz’aria, del tutto inappagata
dal contatto fugace.
“Non capisco
come tu sia potuta entrare in questa casa, l’ho protetta con un incantesimo,
solo qualcuno appartenente alla famiglia può varcarne la soglia … “mi dici
perplesso, ma poi, con uno scrollare di spalle, la tua espressione diventa
distaccata”… comunque non importa. Sono solo venuto a prendere le ultime cose
prima di andarmene per sempre.”
Mi accorgo solo ora che qualcosa non va: se sei vivo e
possiamo finalmente stare insieme, perché non c’è gioia sul tuo viso?
“Sei venuto a prendere le ultime cose prima di
andartene per sempre?!”
Sono così scioccata che devo ripetere lentamente quello
che mi hai detto per capirlo e afferrarne il significato fino in fondo.
“Ma … e quando saresti venuto da me?” ti chiedo con un
filo di voce.
Mi stai guardando di nuovo sorpreso e alzi il
sopracciglio, meravigliato dalle mie parole.
“E perché mai
sarei dovuto venire a cercarti?” ma cambi subito espressione e sulle tue labbra
si disegna un ghigno strano, quasi crudele “Ti devo forse ricordare il modo in
cui ci siamo lasciati più di cinque anni fa? Ma non credo che ci faresti
proprio una bella figura!”
Lo stupore comincia a diventare panico e la mia voce sale
di tono.
“Ma Albus … non ti ha raccontato niente prima di …”
Eppure la fine della frase mi muore in bocca a vederti
irrigidire e cancellare ogni altra espressione dal volto.
“E cosa avrebbe dovuto raccontarmi di così importante …
prima che lo uccidessi?”
“La verità” riesco a dire, scossa da queste tue parole
così crudeli e dirette.
Mi sorridi, ancora con quel riso cattivo, e mi chiedo
dove sia finito l’uomo che ho imparato a conoscere e ad amare.
Perché quello che ho davanti a me ha il tuo aspetto, ma
non puoi essere tu.
“La verità? L’ho vista con i miei occhi la verità, non
serviva che nessuno …”
Ti fermi improvvisamente a metà della frase e fissi il
mio collo.
Di riflesso anche io abbasso lo sguardo e vedo che stai
puntando il tuo sul ciondolo che mi ha regalato Silente e che, come gli avevo
promesso, porto sempre con me.
“Cos’è quello?” mi chiedi improvvisamente interessato.
“E’ un dono di Albus. Me lo ha dato qualche mese prima
… di morire e mi ha fatto giurare di indossarlo sempre.”
Ti avvicini e con un colpo di bacchetta sfili la
collana dal mio collo e cominci a rigirare il ciondolo tra le dita.
“Ma cosa … “ ti chiedo, ma tu alzi un braccio in un
segno che esige silenzio.
“Accio Pensatoio” dici deciso e una ciotola di marmo
entra in camera.
Un altro colpo di bacchetta e il ciondolo si apre in
due, liberando la fialetta che vi era incastonata e che ora sembra contenere
delle scariche elettriche.
Sempre con la bacchetta le prendi e le metti in quello
che hai chiamato pensatoio, poi ti volti un attimo a guardarmi prima di
infilare la testa nella ciotola.
Rimango immobile a fissarti, senza sapere bene cosa
fare.
Dopo qualche minuto, anche se a me sono sembrate ore,
ti sollevi e sembri sconvolto.
Scosso da violenti brividi, ti siedi sulla poltrona in
fondo al letto e nascondi il viso tra le mani.
Io mi avvicino preoccupata e mi inginocchio davanti a
te.
“Severus” provo a chiamarti dolcemente, ma tu non
rispondi.
Allora ti accarezzo piano la testa e le mani e mi
sembra un sogno poterti toccare e poter sentire di nuovo il tuo odore.
“Quel vecchio pazzo … mi ha ingannato per l’ennesima
volta!” dici sollevando il capo, mentre una lacrima solitaria scende lungo la
tua guancia.
Le mie mani si allacciano alle tue e quasi mi perdo
nell’emozione improvvisa di quel gesto, così semplice eppure così importante.
“Cosa dici, di chi parli?”
Posi lo sguardo su di me e riconosco finalmente la
scintilla che riluce in fondo ai tuoi occhi e che mi ha fatto innamorare così
intensamente.
Ed ecco arrivato il capitolo che giustifica ampiamente l'avviso di AU ... mi scuso con quanti speravano, forse, che avrei seguito alla lettera la fine della storia così come l'autrice ce l'ha presentata, ma non ce l'ho fatta a condannare a morte il mio Severus...