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Autore: Piccola Ketty    16/12/2009    4 recensioni
Sono tornata con una nuova storia sul nostro amato Rob. Cosa succede se a una ragazza italiana, fosse data la possibilità di andare a Vancouver? E soprattutto..di realizzare il suo sogno? Un sogno che tiene celato persino a se stessa?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 13 Buon giorno ragazze..
Non posso dirvi di essere felice, perchè la storia è finita :( Uffa..
All'inizio non pensavo che mi ci sarei affezionata così tanto. E' per questo che molto probabilmente ci sarà un seguito ;)
Ci sto già lavorando insieme alla mia Chip, quindi, non so quando, ci sarà un bel seguito! Spero bello ;)
Beh, che dire..vi ringrazio tutte.
Non mi posso lamentare degli ascolti, è stata molto veloce come storia, quindi la gente ha avuto meno tempo per leggerla (diciamo così va). Quindi ringrazio le 22 persone che hanno messo la storia tra i Preferiti e le 13 che la hanno messa tra i Seguiti! Davvero grazie!
Ringrazio le sei persone d'oro che hanno recensito la storia, chi con più frequenza, chi con meno! Davvero grazie a tutte!!
*__* oddeo..pianno!!

*Lazzari*_*Liselotta*_*Dark Angel 1935*_*Jordy Klein*_*Bella_*_*Doddola93*

Grazie a tutte voi!!

Spero davvero che questo ultimo capitolo possa farvi rimanere con la speranza di leggere il seguito (Ripeto - non so quando posterò il seguito..terminato tutto posterò :*)

Mi sono davvero divertita, a scrivere questa storia. Il rapposto tra Stef e Kate è un po' il rapporto che c'è tra la mia Chip e me! *_* Quindi ho messo molta me stessa qui dentro, e ringrazio Chip per essersene resa conto :*
Ho sperato davvero di andare a Vancouver ;) come voi! Ahah..
Un bacione ragazze..

P.S. Se vi piace il mio modo di scrivere, non vi nascondo che mi farebbe piacere se passate a leggere anche le altre mie storia ;)

A presto!

Buona lettura...
:*


Love In A Dream

Decidemmo di farla stare nella stanza di Anna, aveva due scrivanie, sarebbe stata più comoda.

“Se vuoi vieni pure a chiedermi quello che vuoi!”, le dissi prima di tornare al mio posto.

“La ringrazio..”, sentii come risposta.

Mi fermai immediatamente e mi voltai verso di lei.

“Allora, mettiamo in chiaro una cosa importante! Siamo vicine di età, non sono il tuo capo. Quindi dammi pure del tu!”, le dissi sorridendo.

“Vale anche per me!”, disse Anna indaffarata con delle carte.

“D’accordo!”, le guance le si colorarono di rosso.

Mi sedetti sulla mia scrivania e iniziai il mio lavoro.

“Vedrai, sarà un’esperienza unica!”, le disse Anna.

Lo sperai per lei.

Era già passata un’ora.

Avevo chiacchierato con Marta, che ogni tanto veniva a farmi compagnia, le davo qualche fotocopia da fare oppure le dicevo semplicemente qualcosa sul lavoro.

Lei ascoltava diligente.

Verso le cinque sentii suonare il campanello, guardai sull’agenda ma non c’era nessun appuntamento per quell’ora.

Mi domandai chi potesse essere e mentre ero impegnata a cercare delle pratiche nello schedario in basso, chiesi a Marta di andare ad aprire.

Rimasi in ascolto, le avevo detto di salutare gentilmente e di far entrare i clienti.

Ma non sentii niente se non il fruscio della porta e di piedi.

Rimasi nella mia posizione per capire che cosa stesse facendo Marta.

Mi guardava terrorizzata. Sbattei le palpebre per cercare di capire la sua espressione.

Un misto tra lo stupore e la meraviglia, ma vedevo anche ansia e sconvolgimento.

La incitai a parlare, non facendomi vedere dalle persone che erano arrivate.

“Buona..buonasera..”, disse Marta tremando.

Iniziai a preoccuparmi.

“Buona sera..”, rispose la voce della persona che le stava di fronte.

Forse la stupiva il fatto che fossero inglesi, ma come aveva fatto a capirlo se non li aveva sentiti parlare? Boh.

“Avete un appuntamento?”, mi guardò esitante e le feci l’occhiolino per farle capire che andava benissimo.

“No, ma ho chiamato l’avvocato, il mio cliente ha un appuntamento con lui..improvvisato diciamo!”, la persona che parlava era una donna, doveva avere più o meno trent’anni come Anna, parlava l’italiano con un accento molto inglese.

“Venite entrate..”, disse Marta spostandosi.

“Piacere!”, una voce, una voce terribilmente sensuale accompagnò la mano che strinse quella di Marta.

Una voce che, purtroppo, avrei riconosciuto anche ad occhi chiusi, con un udito carente, in mezzo ad una folla di miliardi di persone.

Marta, era più sconvolta di prima.

Alternava lo sguardo tra il mio viso e quello di Robert. Perché ormai ero sicura che fosse lui.

Decisi di spostarmi e di farmi vedere.

Quando i suoi occhi incontrarono i miei, io morii all’istante, mentre lui non fece nessuna piega. Cosa era successo?

Sentii il cuore prendere il volo, insieme alle farfalle che dopo più di un mese erano riuscite a liberarsi dalla gabbia dove le avevo rinchiuse.

“Kate..”, il mio nome pronunciato di nuovo dalle sue labbra era qualcosa di sublime, di perfetto.

Marta era ancora più confusa, non capiva più niente.

“Robert..”, mi avvicinai un po’, per sostenere Marta.

Anna, che nel frattempo era venuta a vedere cosa stesse succedendo, era rimasta immobile appoggiata alla porta.

“Oh mio Dio!”, non si fece scappare il classico commento.

Io ero incantata ad osservare gli occhi di Robert che non sembravano volersi spostare dai miei.

Mi portai una mano sulla labbra, per soffocare dei singhiozzi che volevano uscire. Non riuscii però, a fermare le lacrime.

Robert lentamente si avvicinò, posò le sua mani sulle mie spalle.

Sempre delicatamente mi fece avvicinare a sé e mi abbracciò, stringendomi come nessuno mi aveva mai stretta.

Inizialmente rimasi immobile, quando però il suo profumo mi arrivò come un uragano, non potei fare a meno di stringerlo e di trattenerlo a me.

“Mi sei mancata..”, mi disse baciandomi i capelli.

“Voi? Tu? Lui?”, mi scostai svogliatamente dal suo petto per girarmi verso Marta.

“Robert dobbiamo andare..”, la sua assistente lo richiamò, facendogli cenno di andare verso l’ufficio dell’avvocato.

“Hai un appuntamento qui?”, gli chiesi.

Lui annuì sorridendo, e seguì la sua assistente nell’ufficio.

Quando chiusero la porta alle loro spalle, mi andai a sedere alla mia scrivania, cercando di capire che cosa fosse appena successo.

Ovviamente, Marta e Anna si misero subito di fronte alla mia scrivania per chiedermi che cosa stesse succedendo. Il problema era che dovevo capirlo anche io.

“Cosa ci fa l’attore più famoso del momento nel vostro ufficio?”, chiese Marta con un tono isterico.

“Non lo so..forse ha bisogno di aiuto legale..”, le risposi fissando il piano del mobile.

“Cosa dici? Uno così non viene a Genova, in uno studio legale che per lui è cacca. Dai!”, Anna sembrava addirittura sconvolta.

“Non lo so ragazze. Non ne ho idea!”, mi arresi e sprofondai nella mia sedia.

“Ma tu lo conosci?”, mi chiese Marta tutta emozionata. Riusciva a cambiare umore così velocemente?

“Più o meno..”, si certo. Più o meno.

“Come fai a conoscerlo?”, l’interrogatorio era partito.

“Sono andata qualche settimana fa a Vancouver, dove stanno girando, e l’ho incontrato. Ma ciao e basta!”, sperai di essere convincente.

“E tu per un ciao e basta, lo guardi in quel modo?”, Marta era scettica.

“E lui l’hai visto?”, Anna parlava con Marta ora, “hai visto come la guarda! Altro che ciao! Cosa ci nascondi?”.

“Niente!”, non volevo spifferare a tutti quello che era successo.

Soprattutto perché, per il momento, ero riuscita a non far riaffiorare nulla. Ero troppo stupita della situazione per avere il tempo di rimuginare il passato.

Anna si arrese e si mise nel suo ufficio in attesa che la star passasse nuovamente.

Marta, continuò a fissarmi per qualche minuto, cosa molto snervante, dopo due occhiate fulminanti anche lei si arrese e se ne andò da Anna.

Mi presi la testa tra le mani, e mi appoggiai alla scrivania.

Cosa ci faceva lui li? Come aveva fatto a trovarmi?

Aveva ragione Anna, con tutti i legali che poteva permettersi, proprio qui a Genova doveva venire.

Eppure mi pareva di non aver mai detto niente in riferimento al mio lavoro. Sapevo che ero una segretaria, che abitavo a Genova, ma nulla di più.

Forse, però, era stato davvero un caso che fosse capitato proprio nell’ufficio dove lavoravo io.

Non capivo più niente. Sentivo la testa fumare da quanto stavo pensando.

Pensai intensamente per altri minuti, fino a quando non sentii la porta dell’ufficio dell’avvocato aprirsi.

“Arrivederci Signor Pattinson! Signorina Frances..”, Frances doveva essere la sua assistente.

“Grazie mille per l’aiuto!”, mi raddrizzai sulla sedia e visto che non riuscivo a trovare una posizione che mi permettesse di risultare tranquilla, mi alzai.

Mossa sbagliata, perché appena sentii la voce di Robert le gambe iniziarono a fare giacomo, giacomo.

Respira, respira, respira.

Me lo ripetevo di continuo.

Quando i passi si fecero più netti, capii che ormai era entrato nella mia stanza.

Mi ero messa, di proposito, a guardare alcune pratiche, fingendo poco interesse.

“Allora ciao Rob..”, cercai di rimanere più distaccata possibile.

Non sentii nessuna risposta, ma vidi con la coda dell’occhio l’ombra di Robert.

Sentii una forte presa sul braccio e subito dopo venni spostata contro il suo petto.

Con la mano libera mi fece alzare il viso, per incatenare i nostri occhi.

Io li chiusi, sperando di non rimanerne incantata, ma purtroppo la voglia di vederlo, vinse su tutto.

Quando li aprii trovai due pozze azzurre limpide e tristi. Spenti, ecco, erano spenti.

“Cosa ti ho fatto?”, mi chiese quasi sussurrando.

“N..niente!”, deglutii silenziosamente.

“Allora perché non mi degni di uno sguardo?”, mi chiese avvicinandosi pericolosamente.

Mi scostai velocemente, sperando di non sembrare troppo scortese.

“Non mi hai fatto niente Robert. Davvero! Solo, si..devo lavorare!”, gli sorrisi, un sorriso falso.

“Ok, quindi non rifiuterai un invito a cena..no?”, ecco, lo sapevo.

“Ehm..no..cioè..”, da dietro le spalle di Robert riuscii a vedere le due ragazze che si sbracciavano per farmi dire di si.

Cercai di non curarmene troppo.

“Se vuoi puoi venire da me..cucino io..o ordiniamo qualcosa..”, sperai che non fraintendesse.

Sorrise e facendo schioccare la lingua sul palato annuì.

“Perché immagino che sia difficile girare per un posto sconosciuto..cioè..nei locali tutte ti darebbero fastidio..”, arrampicarmi sugli specchi non era mai stato il mio forte.

“Va bene..va bene Kate!”, si avvicinò e dopo avermi dato un bacio sulla fronte mi salutò uscendo dallo studio.

Mi appoggiai allo schedario, sperando di non svenire.

“Si, si..proprio amici!”, cantilenò Marta.

“Shh..zitta!”, le dissi gesticolando con le mani.

“Siete carini. Certo. Se non lo vuoi me lo prendo io!”, disse una Anna soddisfatta.

La fulminai con lo sguardo, capendo che era eccessivo da parte mia, tutta quella gelosia.

“Perché non posso prendermelo io?”, chiese Marta.

“Perché sei troppo piccola tesoro!”, Anna le diede due patte sulla spalla e tornò nel suo ufficio.

“Che stage fantastico. Ritornerà? Mi sono scordata di chiedergli l’autografo. Ma potresti faro tu per me!”, parlava come una macchinetta.

“Vedrò..non so se lo rivedo..oddio..non sa nemmeno dove abito..”, sorrisi amaramente. Una parte di me, voleva rivederlo, ma un’altra parte cercava in tutti i modi di non rimanere fregata.

Marta capì che volevo rimanere sola, infatti si dileguò nell’ufficio di Anna e non ne uscì fino all’orario di chiusura.

Quando uscì dall’ufficio mi coprì maggiormente a causa del freddo.

Sentivo il vento pungere sugli occhi, anche se non ero totalmente sicura che fosse solo colpa del vento.

Mi immersi nel traffico, aspettando che il semaforo diventasse verde per i pedoni.

“Scusi!”, di nuovo quella voce. Bellissima e soave.

Mi voltai verso di lui, cercando di non cadere dal marciapiede.

“Stasera sarei invitato a casa sua..”, scherzò.

“Ed è rimasto qui fuori per tutto questo tempo?”, gli chiesi a bocca aperta.

“Si, non sapevo dove abitassi!”, il sorriso si spense, stava trattenendo qualcosa lo vedevo.

“Va bene..ti do l’indirizzo..io vado in metrò..è troppo appariscente per te!”, lo guardai meglio, era coperto fino alla punta dei capelli. Lo avrebbero riconosciuto comunque.

“Vieni in macchina?”, mi chiese sempre teso.

“Ok..va bene..”, lo seguii fino alla sua macchina. Molto simile a quella di Vancouver.

Una fitta all’altezza del cuore iniziò a darmi fastidio, mi portai una mano sul petto sperando di calmarla.

“Tutto ok?”, mi chiese Robert.

Era seduto dall’altra parte del sedile. La distanza non era molta, ma sembrava di averlo lontano mille kilometri.

“Si..si!”, iniziai a giocare con le mani, “ordiniamo una pizza?”, gli chiesi sorridendo.

“Si, ricordo che ti piaceva..”, sempre vago.

“Te tutto ok Robert?”, gli chiesi preoccupata. La voglia di avvicinarmi e di stringerlo era tanta, ma preferii restare ferma.

“Si..certo!”.

Rinunciai a parlare di altro. Non gli chiesi come fossero andate le cose dopo la nostra partenza, ero troppo codarda.

Sapevo di aver sbagliato ad averlo lasciato da solo in quella camera, ma non potevo farci niente.

Era stato più forte di me.

Diedi le indicazioni all’autista e mi misi seduta al mio posto ad aspettare.

C’era poco traffico, stranamente, quindi non impiegammo molto tempo per arrivare a casa.

Quando aprii la porta pregai mentalmente di non fare brutta figura.

“Accomodati. Benvenuto a casa mia!”, gli dissi facendolo passare.

“Grazie..”, sorrise, ma un sorriso tirato.

Gli feci fare il giro delle stanze, non che fossero tante, ma almeno facevo gli onori di casa.

“Ordino le pizze ok?”, gli chiesi dopo averlo fatto accomodare sul divano.

“Si..”, fissava le foto appese alla parete della sala con devozione.

Terminata la chiamata mi avvicinai silenziosamente.

“Sono io da piccola..questa è mia madre, qui sono io a scuola, qui sono io al diploma!”, gli dissi indicando ogni singola foto che mi raffigurava.

“Belle..molto belle..”.

Andai in cucina per prendere dell’acqua e lo sentii dietro di me.

Aprii il frigo e per poco non buttai per terra la bottiglia.

Senti un botto enorme provenire dal ripiano del mobile.

Mi volta e vidi Robert appoggiato su di esso, teneva tra la mano un foglio. Doveva averlo sbattuto abbastanza forte.

Lo guardai perplessa, alzò il viso e iniziai a preoccuparmi.

“Mi spieghi questa!”, mi disse serio e teso.

Mi avvicinai e riconobbi quel pezzo di carta, era la lettera che gli avevo lasciato prima di “fuggire”.

“Robert..”, cercai di parlare ma non me lo permise.

“Robert no. Mi devi spiegare perché. Perché Kate? Perché mi hai fatto questo?”, strinse i pugni fino a far diventare le nocche bianche, “mi hai lasciato lì, da solo con questo pezzo di carta!”, mi sventolò davanti al viso il foglio.

Sentivo le lacrime pungermi gli occhi, ma dovevo resistere, non potevo permettermi di piangere.

“Hai ragione. Ma io non volevo rendere le cose più difficili!”, ormai la mia voce era isterica.

“Più difficili? Più difficili hai detto? Per te sono state più facili? Pensi che quando ho aperto gli occhi e ho visto questo foglio, per me sia stato più facile?”, era arrabbiato, molto arrabbiato.

“Hai ragione, hai ragione. Non posso dire niente. Mi dispiace..davvero..”, abbassai lo sguardo cercando di tranquillizzarmi.

“Kate! Mi sono sentito abbandonato, rifiutato. Con questa lettera cosa pensavi di ottenere? Mi hai anche dato degli orari del volo diversi! Come pensi che mi sia sentito quando sono arrivato all’aeroporto e non ti ho vista? Quando ho chiesto in hotel e mi hanno detto che eravate già partite?”, aveva gli occhi lucidi e la voce non era più alta, ma rauca e tremante.

Mi sentivo in colpa nella maniera più assoluta.

Lui era comunque venuto a prendermi, era venuto a cercarmi, nonostante gli avessi detto di non venire, nonostante lo avessi abbandonato da solo in quella camera.

Non riuscivo a rispondere, sentivo le lacrime rigarmi il viso, non ero nemmeno riuscita ad essere forte.

La verità era che lo amavo, lo amavo come non avevo mai fatto in vita mia. Ma non volevo soffrire, quindi avevo nascosto tutto, come aveva detto Stephanie.

“Come hai fatto a trovarmi?”, gli chiesi restando nella stessa posizione.

“Non è stato difficile. Basta avere le conoscenze giuste. Ma se vuoi me ne vado..ho impiegato tanto tempo per trovarti, inoltre..”, si fermò all’improvviso come se avesse paura di parlare.

“Inoltre?”, gli chiesi incitandolo a continuare.

Lo guardai negli occhi e vidi una piccola lacrima scendere lentamente, ma la fermò prima che potesse raggiungere le labbra.

 “Inoltre, non è stato facile partire. Non è stato per niente facile decidere di venire qui da te Kate..”, la voce tremava più di prima.

“Perché?”, non sapevo se essere arrabbiata con me stessa o essere ferita dalle sue parole. In ogni caso mi sarei meritata ogni sofferenza.

“Quando ho letto questa lettera, ho subito pensato che tu, qui in Italia avessi un’altra vita, un’altra persona. Quando ho capito che senza di te non riuscivo più a stare, ho deciso di iniziare a cercarti, non avevo molto a disposizione. Anche in Hotel sono stati abbastanza vaghi..”, si fermò per riflettere.

“Quindi quando sono tornato dall’aeroporto mi sono messo subito alla tua ricerca..”.

“Hai impiegato poco..”, non terminai la frase imbarazzata.

“Per capire che senza di te non potevi vivere? Si, poco. Già lo avevo capito quella notte, quando ti stringevo tra le braccia..”, di nuovo si fermò, alzò una mano verso di me, ma subito la ritrasse.

“Quando ho scoperto dove lavoravi, ero intenzionato a venire subito da te. Ma ho riflettuto Kate. Io..diciamo..non ero tanto sicuro di poterti lascare andare..”.

“Cosa intendi?”, chiesi confusa avvicinandomi.

“Se ti avessi ritrovata, magari fidanzata e felice, non so se sarei stato capace di lasciarti andare..sarei stato egoista molto probabilmente..e avrei fatto di tutto per riaverti..quindi ho aspettato così tanto tempo, perché temevo di essere troppo stronzo..poi quando non ho più resistito sono scappato in Italia..”, finalmente alzò lo sguardo incontrando i miei occhi.

Erano più azzurri del solito, ora erano anche meno tristi.

Non riuscii nemmeno a rispondere, nemmeno a replicare.

Lentamente mi avvicinai e lo abbracciai.

Sentii il suo respiro sui capelli e le sue braccia cingermi la vita in modo saldo.

“Robert..oddio..mi dispiace così tanto..ma capisci..io non voglio soffrire..tu sei..tu sei famoso, bello, richiesto..io resterei sempre qui..sola..”, lo guardai supplichevole.

“Cosa stai dicendo? Pensi che io metterei da parte te per il mio lavoro? Kate è per questo che sei scappata?”, lo guardai perplessa, “vabè..è per questo che te ne sei andata così?”.

“Si..non volevo che la cosa diventasse più seria del previsto..Rob..so che per te..”, iniziai a gesticolare, presa dall’agitazione.

“Kate, io mi sono innamorato”, lo fissai immobile, come se mi avesse appena detto quando sarebbe stata la fine del mondo, “ma non l’ho capito ora, io l’ho sempre saputo. Fin dalla prima volta in cui ho incontrato i tuoi occhi, ho capito che saresti stata mia, e io sarei stato solo tuo!”, mi abbracciò facendomi sentire tutto l’amore di cui avevo bisogno.

“Vorrei anche chiederti una cosa..”, mi disse all’orecchio.

“Vieni con me Kate..ti prometto che non ti deluderò, resteremo in contatto con tutte le persone che conosci, ma Kate”, mi fece alzare la testa per guardarlo, “io voglio te accanto, per sempre..capisci?”.

Cercai di parlare ma la voce mi morì in gola.

“Non devi darmi una risposta subito..mi basta sapere che nonostante tutto tu ci sarai..”, si spostò lasciandomi le braccia e appoggiandosi al mobile della cucina.

Mi guardai intorno, e capii subito cosa potevo fare.

Mi avvicinai al frigo e iniziai a muovere le calamite.

Quando si avvicinò per capire quello che stavo facendo, non mi lasciò nemmeno il tempo per voltarmi e guardarlo negli occhi.

Mi abbracciò, e senza rendermene conto ritrovai le sue labbra, morbide e calde pronte ad accogliermi.

Fu un bacio perfetto, sublime, impossibile da descrivere.

Fummo interrotti dal campanello.

“L’uomo delle pizze”, dissi sulle sue labbra sorridendo.

“Vado io..non si sa mai..”, ricordava ancora la scena in hotel con Kellan.

Quando tornò in cucina preparammo il necessario per mangiare e ci buttammo nel divano per coccolarci.

“Robert..dormi in un hotel?”, gli chiesi appoggiata alla sua spalla.

“Si..perché?”, mi chiese confuso.

“Resta qui con me..”, mi spostai per poterlo guardare negli occhi. Gli occhi più belli che io avessi mai visto.

Mi fece alzare e lentamente mi portò in camera, dove passai la notte più bella di tutta la mia vita.

Era tutto diverso, in casa, in un posto caldo e accogliente, io e lui. Sarebbe stato per sempre così, o almeno era quello che speravo.

Quando la mattina mi alzai, decisi di non svegliarlo. Dovevo andare a lavoro, ma gli avrei lasciato un biglietto diverso, sorrisi e iniziai a scrivere.

Quando andai accanto al frigo per attaccarlo, altre lacrime, questa volta di gioia, solcarono le mie guance.

Sotto al mio messaggio c’era la sua risposta.

 

Ti amo Robert.

 

Lo avevo scritto la sera prima, per fargli capire quello che provavo.

 

Anche io Kate, sei tutta la mia vita.

Buon giorno amore.

 

Risposi sorridendo come una bambina di due anni. Ormai avevo deciso.

 

            Prepara i bagagli e prenota un biglietto in più.

Ora non ti libererai più di me.

Ti amo, per sempre.

The End

   
 
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