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Autore: shanna_b    16/12/2009    8 recensioni
Una classica storia d'amore di Natale.
Dedicata, con tanti e tanti auguri, a tutte le Echelon.
(E, al solito, tutti i personaggi, anche se hanno un nome e un cognome famoso o meno, sono da me inventati di sana pianta e non scrivo a scopo di lucro, ma se volete contribuire alle mie finanze, fate pure un bonifico :-P).
Ha partecipato al Settimo Turno dei Never Ending Story Awards ed ha vinto Best Female (nonna Ruby), Best Fluff, Best WIP, Best FF e Best FF Readers' Choice.
Baci e buona lettura!
Shanna.
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’auto di nonna Ruby era una vecchia Chevrolet Malibu nera del 1980 e sua nonna non la guidava ormai da decenni, anche se la faceva revisionare e sistemare ogni anno dal suo meccanico di fiducia, più per l’idea di poterne avere bisogno un giorno, che per reale necessità.

Shannon, il berretto di lana nero calcato in testa, due metri di sciarpa avvolta attorno al collo, una barba lunghissima ed incolta e gli immancabili occhiali da sole, mise in moto e partì uscendo dal garage con una mezza idea di scappare fino in California: in meno di un giorno e mezzo sarebbe stato a casa, giusto in tempo per il pranzo di Natale, non fosse che l’auto, nonostante gli assidui controlli, forse non sarebbe riuscita nemmeno ad uscire dalla Louisiana e avrebbe perso per strada i vari pezzi, più o meno come quelle dei cartoni animati.

L’uomo, con la sigaretta accesa penzolante da un lato della bocca, in cinque minuti arrivò dove gli aveva indicato sua nonna: uno stabile di mattoni rossi in pieno centro città, con una scala di metallo all’esterno e l’aria vissuta, due giardinetti spogli ai lati. Parcheggiò nelle vicinanze, in mezzo ad alcuni cumuli di neve e a gente indaffarata con i regali, e si avviò, rassegnato come se stesse andando al patibolo, verso l’entrata.

‘Centro Anziani di Bossier City’, recitava il cartello appeso sopra una porta a vetri decorata di renne natalizie piuttosto spelacchiate. Shannon sbuffò per l’ennesima volta, chiedendosi che diavolo ci faceva lì, in anticipo sui tempi utili a frequentare il centro anziani di almeno una quarantina di anni.

D’altra parte, si disse, cercando di autoconvincersi, era anche vero che non poteva non fare un favore a sua nonna che, nella loro vita, era per i fratelli Leto il punto di riferimento principale, insieme alla loro madre, Constance. Le uniche due donne che erano sempre state presenti e delle quali si potevano fidare ciecamente, dalle quali potevano andare in caso di bisogno ed essere certi di poter essere aiutati. Sempre.

Shannon buttò la sigaretta nel giardinetto vicino alla scala, spinse la porta ed entrò, guardandosi intorno con circospezione.

Addobbi natalizi erano appesi un po’ dappertutto e, in un andirivieni di gente notevole, l’uomo intravide una specie di reception sulla destra. Si avviò di là, con il suo foglietto stropicciato in mano.

Un uomo che gli ricordava moltissimo John Candy, con lo stesso viso rubicondo e ilare, lo guardò subito, alzando lo sguardo da una pila di carte e sorridendo, forse un po’ eccessivamente.

Shannon non rispose al sorriso. “Ehm… buongiorno. Cerco il sig. George per…”

“Sono io. Sei il nipote di Ruby?”

“Sì.”

“Tua nonna ha appena chiamato per dire che saresti venuto.”

Bene. Fregato in pieno. Trappola chiusa. Nessuna via d’uscita. “Ah, bene.”

“Perfetto. Mancavi solo tu, in effetti.” L’uomo si alzò ed uscì da dietro il bancone. “Vieni con me.”

Shannon, camminando come se stesse pestando delle uova, lo seguì lungo un corridoio, fino ad arrivare ad una porta in fondo a destra, che George aprì.

Era il magazzino.

I due uomini entrarono e George cominciò subito a squadrare Shannon dalla testa ai piedi: “Ecco… uhm… Che taglia porti?”

Shannon si tolse il berretto di lana, visto che cominciava a sentire caldo e quella non era una domanda a cui gli piaceva rispondere, non dopo tutto quello che aveva passato negli ultimi mesi. Esitò un attimo e George parlò per lui: “Non sei molto alto e direi XL, però dalla tua corporatura direi XXL. Quindi ti do XXL e… direi anche che non ti serve la pancia finta perché già hai la tua…”

Poi l’uomo scoppiò a ridere credendo di aver fatto la battuta dell’anno, ma Shannon, sorpreso di tutta quella confidenza non richiesta, dapprima masticò amaro e poi si ritrovò ad avere dei pensieri poco natalizi del tipo “Fottiti, stronzo, vaffanculo, figlio di…”. Fu tentato di giustificarsi dicendogli che la sua grassezza e il suo gonfiore erano dovuti ai medicinali che prendeva in quel periodo per i problemi al braccio sinistro, ma si fermò subito: perché doveva sentirsi in dovere di discolparsi con quel deficiente-maleducato?

Shannon si tolse gli occhiali e guardò malissimo dritto negli occhi quel John Candy riuscito male: “Mi dia tutto e basta. Decido io cosa indossare e cosa no.”, proclamò, con una voce che sembrava provenire dall’oltretomba e dandogli del lei, giusto per creare un baratro tra di loro.

Il tizio si accorse che l’espressione di Shannon era decisamente omicida. Si affrettò a prendere una busta di carta sigillata dalla fila di scaffali davanti a lui: “OK-OK. Ecco qui. E… se vuoi cambiarti, il camerino è in fondo al corridoio, a sinistra.”

Shannon non rispose nemmeno, offeso. Prese con sdegno la busta dalle mani del tizio e si diresse verso il camerino, giurando a sé stesso che sarebbe stata l’ultimissima volta in vita sua che si vestiva da Babbo Natale.

   
 
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