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Autore: keli    19/12/2009    1 recensioni
[...]se solo fossi –ancora- umana potrei benissimo smettere di respirare. Farlo ora sarebbe troppo facile. L’aria non è altro che una portatrice di odori e tentazioni. Non è vita. Non lo è più da un pezzo. La mia esistenza è da secoli in apnea. Ma ora darei tutto –tutto- pur di tornare a respirare anche per un solo istante. E poterne morire.[…]
[1° al contest "Dark behind the light, vampires...FEMALE VERSION" indetto da The forgotten dreamer]
Genere: Sovrannaturale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Itachi, Sakura Haruno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: oKelio
Frase scelta: “Le guerre negano la memoria dissuadendoci dall'indagare sulle loro radici, finché non si è spenta la voce di chi può raccontarle. Allora ritornano, con un altro nome e un altro volto, a distruggere quel poco che avevano risparmiato.”
Carlos Ruiz Zafon
Titolo: In Memory of Black
Personaggi: Sakura Haruno, Itachi Uchiha, (Accenni) Sasuke Uchiha, Naruto Uzumaki, Sai
Pairing(s): Sakura/Itachi; Sakura/Sasuke(accenni)
Genere: Malinconico, Sentimentale, Introspettivo, Sovrannaturale
Rating: Giallo
Avvertimenti: AU, One Shot, Death Chara,
Breve introduzione alla storia: […] se solo fossi –ancora- umana potrei benissimo smettere di respirare. Farlo ora sarebbe troppo facile. L’aria non è altro che una portatrice di odori e tentazioni. Non è vita. Non lo è più da un pezzo. La mia esistenza è da secoli in apnea. Ma ora darei tutto –tutto- pur di tornare a respirare anche per un solo istante. E poterne morire.[…]
Note dell’autore: Il titolo è nato per caso. E non mi soddisfa, ma c’est la vie xD. La citazione invece è di Zafon , autore che ammiro e rispetto e lodo e amo e basta che è meglio xD. La Dike* è la dea della Giustia dei Greci, subordinata a Zeus e inviata da esso a punire le ingiustizie e le violenze dei mortali. Ovviamente avevo bisogno di Saku/Ita, perché dopo l’ultima scritta sono passati secoli °°. Come si potrà notare qui Itachi e Sasuke non sono fratelli e nemmeno si conoscono (Sas’ke infatti è vissuto parecchie centinaia di anni prima dell’Uchiha Maggiore) Si alternano parti in prima persona e al presente (Sakura) parti in corsivo (narrazione delle leggende) e parti in terza persona al passato ( Itachi) Che dire di questa fic? Una Sakura vampira, condannata all’immortalità, bellissima e letale, forse appena appena più sprezzante della Sakura che conosciamo. Per questo ho l’impressione di aver sforato nell’OOC(ma è solo un impressione eh xD). Un Itachi che forse capisce tutto fin dall’inizio, ma essendo enigmatico per natura non fa capire nulla. Può il nero trovarsi dietro un apparente e accecante luce? E una domanda che forse deve essere posta. Il finale lascia spazio alle domande: quella di Sakura è solo follia, o è realtà? Arrivata prima al contest di Forgotten-san (posso chiamarti così?** xD) incredibile ma vero, per la seconda volta di fila xD Beh che dire, buona lettura u.u






<< Quando le fiamme lambivano queste terre non c’era che desolazione qui in torno. Niente alberi, niente verde, nessuna foresta >>
<< E con questo? Il verde è rinato, non senti il respiro delle foglie? Tutti hanno una seconda chance >>
<< T-tutti … ? >>
<< Basta volerlo >>




In Memory of Black




Un limbo.
Avete presente no, quello stadio in cui si è morti eppure non lo si è? No?
Che sciocca, che ne potete sapere voi.
Dopo tutto siete solo e s s e r i u m a n i .
La vostra memoria è labile, scivola nello scorrere del tempo come sabbia fra le dita. Se anche sapeste qualcosa, basterebbe poco a farla ricadere nel dimenticatoio.
Non preoccupatevi, è normale.
Sono io, a non esserlo.
Le clessidre del Tempo per me si sono fermate da parecchi secoli oramai. O forse millenni? Come già detto, è passato troppo tempo e anche se la mia mente è molto più vasta della vostra alle volte fa cilecca anche lei.
Dopo tutto errare è umano.
Peccato io non lo sia, quindi questa massima non vale per me, giusto?
Ma forse vi sto annoiando, no?
Suvvia non siate timidi, non vi mangio mica. Dopo tutto , chi ha paura del lupo cattivo?
Ecco, si, bravi. Lasciate quelle torce, non vi farò nulla.
Venite a me, così, lasciatevi cullare. Siete così stanchi, così fragili.
Mi dispiace sapete? Non vorrei farlo, ma è solo per il vostro bene. Non farà male, lo prometto, sarà come lasciarsi scivolare in un dolce sonno.
Ecco, così. Avete un profumo davvero buonissimo sapete? Ma devo controllarmi, non voglio procurarvi dolore.
La carne tenera contro i miei denti è un anestetico fantastico, quasi quanto il sangue che mi inonda il palato, saziando la mia fame. La notte trema, il vento soffia forte portando con se i vostri singulti, gli ultimi sprazzi di una volontà oramai annullata, di una vita estinta.
Un sonno e t e r n o.


Soffia e rimbomba, alito di vita, vento che da, vento che prende
La foresta è viva, state attenti.
La foresta inganna, ammalia e uccide.
Tra le foglie si aggira qualcosa.
Pallida luce di luna, fili di sangue e occhi da demoniaco angelo.
La creatura sorride e attira a se chiunque passi per quei sentieri.
Non ha voce, né sentimenti. Non ha giustizia.
Come la Dike*, punisce sia buoni che cattivi, sia bambini che vecchi.
Ride e piange, appare e scompare, gelido fantasma dagli occhi di smeraldo.
Aleggia tra gli alberi, immota creatura.
E’ Lei la Foresta.
State attenti incauti viaggiatori, non fatevi ingannare.
Tra il mistero del verde, si cela il rosso della sua Fame.



Il sole stava calando, lì oltre l’orizzonte. Se non avesse affrettato il passo sarebbe stato sorpreso dal buio. E la notte, nella foresta spettrale di Nagahama, era ciò che di più spaventoso si ci potesse aspettare. Chi non sapeva delle leggende che si sussurravano su quel posto? La gente normale aveva paura anche solo a passarvi durante il giorno, protetti dalla luce che svela tutti i misteri, figurarsi la notte, coltre di nero opprimente, menzognera e inaffidabile culla di animali che col sole appaiono innocui.
Se fosse stato una persona normale, per l’appunto, forse avrebbe addirittura sorriso dei suoi macabri pensieri e poi sarebbe tornato ad una –per certi versi- più affidabile autostrada per fare l’autostop. Sicuramente qualche magnanimo automobilista l’avrebbe di sicuro preso a bordo, specialmente se si fosse trattato di una donna. Lui aveva il dono di avere un aspetto ben più che piacente che sicuramente, oltre il carisma, sarebbe bastato da se ad aprirgli qualsiasi porta, fosse pure quella di un automobile.
Lo zaino non pesava realmente così tanto, ma il suo buonsenso gli suggerì lo stesso di fermarsi e riposarsi un attimo. Malgrado a quasi ventidue anni fosse uno sportivo salutista, il suo cuore aveva il vizio di fargli brutti scherzi nei momenti meno opportuni. Un attacco di tachicardia nel bel mezzo del nulla non lo avrebbe aiutato.
Un grosso masso dalla superficie ruvida e leggermente vischiosa a causa del morbido muschio verde attirò la sua attenzione. Posò con studiata delicatezza lo zaino nero con il simbolo rosso e bianco degli Uchiha e la nuvoletta rossa della squadra giovanile di nuoto Akatsuki, sedendosi contro la fredda pietra e cercando qualcosa all’interno, pescando una bottiglietta mezza vuota d’acqua minerale, mentre i suoi calmi occhi neri segnati da profonde occhiaie si guardavano attorno con aria critica.
Per certi versi il silenzio che aleggiava fra quegli alberi secolari era più inquietante di qualsiasi rumore. Si, perché anche il semplice verso di un’animale gli avrebbe fatto comprendere che c’era vita e che, in qualche modo, non era solo. Per carità, non era mai stato un ragazzo timoroso o codardo, il solo fatto di appartenere a una famiglia come gli Uchiha gli imponeva il coraggio e la virtù sopra ogni altra cosa. Ma malgrado non fosse un codardo, rimaneva il fatto che era solo in una foresta considerata da tutti pericolosa, e per fortuna, era anche abbastanza intelligente da capire che non era una situazione da prendere alla leggera.
Senza staccare un attimo gli occhi dagli arbusti, svuotò la bottiglia, chiedendosi quanto tempo gli rimaneva prima che la confortante presenza del sole lo abbandonasse del tutto.


La foresta ha fame.
Già da prima che l’uomo bianco colonizzasse quelle terre, i nativi parlavano con reverenziale timore della Madre.
Avevano fatto un patto silenzioso con la selva che li proteggeva, ottenendo di abitare in pace fra le foglie, lontani da qualsiasi pericolo, promettendo però di consegnarle ogni viandante che si fosse passato a trovare in quei sentieri.
Da quei giorni erano passati mille anni, ma il patto, nel silenzio, non si era mai sciolto.



Uh uh uh, ti vedo. Chi sei affascinante straniero? Cosa nascondono i tuoi occhi d’ametista brillante?
Ma non importa. Presto scoprirò ogni tuo più piccolo segreto. Mi basterà guardarti, assaggiarti e allora il tuo passato sarà il mio passato, e il tuo presente sarà la mia vita.
Ma voltati incauto vagabondo. Fammi vedere il tuo viso, permettimi di conoscerti.
Chi sei tu, per voler sfidare questi alberi, per voler sfidare me?
Su, lascia che il tuo sguardo si posi fra queste foglie e allora mi vedrai e non avrai scampo.
E’ una legge ingiusta, vero?
La vita non è sempre giusta. Non lo è stata con me –oh, se lo fosse stata …- perché dovrebbe esserlo per voi, comuni esseri mortali?
Oh umani, ho smesso da tempo di ricordare il perché delle vostre scelte, dei vostri risi e delle vostre lacrime.
Perché ridere? Perché piangere e disperarsi?
Non ho un cuore che mi permetta di provare dolore o felicità.
Ho solo una voragine che dilania il mio petto, di cui tengo unite le ferite con il filo delle Parche.
E’ quasi struggente quest’attesa. Vorrei passare le mie dita fra i tuoi capelli lunghi, di sicuro lisci come seta, dello stesso nero di quel tuo singolare sguardo fuggente.
Fletto le dita e un alito di vento scompiglia i tuoi capelli, attirando la tua attenzione. Scatti su, all’erta, come un animale che si sia improvvisamente reso conto di essere braccato.
Aspetto, manca poco, e potrò bearmi del tuo volto.


La Madre non era cattiva.
Non nel senso convenzionale del termine.
Come promesso proteggeva e si prendeva cura dei suoi figli.
Alle volte, nelle notti di luna nuova, la si poteva sentire urlare, singhiozzare e lamentarsi, con lunghi sospiri strazianti.
Se ci si stava attenti la si poteva vedere saettare, veloce come il vento in cui sembrava muoversi, fra gli alberi, in una scia rosa che ricordava i fiori dei ciliegi a primavera.
Il suo canto non sempre era sofferente.
Accadeva rare volte che risuonasse argentino, rimbombando da un masso all’altro, richiamando l’attenzioni di chi ne rimaneva affascinato.
Chi l’aveva vista ed era stato tanto fortunato da farne ritorno vivo, diceva di lei:
<< E’ luce. Luce prima del buio. O forse sarebbe meglio dire buio, dietro la luce >>
Nessuno era mai stato tanto fortunato da sopravvivere a lungo a queste parole.



Il ragazzo era del tutto sicuro che il vento di poco prima, più simile ad alito caldo che a una normale brezza, non fosse spiegabile in quanto nessuna foglia si era mossa in risposta a quello spostamento leggero che era sembrato come una mano di donna fra i suoi capelli.
Sembrò lasciar perdere la questione, perché chiuse gli occhi cadendo come in una specie di trance. Sembrava si fosse assopito, ma un leggero scintillio sotto le palpebre faceva intuire che si fosse accorto dell’impercettibile spostamento di cespugli alla sua destra.
Infatti poco dopo con un preciso e fulmineo movimento del capo aprì gli occhi d’ossidiana, puntandoli sul cespuglio di camelie selvatiche, piegando appena le labbra in quello che poteva passare per un sorriso.
<< Ti ho visto, esci fuori >>


Nessuno sa di preciso da quanto Lei abiti fra quei sentieri.
Nessuno sa di preciso chi o cosa sia, o se in effetti esista realmente o meno.
Si dice sia lo spirito di una fanciulla distrutta dal dolore per la perdita del fratello ad opera del suo grande amore, e che sia ancora lì, ad aspettarlo per chiedergli un'unica cosa

Perché?



Un fremito leggero come ali di una farfalla, eccitazione per l’attesa.
Ecco, ti volti finalmente e parli. Ma la tua voce roca e malinconica sembra provenire da un mondo a cui io non posso accedere.
E sembra che il tempo si fermi a torno a me, si cristallizzi riportandomi bruscamente al passato.
Se solo fossi –ancora- umana potrei benissimo smettere di respirare. Farlo ora sarebbe troppo facile. L’aria non è altro che una portatrice di odori e tentazioni. Non è vita. Non lo è più da un pezzo. La mia esistenza è da secoli in apnea. Ma ora darei tutto –tutto- pur di tornare a respirare anche per un solo istante.
E poterne morire.
Qualcuno una volta ha detto: “Le guerre negano la memoria dissuadendoci dall'indagare sulle loro radici, finché non si è spenta la voce di chi può raccontarle. Allora ritornano, con un altro nome e un altro volto, a distruggere quel poco che avevano risparmiato.”
Ai tempi dei Daimyo, antichi signori feudali, la terza grande guerra ninja aveva scosso il mondo. Era arrivata fino a me, sacerdotessa del sacro tempio della dea volpe Kyubi, e non aveva fatto altro che portare altra rovina e distruzione.
Avevo perso mio fratello, Sai, legato a me dal sangue e dallo spirito, come solo due gemelli sanno essere. Capo delle guardie del tempio, silenzioso fanciullo privo d’emozioni a causa dell’addestramento del Ne, le forze speciali di reclutamento dei ninja protettori, a causa di quegli scontri.
Lo avevo visto perire per mano del mio unico amore, senza apparente motivazione, e da allora non avevo avuto più pace.
Feci voto alla dea Kyubi promettendo la mia anima in cambio dell’eternità per poter capire. Un emissario della divinità, un angelo biondo dai luminosi occhi azzurri, quella notte mi possedette bevendo il mio sangue.
Fu allora che scoprì l’esistenza dei vampiri.
Esseri senz’anima, eterni e bellissimi, condannati a nutrirsi di sangue umano per sopravvivere.
Naruto fu il mio creatore.
Mi aiutò a conoscere la nuova me nei primi tempi, quando volevo solo lasciarmi morire a tutti i costi per non macchiare definitivamente ciò che restava di un anima che non possedevo più con azioni terribili.
Nei secoli, la mia anima corrotta ha iniziato a non essere più un peso, non dopo la morte di Naruto. La fine dell’esistenza del mio creatore, che mi imponeva di rimanere me stessa, diede inizio alla mia nuova eternità, in cui avrei dovuto uccidere senza indugi pur di sopravvivere.
Ma ora, quel volto …!
Soffoco un singhiozzo, nascondendo il viso fra le mani.
E’ tornato.
E’ tornato per tormentarmi, per distruggere definitivamente ciò che riamane di quello che ero. Gli ho già permesso di farlo una volta, non sbaglierò una seconda, anche se so che quel viso non è il suo.
<< Sasuke >>
La mia voce suona come veleno, lo sento. Attorno a me la vita sfiorisce, contagiata dal nero del mio dolore, e le foglie secche cadono al suolo.


Era lui, era lui o no?
Tormento crudele, dannazione solo per lei.
Perché sapeva chi lui fosse, ancor prima di conoscere il suo nome, sbagliato in un corpo sbagliato, del resto.



Un urlo squarciò il silenzio, investendolo come una raffica di vento. Si parò il viso con le braccia, guardando quella meravigliosa e terribile creatura che si stagliava bellissima e inquietante sullo sfondo rosso del sole oramai morente.
Rimase a guardarla, incantato, sforzandosi di non cedere a quelle lusinghe che il vento da lei creato pareva sussurrargli all’orecchio per ammaliarlo.
Se ne ebbe paura non sembrò darlo a vedere. Si limitò a inarcare le sottili sopracciglia e rimettersi in piedi.
<< Chi è … Sasuke? >>
La domanda sembrò aleggiare fra loro, senza raggiungere la creatura dagli occhi rubino –ma prima erano verdi, no?- come non potessero sfiorarla.
Sentì la vibrazione di un ringhio animale salirle dalla gola, esplodendo in parole dalla tonalità felina.
<< Chi sei … se non sei Sasuke? >>
Il giovane sembrò rifletterci su per qualche istante.
<< Itachi >>
Sta volta sembrò che la donna –o qualunque cosa fosse- avesse recepito la sua voce.
Abbassò il capo, e un sorriso gelido si delineò sul suo viso perfetto e pallido di una luce inumana.
<< Sei identico a lui, in qualche modo … >>
Parve sussurrare.
Nella frazione di un battito di ciglia, quella che ora poteva riconoscere per una ragazza minuta vestita di un kimono bianco, il viso incorniciato da corti capelli rosei, gli fu a canto e gli accarezzò il viso con una mano gelida come la neve invernale e dura come una montagna, avvicinando le labbra alle sue senza che l’altro facesse nulla.
<< Ma non sei lui … o no? >>
Chiese con sollievo misto a sospetto.
Il moro si limitò a fissarla negli occhi tornati smeraldo e ripetere con calma
<< Io sono solo Itachi >>
Lei annuì, allontanandosi di diversi metri senza alcun apparente movimento del corpo candido.
<< E io sono … Sakura >>


Sakura, Sakura.
Chi è Sakura oramai?
Non un nome, non una voce, non un viso.
E’ quasi strano risentire quel nome dopo così tanto tempo.
Sakura che è morte nella vita.
Meraviglioso lampo di luce inghiottito dal buio più profondo.



<< Tu sei lui … e non lo sei >>
Decreto, pragmatica.
Lo so che è impossibile. Ma se credessi che non lo fosse allora la mia intera esistenza sarebbe messa in discussione.
I vampiri non dovrebbero esistere. Eppure eccomi qua.
Ti vedo diventare improvvisamente silenzioso, e poi abbassare il capo. Sei un ragazzo intelligente … Itachi.
O Sasuke, chiunque tu sia.
Sei intelligente, è vero, però non scappi da me. Rimani lì, a rimuginare su quello che ho appena detto. Sai che è vero, anche se non lo accetti. Lo sai nel profondo della tua anima, così come lo so io.
Perché non fuggi? Perché non ti salvi la vita? Suvvia non dirmi che non hai ancora capito c o s a sono. Cosa credi, che non sappia delle leggende che circolano su di me? Vivo da più di mille anni … e anche tu fai lo stesso, anche se in un modo decisamente diverso dal mio.
Suvvia, mi credi davvero così sciocca? L’ho notato subito. Sei l’unico a non aver avuto paura di me. Sei l’unico che sia riuscito a contrastare la forza del mio incanto … un semplice umano non potrebbe farlo.
Ma tu, anche se sei un essere umano, l’hai fatto. Non ti è costato nemmeno troppo sforzo.
Ti ho riconosciuto subito sai? Anche se non sei come Lui, hai i suoi stessi occhi. Forse potrei consolarmi dicendomi, c o n v i n c e n d o m i, che sei solo un suo discendente.
Ma sarei tremendamente sciocca se lo facessi. Questi anni in solitudine, a vivere contro natura, allora sarebbero stati vani.
<< … perché fingi, Sasuke? Perché ti nascondi? Ha paura di me ?>>


La Madre sa, sa sempre tutto.
Ha vissuto per mille anni, solo per questo istante.
Solo per poterlo rivedere. È cresciuta, malgrado il suo corpo sia ancora quello di un innocente fanciulla.
E Lui lo sa.
Sente la brama che scivola, crudele, fra le sue parole di miele.
L’ha scoperto. L’aveva immaginato da tutto l’inizio.
Sapeva cosa era quella creatura.
Sapeva c h i era lei.
E chi era lui.



Le parole si persero nel vento, come se qualcosa le avesse inghiottite. Il ragazzo rimase silente, per un attimo, poi abbassò il viso nascondendolo con ciocche dei lunghi capelli neri.
Per un attimo sembrò che stesse piangendo, ma a un occhiata attenta si poteva intuire la linea sottile delle labbra piegarsi in un ghigno.
<< … io non sono Sasuke … >>
E la creatura si bloccò nell’atto di qualcosa che poteva essere non respirare, se non fosse stata così assurdamente evidente la sua condizione di immortale, ora.
Ma lui sapeva. L’aveva capito da tutto l’inizio.
Non per nulla era un G E N I O.
<< … e tu sei solo un ricordo sbiadito, un illusione, sei … sei un vampiro >>
Ma le parole si persero, rimbombano un ultima volta nell’aria, prima di sparire, soffocate da un urlo di dolore. L’immortale trattenne fra le sue braccia forti il corpo del ragazzo, quasi lo stesse cullando, ma i suoi occhi rossi erano folli di un amore bruciante, passione che viveva nei secoli e nei millenni diventata poi pazzia. Le labbra premute contro il collo niveo dell’altro, sentì il sangue caldo colare fra i denti, nel palato, a saziarla, a unirla a lui, di nuovo, ancora una volta.
L’ultima volta.
Itachi –o Sasuke?- strinse i denti, sforzandosi di non perdere i sensi, di reagire. Ma era più forte di lui, il dolore divenne ben presto una languida sonnolenza, e prima di chiudere gli occhi per poi riaprirli, ore dopo, davanti a una nuova vita, sentì le parole di quella bellissima creatura dagli occhi di topazio sussurrare una nenia dettata dall’illusione che l’aveva fatta sopravvivere in quegli anni.
<< Shhh … ora rimarremo insieme per sempre amore mio. Ora che ti ho ritrovato, non ti lascerò scappare da me … e mi dirai tutto, tutto, mi spiegherai il perché … abbiamo l’eternità davanti a noi >>


Chi si è tagliato le ali da solo, chi non ha voluto volare.
Chi è stato così codardo da non voler sfidare l’ultima grande verità.
La morte forse sarebbe stata solo una consolazione, invece tu, Sakura, hai voluto continuare a sopravvivere, nel ricordo, nel dolore, e forse nella speranza povera sciocca.
Perché i vampiri esistono.
I fantasmi no.





The End





<< Non mi lascerai mai più vero? >>
<< … >>
<< Sasuke …?! >>
<< Certo Sakura, mai più >>
  
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