Contest
What Means
Crack? Indetto da Kimly-Eden.
Autore:
Karyon.
Titolo: Making a choice.
Genere:
Drammatico, angst.
Coppia Crack Scelta: Sirius/Narcissa.
Rating:
Arancione.
Capitoli: One shot.
Avvertimenti: One shot, what if…?
NdA(caldamente
consigliate): Non c’è l’OOC,
perché non credo sia così
palese. Sono
sempre convinta che si possa fare introspezione su un personaggio, in
modo da
tirarne fuori lati semi-sconosciuti e spero di averlo fatto con
Narcissa; ciò
nonostante è in una veste diversa, quindi potrebbe
considerarsi vagamente fuori personaggio. Il “per
Merlino” lì è davvero
orrendo, ma effettivamente la Rowling
non parla mai di Dio, non so se una esclamazione religiosa (del tipo,
“che Dio
le fosse testimone”) possa essere fattibile. Per il
resto… questa storia mi
sembrava un po’ dispersiva, ho avuto non so perché
problemi di controllo.,
forse non è neanche tanto originale. Spero non sia proprio
da buttare.
Buona lettura!
They don't really care about us«
Sirius fissava
l’elegante scarpa nera dal
tacco alto muoversi su e giù, come ipnotizzato. Da qualche
parte sopra la sua
testa, la voce squillante di sua madre tesseva lodi a un cognome che
neanche
aveva più la forza di indossare.
Black, Black, Black. Le parole si ordinavano
– precise – negli schemi preconfezionati di onore,
orgoglio, sangue, e tutta
quella miriade di definizioni vuote con le quali amavano tanto
riempirsi la
bocca.
Solo quando le sottili labbra della madre si
mossero ad articolare il nome “Narcissa”,
Sirius sbuffò, roteando gi occhi; Walburga Black
si fermò con una sorta di
sospiro trattenuto, mentre Regulus piantava lo sguardo scuro e cauto
sul
fratello.
Sirius ghignò e spostò gli occhi dalla lucida
scarpa, ormai ferma «Perdonami Cissa,
non volevo offenderti» ironizzò, fissando la
bionda cugina di fronte a sé,
sprofondata nel divano scuro.
Le pallide sopracciglia si unirono in un cipiglio
e le mani sul vestito scuro si strinsero leggermente; quelli furono gli
unici
segni di vita che gli
mostrò. Sirius
borbottò qualcosa, poi si girò verso la madre,
ancora in piedi «Tutto questo
discorso è davvero affascinante, ma non
m’interessa» replicò sbrigativo, mentre
si alzava agilmente.
Walburga chiuse per un attimo gli occhi, come
se avesse temuto una reazione del genere, poi lo fronteggiò
«Dovrebbe. Lei fa
quello che dovresti fare tu».
Sirius la fissò, le mani inermi lungo i
fianchi.
«Rispetta la sua
famiglia».
Un ghigno sottile si disegnò sul viso
indifferente «Questa…» Sirius
guardò per un attimo Narcissa, poi tornò alla
madre. «Questa non è la mia famiglia»
sibilò, per poi andarsene.
Narcissa continuò a guardare di fronte sé,
mentre un sospiro le si mozzava nella gola sottile e Walburga restava
immobile.
Era una… routine così consumata che nulla diede
segno che il figlio maggiore
dei Black avesse - per l’ennesima volta – rinnegato
il suo stesso sangue;
tuttavia, alcune ferite scavano e lasciano il segno
dall’interno.
Regulus, fermo accanto al camino, batté le
palpebre per poi allontanarsi lentamente, come se non avesse voluto
fare il
minimo rumore.
«Allora, cara, tua madre cosa dice?»
Ricominciò sua zia, rivolgendole un sorriso talmente ampio
da lasciarle un
sentore di follia o quantomeno di
affezione esagerata. Walburga riempì il posto occupato
qualche istante prima
dal figlio, prese la delicata tazza in candida porcellana, un
cucchiaino, tre
giri e un tintinnio; tremò, leggermente, ma a Narcissa parve
una scossa che
permeava l’aria, gli opprimeva i polmoni.
Strinse
appena una porzione di stoffa nera
sulle cosce accavallate e si costrinse a sorridere «Lei
è… felice. Lei è
felice».
Certo, Narcissa Black sposava Lucius Malfoy,
unico erede della nobile e pura Casata. Lei, prima di qualunque altra,
era
pronta a raccogliere e incrementare l’eredità dei
Black; prima di Bella –
selvaggia e magnifica - prima di Andromeda, che pure era più
grande e celebre,
e prima di Sirius, il Black per eccellenza in linea diretta.
La bionda piantò lo sguardo chiaro in quello
smunto della zia, senza più sorridere: loro scrutavano,
aspettavano nell’ombra
come grossi e oscuri ragni, che fallisse; che, ancora una volta, fosse
provato
che non erano loro le mele marce, che tutto funzionava nel ciclopico e
abbagliante ingranaggio del sangue. E lei lo voleva, per Merlino, lei lo voleva! Indossare comodamente quel
vestito d’ipocrita razionalità che aveva comandato
la sua vita e quella di
tutti gli altri. Tuttavia, aveva scoperto, non era così
semplice – non più.
Non da quando aveva scoperto che la vita –
quella vera, che non aveva mai neanche provato a sognare –
era fuori, era al di là
di tutto, era
crudele e faceva male; faceva male come respirare profondamente, con la
sensazione che il petto e la gola e il viso andassero in fiamme,
corrodendosi
dall’interno.
Narcissa batté le palpebre, sorrise «Devo
parlare con Regulus» espose meccanicamente, prima di alzarsi.
Il vestito le
scese liscio sui fianchi snelli, mentre si muoveva lentamente,
costringendosi a
incedere in modo perfetto, come le avevano insegnato.
Quando l’eco dei suoi passi si fermò, al
secondo piano, liberò il fiato e le sembrò un
urlo nel pianerottolo silenzioso.
«Ti senti meglio?» Ironizzò qualcuno
sulla
destra.
Narcissa sorrise «Non credevo avrei assistito
a una delle celebri sfuriate “alla Sirius”,
oggi…» fece, mentre il cugino
affondava le mani nei pantaloni eleganti; si era velocemente sbarazzato
di
giacca e camicia per infilare una maglia polverosa a caso, dalle
scritte
conturbanti. Un contrasto decisamente azzardato.
Sirius ghignò «Mi sono limitato per te,
Cissa. Di solito sono molto peggio… siamo
molto peggio».
La bionda sospirò «Forse potresti dare un
po’
di tregua-»
«A chi?» Scattò lui, girando la testa
come un
cane da caccia.
«A tutti» terminò lei, con un sibilo.
La risata latrante la accompagnò verso una delle
grandi, baroccate ed essenzialmente inutili sale di Grimmauld Place,
dove un
lucido pavimento a losanghe e un camino in pietra levigata aspettavano
silenziosi.
Narcissa si mosse fino al centro della
stanza, accompagnata dal ticchettio delle alte scarpe, poi si
girò a guardarlo
«Non avevo mai visto questa sala».
«Neanche’io» convenne lui, poi rise.
«Non mi
sono mai interessato a esplorare quest’orrendo
luogo» spiegò, mentre la
fissava.
Lei scosse il capo, con gli occhi al cielo
«Mi stai fissando?»
Sirius scrollò le spalle «E’ una
sciocchezza…»
Narcissa lo guardò incuriosita, avvicinandosi
«Cosa?»
Lo sguardo del bruno vagò per i capelli
acconciati in una rigida crocchia sotto la nuca, la schiena pallida e
scoperta,
il lungo vestito nero.
«Non mi piace» disse solo, irrigidito.
Narcissa inarcò un sopracciglio, mentre si
scrutava: non aveva nulla che non andasse, era perfetta. Quel vestito
– scelto
da Lucius – esaltava la sua linea, così come la
pettinatura esaltava il collo
sottile.
«Cos’ha che non va?» Domandò,
con una nota
lievemente scontrosa. A qualcuno poco avvezzo a
quell’ambiente poteva sembrare
stupido, ma non per lei che stava per avere su di sé gli
sguardi famelici di
tutta la comunità magica.
Sirius incrociò le braccia tornite, che
spuntavano nude dalla maglia a mezze maniche, e sospirò
«Sei bellissima» sibilò
ma con distacco. «Assolutamente in tinta con
l’ambiente» terminò, con voce
gelida, dandole le spalle.
Sembrò avere una vita intera per decidere,
pochi passi per colmare un vuoto sporcato da una scelta pesante da
portare, un
sangue denso come tenebre.
«S-sirius…» sussurrò,
fermandolo per un lembo
della maglietta. Un sussurro talmente flebile che, se non fosse stato
per
l’improvviso irrigidimento delle spalle, Narcissa avrebbe
pensato perso per
sempre tra la spessa polvere del maniero.
Sirius sospirò, stringendole il polso sottile
«Cosa vuoi ancora da me, Cissa?»
Lei sussultò «Noi… stavamo…
parlando» pigolò
a fatica, sotto lo sgretolamento di una maschera che con lui non aveva
mai
funzionato.
Sirius la guardò, lo sguardo cupo e i muscoli
tesi dalla rabbia repressa che si diffondeva come
elettricità su per i nervi.
«Due settimane fa stavi con me» fece, la voce
bassa di due toni in quello che era segnale di pericolo – lei
lo sapeva bene.
«Ora… solo
ora vengo a sapere che ti sposi con Lucius Malfoy»
nonostante il flebile
sussurro condensato di collera, quasi niente sul suo viso dava segno di
emozioni. Narcissa pensava che Sirius fosse molto più Black
di quanto fosse
disposto a concedersi, forse molto più di lei.
«Lucius è… una buona scelta»
commentò lei,
cercando di divincolarsi; il bruno non fece nulla per fermarla,
limitandosi a
far scivolare le dita per la sua mano gelida. Sirius guardò
un punto
imprecisato del pavimento, poi emise un verso di scherno «Non
dovrebbe essere
solo una questione di scelte, Cissa. Tu stai per sposarti»
replicò,
pacatamente, ma fu lei a sbuffare.
«Tu non capisci…» sibilò,
allontanandosi
verso il camino. «Tu non hai mai capito! “Sirius
l’anticonformista e il
ribelle”, “Sirius il Grifondoro”... tu
porti lo stemma del tradimento come se
fosse una corona e ne sei fiero»
scoppiò, con voce tremante.
Lui rimase immobile, guardandola da una
distanza che non sembrava – era – solo fisica
«Sì».
Narcissa sorrise acidamente «Già. Tuttavia
sei perdonato perché sei un Black puro, come si ostinano a
evidenziare i nostri
genitori… e poi c’è Andromeda,
così forte da disinteressarsi e scegliere un
babbano, ma lei è la preferita lo è sempre
stata… E Bella, sì Bella…»
«Lei è pazza» commentò con
sarcasmo il
cugino.
«Lei è vera.
Segue i principi del sangue, della nobiltà e
dell’onore della famiglia
senza alcun peso, come se fosse naturale. I nostri genitori sono
preoccupati
perché lei è persino troppo,
ma
chiudono un occhio perché perlomeno è una
Black!»
Sirius si avvicinò lentamente «Cosa vuoi
dire?»
«Io sono quella che deve resistere Sirius!
Sono la figlia e la nipote che segue gli ideali di famiglia a
differenza di te
e Andromeda, senza gli scalpori e le follie di Bella e senza
l’ingenuità di
Regulus. Devo rimediare ai vostri errori e devo farlo col
sorriso».
Lui negò col capo «Devi? Tu devi fare quello
che vuoi!»
«A te e Andromeda magari non interesserà
della famiglia, ma io li amo!»
Sirius lasciò scivolare una mano sulla
mandibola contratta «Che amore puoi provare per una famiglia
che ti reprime… a loro non interessa di noi…»
sussurrò.
Narcissa sospirò, chiudendo gli occhi,
cercando di ignorare quella voce che si faceva strada per la sua mente.
«Ami Lucius?» Le chiese a tradimento,
avvicinando le labbra al lobo sinistro.
Lei spalancò lo sguardo senza rispondere.
«Non è così difficile. Tu ami
l’uomo che stai
per sposare?»
Ancora un’altra scelta, ancora tanto tempo
per decidere. La voce, che col sangue e il cervello e i nervi e i
muscoli,
urlava "Sì", si perse negli strati della sua stessa bugia
–
risucchiata da occhi troppo vivi per
essere respinti.
«Io…» cercava un aiuto, un suggerimento
forse, qualcosa o qualcuno che potesse salvarla da quella
verità che graffiava
e mordeva ed esigeva. Tuttavia Sirius non era quella persona: era
inclemente e
duro e la fissava con quegli occhi colmi di collera e
qualcos’altro che la
terrorizzava.
«Va bene» lui la interruppe, poi
avvicinò le
labbra. «Non ti costringerò a una
scelta…» le sussurrò, prima di
baciarla; le
mani di Sirius scesero a lambirle la schiena, mentre Narcissa gli
accarezzava i
lunghi capelli scomposti. Non doveva pensare,
quasi mai quando era con lui; era qualcosa di talmente naturale da
permetterle
di respirare veramente – solo allora. Le mani le tremarono un
istante, quando
scesero a lambirgli il collo, così come la schiena che
reagiva al tocco
delicato dei suoi polpastrelli.
Narcissa sapeva che chiunque, persino uno
degli elfi domestici, poteva vederli; sapeva che tutto quello avrebbe
potuto
distruggere la sua vita, farle perdere Lucius e quella sicurezza che si
era
creata con fatica. Ma non riusciva a smettere e –nonostante
la mente
giustificasse il suo comportamento con la passione – non
poteva ancora mentire
a se stessa. Con un fruscio del vestito da sera, le mani di Sirius si
spostarono verso i fianchi, mentre le labbra le sfioravano la scapola
nuda.
Quella non era passione, benché desiderasse
il suo corpo a ogni respiro soffocato nell’ordine della sua
vita ossessivamente
progettata, e forse non era vero amore, di quelli che si bevono con
l’anima e
ti lasciano addosso un sogno che non ti togli più - sulla
pelle.
Sirius era come il vento che lasciavi entrare
in casa – per un istante – e ti portava profumi,
odori, ricordi e verità di un
mondo lontano, che non ti appartiene mai del tutto. E, solo in quel
momento, ti
senti sommersa da tutto, quasi
come
se lo respirassi quel mondo, vivessi di esso.
Narcissa respirò – tutto, a pieni polmoni
– e
si scostò con forza.
«Io, devo andare» sussurrò, cercando di
sistemarsi le ciocche sfuggite alla rigida pettinatura. «Devo
andare…» ripeté,
mentre neanche lo guardava.
Ci fu silenzio, in quel momento, un silenzio
che si espandeva rapidamente tra di loro e che odorava di qualcosa che
forse
non esisteva e che aveva sfiorato con l’anima e voleva
riprovare – solo
un’altra volta ancora.
Narcissa gli diede le spalle e si mosse,
velocemente, verso la porta; i capelli liberi che scorrevano sulla
schiena
vibrante, le mani strette in un gesto convulso, un singulto
intrappolato in
un’espressione distaccata.
Sirius aspettò, aspettò che fosse alla porta
e la raggiunse, la fermò a pochi passi dall’altra
realtà, quella dalla quale
voleva scappare.
«Tu puoi scegliere di non appartenere a loro,
puoi decidere di appartenere a te, te soltanto. Puoi decidere di vivere, puoi decidere di sentire e di
appartenere a chi si interessa di te, a chi ti
vede…»
Narcissa chiuse gli occhi e si lasciò
accarezzare - solo
un istante – dal
fuoco; ed era caldo, rassicurante, forte ma pericoloso, difficile e bruciava, faceva male – troppo.
«Grazie, Sirius» sussurrò,
allontanandosi.
Il bruno rimase lì, con il ticchettio di
passi troppo composti nelle orecchie e il freddo polveroso di un
corridoio deserto,
che gli entrava dentro fin nelle ossa.
Narcissa, sull’ultimo scalino, si fermò
brevemente; impiegò tutta la forza che ancora le rimaneva
per non girarsi, poi
sospirò e sorrise.
Ancora una volta.
N/A
Per questo, non posso fare altro che
ringraziare Kimly-Eden che ha pubblicato davvero velocemente i giudizi.
Questa
fiction ha partecipato al suo Contest "What
means Crack?"
Grazie ancora (L)