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Autore: ISI    20/12/2009    6 recensioni
"Certe notti non si è soli, certe notti accadono anche i miracoli."
Sherlock Holmes/John Watson, Shonen-ai o pre-slash.
Molto pre, a dire il vero.
ISI.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Certe notti - Dolce melodia

Certe notti - Dolce melodia

 

 

Certe notti hanno il sapore del passato.

Certe notti i ricordi più atroci, quelli che credevi di aver eliminato, resettato, rimosso, cancellato del tutto riaffiorano insidiosi come centinaia di serpenti dal baratro dell’incoscienza nel quale inconsapevolmente li avevi rinchiusi per non autodistruggerti, per non impazzire e ti viene meno l’aria, i polmoni si dilatano a vuoto, la ricerca d’ossigeno è vana, inutile quando nel buio della tua stanza si aprono mille occhi.

Occhi che conosci, occhi che hai già visto, occhi folli e senza speranza, occhi sbarrati di cadaveri dilaniati che non hanno avuto neppure il tempo di salutare la propria anima prima di venderla per un proiettile, per una mina, per la pace dell’inferno.

E’ un incubo, pensi subito, un ultimo guizzo di lucidità che si oppone a questo tuo delirio, e se mi sveglierò, se riaprirò gli occhi finirà, sì finirà e mi farò una risata per essermi fatto spaventare da un sogno!

Ma quando gli occhi si riaprono sul buio della stanza i sensi continuano ad ingannarti ancora, come se quelle immagini che ti pareva fossero rimaste incastrate tra il velo fine delle palpebre, prima abbassate, e le pupille fossero rimaste attaccate a quest’ultime, quasi incollate, ma in modo assai più doloroso, come se qualcuno te ce le avesse cucite sopra senza badare troppo a te e sul pavimento della camera da letto immersa nell’oscurità si alza la polvere dell’Afghanistan, si alza rossa la polvere dell’Afghanistan e ti si ficca negli occhi ricamati fino a farli lacrimare e quando ti arriva in bocca la polvere rossa dell’Afghanistan ti scricchiola sotto i denti, ti brucia nella gola e sa di metallo.

Il comodino accanto al letto, giaciglio di cadaveri così freddi da scottare e sui quali arranchi, ignorando se essi siano stati nemici o amici, sconosciuto o volti già visti, cui senz’altro avevi rivolto un timido sorriso, diventa la sagoma scura ed inquietante di un’animale come te, senza più razionalità alcuna, risucchiato fino all’ultima sua fibra dal meccanismo labirintico dell’onnipotenza, della violenza, mosso parimente a te dall’egoistica smania senza fine di sopravvivere.

Le orecchie si riempiono di urla strazianti, delle grida di chi viene scorticato vivo dalle baionette, fatto a pezzi, come si fa al mattatoio con i vitelli che se ne stanno appesi allegri ma silenziosi in quarti alle spalle del macellaio.

Poi è un attimo, l’animale spara all’altro animale e un dolore atroce nella sua concretezza ti esplode all’altezza della spalla sinistra: per un attimo tutto si fa oscuro, i suoni ovattati, c’è solo il dolore, il dolore e la paura.

Certe notti il tuo attendente Murray ed il suo coraggio sono morti prima di te ed i sanguinari Ghazi si avvicinano sorridendo sinistramente.

Certe notti non ci sono davvero che il dolore e la paura, perché in certe notti i fantasmi del passato ritornano e le labbra, pur morse a sangue, si lasciano scappare un gemito di troppo.

 

Certe notti Holmes ha il sonno un po’ troppo leggero e alle sue orecchie giungono ricordi altrui, memorie feroci, reminescenze d’inferno attraverso le pareti che separano la sua camera da letto dalla tua e in quelle notti Holmes, per quanto faccia freddo, sguscia fuori dal letto e dalla calda coltre di coperte per mettere mano al suo violino.

Certe notti una melodia dolce e lenta come una goccia di miele -ed è raro sentire qualcosa di simile al 221B di Baker Street, visti i gusti e le esigenze più cupe del violinista stesso- si diffonde per le stanze armoniosamente, di muro in muro, da una fessura della porta all’altra assieme allo spiraglio della debole luce di una candela, fino ad insinuarsi tra gli incubi, tra i ricordi, tra il dolore ed il terrore.

E’ una melodia dolce che placa il vento e acquieta la polvere sporca di sangue, una melodia dolce, come una di quelle nenie che si canticchiano piano ai bambini per farli addormentare, che da’ una sepoltura al cumulo di bestie sul quale affannavi, che spezza le baionette, mentre le serpi, gonfie del loro veleno, scivolano di nuovo nella fossa della tua incoscienza, fino a scomparire, col dolore alla spalla che si allieva sensibilmente ed il respiro che si normalizza.

 

Certe notti non si è soli, certe notti accadono anche i miracoli.

Certe notti Holmes le passa seduto sul pavimento, con la schiena appoggiata contro la sponda del letto del suo Watson, a vegliare sui suoi sogni.

 

 

 

Note: Come credo avrete intuito, l’incubo ed i ricordi di Watson sono quelli riguardanti la seconda guerra Anglo-Afghana alla quale, in qualità di chirurgo militare, egli dovette partecipare, se non erro, pochi anni dopo il 1878, quando conseguì la laurea in medicina.

Per quanto riguarda la ferita alla spalla e l’attendente Murray, Watson stesso, per mano di Conan Doyle afferma, ne “Uno studio in rosso” :“... fui ferito alla spalla [anche se non si specifica quale] da un proiettile Jezail che mi fracassò l’osso procurandomi una lesione superficiale dell’arteria succlavia. Sarei caduto nelle mani dei sanguinari Ghazi se non fosse stato per la devozione ed il coraggio del mio attendente Murray il quale mi caricò in groppa a un cavallo da soma e riuscì a portarmi in salvo fino nelle retrovie inglesi.”.

Non credo che certe cose si dimentichino in fretta, non credo che si dimentichino e basta, quindi ho voluto rappresentare questa sorta di missing moment della loro vita da coinquilini ed amici (ma forse anche qualcosa di più) in cui i ricordi del buon dottore bussano alla porta della realtà presente e quasi prendono corporeità innanzi a lui, atterrendolo.

Per fortuna che c’è Holmes...

Passando al altro, come avrete notato, l’ultimo pezzo della fanfiction non è in seconda persona come l’ho impostata sin dall’inizio e la voce dell’autrice, che poi sarei io, non è rivolta solo a Watson, ma ad entrambi i personaggi e questo perché ho voluto allargare il punto di vista, inquadrando meglio i due, per dare un’ultima, lapidaria immagine che colpisse nella sua innocenza.

Spero di esserci riuscita.

Voi che ne dite?

Sono proprio curiosa di sapere che ne pensate!

 

- Partecipa al concorso “Sherlock Holmes”. -

ISI.

 

P.s. Ho realizzato solo adesso che questa è la prima cosa in assoluto che scrivo su Sherlok Holmes! Bhè, meglio tardi che mai, no?

  
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