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Autore: Lady_Firiel    20/12/2009    2 recensioni
Salve, umani.
Il mio nome, o meglio, il nome con cui mi chiamano, è Tristano.
Sono un gatto d’appartamento, ho dieci anni.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita secondo Tri - Autobiografia d’una vita d’appartamento

La vita secondo Tri: Autobiografia d’una vita d’appartamento



Salve, umani.
Il mio nome, o meglio, il nome con cui mi chiamano, è Tristano.
Sono un gatto d’appartamento, ho dieci anni.
Sono nero, con striature grigie che, a detta della… Brr, veterinaria sono di una tipologia rara nei gatti. Sono un gatto raro, quindi.
L’appartamento dove vivo è abbastanza grande, per le mie necessità, ma del resto che ne posso sapere? Non ne sono mai stato fuori, finora. Comunque mi accontento, poteva certo andar peggio.
Non sono uno di quei gatti viziati che snobbano il cibo o graffiano gli umani, serbandogli rancore. Sapete, sono piuttosto, come dire… Un tipo che soprassiede, ecco.
Fino a non molto tempo fa avevo una sorella, una compagna: si chiamava Isotta.
Aveva il pelo bianco con qualche macchia nera, ed era anche un po’… tonda, esatto. Però era mia sorella, era la mia famiglia. Almeno in termini felini, s’intende.
Lei era molto affettuosa con la donna di casa, quella più vecchia: tutte le mattine, quando si svegliava, le saliva sul cuscino e le chiedeva le coccole, leccandole la faccia. Ecco, una cosa che non ho mai fatto.
Isotta odiava, invece, il cucciolo di umano: una umana terribile, almeno quando eravamo piccoli anche noi.
Ci rincorreva per casa, ci tirava per la coda e ci strapazzava neppure fossimo pupazzi.
All’inizio anche io me ne tenevo alla larga, ma poi…
Un giorno, senza sapere come, ho iniziato a gradire la sua compagnia, sapeva grattarmi dietro le orecchie come nessun’altro. Senza contare che adoravamo il suo lettino, abbarbicato sopra una scala. Era un posto sicuro, almeno secondo noi.
Alla fine ho perdonato i soprusi cui ci sottopose anni prima, dopotutto era un cucciolo. Gli adulti eravamo comunque noi. Isotta no, non l’ha mai fatto. Era orgogliosa, lei, oh sì. E molto, molto suscettibile. Era facilissimo offenderla.
Ci è sempre piaciuto fare la lotta e credo sia normale. Ci piaceva anche aggiustarci le unghie contro il “coso” morbido su cui siedono gli umani, e spesso anche noi. Aspettate, come lo chiamano? Un attimo…
“ Tristano, non farti le unghie sul… Divano!”
Certo, il divano… Sì, è proprio bello affilare gli artigli su quel coso. Peccato che le umane di casa non siano mai molto d’accordo. Pazienza.
Alla ragazzina piace cantare, in camera sua lo fa spesso.
E non potete immaginare che scempio. Specie quando canta tentando di usare una tonalità grava simile a quella umana maschile… Santi gatti Egizi, proteggetemi voi! È insopportabile…
Mi tocca sempre scendere dal letto e sgattaiolare fuori dalla stanza. E l’umana ha pure il coraggio di dire “Se ti dava fastidio bastava dirlo!”.
Ma ci pensate? Brr, mi dà i brividi solo ricordarlo.

Gli umani sono a casa spesso. Specie la ragazzina, almeno da un po’ di anni. Escono presto e torna verso metà giornata, sola.
E ci saluta sempre, entrando, urlando “Ciao ragazzi!”
Non mi dispiace passare i pomeriggi nella sua stanza, sul suo letto, in alto.
Qualche volta mi raggiungeva anche mia sorella, e allora ci sdraiavamo vicini vicini, e lei metteva sempre una zampa sopra di me, con fare protettivo. E riuscivo a dormire così, sentendomi al sicuro.
Dieci anni sono passati così, sapete? Ma poi…

Un giorno mia sorella iniziò a non muoversi più tanto come prima, si rintanava sempre più spesso nella stanza della ragazzina, che di solito evitava come le pulci, e stava ferma tutto il giorno, l’espressione stanca. Anche gli umani capirono che qualcosa non andava, e la portarono dalla… veterinaria.
E cominciarono a somministrarle punture e flebo di medicine, dovevano nutrirla con una siringa di ottima pappa, perché non mangiava.
L’umana più vecchia era sempre preoccupata, ma la ragazzina non lo sembrava.
Io evitavo mia sorella, non riuscivo a starle vicino. Forse avevo paura.
Le umane lo notarono, ma evitarono provvedimenti. Le ringraziai mentalmente per questo.
Furono due mesi d’inferno, per Isotta.
Ogni giorno le stesse cose, ogni giorno lo stesso dolore.
Non cambiava mai nulla.

Poi, una mattina, l’umana più vecchia la mise nel trasportino ed uscirono.
In casa aleggiò il silenzio per pochi istanti, poi la ragazzina iniziò ad emettere strani suoni, e dai suoi occhi cadevano gocce d’acqua. Sembra triste.
Non sapevo esattamente perché, però era come se sapessi cosa sarebbe accaduto.
Quando l’umana rientrò, il trasportino era vuoto.
E lo sarebbe rimasto per sempre.

Da allora ho perso molta della mia vitalità, ma forse è solo la vecchiaia. La ragazzina ha passato molto tempo con me, in quei giorni, non voleva uscire di casa e rispondeva male agli altri umani, però sembrava quella meno provata dalla tristezza. Si sedeva sul letto con me e mi carezzava la testa con calma, sorridendo mesta, quasi cercasse di consolarmi.
L’umana più vecchia mi stringeva più spesso.

Erano passate forse neppure due settimane, e mi ero ritrovato una cucciola di gatto, che avevano chiamato Winry –che nome bizzarro-, a gironzolar per casa. Ero molto infastidito.
E sì, anche geloso.
Perché tutti la vezzeggiavano, la coccolavano, giocavano con lei, e mi sentivo trascurato.
Stava sempre appresso alla ragazzina, si era affezionata a lei, e occupava i miei spazi. La ragazzina ne sembrava soddisfatta, ma non dimenticava di farmi una carezza o stritolarmi un po’ alla prima occasione. E, nonostante il fastidio, un po’ l’apprezzavo.

Quel cucciolo è una peste, persino le umane lo dicono.
Però sono più permissive, con lei. Beh. La ragazzina molto meno, perché si mette a strillare e rimprovera l’altra umana perché, come dice lei, vizia il cucciolo. L’umana ride e fa di testa sua. Così la ragazzina sbuffa e mi fissa, quasi a chiedermi appoggio.
Io mi limito ad osservare quelle scene da un posto caldo: sono matti, questi umani.

Dopo questi mesi, non mi dà più così fastidio la cucciola. È cresciuta, viziata, fa un po’ troppo come le pare. Ma tanto chiudono sempre un occhio sulle sue malefatte. Beh, a parte quando costringe la ragazzina ad alzarsi di scatto dal letto, scendendo le scale, per acchiapparla dalla collottola e cacciarla dalla stanza. In quelle occasioni urla come un’isterica, forse la sentono anche i vicini. Chissà poi perché…
A Winry –non è così che si chiama?- piace dormire vicino a me.
E certo, le piace anche saltarmi addosso, leccarmi le orecchie e fare la lotta. E a me tocca andarci piano, perché è solo un cucciolo. Uffa, però!
L’unica cosa buona è che mi impedisce di deprimermi troppo.
I nostri “litigi” piacciono alle umane. Loro ridono e dicono “Che teneri!”, quando dormiamo acciambellati, le nere pelurie che si confondono.

Nonostante la cucciola, non si dimenticano di me.
La domenica ci danno il latte e quando rientra, la prima cosa che la ragazzina fa, ogni giorno, è cercarci entrambi, sorriderci e salutarci con un carezza affettuosa. Poi torna ai fatti suoi e per un po’ ci lascia in pace. O almeno, lo farà con me, visto che la cucciola prenderà a seguirla per casa, nella speranza di avere del cibo. A lei piacciono i muffin, sapete?
Mah, io preferisco il tiramisù: quello sì che è buono!
Il posto dove dormiamo più spesso è sempre il letto alto della ragazzina. Spesso, ci dormiamo anche se c’è lei: ci schiacciamo sulle sue gambe o sulla sua pancia e si lamenta un po’. Ma poi sorride, scuote la testa e si addormenta, elargendoci carezze di tanto in tanto.
Il lato buono dell’arrivo della cucciola, è che gli amici della ragazzina, quando vengono, non mi danno più il tormento, cercando lei.
E, sapete? A me va tanto, ma tanto bene così.

La vita d’appartamento non è noiosa come si dice: a me piace, e poi credo di essere finito in una buona famiglia, che ci vizia e ci coccola, non ci fa mancare quasi nulla e non ci maltratta mai –a parte gli strepiti per le unghie sul divano, le piante irrimediabilmente mangiate, o i muffin che, misteriosamente, svaniscono-.
In fondo, non è così male essere un gatto, non credete anche voi?



Konnichiwa, gente!
Non so perché, ma è un po' che mi frulla per la testa questa storiella. Vi assicuro che è autobiografica, almeno dal purno di vista dei fatti, perché ho solo ipotizzato le opinioni di Tri, poichè non posso parlare con un gatto.
Spero non me ne voglie per quest'interpretazione. ^^
Così, ora che l'ho buttata giù, vorrei sapere che ne pensate. Lo lasciate un commento ad un delirio? ^^
Spero mi farete sapre. ^^

Lady_Firiel
   
 
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