Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Lady_Firiel    22/12/2009    2 recensioni
«Sai, Lili, quando sei solo una bambina, credi che nel bosco ci sia un bel principe azzurro seduto sul cavallo bianco, pronto a portarti via. Credi che rimarrà lì ad aspettare per sempre, non importa quando ci metterai per arrivare, lui sarà lì quando ci andrai.
Ma quando cresci, e compi quattordici, quindici anni, e ti avventuri nel bosco, l’unico personaggio delle fiabe che incontri, è il lupo cattivo…»
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Crescere

Crescere



Cecilia, otto anni, capelli castani ondulati e occhi verdi, cerca sua madre.
« Mamma? »
La donna non risponde, probabilmente non l’ha sentita. La bambina l’ha cercata per tutta la casa, ma invano.
Poi, raggiunto il secondo piano dell’appartamento, vede una scala scendere dal soffitto e la botola aperta: ecco, sua madre dev’essere lassù.
« Mamma? » la chiama, alzando un poco la voce, perché la donna senta.
Una testa castana e un viso impolverato fanno capolino dalla botola, regalandole un sorriso.
« Oh, ciao Lili, è successo qualcosa? »
« No, no, va tutto bene, ma che ci fai lassù? »
Fra sorride e le fa cenno di raggiungerla.
« Fa’ attenzione… » dice, gentile, tendendole una mano per aiutarla a salire gli ultimi gradini. La bambina la stringe e si ritrova accanto alla madre sul pavimento polveroso della soffitta: odora un po’ di chiuso ma la donna l’ha illuminata con delle candele. Ci sono scatoloni un po’ ovunque.
« Wow… Mamma, cos’è tutta questa roba? » domanda, guardandosi intorno. Fra sorride, accomodandosi a gambe incrociate.
« Il mio passato »
« Ed è tutto in queste scatole? » domanda, sorpresa.
« No, tutto no » sorride la donna « ma buona parte sì. Per esempio… » estrae da uno scatolone uno strano libro, ci soffia sopra e lo porge alla bambina, che lo fissa sconcertata.
« Mamma, è al contrario! »
Fra ride.
« Ma no, tesoro, non è al contrario… Questo è un manga, si legge da quello che per noi è il fondo, come in Giappone… »
« Manga? »
« Sì, un fumetto giapponese… »
Cecilia lo sfoglia piano, le pagine ingiallite e seccate dal tempo, ma i disegni e le scritte ancora nitidi.
« Bello… »
« Quello è il primo numero di quella che, da ragazzina, è stata la mia storia preferita. Fullmetal Alchemist, così si chiamava… »
« E lo leggevi al contrario? »
« Sì? »
« Di cosa parla? »
« È una storia lunga… »
« E in breve? »
Fra sorride: è la stessa cosa che diceva lei a sua madre quando voleva sapere qualcosa e lei le diceva, appunto, “È una storia lunga…”.
« È la storia di due fratelli che devono recuperare i loro corpi dopo averli persi per riportare in vita la madre… È una bella storia, ma triste… Quando sarai più grande, se vorrai, potrai leggerla… » e le carezza i capelli dolcemente.
« Perché quando sarò più grande? Perché non adesso? » s’imbroncia. Fra ride.
« Tesoro, perché quando sarai più grande conoscerai cose che adesso ignori e capirai meglio la storia… »
« Davvero potrò leggerlo? »
« Se vorrai, sì, certo… »
Fissa la pagina.
« Mamma, qui c’è uno che si chiama come mio fratello! » esclama, sorpresa, indicando un ragazzino con la treccia chiara. Fra ride ancora.
« Sì, è da questa storia che ho preso il nome di tuo fratello… »
« Però questo qua sembra femmina… »
« Ahahah, tesoro, non sei la prima che lo nota, sai? »
« E il mio? Da dove l’hai preso? »
« Da nessuna parte, il tuo mi è sempre piaciuto… Sai, da quando avevo quattordici anni ero sicura di voler chiamare mia figlia Cecilia… E guai se così non fosse stato… »
Cecilia restituisce il fumetto alla madre, che lo ripone. E le passa un libro dalla copertina azzurra.
« Cos’è? »
« Le fiabe di Andersen. Erano le mie preferite, lo sono ancora. La sirenetta è quella che mi è sempre piaciuta di più… »
« La nonna te le leggeva quando eri piccola? »
Fra scuote la testa.
« No, la nonna non mi raccontava le favole, la sera, mi cantava la ninna nanna… »
« E le fiabe? Chi te le leggeva? »
« Nessuno, le lessi da sola quando diventai più grande. Ora credo che tu possa leggerne qualcuna, ma altre… Le leggerai tra qualche annetto, d’accordo? »
« Perché? »
« Il signor Andersen era molto pessimista e… beh, diciamo che si capisce da alcune delle fiabe che scrisse… » sorride.
« Ah… »
Cecilia sfiora lentamente la copertina liscia, come carezzandola. Poi, senza alzare lo sguardo, domanda alla madre:
« Mamma? »
« Sì, Lili? »
« Cosa succede quando si cresce? »
Fra la fissa, un po’ sorpresa dalla domanda. Ma, del resto, non era ancora abituata alle domande trabocchetto di sua figlia? Sorride, mesta,
« Sai, Lili, quando sei solo una bambina, credi che nel bosco ci sia un bel principe azzurro seduto sul cavallo bianco, pronto a portarti via. Credi che rimarrà lì ad aspettare per sempre, non importa quando ci metterai per arrivare, lui sarà lì quando ci andrai.
Ma quando cresci, e compi quattordici, quindici anni, e ti avventuri nel bosco, l’unico personaggio delle fiabe che incontri, è il lupo cattivo… »
La fissa, curiosa, e Fra prosegue.
« Quando sei bambina ti sembra di poter fare tutto, nella tua vita: credi che un giorno potrai volare, che sposerai l’uomo giusto e vivrai per sempre felice e contenta nel tuo castello incantato. Le bambine giocano spesso alla mamma, alla famiglia, alle principesse o cose simili. Non lo fai anche tu, tesoro? » sorride, dolce, e la bambina annuisce.
« Invece io, da bambina, giocavo con le bambole, facevo vivere loro avventure, le vestivo e le pettinavo, ma niente amore nelle loro vite. Da bambina chiamavo per nome tutti i miei peluche e non sbagliavo mai, pasticciavo i libretti che mi regalavano fingendo di leggerli e ci passavo le ore. Quando andavo dai miei nonni, passavo interi pomeriggi a giocare sul loro letto con dei semplicissimi bottoni. Strano, vero? »
« Beh… magari giusto un po’… » sorride Cecilia.
« Non sopportavo le bambine, erano così… Non so, ma le detestavo. Non tutte certo, ma la maggior parte sì, erano così snob… Sai a che età ho iniziato a cullare i bambolotti? »
Scuote la testa.
« No, quando? »
« A dieci anni, o forse dopo… Ricordo che a quindici anni non facevo che immaginarmi nel ruolo di mamma che prepara biscotti per i suoi figli, e rimproveravo sempre i miei amici come un’isterica: “Non toccare là che ho appena pulito!” “Non mangiare tutti i biscotti, ti fanno male!” “Copriti che fa freddo! Mi vengono i brividi solo a guardarti…” eccetera, eccetera, eccetera… » ride, imitata dalla figlia.
« Quindi, a quindici anni avevi voglia di fare la mamma? »
Fra scuote la testa.
« No, tesoro. A quindici anni avevo voglia di cambiare vita, di cambiare totalmente modo di essere: forse, inconsciamente, rimpiangevo di non aver giocato alla mamma quand’ero bambina… »
« Davvero? »
« Sì. Ero sempre stata un po’ poco femminile, odiavo le sdolcinatezze, il romanticismo, persino l’amore… E il lieto fine, poi… Così banale! Ero abituata ad essere quella che non piangeva mai, che aveva sempre e comunque un sorriso in volto e non prendeva mai nulla sul serio. E un sacco di persone si sono convinte che dentro non avessi nulla di più di quel che mostravo all’esterno. A quindici anni, ho capito di essere stanca di tutto quello, di voler dimostrare a qualcuno che ero diversa: volevo scoppiare a piangere come “una mammoletta”, come direbbe Linda, volevo dire che amavo le storie d’amore –ok, magari i lieti fini no-… Volevo gridare al mondo che, da qualche parte, nel petto, anche se piccolo e magari rinsecchito, un cuore l’avevo anch’io. E cavolo, alle volte faceva proprio male… »
Cecilia ha ereditato un po’ dell’empatia materna e così le sembra di sentire sulla propria pelle quella sofferenza che le ha descritto Fra. Così abbraccia sua madre, che la stringe a sé con dolcezza, carezzandole i capelli.
« A quindici anni, ho realizzato che abbracciare una persona senza motivo, era una sensazione splendida… » sussurra la donna, cullando la sua bambina.
 Rimangono così per un po’ e Cecilia si addormenta.
« Fra? »
La testa di Al sbuca dalla botola e la fissa. Lei si porta un dito alle labbra, intimando silenzio.
« Tutto bene, Fra? »
« Sì, tutto bene. Si è addormentata… »
Al sorride e sale un altro gradino. Prende la figlia tra le braccia e la porta giù, nella sua cameretta, dove la sistema nel suo lettino –il pigiama l’aveva già-, le rimbocca le coperte, le scosta i capelli dalla fronte e gliela bacia.
Poi sorride ed esce, raggiungendo la compagna in soffitta. La trova intenta a leggere il suo diario. Le siede accanto.
« Di’ un po’, alla fine sei riuscita a dimostrare al mondo quel che volevi? »
Lo guarda, gli occhi dilatati. Dall’ira, dalla sorpresa, oppure solo dal buio. Questo, Al non lo saprà mai.
« Hai origliato, mon amour? » sibila.
« Mm… forse »
Al sa che, quando Fra inizia a parlare in francese, non è bene farla arrabbiare. Ma è più forte di lui.
« Ah, allora saresti dovuto essere più attento, mon amour… »
« Ma non le hai detto… »
« No, ma ripensavo al mio diario. E so che tu lo hai letto, non è vero? »
Arcua un sopracciglio e lui arrossisce, colpevole.
« Ehm… »
« Fa niente, tanto non erano cose segrete… nulla che non potessimo condividere, mon amour… » sibila accuratamente l’appellativo francese.
« Comunque, cosa centra con la mia domanda? »
« Se avessi letto con più accuratezza, conosceresti la risposta… »
« Questo vuol dire che non me la dici? »
Fra ride.
« Sei così in gamba… Arrivaci da solo… » ironizza, e lo bacia; poi lo abbraccia. E cullata dalla sue braccia, le sovviene un ricordo:
« Sai Al? Mi rendo conto solo ora che forse, in fondo… Gli ingredienti per la mia felicità li ho sempre avuti sotto al naso… Eppure, la maggior parte delle volte li ho trascurati… »
Al le bacia una guancia.
« Capita anche ai migliori, Fra… »
Lei sorride, poi poggia il diario a terra e si alza.
« Hai ragione, Al. Dai, ora andiamo a dormire… »
Soffiano sulle candele. Scendono le scale, richiudono la botola e nella stanza torna il buio.
Tutto tace, tutto è al suo posto.
Solo un diario color arancio, aperto, è rimasto in disordine.
La data sulla pagina in alto a sinistra segna il 25-05-‘09
La scrittura è fitta, il tratto è un po’ spesso; l’inchiostro è nero.
In fondo alla pagina, accanto la firma, una macchia di sangue.
E, poco sopra, due frasi che per la proprietaria del diario significano molto:

E, soprattutto, posso dire con orgoglio che ho l’amore di una famiglia e l’amicizia di persone straordinarie, a modo loro. E, forse, ora ho capito che tutto questo, dopotutto, può essere abbastanza, per essere felici…



Konnichiwa, gente!
Che dite di questa follia? Mi è venuta in mente fissando la neve dalla finestra. Chissà poi perché...
Per chi non lo sapesse, il nome del fratellino di Lili è Edward, come uno dei protagonisti di Fullmetal Alchimist, appunto. Ha due anni meno di lei e somiglia al padre (cioè Al). Non so se questa cosa abbia un senso, però mi andava di scriverla... Vedetela come un modo per festeggiare il mio primo anno su efp... ^^
La dedico a mia madre, fan di Fullmetal Alchemist come me, che quand'ero bambina mi cantava la ninna nanna ogni sera.  ^^
Buon Natale a tutti ^^

Lady_Firiel
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Lady_Firiel