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Autore: eia    23/12/2009    15 recensioni
Mi è venuta in mente così e ho pensato di farVi gli Auguri in un modo un pò particolare.. Spero Vi sia cosa gradita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessun libro/film
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Gli AUGURI a modo mio...
 
A Natale puoi...
 
Era il 24 di dicembre.
La notte di Natale.
Nei giorni passati era caduta tanta neve, tanto che per spalarla tutta si erano messi tutti gli uomini di casa... Avevano liberato il vialetto e la strada che porta fino a casa nostra, che passa in mezzo al bosco...
Nel giardino di fronte a casa, io e zia Alice, avevamo fatto un pupazzo enorme e lo avevamo decorato con una delle sciarpe del nonno, uno dei cappelli di lana di zio Emmett e al posto del naso gli avevamo messo uno dei fermacarte di papà... e lui ancora non ne sapeva niente, o faceva finta di non sapere... solo per far contenta me, la sua bambina.
 
A Natale puoi
fare quello che non puoi fare mai:
riprendere a giocare,
riprendere a sognare,
riprendere quel tempo
che rincorrevi tanto.
 
Avevo chiesto a zia Alice di organizzare una delle solite feste, lei è spettacolare in questo, sembra fatta apposta.
Per solite intendo dire perfette. Perché in sette anni di vita non ho mai visto una delle sue feste uguale alla precedente.
Ogni volta un’idea diversa, luminarie colorate o solo gialle o solo bianche o tutte blu, panche di legno o di pietra, intagliate o lisce e sempre un colore dominante… gazebi bianchi e tendaggi uguali... e inutile dire la quantità di cibo a disposizione... sempre diverso e in abbondanza... strano in una casa di vampiri... non fosse che a quelle feste era immancabile la presenza di Jake...
Jacob Black, il migliore amico di mamma nonché amico fidato della mia famiglia, anche di zia Rose, anche se continua imperterrita a chiamarlo “cane”. Ma lo so, in fondo anche lei gli vuole bene, come tutti del resto, chi più, chi meno... io faccio parte dei primi. Da sempre. Anche se ultimamente in modo diverso...
 
È Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e a Natale si può amare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più
per noi…
a Natale puoi.
 
Avevo invitato tutti a quella festa, dovevamo essere in tanti... una di quelle feste che non dimentichi facilmente.
E in un certo senso fu così... ma non come avevo progettato io.
Cominciarono ad arrivare i primi invitati, Sue e nonno Charlie, mi diedero il loro regalo e si accomodarono in casa...
Mi chiesero com’era la vita al college e Sue mi chiese com’era viverla con i miei genitori come compagni di corso.
Già... i miei genitori avranno per sempre l’aspetto di giovani ragazzi, non dimostrano più di vent’anni, anche perché i 20, non li hanno mai compiuti.
E così me li ritrovo a Dartmouth, con me, al college, tutti e due... già perché loro sono inseparabili... come la colla sul francobollo, per intenderci.
Per fortuna avevano accettato di lasciarmi dormire in un camera tutta mia... se avessi dovuto dividerla con mamma... mi sarei già fatta espellere!!
Era passata più di mezz’ora dall’ora prestabilita... e ancora non si vedeva nessuno... era molto strano, ragazzi del branco non avevano mai fatto così tardi e poi lui, Jake, lui arrivava sempre prima di tutti! Invece quella sera, di lui, nemmeno l’ombra... cominciavo a preoccuparmi.
Continuavo a fare avanti e indietro dalla porta al divano, continuavo a controllare se riuscivo a vedere in lontananza almeno dei fari, ma niente...
Il nonno mi disse che le strade erano ancora brutte e che con il freddo che faceva probabilmente erano anche gelate e che la strada per casa nostra non era delle più semplici.
Mio padre mi disse che non dovevo preoccuparmi, che tutto sarebbe andato bene e che presto sarebbero arrivati tutti...
Poi al nonno giunse una chiamata: incrociai le dita che fosse Jake o Seth o Sam o qualcuno che stava avvisando del ritardo, ma quando nonno Charlie chiuse la chiamata non aveva una bella espressione sul volto.
“Bella, tesoro, mi hanno chiamato dalla centrale: ci sono state delle valanghe, giù alla riserva, le strade sono tutte bloccate e ci sono parecchie case che sono isolate, io devo andare, mi spiace.”
“Case isolate? Valanghe? Hai bisogno di una mano? Noi potremmo aiutarti” dissi di slancio, senza curarmi del parere del resto della famiglia.
Il nonno sembrò in imbarazzo, prese a girarsi le mani una con l’altra...
“Si Charlie, se credi di aver bisogno, noi siamo disponibili” disse mio padre, che probabilmente aveva letto nella mente del nonno.
“Beh, mi spiace per la vostra festa, non vorrei...” provò a dire lui.
“Quale festa papà? Senza invitati?” lo riprese con un sorriso dolce la mamma.
“Allora corro a prepararmi” e senza aspettare una risposta sfrecciai su per le scale. Ma mia madre mi fu dietro in un secondo “No tesoro, rimani a casa, non credo che Rosalie venga e credo le farebbe un sacco piacere poter passare del tempo con te.”
Lo sapevo, era troppo bello che mi lasciassero andare con loro, ma sapevo anche quanto ci tenesse zia Rose... era passato parecchio tempo dall’ultima volta che avevo chiacchierato con lei, e anche a me mancava, ma non stasera, non ora che potevo andare a vedere che fine avesse fatto Jake.
“Ma mamma...” le dissi in un broncio, cercai nella mia testa una scusa plausibile, qualcosa che l’avrebbe convinta a lasciarmi andare... e non ci volle molto.
“Mamma posso stare con zia Rose anche domani, mentre magari in una di quelle case isolate stasera c’è qualcuno che soffre... io, vorrei solo essere utile... hai sentito il nonno e se hanno chiamato lui, che è in ferie, vuol dire che c’è davvero bisogno di aiuto... e poi, dai mamma, non sono più una bambina e...”
“Ok, ok, ok” disse sbuffando “a volte sei proprio come me... non molli la presa per niente al mondo... e campi scusa in aria in maniera impressionante” mi disse in un sorriso.
“Dai, corri, cambiati, se tra due minuti non sei di sotto ti lasciamo qui” disse e mi diede una leggera spinta sulla spalla.
Corsi in camera e nemmeno ero entrata e già ero in biancheria intima, mi infilai nella cabina armadio e presi un paio di jeans e un maglione di lana pesante, uno dei regali del nonno, che non si era ancora abituato alla mia natura strana e non aveva la minima intenzione di farlo.
Corsi giù per le scale tutta infagottata, con tanto di scarponi, sciarpa, guanti da neve, cappello di lana imbottito di pelo e paraorecchie.
Mi sentivo un po’ ridicola e non ero la sola a pensarlo. Vidi infatti zio Emmett coprirsi il viso con uno dei cuscini del divano, per contenere una risata, mentre zio Jasper si defilò in cucina.
Ma se mi fossi presentata poco vestita, il nonno, sono sicura, avrebbe avuto delle riluttanze sul farsi accompagnare anche da me.
E in auto, non fece altro che ricoprirmi di raccomandazioni, attenta a questo, a quello, non fare, non dire, non provare...
Feci finta di ascoltare, anche se in realtà pensavo ad altro. Ogni tanto mio padre mi dava di gomito e mi sorrideva...
Lui sapeva tutto, mi aveva sorpresa un paio di volte di troppo a pensare a Jake, e così gli avevo confessato i miei sentimenti.
Me lo ricordo come se fosse ieri, la sua reazione fu proprio quella che mi aspettavo da lui, mi fece un sorriso e mi diede un bacio sulla fronte e poi disse solo “come passa il tempo”.
Quattro parole che per quelli come lui significano tutto.
Ma era l’unico a sapere, gli avevo chiesto di tenere questo segreto per noi, perché lo sento come una cosa mia, solo mia.
Già me la vedo la mamma... mi caricherebbe di attenzioni non desiderate e, sono certa, se lo lascerebbe sfuggire, prima con zia Alice, poi con zio Emmett e per chiudere in bellezza lo direbbe anche a Jake.
Magari senza farlo apposta, ma ci cadrebbe...
Arrivammo alla riserva e a noi donne diedero in mano delle torce, dicendoci di avvicinarci alle case e tranquillizzare la gente, e se avessimo notato dei problemi avremmo dovuto subito avvisare e ci diedero il numero di emergenza.
Mentre agli uomini misero in mano delle pale. Ero stata in casa per due giorni, per ultimare i preparativi per la festa e non mi ero resa conto di quanta neve fosse caduta.
C’erano delle case che avevano la porta di ingresso bloccata, tanta era la neve. O altre con il tetto che sembrava contenere un altro piano. E le case della riserva non sono robuste come quelle che ci sono a Forks...
Me ne andai un po’ in giro con la mamma, aiutando qua e là chi ne avesse bisogno, che il più delle volte era solo il bisogno di non sentirsi soli, di avere qualcuno accanto in un momento difficile, qualcuno con cui lamentarsi del tetto, del camino, degli spifferi, ma poi all’arrivo dei soccorsi tutto andava ad incastonarsi al posto giusto.
Dopo un paio d’ore che giravamo, trovammo Jake e Seth che spalavano la neve davanti alla casa di una vecchietta, che era rimasta intrappolata dentro.
Ero entusiasta, finalmente lo avevo trovato e con un altro mio giro di parole convinsi la mamma che era meglio che io rimanessi lì a dare una mano, ma quello che la fece cedere fu l’offerta di Jake di riaccompagnarmi a casa, non appena avesse finito.
Ero al settimo cielo, ero con lui, da sola! O quasi... ma Seth non fa testo, lui è sempre stato uno presente nella mia vita... e credo che in fondo, lui abbia capito.
Infatti, non appena la porta d’ingresso fu libera lui con una scusa se ne andò, lasciandomi sola con Jake...
Ecco... quello sarebbe stato il più bel regalo di Natale che avrebbe mai potuto farmi.

A Natale puoi
dire ciò che non riesci a dire mai:
che bello è stare insieme,
che sembra di volare,
che voglia di gridare
quanto ti voglio bene
 
Camminammo per un bel pezzo, nella neve, uno di fianco all’altra, parlando di quello che era successo quella notte, della chiamata improvvisa, della mancanza di tempo di avvisare, della festa saltata, del suo disagio per non esserci stato, poi passammo ai problemi della tribù, di quel tradizionalismo che serpeggia ancora tra loro, delle loro convinzioni, del loro credo... e finimmo a parlare delle leggende, di cui lui, faceva parte... e fa parte ancora. Un licantropo... un uomo che si tramuta in lupo... è qualcosa di eccezionale!
E parlammo di cosa vuol dire essere un lupo, di tutti i compiti che gli spetta, delle responsabilità, ma anche di tutte quelle cose belle che questa natura gli ha donato: lui mi parlò dell’olfatto, della vista, dell’udito, mentre io vedevo solo, tra i pregi, quello splendido corpo scolpito che si ritrovava, due braccia lunghe e possenti, un petto ampio, e la schiena larga… il tutto accuratamente disegnato dalle curve dei suoi muscoli...
Ad un certo punto mi sentii scuotere “Ehi, Nessie!? Ci sei ancora?” oddio... mi ero persa sul suo corpo...
“certo, certo, perché non mi vedi? Eppure, hai appena detto che la natura del lupo ti ha donato una vista aguzza...” gli dissi cercando di allontanare l’attenzione da me.
“Ahhhhh, spiritosa!!” disse facendomi il verso. “Sembravi in un altro mondo” rispose lui, dandomi una leggera spinta, per gioco.
“Si... in un mondo lontano anni luce da te...” dissi mordendomi la lingua, mai nulla di più falso uscì dalle mie labbra “cacchio Jake, stare accanto a te mi sembra di stare vicino ad una stufa...” presi a muovere la mano davanti al viso, come per farmi aria.
“Ecco! Svelato il mistero!” sbottai subito dopo “la valanga è stata causata dai voi lupi, con tutto il caldo che emanate è facile che la neve tenda a sciogliersi” e questa volta gli diedi io una spinta, ma lui mi bloccò le mani, mi tenne ferma per i polsi, e per un lungo, lunghissimo minuto restammo a fissarci...
Un minuto che sembrò interminabile: cos’era quello sguardo? Sembrava quasi che mi stesse guardando dentro tanto era intenso... provai un’emozione fortissima, ma non ero sicura di quello che fosse.
Poi mi lasciò andare, si voltò dalla parte opposta e ricominciò a camminare, fece due passi in assoluto silenzio, poi si voltò nuovamente verso di me e in uno dei suoi sorrisi più belli, disse “Secondo me hai caldo perché sei vestita come l’omino della Michelin” e prese a ridere. Ma in un modo un po’ forzato, come se quella risata dovesse starci a tutti i costi, anche se non gli andava.
Sette anni passati insieme, a giocare, ridere e scherzare, a parlare per ore, di ogni cosa, futile che fosse, lo conoscevo bene, fin troppo, quella risata serviva a coprire qualcos’altro. Ma lui non voleva che io sapessi cosa. Mi sentii un po’ irritata, mi sentii messa da parte e, senza rispondere alla sua provocazione, cominciai a camminare spedita, oltrepassandolo.
“Nessie! Ma dove vai? Ehi Nessie?! Aspetta!” disse venendomi dietro a grandi passi, finchè non mi raggiunse e con una mano mi fece girare.
“Ma che succede? Che ti è preso?” domandò stupito.
“Niente. Perché?” risposi cercando di essere il più normale possibile, ma quella cosa era come una spina nel fianco e sono sicura che gli feci un sorriso talmente forzato che sarebbe sembrato falso a chiunque.
Non mi rispose subito, rimase a guardarmi stortando la bocca, pensieroso.
“Beh, sei partita a razzo, non ti sarei mica offesa perché ti ho paragonato a quel coso?”
“No, ma va, che dici? È che... a stare ferma ho freddo!” mi girai su me stessa e ripresi a camminare, ma lui ancora, si allungò e mi prese un braccio.
“Nessie! Due minuti fa avevi caldo e ora hai freddo? E poi, lo so, tu sei un po’ come me, la tua concezione di caldo o di freddo è tutta particolare...” disse serio, guardandomi di sottecchi.
E quella cosa che disse, quel paragone tra noi, bastò quello a scaldarmi il cuore e capì che avevo reagito come una stupida. Pensai che quella reazione poteva avere cause che non centrassero nulla con me e io mi ero resa partecipe di qualcosa che nemmeno sapevo, ma le sue premure, il suo interesse per il mio comportamento, quelle sì che erano per me, tutte per me...
“Si... scusa... è che... non so... sai, la crescita, io oramai dovrei essere una donna ma certe volte mi piacerebbe tornare indietro.”
Ma lo vidi, su quella parola, donna, aveva avuto un tremito... ne ero sicura...
“Tipo?”
“Tipo... cosa?” mi sembrava che quella domanda non centrasse con quello che gli avevo appena detto.
“Certe volte… quando?” chiese abbassando lo sguardo. E mi resi conto che la risposta mi imbarazzava un po' anche se non avrebbe dovuto.
“Quando stiamo insieme... mi piacerebbe poter tornare bambina.”
“Perché?”
“Perché... avevo più...” e come glielo dico? “più libertà”
“Tipo?”
“Jake, non puoi essere più chiaro con le domande? E poi perché non mi guardi? E così bella la neve che preferisci guardare a terra piuttosto che me?” gli dissi in un fiato, pentendomi subito dopo.
“No, solo che... fai fatica a parlare e credevo ti imbarazzasse parlarne con me e ho pensato che se non ti guardo, forse...” disse, continuando a tenere lo sguardo basso.
Imbarazzo. Lo aveva notato. Già... come io conosco lui, lui conosce me. Come avevo fatto a metterlo in dubbio?
“Senti... andiamo a casa? Se la mamma è già tornata poi chi la sente più...” riprendemmo a camminare in religioso silenzio. E l’imbarazzo che avevo provato prima si quadruplicò.
Perché mi sentivo così? Cosa mi rendeva insicura fino a quel punto? E perché lui si stava comportando in quel modo? Cos’era successo?
 
È Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e a Natale si può amare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più
per noi:
a Natale puoi.
È Natale e a Natale si può amare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più
per noi:
a Natale puoi.
 
Arrivammo a casa e tutto era spento. Non era ancora tornato nessuno. E zia Rose probabilmente era in camera sua a preparare qualche sorpresa per zio Emmett.
E mi trovai ad invidiare zia Rose, lei era sempre così diretta, lei sapeva sempre cosa voleva e sapeva come ottenerlo.
Mi odiai per mezzo minuto, adoravo passare il tempo con la zia eppure non avevo imparato niente?
“Non c’è a casa nessuno, vuoi che mi fermo qui e li aspettiamo insieme?” mi domandò in un sorriso, che mi scaldò un pochino e pensai che forse sarebbe stata una buona occasione per chiarire tutto e magari anche per dirgli quello che provavo... ma il solo pensarlo mi fece ricadere nel vortice dell’incertezza.
“No, in casa c’è la zia, non ti preoccupare, starò bene” dissi e gli sorrisi nel miglior modo che mi fu possibile.
Salimmo le scale e ci fermammo di fronte alla porta. E lì, successe una cosa molto particolare, sospirammo entrambi. Subito ci guardammo stupiti, ma anziché cercare risposte, scoppiammo a ridere.
Una sana e fragorosa risata, una di quelle che ti liberano.
Quando smettemmo avevamo gli occhi lucidi e poi ancora ci guardammo come prima, per un tempo interminabile ed intenso.
“Beh... allora buona notte” disse lui per rompere il silenzio.
“Si, buona notte” mi voltai, presi tra le mani la maniglia, ma poi un pensiero mi investì e mi rigirai veloce.
“Jake! Aspetta!”
Lui aveva fatto solo pochi passi e tornò subito indietro “Che c’è? Vuoi che resti?” mi disse con impeto. Quasi mi dispiaceva dirgli che non era per quello che lo avevo richiamato.
“No, però... È Natale, dovremmo farci gli auguri, no?”
“Oh, sì, giusto” mi rispose lui camuffando un po’ la delusione. Fece di nuovo gli scalini e mi raggiunse sul pianerottolo, ma mentre si avvicinava a me andò a sbatter contro qualcosa che pendeva dal soffitto.
Un rametto di vischio*... mi sembrò subito una cosa strana, non avevamo mai messo un rametto di vischio davanti alla porta.
Lui allungò una mano e lo toccò “Uhm, carino” e rimase a fissarlo qualche secondo.
“Beh... Nessie, Auguri” si chinò e mi stampò due baci sulle guance.
 
Luce blu,
c’è qualcosa dentro l’anima che brilla di più:
è la voglia che hai d’amore,
che non c’è solo a Natale,
che ogni giorno crescerà,
se lo vuoi.
A Natale puoi.
 
Rimasi un po’ delusa. Avrebbe potuto almeno darmi un bacio stampo, tanto per dare un senso a quel rametto.
“No, Jake, così non funziona” gli dissi in un fil di voce e mentre lui mi stava chiedendo cosa o come, io mi allungai sulle punte e gli stampai un bacio sulle labbra, poi tornata a terra gli sorrisi e gli feci i miei auguri, cercando di non guardarlo nemmeno in faccia, non volevo vedere la sua espressione, avevo paura di quello che avrei visto, mi girai repentina e cercai di aprire la porta per sgattaiolare in casa.
Ma la porta era chiusa. E anche questa era una cosa strana. Non chiudevamo mai la porta a chiave.
Provai e riprovai, ma non c’era nulla da fare, era chiusa.
“Nessie” mi chiamò, e la sua voce mi sembrò molto calda, in che strano modo aveva detto il mio nome.
Mi voltai piano, e lo trovai a guardarmi con aria sognante. I nostri occhi si incontrarono ancora... titubanti...
“Nessie… nemmeno così funziona” disse sempre con quella voce roca, poi mi prese per i polsi, come prima nel bosco e mi tirò a sé, veloce spostò una mano sulla mia guancia e si chinò nuovamente su di me...
E mi baciò.
Un bacio come quello delle fiabe.
Un bacio caldo e umido, un bacio in ascesa... un bacio dolce.
Si staccò dalle mie labbra dopo non so quanto tempo, ma sempre troppo poco, ma mi tenne tra le sue braccia e tornammo a guardarci.
Avrei voluto dirgli tante cose e chiedergliene altrettante, ma un rumore interruppe quel momento paradisiaco e lui mi liberò.
Fece due passi indietro e scese due gradini... come se sarebbe servito, la zia stava aprendo la porta, sentivo la chiave girare a più mandate nella toppa.
Lui sarebbe potuto pure fuggire, ma se la zia si era accorta di quello che stava succedendo qui fuori lo avrebbe rincorso anche in capo al mondo.
Ma la porta non si aprì. E anche questo mi sembrò strano... ma che stava succedendo?
“Forse è meglio se vai” gli dissi in un sorriso e ora era un sorriso vero.
“Si, allora buona notte” rispose lui, dondolando sul posto, con le mani infilate nelle tasche. Tornammo a guardarci... e in quel momento mi sembrò più bello che mai. E non riuscii a trattenermi, saltai i gradini e gli corsi incontro, lui aprì le braccia e io ci affondai dentro, poi sollevai la testa e lo baciai.
Un nuovo bacio... sconosciuto e più umido del primo, più travolgente... più intimo.
Poi lui mi liberò di scatto e indietreggiò guardando verso casa, mi voltai anch’io... la porta era chiusa, ma la luce della sala era accesa, era meglio non tirare troppo la corda.
“Buona notte Jake e fai gli auguri anche a Billy” mi voltai e senza guardarmi indietro entrai in casa.
Ma subito dentro mi addossai alla porta e chiusi gli occhi, non ci potevo credere... avevo baciato Jake. E lui aveva baciato me.
“Tutto bene tesoro?” mi chiese d’un tratto zia Rose. Aprii gli occhi e la vidi seduta sulle scale, con un sorriso dolce e compiaciuto che la faceva sembrare ancora più bella, se mai fosse stato possibile.
“S-si” le risposi titubante. Poi lei si alzò e mi venne incontro, mi chiese di spostarmi e la feci passare, uscì e tolse il rametto.
“Per- perché lo togli?” chiesi non capendo il gesto.
“Perché ora non serve più. Spero che d’ora in poi non abbiate più bisogno di nessuno stratagemma” mi rispose con un nuovo sorriso rientrando in casa. Non ci potevo credere. lei... lei era stata lei! E lo aveva fatto per me!
Poi mi porse il rametto e mi chiese “Lo vuoi? Come ricordo.” Che dolce.
E non seppi più trattenere la gioia, l’abbracciai forte, almeno per me, e continuai a ringraziarla.
Lei mi staccò un poco e mi chiese “tesoro, non ho fatto nulla di che…”
“Oh, no, non è vero zia, mi hai fatto il regalo più bello che possa mai esistere, grazie, grazie, grazie” le dissi, tornando ad abbracciarla.
“Oh, allora la Lotus che c’è in garage me la posso anche tenere, e pensare che ho fatto una fatica per averla proprio per domani, ma se mi dici che…”
Lotus? Per me? Per Natale?
“Oh, no! L’accetto più che volentieri, non vorrei farti un torto” mi affrettai a dire e scoppiammo a ridere.
Ma una volta tornate serie le dissi “Mi fa piacere per la macchina, davvero, ma questo” e presi il rametto dalle sue mani “è un regalo molto bello, e soprattutto inaspettato. Grazie zia, Buon Natale”
“Buon Natale anche a te, tesoro mio” e mi strinse ancora tra le braccia, e dondolammo a lungo sul posto, come se mi stesse cullando, come quando ero piccola.

È Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e a Natale si può amare di più,
è Natale e a Natale si può fare di più,
è Natale e da Natale puoi fidarti di più.
A Natale puoi
puoi fidarti di più.
A Natale puoi.

*-*-*-*-*-*-*-*
 
E Buon Natale anche a Voi, Carissime!
Vi auguro di trascorrere dei giorni meravigliosi, e che il nuovo anno Vi porti tanta gioia e serenità.
Un bacio
eia

*un ramo di vischio sull'uscio di casa.
Questa usanza nasce dal potere che i Druidi del nord Europa attribuivano a questa pianta, ritenuta magica e curativa. I Druidi ritenevano infatti che quando due nemici si fossero incontrati sotto una pianta di vischio, avrebbero dovuto deporre le armi e concedere una tregua alle loro ostilità.
Da allora l'usanza di appendere del vischio sulla porta di casa, per garantire pace e serenità all'interno della propria dimora, si è estesa in tutto il mondo.
Poiché il vischio era anche la pianta della dea Anglosassone Freya, protettrice dell'amore e degli innamorati, si è diffusa anche l'usanza di scambiarsi un bacio sotto al vischio, per promettersi amore e affetto e per augurarsi un periodo di felicità in casa.
 
 
   
 
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