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Autore: loveless_fairy    23/12/2009    1 recensioni
Tratto dalla storia: “Quella che sto per raccontarti è una storia vera” dice appoggiando il libro sul suo grembo e sfogliandone le pagine un po’ ingiallite. “Una storia nata tanto tempo fa, quando ancora sulla Terra regnavano i capricciosi Dei della natura e l’uomo non era che una piuma sospinta dal vento…”. Se vi ho incuriosito leggete e recensite, per favore!
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Profumo di sogno

 

Mi lascio cadere sul divano sbuffando. Mia nonna mi guarda da sopra i suoi occhiali, chiude il libro che stava leggendo e si alza, sparendo dietro la porta. Lo sa, lo ha già capito. D’altronde non sarebbe la mia nonnina se non lo avesse compreso.

Ieri ho avuto un altro appuntamento. Sono uscita con un collega di lavoro di Lavinia, una delle mie più care amiche. Non è una cosa che mi piaccia fare spesso, ma questa volta ha così insistito che non me la sono sentita di rifiutare quell’incontro al buio. Neanche a dirlo è stato un disastro. Sin dal principio. Mi ha fatto attendere mezz’ora davanti al ristorante che io stessa ho dovuto prenotare. Nel bel mezzo della cena ha rimproverato un povero cameriere reo di aver sbagliato pietanza e di avergli portato qualcosa di non richiesto. Ha protestato contro il conto, secondo lui eccessivo considerata la qualità della cena, e alla fine, per evitare ulteriori imbarazzi, sono stata costretta a tirar fuori velocemente la carta di credito dalla borsa, a pagare il conto e a lasciare una lauta mancia al cameriere. È stata una sera “horribilis”, come avrebbe detto mia nonna. Senza contare il dopocena, quando lui ha cercato di convincermi a farlo salire in casa. Cosa non aveva capito della frase “a mai più rivederci”?

Sbuffo un’altra volta, sprofondando nel divano. Come ogni volta mi ritrovo qui, nella casa calda della nonna, sul divano di finta pelle ormai quasi logoro, con il morale che mi arriva sotto le scarpe, aspettando che mia nonna mi porti una tazza di tè bollente e che ascolti i miei sfoghi e le mie frustrazioni. Sono rimasta orfana quando avevo quindici anni e sono stati i nonni materni a prendersi cura dell’adolescente problematica che ero. Hanno cercato di non farmi mancare mai nulla, hanno dosato cautamente coccole e rimproveri, diritti e doveri. Anche ora, che di anni ne ho venticinque e vivo da sola in città, ogni volta che mi sento giù corro subito qui, fra le braccia di mia nonna, come quando ero più piccola.

“Possibile che debba finire sempre così?” mormoro passandomi una mano sugli occhi. “Deve esserci qualcosa in me che attira solo gente simile!”

“Lo sai che non è vero, tesoro, è solo che non hai ancora incontrato la persona giusta” mi dice, rientrando in salotto con un vassoio sul quale spiccano due fumanti tazze di tè. “È che oggigiorno, secondo me, manca un po’ di romanticismo.”

Sorseggio il liquido ambrato facendo attenzione a non scottarmi.

“Parlare di romanticismo nel XXI secolo non ti sembra un po’ anacronistico?” Allungo la mano per prendere un biscotto dal piattino. “In un’epoca come questa, fatta di tecnologia, rapporti veloci e nessun sentimento forte, parlare di romanticismo è come…” Mi fermo a cercare la parola corretta.

“È come parlare di favole?”

Appoggio la tazza sul tavolinetto e mi lascio cadere sul divano, sussurrando un flebile “sì”.

“Ma un tempo ti piacevano le favole…”

“Ma ora ho venticinque anni, nonna, e non credo di aver più tempo per credere alle favole.”

La nonna mi sorride e si allunga per prendere il suo libro. Si sistema con calcolata lentezza le lenti sul naso e mi guarda: ha lo stesso sguardo di quando da bambina mi raccontava le favole prima di andare a letto, prima che il mio mondo mi si sgretolasse sotto i piedi.

“Allora suppongo che sia superfluo raccontarti questa storia letta in un libro tanto tempo fa…”

Sbuffo per l’ennesima volta da quando sono entrata in questa casa di marzapane. Mia nonna ha il sapore delle streghe.

“E sentiamo… inizia anche questa con il fiabesco ‘c’era una volta’?”

“Forse” mi dice. “Perché in fondo ogni storia ha il gusto di una favola.”

Mi allungo per prendere la tazza di tè e fare scorta di biscotti, poi mi accoccolo meglio sul divano e faccio segno alla nonna di iniziare. Forse agli occhi di un osservatore esterno la scena potrebbe risultare alquanto ridicola, lo so, eppure quando entro in questa casa mi sembra che il tempo si sia congelato al periodo della mia infanzia. Gli oggetti, le piante, persino gli odori che respiro una volta aperto il portone sono rimasti gli stessi pur mutando aspetto e consistenza. Ritornare qui dalla mia famiglia, in definitiva, è per me come ritornare piccola e farmi coccolare resta la mia prerogativa principale.

“Quella che sto per raccontarti è una storia vera” dice appoggiando il libro sul suo grembo e sfogliandone le pagine un po’ ingiallite. “Una storia nata tanto tempo fa, quando ancora sulla Terra regnavano i capricciosi Dei della natura e l’uomo non era che una piuma sospinta dal vento…”

Assaporo un altro sorso di tè e rimango in attesa. La nonna, proprio come allora, mi rivolge uno sguardo dolce e poi ricomincia.

“E’ la storia di due innamorati, di due anime che si perderanno e ritroveranno in una spirale di eventi guidati dalla forza più grande dell’uomo, l’amore.

“Questi due giovani vivevano in una cittadina affacciata sul mare e baciata dal sole. In questo luogo, silenzioso e pacifico, i ragazzi erano cresciuti insieme, dapprima come amici, poi come amanti. Tuttavia un’ombra divina macchiava il loro luminoso futuro. La ragazza, infatti, era oggetto dell’amore del grande e potente Dio del mare, Poseidone. Lui la guardava ogni giorno da lontano e da lontano aveva visto crescere quel forte sentimento che la univa ad un umano.

“Quando i due ragazzi, inconsapevoli e innocenti, si scambiarono la promessa d’amore, accadde la disgrazia: il mare da calmo mutò in tempesta, il cielo si oscurò e nuvole cariche di pioggia nascosero il sole e il suo calore, forti venti iniziarono a soffiare sulla piccola cittadina, piegando e scuotendo gli alberi. Gli uomini, spaventati, abbandonarono le reti sulla spiaggia e corsero a rifugiarsi nelle case. Trasportate dal vento, le urla di terrore dei bambini quasi svanirono nel rombo assordante di fulmini e saette. Improvvisamente dal mare profondo emerse il cocchio divino. Era maestoso! Creato e costituito da acqua guizzante, si innalzava sul vasto oceano come un’onda su una scogliera. Grande molto più di una casa, emetteva la luce di un sole. Trainato da dieci maestosi cavalli, bianchi e dalle bardature dorate, veloce come il vento, raggiunse in breve i due amanti attoniti. Dall’interno della carrozza fuoriuscì un turbine d’acqua gelata che avvolse e fece sparire la ragazza. Infine, con enorme frastuono, il cocchio ripartì sparendo fra i flutti, lasciando sulla terra ferma il ragazzo nella più cupa disperazione. Nonostante il fato contrario, però, si mise alla ricerca dell’amata. Passarono giorni, mesi, anni, ma lui era instancabile e testardo, come solo l’amore vero sapeva essere.

Apollo, Dio del Sole, commosso da cotanto forte sentimento e tanta devozione, decise di aiutare il giovane e, avvoltolo in una sfera di luce, lo condusse nelle profondità dell’oceano. Convinse Poseidone a mettere alla prova i due giovani e la sincerità dei loro sentimenti. Egli richiamò la ragazza al suo cospetto e le pose innanzi delle preziose tele, imponendole di sceglierne una. Benché non ne capisse il motivo, la giovane le osservò tutte con attenzione, e alla fine ne scelse una. Nella tela prescelta vi era raffigurato un semplice scenario agreste, con una collina e un piccolo paese sullo sfondo. Non vi erano pietre preziose né fili d’oro ad adornarla, contrariamente alle altre, eppure le parve che brillasse. Fu allora che il castello d’acqua si sciolse in mille bolle e la ragazza si ritrovò sulla collina raffigurata nella tela. La voce del Dio Apollo, come un imperioso tuono, proruppe potente nell’aere immoto e le disse che gli abitanti del paese erano vittime d’incanto: il potente Dio delle acque, infatti, aveva tramutato tutti gli abitanti in fredda pietra. Se prima del tramonto del sole fosse riuscita a riconoscere l’amato fra gli oggetti impietriti, allora l’incanto sarebbe svanito e loro avrebbero riconquistato la libertà; in caso contrario sarebbe appartenuta per sempre al Dio Poseidone e l’amato avrebbe conquistato l’eternità diventando pietra immutabile.

Quando il Dio terminò di parlare, il tempo riprese a scorrere veloce. La ragazza corse a perdifiato fino al villaggio, perlustrò strade e vicoli nella speranza di riconoscere, nel caleidoscopio di grigia vita incantata, qualsiasi cosa la potesse ricongiungere al suo amore. Durante l’affannata corsa contro il tempo, inciampò su di una pietra e rovinò a terra. Alzò lo sguardo e vide davanti a sé un piccolo cuoricino di pietra rozza, così si mise a sedere, lo prese fra le mani e lo osservò: era scheggiato e privo di una metà. Lo avvicinò al viso e pianse, proprio mentre il carro solare ormai spariva oltre ai flutti, pensando a come quel cuore le ricordasse il dolore sprigionatosi dalla perdita del suo amore. Le calde lacrime scivolarono lungo la sua guancia e accarezzarono lentamente il piccolo cuoricino. In quel momento dal mare si udì un ruggito spaventoso. La terra tremò violentemente e si squarciò, le case crollarono su se stesse e vennero risucchiate all’interno della voragine creata dal terremoto, il sole esplose in un turbine di luce e mille palle infuocate si infransero lungo il crinale della collina. Nel tentativo di proteggersi, la ragazza si voltò di lato e si coprì gli occhi. La terra allora smise di tremare, le case e gli uomini di pietra scomparvero e il frastuono cessò. Aprì gli occhi e si ritrovò davanti il volto dell’amato. Alle loro spalle il mare ondeggiava lento e pacifico, il vento le accarezzava le vesti leggere, mentre in alto il sole abbracciava i due amanti ritrovati.

Il loro amore era riuscito a vincere la capricciosa volontà di un Dio.”

 

Appoggio la tazza del tè sul tavolino. Guardo mia nonna alzarsi e dirigersi verso la cucina. La seguo senza rendermene conto.

“E’ proprio una bella storia, sembra un sogno.”

“Tutte le storie d’amore sembrano sogni.”

“Lo sai?” le dico scostando una sedia dal tavolo, “ascoltandoti mi è proprio venuta voglia di innamorarmi davvero.”

La nonna non dice niente. Dà uno sguardo all’orologio e si lega un grembiule attorno alla vita.

“Resti a cena?” mi chiede armeggiando fra i fornelli. “Il nonno sarà felice di rivederti.”

“Solo se mi permetti di darti una mano!” le dico avvicinandomi e abbracciandola da dietro.

Sento la porta d’ingresso aprirsi e, poco dopo, il nonno borbottare qualcosa sulle nipoti irresponsabili che si dimenticano dei vecchi. Non posso vederli ma so che stanno sorridendo. E mentre lo penso capisco finalmente cosa voglio dalla vita: voglio vivere anche io un amore come il loro. Voglio anche io un amore “per sempre”, capace di affrontare le difficoltà e di uscire vittorioso. Voglio invecchiare rispecchiandomi negli stessi occhi che mi hanno visto giovane e bella. Voglio vivere un amore vero.

Romanticismo del XXI secolo? Forse potrebbe essere un azzardo, però mi è venuta voglia di scommettere ancora.

  
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