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Autore: Elepinkina    27/06/2005    1 recensioni
Ashley Davis é una ragazza di 16anni come tutte le altre solo che é un po' più maschiaccio e ama andare in giro con il suo gruppo di amici (tutti ragazzi ovvio!)... il suo migliore amico non é altro che Jeremy Sumpter ma devo premettere che la storia non gira su di lui...scoprirete tutto leggendo. Il personaggio di Ashley é ispirato ad Avril Lavigne come carattere e nel modo di fare e di vestire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Andiamo a casa insieme?» mi chiese Je appena suonata la campanella di fine lezioni. Pensavo che non me lo chiedesse più dato che magari era un po’ impegnato.
«Ok!!»
Appena fuori dal cancello della scuola, si mise un berretto in jeans da baseball in testa: era quello che gli avevo regalato io.
«E Rachel com’é?» gli chiesi. Ero un po’ curiosa perché nelle sue e-mail mi aveva scritto che gli piaceva un pochino.
«Rachel, beh, volevo dirtelo, non mi piace più.»
«No? Ma se nelle tue e-mail parlavi solo di lei!»
«Si ma se una ragazza non cede, un ragazzo si stufa a starle dietro e capisce che ce ne sono di meglio!!!»
«Beati voi raga che la pensate così!» osservai «Noi ragazze ci attacchiamo troppo al ragazzo che ci piace, facciamo fatica ad andare avanti facilmente»
Io e lui abitavamo vicini. Le nostre erano le poche case a schiera di Los Angeles e avevano il giardino davanti e dietro! Non era da tutti i giorni trovarsi case del genere. Le nostre mamme stavano parlando nel giardino della casa di Je, così noi decidemmo di andare a casa mia.
Jeremy si tolse il berretto e si passò una mano fra i capelli: «Che caldo fuori!» affermò.
«Mmmm...già!» dissi. Lui si sedette svogliatamente su una delle poltrone in salotto e io andai in cucina a prendere due aranciate. Ormai non gli chiedevo neanche più se aveva sete o cosa volesse da bere, prendevo e basta. Ci conoscevamo da così tanto tempo che casa mia era casa sua e casa sua era casa mia, solo fino a quando i genitori non c’erano se no sarebbe stato poco opportuno per le mamme trovare il figlio o la figlia dell’amica stravaccato su una delle sue poltrone.
«Grazie!» disse deglutendo tutto. Risi e lui mi ignorò: era talmente abituato alle mie continue risatine sul suo comportamento che ormai non faceva altro che far finta di non sentirle. «Che facciamo per festeggiare la nostra amicizia?»
«Ah, credi che tu mi sia mancato?» dissi con un tono di ironia nella voce.
«Ah, no? Beh, allora niente...» disse fintamente offeso buttando la schiena contro lo schienale della poltrona.
«No dai scherzavo!» risi. Ma siccome lui non mollava di fare quella farsa, gli saltai addosso e gli feci il solletico, proprio come quando eravamo piccoli.
«OK! OK!» finì per urlare «Mi arrendo!»
«Allora che facciamo?»
«Te l’ho proposto prima io!»
«Si ma dopo la discussione si era interrotta e l’ho riiniziata io!»
«Va bene...» disse pensieroso «Che ne dici se andiamo nel Bar di Joe, stasera dopo mangiato e ci facciamo portare due maxi gelati al cioccolato che fa solo lui?»
«WOW!!! Come i vecchi tempi! Che bello, non l’ho preso per tutta l’estate!»
«Io invece ci ho pensato per tutto il tempo solo che ero troppo lontano.»
ci fu un po’ di silenzio e poi tutti e due in coro: «PAGHI TU!» Ridemmo.

«Mamma, stasera posso uscire con Je? E’ tutta l’estate che non usciamo!» supplicai. Erano solo le quattro del pomeriggio e mia mamma si stava guardando il suo telefilm preferito alla televisione. Lei, aveva 35 anni (mi aveva avuto molto giovane), era una manager molto richiesta dalle star che vivevano a Los Angeles. Mio papà, invece, stava giocando al computer come un bambino: anche lui aveva 35 anni e anche lui faceva il manager ma era meno richiesto di mamma perché lui trattava solo con star dello spettacolo veramente famose o che piacevano a lui...
«Va bene» rispose semplicemente.
«Oh, thanks!» urlai «Allora pensavo di uscire oggi pomeriggio con lo skate e poi casomai se lui ha voglia andiamo a fare un po’ di surf.»
«Ok» rispose mio papà questa volta. «Non tornare tanto tardi stasera, comunque, perché domani c’é scuola. Io e mamma usciamo con altri amici e staremo via molto.»
«VERAMENTE?» urlai felice, poi cercai di contenere la mia contentezza e ripresi il tono normale: «Voglio dire, come mai?»
«Così, perché sono amici che non vediamo da tempo.» rispose mamma.
«E io come farò qui da sola impaurita a casa?» feci un po’ di scena.
«Per questo abbiamo chiesto a Jeremy di stare qua a farti compagnia» ero al settimo cielo, chissà cosa avremo potuto combinare, ma i miei sogni svanirono quando mia mamma aggiunse: «E siccome anche i suoi genitori vengono con noi, verranno qui anche Jennifer e Jessica.»
“Ok, che lo dica prima che mi ha preso una guardia personale per controllarmi!” pensai. Infatti, Jessica é la tipica ragazza che non sgarra una regola neanche per tutto l’oro al mondo e, se si trattava di mettere nei guai qualcuno, spifferava tutte le regole violate. Non che lo facesse apposta, credo che fosse un istinto di natura...
Comunque, alle quattro e mezza io e Jeremy eravamo già fuori. Lui con la sua tavola da surf in mano e io con lo skate ai piedi. Avevamo hobby diversi, ma lui mi aveva insegnato a fare surfing e io a lui ad andare sullo skateboard.
«Allora stasera c’é anche Jessy a casa mia, vero?» chiesi un po’ da distante perché con lo skate l’avevo superato. Lui mi raggiunse: «Sembrerebbe proprio di sì, purtroppo»
«Che sfiga!» affermai.
«Beh, ma per che ora devi essere a casa?»
«I miei hanno detto di non rientrare tardi.»
«Anche i miei. Quindi...»
«Quindi possiamo rimanere fuori quanto vogliamo!!!» saltai di gioia. Jeremy rise piano.
Andammo in spiaggia così Jeremy poté provare la sua nuova tavola da surf mentre io mi facevo largo in quell’ammasso di gente. Mi distesi sul mio asciugamano e stetti ad osservarlo. Poi mi buttai distesa e mi misi gli occhiali da sole. Pochi secondi dopo sentii delle ragazze muoversi verso la riva del mare tutte urlanti. Mi tirai su sui gomiti: le ragazze stavano impazzendo perché avevano riconosciuto Jeremy che ignaro di tutto stava ancora felicemente surfando. Pensai di intervenire: fischiai in modo che Jeremy potesse sentire che ero io e lui si voltò. Le ragazze sulla riva mi fissarono stupite e in un attimo mi furono tutte addosso. “Conosci Jeremy?” “Sei sua amica?” “Come ti chiami?” “A che scuola va Je?” ‘JE??!?!?’ come osavano chiamarlo così? Chi erano per chiamarlo con il suo nomignolo? Mi divincolai da quella massa e me ne andai un po’ arrabbiata. Un ragazzo diventa famoso e tutti possono chiamarlo come vogliono?? Nemmeno a quelli che conosceva lasciavo chiamarlo così, io avevo il diritto di chiamarlo così, nessun altro. Io e lui eravamo amici dall’asilo e loro lo trattano come se lo conoscessero meglio. Si e no avranno visto una sua foto quando aveva 5-6 anni mentre io a casa ho un album mio e suo personale con tutte le nostre foto!
Con lo skate ero riuscita a seminare tutte quelle ragazze. Mi tolsi gli occhiali.
«Meno male avevi quelli addosso se no ti avrebbero riconosciuta dappertutto!» disse Je alle mie spalle.
«Cavolo che colpo ho preso!» dissi facendo finta di svenire. Aveva fatto a tempo a cambiarsi il costume ma i capelli erano ancora tutti bagnati che bagnavano a loro volta la maglietta.
«Va là, stupida! Ti devo anche ringraziare»
«Xké?»
«Xké non me ne sarei mai accorto di quelle ragazze e avrebbero potuto arrivare presto dei giornalisti.»
«Per una cosa così mi ringrazi! Ormai, ti salverei anche da un drago.»
«Quello di solito lo fanno i ragazzi fingendosi principi azzurri.» mi fece notare.
«E beh? Non hai mai sentito parlare della ragazza che combatteva tutti anche se era una principessa?» chiesi come una bambina sognante. Lui rise: «Fantaghirò!» Ci fu un po’ di silenzio. Io abbassai lo sguardo osservando il vuoto mentre camminavamo.
«Ash, che c’é?» mi chiese ad un certo punto.
«Niente» dissi cercando di fargli un sorriso ma lui mi conosceva troppo bene così ammisi: «Stavo pensando che non sarà più lo stesso adesso che tu sei famoso.»
«Perché? Insomma, tranne per i turisti le altre ragazze mi conoscono tutte almeno dal college!»
«Si, ma non é bello comunque. Mi da fastidio che la gente creda di conoscere uno solo perché ha un suo cd o un suo dvd e vanno diecimila volte in internet a trovare foto. Così tutti hanno il permesso di chiamarti come vogliono!»
Mi spettinò amichevolmente i capelli e mi sussurrò all’orecchio: «Questa si chiama gelosia» Sorrisi e lo allontanai con la mano.
«Comunque» continuò «che ne dici se andiamo adesso da Joe?»
«OK!» saltai sullo skate e corsi nella direzione del bar. Jeremy correva dietro, la tavola l’aveva lasciata nella sua cabina personale nella spiaggia.
  
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