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Autore: BeautifulMessInside    24/12/2009    4 recensioni
"Eden Spencer rapinava banche. E non solo. O almeno è quello che faceva prima di essere presa. Oggi collabora con l'FBI. Ma c'è stato un tempo in cui Eden era solo una ragazzina di buona famiglia, figlia di una ricca imprenditrice dell'Upper West Side di Manhattan... Poi un giorno si era innamorata. Della persona sbagliata. Che era anche la persona giusta." Per tutti gli altri Eden è morta quel giorno. Oggi, quasi cinque anni dopo, è costretta a tornare allo scoperto per aiutare l'FBI ad arrestare quelli che una volta erano i suoi amici. Tra verità, bugie e segreti nascosti... In un continuo conflitto tra amore ed odio... Al confine tra la redenzione e la dannazione... Eden scoprirà che non è così semplice spezzare un patto stretto col proprio diavolo personale. - trama, wallpaper e spiegazioni nel capitolo -
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo17

CAPITOLO 17


LA BEFFA, L'ASSISSINO e LA BAMBINA”



Is it ever gonna not be so hard

to see you around?

Am I really really really really gonna have

to really gonna have to

really have to leave town again?”

Joe Tex, These Taming Blues – Phosphorescent





Eden conosceva quello sguardo.


Nero. Deciso. Terrorizzante.


Non lo aveva mai rivolto a lei prima d'ora.



D'istinto indietreggiò di un passo.



Come hai fatto a trovarmi?”



L'angolo della sua bocca si sollevò in una specie di ghigno


Devo dire che non è stata una grande idea comprare il biglietto d'aereo con la tua carta di credito...”


Davis sorpassò la soglia con un solo passo


...Mi sono bastati cinque minuti per trovare qualcuno che ti seguisse dall'aeroporto a qui.”


Il suo tono gelido e tagliente.


Eden, se avesse potuto, avrebbe chiuso gli occhi ed imprecato.


Stupida.


Non mosse un muscolo, immobile in piedi di fronte a lui, cercando di essere un ostacolo impossibile da aggirare.


I suoi occhi si mossero istintivamente verso la porta di Sophia.


In meno di un secondo realizzò cosa sarebbe potuto succedere.


Doveva farlo uscire di lì. Immediatamente.


Eden strinse i pugni sforzandosi di guardarlo negli occhi


Vattene.”


Ordinò.


Lui scosse la testa, col ritmo di una minaccia silenziosa.


Cosa vuoi fare?”


Il suo fu quasi un sussurro, sapeva già che nulla di buono sarebbe successo.


Davis avanzò di prepotenza senza che lei potesse fermarlo.


La sua mole la costrinse ad indietreggiare ancora. Pericolosamente.


Lui si sbatté la porta dietro.


I suoi occhi si fecero due fessure


Hai mentito, tutto il tempo.”


Suonava come una mera introduzione, la prima di una lunga serie di colpe da scontare.


Eden rimase immobile, non poteva permettergli di avvicinarsi troppo.


Volevi vendermi alla polizia.”


Stavolta le parole di Davis furono piene di sdegno.


Le sue mani fremevano ed era come se si stesse sforzando terribilmente per tradurre in parole ciò che avrebbe ben più volentieri spiegato in gesti.


Eden si permise di scuotere appena la testa.


Non l'ho fatto.”


Bisbigliò.


Più lui tremava più lei sentiva crescere la paura.


Non aveva mai avuto timore di lui prima.


Era una sensazione del tutto nuova, difficile da gestire.


Gli occhi di Davis divennero neri di rabbia davanti a quel patetico tentativo di difesa.


Fa lo stesso.”


Sentenziò.


Sembrava un leone affamato sul punto di attaccare la preda.


Tutto quello che hai fatto... Tutto quello che hai detto...”


Davis accorciò la distanza tra loro


...Era una bugia.”


Eden scosse di nuovo la testa, stavolta con decisione


No, non è vero.”


Cinque anni di bugie.”


Non ho avuto scelta.”


Non ti credo!”


Davis alzò la voce per primo.


L'idea che per tutto quel tempo lei avesse finto gli aveva annebbiato il cervello.


Lui credeva fosse morta.


Lei collaborava tranquillamente con la polizia.


All'alzarsi dei toni Eden sentì il suo corpo riempirsi di adrenalina.


Doveva reagire. Sollevò il viso e contrasse la mandibola.


Bene.”


Respirò.


Se è la verità che vuoi, te la dirò.”


Davis non tentennò nemmeno per un istante.


Era un'ombra su di lei, pronto ad attaccare.


Eden fece appello al suo coraggio, doveva pur averne ancora un po' nascosto da qualche parte.


Volevo vederti finire in galera, è vero. Volevo che pagassi per tutto quello che mi hai fatto.”


Lui aggrottò le sopracciglia


Tutto quello che ti ho fatto?”


Fece un piccolo passo in avanti, Eden lo sentì incombere su di lei e non poté non indietreggiare ancora.


La sua voce iniziò a tremare di una paura appena percettibile


Ho perso ogni cosa per te. Sono quasi morta per colpa tua.”


Lui alzò le mani.


Eden ebbe l'istinto di ripararsi.


Davis strinse i pugni davanti al suo viso.


Tu non sei morta.”


Scandì le parole ad una ad una con decisione.


Voleva che lei se ne rendesse conto.


Che riconoscesse di essere viva.


Il pensiero di aver pianto la sua morte, l'eco di quelle sensazioni insopportabili, lo facevano sentire un idiota.


Nella sua testa non faceva che risuonare la risata di Eden.


Immaginava di sentirla ridere.


Di gusto. Di cuore. Di lui.



...Non ancora almeno.”


Aggiunse mentre quel suono acuto gli riempiva la testa.


Eden si fece seria di colpo.


Non poteva permettersi di indietreggiare ancora, il muro era già troppo vicino.


E così anche Davis.


Rimase dov'era


Vuoi uccidermi forse?”


Chiese, ostentando una spavalderia che non le apparteneva.


Lui le rivolse gli occhi, era così vicino che Eden poteva sentire il suo respiro.


Sapeva di single malt e sigarette.


Di certo non era stato un viaggio tranquillo il suo.


Ancora non disse nulla.


Certo. Perché è questo quello che fai. Tu ammazzi la gente.”


Incalzò lei.


Davis aveva ancora i pugni stretti, ma il suo sguardo aveva tentennato per un solo attimo di troppo.


Eden si sforzò di approfittarne.


Se sperava di disarmarlo, doveva colpire il suo punto debole.


Fortunatamente, sapeva benissimo quale fosse.


Se tua madre potesse vederti si rivolterebbe nella tomba.”


Riuscì a sputare in un solo respiro.


E si rese immediatamente conto di aver osato troppo.


Non ottenne la fuga, bensì l'attacco.


Eden sentì un dolore improvviso colpirle il viso, qualcosa che tentava chiaramente di spaccarle le ossa.


Non ebbe nemmeno il tempo di sentire il suo tocco sulla pelle.


Avvertì solamente il colpo che la spinse pesantemente contro la parete.


La stampa di Klimt cadde a terra.


Il vetro in mille pezzi.


La guancia iniziò a bruciarle immediatamente mentre la bocca si riempiva del sapore metallico del sangue.


Doveva venire dal suo labbro.


Rialzò gli occhi senza seguire l'esigenza di coprirsi il viso con le mani.


Davis teneva ancora il braccio a mezz'aria. Gli occhi sgranati per la collera e la consapevolezza di quello che aveva appena fatto.


Mai prima aveva desiderato di farle del male.


Mai quanto in quel momento.


Perdere il controllo era una sensazione che non sopportava, perché una volta dentro quella spirale, non riusciva più ad uscirne.


Eden percepiva il dolore, ma quasi non lo sentiva.


Quello di Davis era stato un affronto, una violazione... Eppure non riusciva ad odiarlo di più, come se quel pugno l'avesse meritato davvero.


Il senso di colpa iniziò ad urlarle nella testa.


Mischiato non più alla paura, bensì ad uno stato di estrema necessità.


Un bisogno che non era capace di identificare.


Lui si mosse di nuovo verso di lei.


Un brivido le corse lungo la schiena mentre Davis alzava di nuovo le mani.


Stavolta se lo aspettava, stavolta avrebbe sentito ogni più minima scheggia di quel dolore.


Avrebbe voluto essere ancora abbastanza forte da guardarlo negli occhi, ma non riuscì a trattenere lo sguardo.


Frenò invece il respiro.


Ma nessuno schiaffo le ferì il viso.


Contro ogni aspettativa, avvertì le dita di Davis toccarle il collo.


Erano calde, tanto da avvertire il loro calore nella gola.


Cosa voleva fare? Strangolarla forse?


Lui strinse la presa, abbastanza da farle avvertire un fastidio pungente fin nella trachea.


Eden poggiò le mani sui suoi polsi facendo forza.


Non gli avrebbe certo permesso di ucciderla.


Eppure quella presa non divenne mai più decisa, né più dolorosa.


Lei risollevò gli occhi.


Davis continuava a tenerla stretta contro la parete.


Senza parlare. Come se fosse immobilizzato da qualcosa, da qualche nuovo insano pensiero.


Eden cercò di leggere nelle sue iridi mentre rilasciava la presa intorno ai suoi polsi.


Qualsiasi pensiero fosse, era chiaro che non sarebbe riuscito a farle del male.


Non davvero.


Davis ingoiò un po' della sua confusione.


Si riempì i polmoni d'aria come se stesse finalmente per dire qualcosa.


Eden chiuse gli occhi ringraziando il cielo per un istante. Non sopportava più quel silenzio.



Mamma?”



Quella voce sottile ruppe la quiete con il fragore di un'esplosione.


Eden spalancò gli occhi.


Non era stato Davis a parlare.


Lui era ancora fermo lì, rimasto con le parole tra i denti.


Il suo viso si distorse in una smorfia di incertezza ed incredulità mentre trovava il coraggio di voltarsi.


Eden si sentì il cuore in gola.


Stava succedendo. Stava per succedere. Non poteva succedere.


Afferrò di nuovo il braccio di Davis con decisione, sperando che la liberasse. Lui, in tutta risposta, strinse la presa.


Gli occhi di Davis seguirono piano la parete fino in basso, fino a cogliere la piccola sagoma in pigiama che lo guardava storto.


Chiuse gli occhi.


Si trattava di un'allucinazione o qualcosa del genere.


Visto che stava impazzendo, non doveva certo sorprendersi troppo.


Quando li riaprì la bambina era ancora lì ed i suoi grandi occhi scuri lo fissavano con disappunto e curiosità.


Grandi occhi scuri. Proprio come quelli di...


Davis si girò di nuovo verso Eden.


Aveva il terrore dipinto in volto.


Spaventata come non l'aveva mai vista.


Lentamente smise di stringere ed allontanò le mani da lei.


Perché non poteva fare nient'altro.


Eden si pulì di fretta il viso, non voleva che Sophia la vedesse sanguinare.


Nonostante fosse terrorizzata, riuscì a sfoggiare un sorriso.


Amore, ti sei svegliata?”


La voce le tremava, la gola le prudeva e le gambe sembravano non reggere più il suo peso.


Sophia camminò a piedi nudi fino a loro.


Di nuovo i suoi grandi occhi si poggiarono su Davis.


Nel candore della sua tenera età non poteva nemmeno immaginare cosa stesse succedendo.


Era solo curiosa di sapere chi fosse quell'uomo.


Non capitava spesso che qualcuno venisse a trovarle.


Non capitava mai, in effetti.


Chi sei tu?”


Domandò con la sua vocina acuta.


Davis non riusciva a non fissarla come se fosse un mostro o un alieno.


Al suono della parola “mamma” le sue sinapsi avevano smesso di attivarsi.


Era completamente, totalmente perso.


Tutto ciò che riuscì a fare fu guardare di nuovo Eden, come se paradossalmente, cercasse il suo aiuto.


Eden ricambiò il suo sguardo per un attimo soltanto, poi si allontanò da lui e raggiunse Sophia.


Con lo stesso sorriso falso si inginocchiò alla sua altezza.


Lui è Davis. Un amico della mamma.”


Si sforzò di mentire.


Anche se i suoi castelli stavano crollando, neanche un granello di sabbia avrebbe turbato la serenità di sua figlia.


Sophia aggrottò le sue sopracciglia sottili.


Non l'ho mai visto.”


Obiettò.


Eden si sforzò di annuire.


Lo so. Vedi...”


Annaspò col fiato corto


...Io e Davis non ci siamo visti per tanto tempo.”


Avrebbe voluto spiegarsi meglio, ma nulla più le uscì dalle labbra.


Fortunatamente quelle poche parole tremolanti sembrarono bastare.


Sophia si mosse al di là di sua madre.


Di nuovo puntò lo sguardo su Davis.


Sei un poliziotto?”


Davis corrugò la fronte, ma la sua domanda era più che giustificabile.


Le poche persone che conosceva come amici di sua madre erano sempre e solo poliziotti.


Senza contare che l'unico uomo che avesse mai frequentato quella casa era Dair. Un poliziotto per l'appunto.


Se quella domanda fosse venuta da qualsiasi altra persona, molto probabilmente Davis avrebbe riso. O forse sarebbe addirittura rabbrividito.


Ma davanti a lei non riusciva nemmeno a pensare.


Nei suoi occhioni brillanti non c'era alcuna paura.


Né colpa. Né cattiveria.


Quegli occhi erano limpidi.


Per Davis quella purezza era una cosa del tutto nuova.


Difficile da guardare.


Non aveva mai visto nulla di simile.


No.”


Riuscì infine a rispondere in una specie di sussurro.


Eden intervenne prima che la conversazione potesse continuare.


Riuscì a trascinare la bambina un po' più in là.


E' ancora presto Sophia...”


Di nuovo si inginocchiò di fronte a lei


...Dovresti tornare a letto.”


La piccola protrasse appena le labbra


Non partiamo più?”


Chiese a metà tra sollievo e dispiacere.


Eden trattenne un brivido, sperando che Davis non avesse sentito.


Te l'ho detto, è ancora presto.”


Accarezzò delicatamente i suoi capelli


Torna a letto ora. Io arrivo subito...”


Spegnendo il sorriso si voltò all'indietro. Davis fissava la scena immobile.


...Appena Davis va via. Ok?”


Eden lanciò un messaggio subliminale.


Gli chiedeva disperatamente di andarsene.


Non aveva abbastanza forza da inventare nuove bugie.


Sophia annuì stropicciandosi gli occhi.


Era ancora curiosa, ma non riusciva a nascondere il sonno.


Di nuovo rivolse a Davis il suo sguardo.


Sollevò una manina per salutarlo.


Ciao.”


Disse.


Lui osservò quel semplice gesto.


Ogni piccolo tratto di quella bambina sembrava avere qualcosa di familiare.


Era come guardare una Eden in miniatura.


Con qualcosa in più, qualcosa che non riusciva ad identificare.


Davis rispose al saluto con un gesto della mano.


La seguì con gli occhi mentre sgambettava fino alla sua stanza.


Eden le andò dietro chiudendo immediatamente la porta.


Rimase a fissare il legno per una lunga manciata di secondi.


Non c'era nessuna via d'uscita.


Stavolta non aveva storie da inventare, né porte sul retro da cui fuggire.


Il suo incubo si stava materializzando, ma era meno spaventoso di quanto immaginasse.


Doveva ammetterlo a sé stessa. Per quanto avesse sperato di mantenere quel segreto a vita, milioni di volte si era scoperta ad immaginare quel momento.


E' tua figlia.


Dirlo nella sua testa sembrava così semplice.


Eccola. Di nuovo la morsa al cuore.


Respirò più a fondo che poteva.


Trovò il coraggio di voltarsi.


Si aspettava di vederlo ancora immobile, scioccato, incredulo.


E invece si trovò addosso il suo sguardo torvo.


Forse più astioso di prima.


Per un attimo non riuscì a capire.


Hai una figlia?”


Domandò lui con la voce nuovamente piena di sdegno.


Eden si mosse girandogli intorno.


Gli occhi di Davis le rimasero incollati addosso.


Annuì e basta, cercando di capire come comportarsi.


Lui sfoggiò una strana smorfia


Incredibile.”


Disse, di nuovo con quel tono.


Prese a muoversi verso di lei.


Era di nuovo il Davis furioso che aveva bussato alla sua porta.


Quindi non solo collabori con la polizia...”


Di nuovo gesticolava nervosamente


...Ma mentre noi piangevamo la tua morte hai anche trovato il tempo di mettere su famiglia.”


Adesso la sua voce era un mix di disprezzo, ironia e rabbia.


Eden chiuse gli occhi per un istante.


Non aveva capito.


Davis non aveva capito niente.


E benché dovesse essere un sollievo, si sentì inaspettatamente delusa.


Lui la fissava attendendo una risposta decente.


Lei non disse nulla.


Più provava ad inventare qualche storia, più si rendeva conto di non averne la forza.


Gli avrebbe lasciato credere quello che voleva.


Probabilmente era meglio di qualsiasi verità.


Davis si avvicinò ancora.


Non era certo il tipo di persona che può accontentarsi di qualche supposizione.


E con chi?”


Iniziò


Con chi è che te la fai? Con uno dell'FBI?”


Mano a mano che i suoi pensieri diventavano voce, la collera cresceva.


Ad ogni passo verso di lei Davis buttava benzina sul suo stesso fuoco.


Dimmelo.”


Ordinò ormai ad un passo da Eden.


Dimmelo!”


Urlò.


Lei scosse la testa.


Teneva la mandibola serrata, presa dal terrore che se avesse aperto bocca, la verità ne sarebbe venuta fuori senza alcun controllo.


Davis non riusciva a resistere.


L'immagine di Eden insieme ad un altro si era già fatta nitida nella sua mente.


Ed era insopportabile.


Non poteva visualizzare il suo viso, ma doveva a tutti i costi sapere il suo nome.


L'avrebbe ucciso.


Appena se lo fosse trovato davanti l'avrebbe ucciso.


Afferrò Eden per le spalle sbattendola di nuovo al muro.


Lei avvertì il colpo contro la spina dorsale.


Sopportò in silenzio anche quel dolore.


Le dita di Davis che ora la stringevano con un'insolita violenza facevano molto più male.


Tu sei mia moglie.”


Precisò sottolineando con la voce l'aggettivo possessivo.


Stressandolo. Straziandolo quasi.


Lei era sua.


L'idea che qualcun altro l'avesse sfiorata, che addirittura condividesse con lei un figlio...


Quell'uomo meritava di morire.


Di nuovo fece forza spingendola contro la parete.


Chi è il padre?!”


Era totalmente fuori controllo.


Chi è?!”


Eden si lasciò scuotere al ritmo del suo rancore, sentendo ogni volta il muro collidere con le sue ossa.


Sarebbe bastato dire un nome.


Uno qualsiasi.


Dì un nome.


Dì un nome.


Dì un nome.


Dì un nome.


Quella voce si ripeteva nella sua testa senza scampo.


Continuamente strattonata non riusciva a pensare.



Tu!”


Gli urlò in faccia, senza nemmeno rendersene conto.


Desiderava solo che quel dolore finisse.


Sei tu.”


Ripeté, con la voce già ammorbidita dal pianto.


Gli occhi si riempirono di lacrime in un momento.


Il loro calore le rigò il viso.


Il sapore salino si mischiò a quello del sangue.


Come se avesse abbattuto una diga, un fiume di sconforto e di sollievo la travolse.


Iniziò a singhiozzare senza più contegno né timore.


Davis smise di agitarsi.


Rilasciò la presa attorno alle sue spalle.


Il suo viso era un lenzuolo bianco spoglio di qualsiasi espressione.


Abbassò lo sguardo fissando un punto immaginario.


Cercava un senso. Una logica. Senza riuscire a trovarne.


Nessun pensiero.


Eden piangeva disperata di fronte a lui, ma era come se non ci fosse.


Era solo adesso, solo con l'eco delle sue parole.


Tu.


Sei tu.


Iniziò a scuotere nervosamente il capo.


No. E' impossibile.”


Disse a sé stesso.


Continuava a pensare al viso di quella bambina.


Ai tratti così familiari.


Al suo passato.


E' impossibile.”


Ribadì tornando a guardare Eden, sforzandosi di metterla a fuoco.


Tremava addosso alla parete.


Gli occhi già rossi per il pianto.


Le braccia giù lungo i fianchi, inerme.


Senza alcuna intenzione di difendersi.


Senza più alcun bisogno di farlo.


Una consapevolezza che non si aspettava lo fulminò.


E se fosse la verità?



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NEW YORK


4 ANNI e 13 MESI PRIMA



Chiusa nel bagno del motel Eden continuava a fissare lo specchio.


Non vedeva l'immagine riflessa. Tutta la sua attenzione era rivolta alle macchie di vapore che si formavano lì dove il suo respiro incontrava il freddo dello specchio.


Comparivano e sparivano.


Sparivano e ricomparivano.


Allo stesso ritmo dei suoi respiri affannosi.


Sarebbe rimasta a fissarle per sempre.


Tutto pur di non abbassare lo sguardo.


Tre minuti.


Bastano solo tre minuti per sapere se tutta la tua vita cambierà.


Erano passati da un pezzo, ma ancora non aveva il coraggio di guardare.


Troppo presto. Troppo inaspettato.


Davis non ne sarebbe stato affatto contento.


E probabilmente nemmeno lei.


Muovendo gli occhi incrociò il suo stesso sguardo.


Avanti.


Incitò sé stessa.


Avanti.


Cercando di fare il più in fretta possibile sollevò lo stick bianco dal lavandino.


Trattenne il fiato e se lo portò davanti agli occhi.


Rimase a fissarlo per quella che sembrò un'eternità.


Due linee.


Due piccole linee blu.


Espirò lentamente.


Sollevò piano le sopracciglia.


Ecco. Tre minuti sono bastati.


Tutto è cambiato.


Di nuovo guardò nello specchio.


Si portò la mano libera al viso.


Provò a sistemare i capelli.


Finì a fissare sé stessa come se non si fosse mai vista prima.


Sono incinta.


Riuscì a pensare, ma quell'idea sfumò più veloce di qualsiasi altra.


Trattenne una smorfia nell'incertezza tra il pianto ed il sorriso.


E adesso?



Eden?”


La voce arrivò seguita immediatamente da tre colpi leggeri contro la porta.


Tutto bene?”


Quanto tempo era passato da che si era chiusa in bagno?


Pochi minuti? Qualche ora?


Non avrebbe saputo dirlo.


La preoccupazione di Davis era lecita.


Ma la sua voce la gettò nel panico.


Sì...sì.”


Balbettò incerta mentre cercava di capire cosa doveva fare.


Adesso esco!”


Seguì l'istinto di infilare il test nella borsa, insieme alla scatola e a tutto il resto.


Respirò a pieni polmoni e girò la maniglia.


Davis l'attendeva appoggiato allo stipite della porta.


Stai bene?”


Forse la sua faccia diceva il contrario, ma Eden si sforzò di annuire.


Lui allungò una mano e scostò una coccia dei suoi capelli.


La vedeva più pallida del solito.


Iniziava a preoccuparsi sul serio.


Sicura?”


Eden sentiva le labbra come incollate.


Di nuovo fece cenno di sì con la testa.


Davis le accarezzò il viso.


Ti ho sentita vomitare anche stamattina. Forse dovrei portarti da un dottore.”


Ci aveva pensato già da sola.


Sì sì, certe cose una donna le capisce subito!”


Ancora aveva in testa la voce squillante della farmacista e tutto il suo fastidioso entusiasmo mentre le comunicava che sarebbero bastati 19 dollari e 99 per conoscere il suo futuro.


A pensarci quasi le tornava la nausea.


No. Sto bene.”


Stavolta si affrettò a rispondere, condendo il tutto con un sorriso incerto.


E poi abbiamo cose più importanti a cui pensare adesso, no?”


Davis si fece serio.


E' vero. Dovevano restare concentrati.


Stavano organizzando un colpo grosso. Uno scambio impegnativo, seppur conveniente.


Tony Jenkins li aveva contattati per quell'operazione.


Loro dovevano solo rubare un carico di merci per conto suo.


Lui li avrebbe ripagati più che generosamente.


Nulla è più importante di te.”


Eden si sforzò di sorridere mentre un magone le saliva in gola.


Davis non era troppo solito ad esprimere i suoi sentimenti.


Doveva essere davvero preoccupato.


Assecondò l'impulso naturale di abbracciarlo.


Stringendolo forte si rese conto che non poteva assolutamente dirgli la verità.


Non adesso.


Avrebbe significato scombinare tutti i suoi piani.


In quei momenti, respirando il suo profumo, Eden decise che avrebbe aspettato. Almeno fin dopo quel colpo.


Se tutto fosse andato come doveva, avrebbero potuto prendersi del tempo. Decidere con calma.


Forse avrebbero potuto anche smettere.


Cambiare vita.


Sentendosi stretta tra le braccia di Davis, Eden si sentì finalmente meglio.


L'unico posto dove riusciva a sentirsi al sicuro.


Non poteva ancora sapere che in realtà Tony Jenkins era una talpa della polizia.


Né che di lì ad una settimana la sua vita, così come la conosceva, sarebbe finita.



-----------




Eden non si era ancora mossa.


Le sue lacrime era finite da un po'.


Così come le sue parole.


Quella stanza era come immersa nel nulla.


Il tempo sembrava non scorrere più, nonostante il sole avesse iniziato a brillare tra le tapparelle.


Ognuno di loro immerso nel proprio mondo.


Davis aveva barcollato fino ad divano e lì si era seduto.


Con la testa tra le mani.


Eden non sapeva cosa fare. Non aveva idea di cosa stesse pensando.


Mosse i suoi primi passi incerti verso di lui.


Rimase a guardarlo in silenzio.


Poteva seguire il ritmo dei suoi respiri mentre la sua schiena si muoveva lentamente.


Erano respiri lenti, segno che la collera era passata.


Sentendo la sua ombra addosso anche Davis si decise a muoversi.


Sollevò la testa incontrando il viso di Eden.


Lei non aveva mai visto quell'espressione.


Diversa da quella che si aspettava.


Niente disprezzo. Niente odio.


La desolazione nei suoi occhi era sconcertante.


Eden sospirò.



Ecco l'uomo che aveva ridotto in pezzi.



Con tutte le sue bugie e i suoi segreti era riuscita nell'intento.


Ma non provava alcuna soddisfazione.


Sentiva solo ribrezzo per sé stessa.


Non resse quello sguardo un secondo di più. Si mosse a lunghi passi verso il tavolino dall'altra parte della stanza.


Muovendosi nervosamente cercò un po' di conforto nella sua borsa.


Tirò fuori il pacchetto, infilò nervosamente una sigaretta tra le la labbra ancora doloranti.


Accese e respirò in fretta, forse troppo.


Al posto del gusto del tabacco avvertì sapore acre di bruciato.


Rimase di spalle alla ricerca disperata di qualcosa da dire.


Un semplice “mi dispiace” sembrava davvero troppo poco.


Sentì dei passi dietro di lei e si pietrificò.


Se avesse parlato prima lui, era già certa che non avrebbe saputo cosa rispondergli.


Chiuse gli occhi.


Avrebbe accettato di buon grado qualsiasi insulto.



Ne hai una per me?”



Eden riaprì gli occhi.


Di nuovo, per lei, quella stanza scivolò in un vuoto temporale.



La prima cosa che lui le aveva detto.


Le esatte parole. Di nuovo.


Quanto avrebbe voluto poter davvero tornare a quel momento.


Ricominciare tutto da capo.


Fare ogni cosa in maniera diversa.


Non poteva.


Tutto ciò che le restava da fare era voltarsi.



Tirò fuori dal pacchetto un'altra bionda e gliela porse.


Lui la afferrò senza ringraziare.


La strinse tra le labbra sottili.


Sputò fuori una nuvola di denso fumo biancastro.


Ancora un altro tiro.


E' bellissima.”


Disse senza guardarla. Quasi un sussurro.


Eden, dal canto suo, continuò a fissare quei gesti lenti.


Già.”


Rispose.


Con la nicotina in corpo riuscì a rilassarsi un po'.


O forse non era merito della nicotina.


Si era appena tolta dal petto un macigno enorme.


E benché fosse tutto ancora incerto e difficile, era come se i pezzi del suo grande puzzle fossero finalmente al posto giusto.


Per il tempo di quella sigaretta si concesse di crederlo.


Davis infine la guardò.


Di nuovo quello sguardo spaesato.


Non era tristezza, notò lei.


Era lo sguardo della resa. Del rimpianto, forse.


Raccontami tutto.”



---------------



NEW YORK



Il capitano entrò nell'auto avvolto in un lungo impermeabile beige.


Dair smise di tamburellare contro il sedile.


Non aveva chiuso occhio.


E' tutto pronto tenente?”


L'importanza della conversazione imponeva la serietà.


Dair si schiarì la voce.


Sì.”


Rispose prontamente anche se non era troppo convinto.


Quella non era un'operazione come tutte le altre.


Ogni cosa doveva funzionare perfettamente.


Stretto in una divisa a cui non era abituato, Dair si tirò su.


Gli agenti sono già nell'edificio. Abbiamo guardie ad ogni uscita e cecchini pronti ad agire se mai le cose dovessero complicarsi.”


Il capitano annuì facendo risplendere l'argento dei suoi capelli contro i raggi del sole.


Cielo limpido e temperatura mite.


Una giornata perfetta per arrestare qualcuno.


Allora non mi resta che augurarti buona fortuna tenente.”


Sorrise appena.


Dair inspirò profondamente.


La sua ricetrasmittente si mise a gracchiare proprio in quel momento.


Sì?”


La voce metallica riempì l'abitacolo.


E' arrivato anche il notaio signore. Siamo pronti a muoverci.”


Dair spinse il tasto grigio con decisione.


Bene. Sto arrivando.”


Mise via la trasmittente e controllò di avere tutte le armi a posto.


Era solo un modo come un altro per darsi sicurezza.


Capitano.”


Nascondendo ogni timore rivolse il suo saluto al superiore e scese dall'auto.


Attraversando un vicolo deserto entrò nell'edificio passando dal retro.


Un anonimo palazzo nel Queens.


Di certo più sicuro del City Hall.


Come sempre Davis Miller non lasciava nulla al caso.


McPhee l'attendeva in piedi nella piccola stanza improvvisata quartier generale.


Le braccia incrociate sul petto.


Ancora nessun segno di Miller.”


Tenne a precisare.


Dair guardò l'orologio.


10:10


Solo dieci minuti di ritardo.


Verrà.”


Ribatté sfilandogli davanti dritto versi i monitor.


Su ogni schermo si leggeva chiara l'agitazione degli agenti.


Deve venire.


Pensò, lasciando che la sua mente andasse ad Eden.


Non riusciva ancora a capire perché fosse fuggita in quel modo.


Era troppo difficile per lei?


Non era forse quello che voleva?


Altri dieci minuti trascorsero nella più silenziosa concentrazione.


McPhee sbuffò alle spalle di Dair.


Non osava sperare che qualcosa andasse storto.


Sarebbe stato un bene per lui, ma di certo un grosso problema per tutta la sezione.


Fortunatamente nascondeva un asso nella manica.


Sullo schermo in basso a destra finalmente si mosse qualcosa.


Un taxi frenò dolcemente davanti al palazzo.


Dair sentì la tensione colpirlo in pieno stomaco.


Spinse un tasto per poter parlare con i suoi uomini.


State pronti.”


McPhee lo raggiunse scrutando lo schermo con la sua stessa espressione.


Ansia, anticipazione, allerta.


Dall'auto venne fuori una figura vestita di scuro, difficile da definire a quella distanza.


A passi veloci raggiunse l'entrata dell'edificio.


E' venuto da solo.


Dair premette di nuovo il piccolo bottone bianco.


Lasciate che arrivi alla stanza.”


Vide i suoi agenti trattenere a stento i muscoli.


Dovevano avere l'adrenalina alle stelle.


Dair seguì la sagoma mentre si muoveva sicura tra i corridoi.


Il viso tenuto basso. Una busta tra le mani.


Era lui.


Doveva essere lui.


Andiamo.”


Lo invitò McPhee.


Dair annuì stringendo istintivamente il calcio della pistola d'ordinanza.


Il lavoro grosso toccava a loro.


Si incamminarono fianco a fianco senza più dire nulla.


I loro passi risuonavano cupi alternandosi nel silenzio del corridoio.


Ognuno con i suoi pensieri privati.


Raggiunsero la squadra al piano.


Pochi sguardi bastarono per capirsi.


Il criminale tanto atteso era entrato nella stanza col notaio e l'avvocato.


Non aveva più vie di fuga.


Dair contrasse i muscoli un'ultima volta.


Era giunto al punto d'arrivo.


Solo una porta di legno scadente tra lui ed il suo futuro.


McPhee lo guardò stringendo la pistola tra le mani.


Iniziò a contare muovendo solamente le labbra.


Uno...


Due...


Tre!


Dair si aprì l'accesso con un calcio deciso.


Puntò la pistola dritto davanti a lui.


Fermi tutti, FBI!”


Urlò mentre gli altri lo seguivano a ruota raggiungendo di fretta ogni angolo della stanza.


I tre uomini, del tutto colti di sorpresa, sgranarono gli occhi.


Uno dei tre, in completo principe di galles, balzò sulla sedia.


Dair scrutò immediatamente i loro volti.


Una volta.


Due volte.


Un'ondata di incredulità lo attraversò da capo a piedi.


Sentì la mandibola contrarsi.


Strinse più forte la pistola.


Non c'era.


Davis Miller non era lì.


Dair avrebbe potuto giurare di riuscire a vedere il suo mondo che crollava in pezzi.


Ch...Che...Che succede?”


Uno dei tre riuscì ad argomentare una domanda.


Teneva le mani goffamente alzate.


Il suo viso, segnato dalle rughe, era visibilmente sconvolto.


Come c'era da aspettarsi, McPhee non andò per il sottile.


Afferrato l'uomo di mezz'età per la cravatta, sfoderò il suo tono minaccioso


Dov'è Davis Miller?”


L'uomo tremò appena.


D..Davis Miller?”


Finse un'inutile stupore.


McPhee gli agitò la pistola di fronte al naso.


Vide l'uomo diventare paonazzo tra le sue mani.


Al suo posto rispose l'altro, quello sceso dal taxi.


Il signor Miller non verrà.”


Precisò con tono fastidiosamente sicuro.


Stavolta fu Dair a muoversi.


Che significa?”


Lo sconosciuto non si scompose troppo.


Sono venuto qui apposta per comunicare ai signori qui presenti che Davis ha cambiato i suoi piani. Non verrà qui oggi. Né mai probabilmente. Mi dispiace agenti.”


Quel finto sorriso fu il colpo di grazia.


Dair si sentì sul punto di esplodere.


Se non avesse voltato subito gli occhi, avrebbe finito per picchiare quel tizio.


Moriva dalla voglia di sfogare su di lui la rabbia che sentiva crescere.


Riprese il controllo di sé, quel tanto che bastava per potersi rivolgere ai suoi uomini.


Arrestateli.”


Ordinò senza troppa enfasi.


Immediatamente corse fuori dalla stanza alla ricerca di ossigeno.


Dopo un breve tumulto i tre vennero scortati fuori.


Dair se li vide sfilare davanti.


Ognuno di loro fu come una coltellata.


Dulcis in fundo” sentì su di sé lo sguardo pesante di McPhee.


Incrociò i suoi occhi.


Non c'era bisogno di parole.


Era la classica occhiata che dice “Te l'avevo detto”.


Insostenibile.


Il silenzio venne nuovamente rotto dai passi del capitano che arrivava in tutta fretta.


Li esortò con un cenno a tornare nella stanza.


Dietro di lui altri agenti, tra cui McPhee riconobbe con piacere Salinger e Kline.


Spiegatemi cosa diavolo è successo!”


Iniziò il capitano con tono scosso e voce profonda.


Dair scosse la testa


Non lo so capitano. Era tutto organizzato. Immagino che Miller abbia cambiato idea all'ultimo...”


Dov'è quella donna?”


L'anziano agente lo interruppe scrutando invano la stanza.


Dair deglutì.


E' tornata a Chicago.”


Lui aggrottò le sopracciglia.


Come? Non è possibile. Dovrebbe essere qui.”


Lo so signore, ma...”


Stavolta fu McPhee ad interromperlo.


Effettivamente è abbastanza sospetto che sia lei che Miller siano spariti nel nulla.”


Dair inspirò rivolgendosi al collega


Eden non è sparita nel nulla. E' tornata a Chicago.”


Precisò.


Ne sei certo?”


Ribatté McPhee.


Avrebbe voluto dire sì. Urlarglielo in faccia.


Ma avrebbe mentito.


Non l'aveva più sentita dopo quel messaggio.


Le tempie iniziarono a pulsargli, come se il suo cervello andasse in fiamme.


Ne sei sicuro tenente?”


Incalzò il suo superiore.


Dair si leccò le labbra.


Tentennò ancora per un istante.


Credo di sì.”


Il capitano rispose con una strana smorfia.


L'esperienza gli dava modo di guardare oltre le apparenze.


Afferrò il cellulare e se lo portò nervosamente all'orecchio.


Trovatemi Eden Spencer. Immediatamente.”


Ordinò senza ulteriori saluti.


Poi poggiò pesantemente le mani sul tavolo.


Non sarà facile spiegare questo fallimento alla direzione.”


Fallimento.


Quelle quattro sillabe colpirono Dair come proiettili.


Erano il riassunto perfetto della sua situazione.


Un incubo diventato realtà.


La missione in fumo.


Eden sparita.


Un'intera carriera in pericolo.


McPhee avanzò schiarendosi la voce.


Se permette signore, vorrei dire la mia.”


Dair lo guardò con la coda dell'occhio.


Era terribilmente difficile credere che volesse accorrere in suo aiuto.


Il capitano lo assecondò con un gesto della mano.


Tanto valeva ascoltare.


Sono davvero desolato per come sono andate le cose...”


Esordì.


...E mi dispiace ancora di più dover dire quello che sto per dire...”


Dair e il capitano sollevarono gli occhi all'unisono


...Ma credo che l'unico responsabile di questa faccenda sia il tenente Dair.”


Cosa?!”


Sbottò il diretto interessato


Che cosa vorresti dire adesso?”


Di certo McPhee aveva scelto il momento peggiore per provocarlo.


Al bando ogni diplomazia.


Si fecero pericolosamente vicini.


L'agente di maggior grado si frappose tra l'incredulità di Dair e la faccia di bronzo di McPhee.


Smettetela immediatamente!”


Li allontanò l'uno dall'altro stendendo le braccia.


Si rivolse alla sua destra.


Spiegati McPhee.”


Quest'ultimo si allontanò e si ricompose lisciando la divisa.


E' colpa sua se la missione è saltata. Si è fatto abbindolare da quella donna come uno stupido!”


Ti riferisci ad Eden?”


McPhee annuì


Esatto signore. Il tenente aveva una relazione con lei. Decisamente non professionale.”


Dair spalancò gli occhi.


Che gran bastardo doveva essere per comportarsi in quel modo?


Aveva finto di essergli amico fino al momento più opportuno.


Fino ad essere sicuro di poterlo affondare.


Sei sicuro di quello che dici?”


Il capitano apparve genuinamente incredulo.


Dair provò ad intervenire


Non è così signore.”


McPhee trattenne a stento il suo ghigno.


Era il momento di tirar fuori il suo asso nascosto.


Posso provarlo.”


Ribatté mantenendo un'insopportabile aplomb.


Con un gesto direttivo ordinò agli agenti Kline e Salinger di avvicinarsi.


Uno di loro tirò fuori una busta bianca dalla tasca interna.


McPhee la afferrò e la aprì.


Visto che non sono riuscito a contattarla prima, mi sono permesso di prendere qualche piccola precauzione.”


Così dicendo porse il contenuto della busta al capitano.


Fotografie.


Ritraevano il tenente Dair abbracciato ad Eden Spencer.


In un contesto decisamente non professionale.


La semioscurità in cui erano state scattate non permetteva ulteriori osservazioni, che comunque non sarebbero servite.


L'anziano agente non poté non prenderne atto.


Emise un verso indistinto.


Espirò pesantemente.


Risollevò il viso.


Incontrò gli occhi di Dair che riflettevano rabbia e vergogna.


Sembrò parlare a malincuore


Alla luce di tutto quello che è successo non credo di avere scelta...”


Si infilò le foto in tasca per non essere costretto a guardarle di nuovo.


Tenente Dair...”


La solennità del suo tono non lasciava adito a false speranze.


Il tenente abbassò il volto stringendo i pugni.


...La sospendo dal suo incarico fino alla fine delle indagini riguardo la sua condotta.”


Lui chiuse lentamente le palpebre.


Quale miglior finale per la peggiore giornata della sua vita?


Il capitano fece un ulteriore sforzo voltandosi verso McPhee.


Tutti sapevano quanta stima avesse per Daniel Dair.


Almeno quanta ne aveva avuta per suo padre.


Non era difficile immaginare che stesse agendo contro i propri sentimenti, in puro rispetto del regolamento.


Agente McPhee, affido a lei le operazioni fino a nuovo ordine.”


Lui chinò la testa per non mostrare il sorriso.


Era stato più semplice di quanto avesse sperato.


E se un giorno gli fosse capitato di rivedere Eden Spencer non avrebbe certo mancato dal ringraziarla.


L'incubo finì di materializzarsi nel momento in cui il capitano gli porse le mani.


Dair guardò quei palmi distesi verso di lui e sentì l'ultimo colpo dell'umiliazione.


Distintivo e pistola per favore.”


Li depose nelle mani del capitano più veloce che poté.


Spogliato dei suoi gradi si sentì improvvisamente diverso.


Disarmato. Leggero.


Inaspettatamente libero.


Fulminò McPhee con lo sguardo, ma senza parlare.


Non voleva perdere fiato né tempo lì dentro.


Aveva già perso abbastanza cose per una sola giornata.


Ed era appena mezzogiorno.


Senza saluti di cortesia corse fuori dall'edificio verso la città.


Non aveva più obblighi, né regole da seguire.


Poteva finalmente fare quello che voleva.


Ed appena l'umiliazione avesse smesso di bruciare, avrebbe di certo apprezzato quella nuova condizione.


Se McPhee credeva di fregarlo così, si sbagliava di grosso.


Ed Eden non aveva mentito.


Era sicuro che l'avrebbe trovata nel suo appartamento.


Dair distese i muscoli.


In fin dei conti, sospensione o non sospensione, era l'unico posto dove desiderasse andare.



---------------



CHICAGO


Eden si sentiva la bocca asciutta.


Aveva parlato per ore.


E raccontato ogni istante della vita di sua figlia.


Davis era rimasto in silenzio quasi tutto il tempo, ascoltando ogni sua parola cose se fosse la più preziosa mai detta.


Era stato una sorpresa.


La sua calma apparente riusciva quasi a coinvolgerla.


Eden fissò il vuoto davanti a lei prendendo nuova consapevolezza della situazione.


C'era qualcosa di eccezionale nel modo in cui se ne stavano seduti a terra l'uno accanto all'altra.


Senza mai guardarsi in faccia avevano parlato più a lungo che in ogni altra occasione.


Lui aveva detto poco e niente, scoppiando in piccoli sorrisi di tanto in tanto, come se avesse timore perfino ad immaginare i momenti della vita di sua figlia in cui non era stato presente.


Come biasimarlo del resto? Immaginarli tutti doveva essere piuttosto arduo.


Mi dispiace


Erano ore che Eden provava a dirlo senza riuscirci.


Nell'ultimo vano tentativo si voltò verso di lui.


I suoi occhi si posarono inavvertitamente sull'orologio al di là del suo profilo.


Erano le sette e venti.


Tardissimo.


Oh no!”


Esclamò contro sé stessa balzando in piedi.


Rimase al centro della stanza senza capire da che parte andare.


A quell'ora doveva già essere su un aereo per l'Europa.


Che succede?”


Davis si alzò inevitabilmente allarmato dai suoi gesti.


Devo andarmene!”


Esclamò.


Devi andartene!”


Si portò le mani alla fronte.


Di nuovo il panico.


Non poteva restare in quell'appartamento un minuto di più.


E non avrebbe voluto dire a Davis che stava scappando con sua figlia.


Devi andartene!”


Ribadì guardandolo in viso.


...Gli agenti di controllo arriveranno a momenti.”


E voi?”


Non preoccuparti di noi. Vattene e basta.”


Rispose distrattamente correndo verso la porta di Sophia.


Non andrò da nessuna parte.”


Rispose lui secco e deciso.


Eden rallentò il ritmo per un attimo soltanto.


Ok. Allora resta qui e fatti arrestare.”


La punta di sarcasmo nella sua voce non passò osservata.


Davis la guardò sparire dietro la soglia della stanza di sua figlia.


Sua figlia.


Era un concetto ancora del tutto estraneo alla sua mente.


Eden corse fino al letto cercando comunque di svegliarla il più delicatamente possibile.


Sophia? Tesoro?”


La piccola aprì gli occhi velati dal sonno.


Mamma.”


E' ora di partire amore mio.”


Odiava dover sconvolgere oltremodo i suoi equilibri, ma non aveva più un secondo da perdere.


Scostò piano le coperte.


Sophia rabbrividì per un istante stirando i muscoli.


Eden cercò i primi vestiti a portata di mano.


La aiutò ad infilarsi una felpa sopra il pigiama.


Che succede mamma?”


Chiese Sophia ancora scombussolata.


Niente...”


Eden si sforzò di sorridere.


...Si è solo fatto tardi. Dobbiamo correre un po' se non vogliamo perdere l'aereo.”


Mentre parlava le aveva già infilato i calzini e le scarpe.


Una volta fuori di lì avrebbe pensato a sistemarla per bene.


Eden la strinse tra le braccia e la portò di peso fino al salotto.


Davis era ancora lì.


Eden decise di ignorarlo.


Aiutò Sophia a scendere e si precipitò verso l'armadio a muro.


Tirò fuori le valigie che aveva precedentemente nascosto.


Davis aggrottò le sopracciglia


Che vuoi fare?”


Domandò bypassando la bambina per avvicinarsi a lei.


Eden si sforzò di bisbigliare.


Scappare. L'FBI verrà a cercarmi non appena scopriranno cosa ho fatto.”


E dove pensi di andare?”


Lei scosse la testa sollevando il peso di una delle due valigie


Non lo so ancora.”


Davis continuò a seguire i suoi gesti.


Non trovava ancora il coraggio di guardare un po' più in là.


Si passò una mano tra i capelli.


Vengo con voi.”


Era un dato di fatto, non una proposta.


Eden spalancò gli occhi


Cosa? No!”


Sì invece.”


No!”


Ribatté lei cercando di spostarsi da quella scomoda posizione.


Lui la bloccò afferrandole il braccio.


La trafisse con la sua fermezza.


Credo che tu non abbia capito...”


Cercò di controllare il tono della voce, senza sembrare meno deciso


...Non andrete da nessuna parte senza di me.”


Eden si perse in tutta quella determinazione.


Poteva forse opporsi?



Ok.”


Sospirò guardando a terra.


Davis prese allora la valigia dalle sue mani.


Sollevata da lui sembrava avere un peso specifico del tutto diverso.


La mia macchina è parcheggiata qui vicino.”


Usciamo dal retro.”


Fu la sola risposta di Eden.


Si mosse veloce verso sua figlia.


Inspirò trovando la forza di sfoggiare un sorriso sincero.


Quell'intera situazione era un paradosso.


Eppure sapere che, nel bene o nel male, non erano più sole era un sollievo.


Allungò la mano verso quella di Sophia.


Andiamo?”


Lei afferrò le dita di sua madre senza alcuna reticenza.


Strinse il suo orsacchiotto nell'altra mano.


Fece due piccoli passi poi si bloccò.


Avvolta dagli strascichi del sonno non aveva notato l'altra presenza nella stanza.


Davis era per lei un perfetto sconosciuto, ma non le faceva alcuna paura.


Sophia alzò il viso verso la madre


Viene anche lui?”


Eden guardò Davis con le valigie in mano.


C'era del surreale in tutta quella situazione.


Forse da un momento all'altro si sarebbe svegliata.


Sì tesoro. Davis viene con noi.”


Sophia spostò lo sguardo da sua madre a Davis.


Quell'uomo non poteva essere male...


Sua madre stava sorridendo, cosa che non faceva troppo spesso.


E per di più nessun altro prima di quel momento le aveva mai portate fuori da quella casa.


No. Non doveva essere male.


Pensò Sophia nella sua innocente testolina.


Decise di sorridergli, del tutto inconsapevole di cosa significasse per lui.


Davis sentì il cuore esplodergli nel petto.


Il primo sorriso di sua figlia.


Sua figlia.


Stavolta pensarlo fu meno difficile.


Andiamo.”






Come si dice meglio tardi che mai!! Mi scuso per il ritardo ma ho le mie buone ragioni. So che il Natale dovrebbe essere un periodo di pace e serenità.. Bé, a casa mia invece, vuol dire invasione di parenti per le feste e perdita totale del tempo libero e della privacy! Avevo già iniziato a scrivere questo capitolo, ma ho dovuto riprenderlo e rivederlo milioni di volte! Per questo mi scuso se non è il massimo :((


Davis ha finalmente scoperto di Sophia!! Per adesso è ancora sotto shock, ma nei prossimi capitoli vedrò di affrontare meglio la questione, sotto tutti i punti di vista. Invece il povero Dair ci ha rimesso la carriera... Non vi preoccupate, saprà come farsi valere! E anche tutti gli altri personaggi ricompariranno un po' alla volta.


Non mi dilungo oltre.


Un grazie enorme a tutti per le letture e per la pazienza.. Vi ringrazio con tutto il cuore e colgo l'occasione per augurarvi un BUONISSIMO NATALE!!


A presto!!




XMIVIDAM: come sempre grazie! Volevo precisare che non ho preso la tua ultima recensione come una critica, non una critica negativa per lo meno! Mi fa sempre piacere ascoltare i pareri altrui, specie se vengono da persone che scrivono meglio di me ^^ Anch'io vorrei migliorare quindi cerco di assorbire più che posso dagli altri.

Questo capitolo è stato scritto in condizioni piuttosto precarie (e mi è dispiaciuto visto che è uno dei capitoli più importanti) ma spero di non deluderti troppo! ;) BUON NATALE e a presto! Mi scuso per non aver ancora recensito il tuo ultimo capitolo.. Spero di riuscire a farlo il prima possibile!


XSUPREME: di nuovo grazie. Non sai quanto valore abbia per me il tuo apprezzamento, così come il fatto che tu perda tempo prezioso per lasciarmi una recensione. Hai notato tutti gli aspetti salienti della mia storia e questo, credimi, mi fa un piacere immenso!^^ Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, anche se avrei voluto scriverlo forse un po' meglio. Ti auguro di passare un felice natale. A presto!


XCINZIA818: ciao! Grazie davvero per la costanza delle tue recensioni.. So che a volte può essere più un fastidio che un piacere, quindi le apprezzo ogni volta di più!^^ E così Davis le ha trovate.. Tutto è successo abbastanza velocemente in questo capitolo, ma credo che nei prossimi mi soffermerò meglio su tutta questa nuova “vicenda familiare”. BUON NATALE e a presto!! PS. Ho visto che hai aggiornato ed ho anche letto il nuovo capitolo, ma nella fretta non volevo lasciare una recensione improvvisata. Appena ho tempo provvedo!


XMEREDITH91: Ciao! E' stato un piacere davvero risentirti! Non per la recensione (cosa di cui ti ringrazio enormemente), ma soprattutto perché iniziavo quasi a preoccuparmi (lo so, sono troppo melodrammatica). Controllando le storie seguite ho notato che non c'è più la tua.. E' un problema mio o hai davvero cancellato la storia? Ad ogni modo non preoccuparti quando non hai tempo o voglia di recensire, capisco bene che siamo tutte persone impegnate! Spero che userai queste vacanze per riposarti un po'.. Io non ne avrò il tempo! @_@ BUON NATALE!! PS Youtube rifiuta il mio trailer per via dell'audio, quindi mi toccherà trovare un altro sito su cui caricarlo!






























































































































































  
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