Fanfic su artisti musicali > Green Day
Segui la storia  |       
Autore: Guitarist_Inside    24/12/2009    5 recensioni
Una giovane chitarrista che vive per e grazie alla musica. Un suo concerto e un incontro alquanto particolare. Una proposta ancora più singolare, forse un po’ azzardata. Un grande sogno che si avvera. Ma con questo prendono forma anche confusione, preoccupazioni, timori, titubanze, paura di deludere… Senza tralasciare però grandi e appaganti emozioni, felicità, gioie, soddisfazioni…
Questa è la prima fanfic che posto (a dir la verità mi ha “convinto” una mia amica a postarla…) spero vi piaccia... (non fermatevi solo ai primi capitoli xDD)
PS: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo. Ogni singola parola scritta in questa fic è soltanto opera della mia fantasia e non racconta fatti successi realmente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Hi everybody!
Prima di tutto, buone vacanze e buon Natale!! xD
Ed ecco che alla sera della Vigilia riesco a tornare con un nuovo capitolo, anche abbastanza lungo xD, come mio regalo (visto Fujiko Chan che ce l’ho fatta)? xD.
Beh, questa volta la struttura è leggermente diversa dal solito, ma spero vi piaccia lo stesso ^-^

Bene, passo subito ai ringraziamenti e poi vi lascio al capitolo…

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Come sempre, grazie, grazie e ancora grazie a tutti voi che leggete e recensite ^_^ mi fa davvero un immenso piacere!! Vi voglio bene *ç*
In particolare:

Fujiko Chan : Ehhh, per l’idea nata chattando con SilentMoon porta pazienza un po’ di capitoli e la scoprirai… Lo so, sembrerò crudele, ma non posso anticiparvi nulla muahaha xDD
Anyway, mi fa piacere che lo scorso capitolo ti sia piaciuto ^-^
Ema mi ha detto di dirti (ok, sto partendo con la testa se inizio a dire cose così o.O xD) che lei ha fatto davvero fatica a non svenire tra le braccia di Billie! xD
E beh, neanch’io non sono mai andata in aereo, quindi mi scuso in anticipo se dovessi scrivere qualche cazzata (spero di no) xD.
Comunque, perché dovrei offendermi? o.O Mi fa piacere che ti piaccia il mio stile, lo so che non è molto arzigogolato e non ci sono molti paroloni, avevo anche provato in una delle fiction iniziate e mai postate (e ora purtroppo andate perse con il vecchio Hard Disk del PC rotto =(… ) Beh, stavo dicendo? Sì, ci avevo provato, ma alla fine ci avevo rinunciato optando per qualcosa di più semplice xD E mi fa piacere che ti piaccia lo stesso e che riesca a coinvolgerti)

ZofouArtemis : Grazie mille, mi fa piacere che sia riuscita a migliorare e soddisfare le tue aspettative, spero ora (o in futuro) di non deluderle però xD
Come ho appena scritto a Fujiko Chan, davvero grazie anche a te per quel che hai detto sul mio stile… Vabbè, non ho molto tempo, non sto qui a ripetere le stesse cose xD… Ma davvero c’è tutta questa fluidità, semplicità, chiarezza, ma allo stesso tempo anche coinvolgimento, risucchio, come dite? *_*
Per il cercare di far capire i pensieri di Billie tramite le sue reazioni, sì, ci sto lavorando, e grazie mille a te del consiglio datomi (sono io a doverti ringraziare u.ù)! ^-^ Spero di riuscire a migliorare grazie ai consigli di voi lettrici, quindi se ne avete, sono ben accetti!

SilentMoon : Che bello adesso hai di nuovo il PC!! (Lo so, te l’ho già detto, ho già fatto festa abbastanza xD)
Tranquilla (anzi, forse non esserlo xDD), del nostro piano su MSN non me ne dimenticherò, anzi tra un 3 o 4 capitoli MASSIMO spero proprio di metterlo!! Muahaha… *aria cospiratrice*
Ok, spero che questo capitolo ti soddisfi… Su quel che fanno in aereo in parte è lasciato all’immaginazione del lettore (all’inizio non sapevo neanche se scrivere qualcosa o lasciare totalmente alla vostra immaginazione, ma poi il tuo commento mi ha convinto a provare a scrivere qualcosa ^-^)… Comunque, no, tranquilla, per stavolta la cara Ema non rimane incinta in un bagno d’aereo (che poi m’han detto è microscopico… tipo quello di mezzo metro quadrato che avevamo alla gita di 3 media in camera, in 6, nell’ostello in Francia o.O xD) con Billie o.O ma che idee ti vengono?! xD :shifty:

K_BillieJoe : E chi non vorrebbe essere al posto della protagonista? Chi non vorrebbe conoscere il nostro caro Billie? xD *ç*
However, mi fa piacere che ti sia piaciuto lo scorso capitolo e i “ragionamenti” di Ema per cercare di non aver paura xD… Spero ti piaccia anche questo ^-^


Ok, ora vi lascio al capitolo XD… Spero vi piaccia… Keep on readin’, see you soon darlings!! ^^
And I wish you a merry Christmas! xD




CAPITOLO 11 Part 1: The Flight / Part 2: Insomnia


Part 1: The flight

– Hey… Adesso che ci penso… Mi ricordo di te al concerto – mi disse ad un punto Billie, interrompendo il silenzio e sorprendendomi per l’ennesima volta in poche ore.
– Eri in prima fila a saltare e cantare a squarciagola, con i capelli colorati di blu, vero? – chiese quindi.
Annuii.
– Stupendi quei capelli blu – disse ridendo.
– Grazie – risi anch’io – Poi dovevi vedere la faccia della gente comune al mattino presto, quando ho preso il solito autobus ma invece di andare a scuola poi ho preso la metropolitana diretta nel verso opposto per andare a prendere un mio amico alla stazione e poi venire al vostro concerto… Certe espressioni erano da fotografare! –
– Mi immagino – rise.
Ridemmo per un po’, mentre gli descrivevo le espressioni di alcune signore “perbene” che mi avevano guardato dall’alto in basso, sia perché non ero a scuola, sia, soprattutto, per i capelli, mentre io andavo in giro a testa alta fregandomene altamente.
Ben presto finimmo a parlare del concerto.
Un sorriso si dipinse sul mio volto ripensandoci. Era stato 18 giorni prima, ma quei momenti vivevano in me più che mai, indelebili nella mia memoria.
Ma mai e poi mai prima di quel giorno avrei sperato di poter rivivere il ricordo di quei momenti raccontandoli proprio a lui.
Billie si dimostrò curioso, faceva domande sulla coda fuori dal concerto, su quello che facevamo, ridendo di tanto in tanto quando gli raccontavo quel che ci inventavamo per far passare le ore… E poi finalmente era arrivata l’ora dell’apertura dei cancelli: dopo mezz’ora in cui facevamo partire urla per sfogare l’ansia e l’emozione, dopo la finta apertura dei cancelli un quarto d’ora prima, che ci aveva fatto rimanere tutti in posizioni scomodissime dopo uno scatto fulmineo, finalmente, dopo quella che era sembrata la mezz’ora più lunga della mia vita, la vera apertura dei cancelli e la corsa sfrenata… E poi, una volta arrivata sotto al palco, quella sensazione che da lì a poco sarebbe suonata la sveglia, ma per fortuna non era andata così…
A questo punto iniziava la parte più bella e carica di forti emozioni della giornata: il loro concerto.
Tutto era rimasto vivo nella mia memoria, un ricordo indimenticabile e meraviglioso.
Iniziai a raccontare con foga ogni singola emozione provata, cercando di non tralasciare niente, da quando era partita “Song Of The Century” e poi tra le urla generali erano usciti loro, all’ultimo secondo del concerto, dopo la bellissima e commovente “Good Riddance (Time Of Your Life)” acustica che Billie aveva suonato per ultima, fin quando dopo averci ringraziato se ne era andato e si erano accese le luci. E già in quel preciso istante sentivo la loro mancanza. Avrei desiderato che quelle 3 ore di concerto non finissero mai, che si ripetessero all’infinito, ogni giorno, ogni istante…
Billie mi guardava attento, e ogni tanto i suoi occhi si illuminavano. A volte mi chiedeva curioso qualche dettaglio in più, ascoltando poi attento la risposta, commentando qualcosa ogni tanto.
Sorrise quando gli ricordai il momento in cui, a metà di Boulevard, dopo aver fatto cantare il ritornello a noi, lui aveva detto di non sentirsi affatto solo e poi, tra le nostre urla emozionate, lui si era inginocchiato. E poi aveva urlato “Musica bella è la lingua di Dio”, frase che per noi fans presenti quel giorno sarebbe rimasta impressa per sempre. E si mise a ridere contento quando gli dissi che, tra le urla generali, la mia voce aveva gridato qualcosa che suonava come “…and so this is Paradise!”.

Avevo ricostruito meticolosamente tutto quel che avevo provato grazie a loro quel fantastico giorno, mettendo totalmente a nudo ogni mio pensiero e ogni emozione che avevo provato.
Ad un certo punto mi fermai un attimo, ricordandomi che avevo raccontato tutto a Billie Joe, e che dopo pochi giorni io sarei stata con lui e i Green Day su un fottutissimo palco a far vivere qualcosa di simile a migliaia di fans, e che avrei vissuto anch’io fortissime emozioni, ma dall’altra parte del palco!
Rimanemmo in silenzio per un po’, dopo aver parlato (o meglio, dopo che io avevo raccontato e Billie aveva ascoltato intervenendo ogni tanto) del concerto per una buona mezz’ora.

– Sì – proruppe ad un tratto, riscossosi dai suoi pensieri, con l’espressione di uno che si sforza di ricordare qualcosa – eri proprio sotto il palco, in prima fila, sulla destra… You know, alla mia destra, ma sulla sinistra del palco dal tuo punto di vista… Ora mi ricordo… Mi avevano colpito appunto l’entusiasmo, la felicità e la voglia di ribellione nei tuoi occhi… –
Ero sempre più stupita. Come aveva fatto a notare addirittura l’espressione dei miei occhi su 15 mila persone circa?
– Mi hanno colpito, in quei pochi secondi che li ho incrociati mentre suonavo – continuò, rispondendo alla mia domanda mentale – perché… – scosse la testa, poi proseguì – Perché ho visto qualcosa di me in quegli occhi... Anche se in questo momento non saprei dire bene cosa. –
Lo guardai con gli occhi scintillanti per la commozione, dovuta sia al fatto che lui si ricordava di me, sia alle emozioni del concerto che avevo appena, in un certo senso, rivissuto nel ricordo.
– Ora che ci penso – disse poi, dopo qualche attimo di silenzio – Ora che ci penso mi ricordo anche che ti avevo visto mentre cercavo un fottuto volontario da “salvare” in East Jesus Nowhere… You know… se non sbaglio ti avevo anche indicato per farti salire… –
Annuii.
– Poi però non ti ho vista – disse interrogativo.
– Ecco… Beh… Diciamo che una mi si è buttata addosso seppellendomi e in quel momento è arrivato il tipo della Security e nel mucchio ha preso lei… –
Quello era uno dei pochi secondi che non mi piaceva molto ricordare.
Billie sgranò gli occhi.
– Ah, ecco perché… – disse poi a bassa voce.
– Beh, però adesso qui ci sei tu, giusto? Non una qualsiasi tipa che ti si è buttata addosso – rise poi, contagiandomi.
Continuammo a ridere per un po’, destando l’attenzione di Tré e Mike che si erano appisolati.
– Per cosa si ride? – chiese Tré, sbadigliando e girando la testa verso di noi.
– È lunga da ridire tutta la storia, sei arrivato tardi dormiglione – commento Billie con una nota ironica.
– Vabbè dai non potete ridere senza di me… Uhm… La sapete quella del batterista… –
– No Tré, non quella… – disse Mike, bloccandolo sul principio.
– Perché non quella? È divertente – ribatté il batterista stupito.
– Perché è della serie “facciamoci subito riconoscere come un pazzo pervertito volgare che spara cazzate a tutto spiano” – rise Billie.
– E dov’è il problema? – domandò con nonchalance Tré, sbarrando gli occhi in modo comico.
– Che lo sei davvero… – rise il chitarrista.
Scoppiammo a ridere.
– Vabbè dai Tré spara, ci hai convinto… Se Ema non ha niente in contrario ovvio… – cedette Mike.
Si voltarono verso di me.
– Ma no figuratevi… Per chi mi avete preso? – risi.
– Uhm… Per una pazza che ha deciso di seguire un gruppo di tre altrettanto pazzi… – rise Mike.
Iniziammo a raccontarci a turno barzellette per passare il tempo, finendo non di rado anche nel volgare per la gioia di Tré. Dopo una decina di minuti comunque eravamo già tutti con le lacrime agli occhi dal ridere, e non riuscivamo più a smettere.

– Dai, cantiamo qualcosa, si canta sempre nei viaggi – propose Tré ad un tratto.
– Alright… Cosa cantiamo? – chiese Mike.
– Roll, roll, roll a joint… – iniziò quindi a canticchiare Tré, e la sua voce squillò nel silenzio.
– Tré… – commentò Mike guardandolo e trattenendo una risata.
– …Twist it at the end… – continuò Billie.
– …Light it up, and take a puff – mi unii anch’io al coro.
– …And pass it to your friends! – finì Mike, senza più riuscire a trattenere la risata.

***


Part 2: Insomnia

Aprii gli occhi. La stanza era ancora immersa nel buio. Lanciai uno sguardo ai numeri sul display della sveglia: le 2 e 27 di notte. Sospirai: eravamo arrivati in albergo verso l’una ed era la sesta volta che mi svegliavo nell’arco di 1 ora scarsa. Non riuscivo proprio a dormire, nonostante la stanchezza.
Sospirai ancora, ripensando a come era cambiata la mia vita in così poco tempo, 24 misere ore o poco più, e di come grazie e Billie e ai Green Day sarebbe cambiata ancora. Era ancora difficile da credere che fosse tutto vero…
Forse prima o poi mi sarei abituata all’idea di essere in Australia, dall’altra parte del pianeta rispetto a dove ero abituata a vivere, sia nel senso della longitudine che della latitudine, e, soprattutto, di essere in Australia in tour con i Green Day.
O forse no.
Sospirai nuovamente e mi girai sull’altro fianco, nella speranza di riuscire a chiudere occhio e riposare per un tempo superiore ai 5 minuti, ma con scarsi risultati.
Decisi di lasciar perdere, tanto non sarei riuscita a dormire, restare lì e continuare invano a provare era un’inutile e frustrante agonia, era soltanto un modo per ingannare la mente, perché in fondo questa sapeva che quella notte l’avrei passata insonne.
Mi misi a sedere sul letto, guardando nel buio che mi circondava. L’unica fonte luminosa era la debole luce sprigionata dai numeri sul display della sveglia, di fronte a me. Rimasi ipnotizzata a fissare l’avanzare dei secondi, quei numeri luminosi che si succedevano in continuazione, incessantemente, che quando arrivavano a 60 si azzeravano e ricominciavano la loro corsa, andando avanti così all’infinito…
Troppo ripetitivi, troppo prevedibili… Nessuno rompeva mai il ritmo assegnatogli, nessuno usciva dal gregge, e nessuno lasciava un segno particolare nella mia mente: sembravano tutti uguali, nonostante le differenze di valore matematico, ma in quel momento della matematica non poteva fregarmene di meno. Scossi la testa: probabilmente i secondi erano contenti, anzi, orgogliosi, di obbedire all’ordine impostogli e continuare la loro incessabile e ordinata successione. Sì, in fondo erano come la massa di pecoroni presenti nel mondo, la stragrande maggioranza delle persone, la massa di ipocriti e idioti che pensa e ragiona con la testa di chi li comanda, che si omologa al gregge, che non ha il coraggio di uscirne e procedere al proprio passo e non a quello di qualcun altro… e che poi se la prende con quelli che invece ne hanno il coraggio, con quella minoranza che riesce ad essere semplicemente se stessa, che pensa autonomamente e difende il proprio pensiero e i propri ideali, seppur sapendoli confrontare con altri, che rifiuta l’omologazione, che sa ribellarsi, che non viene accecata dalle fottutissime menzogne da cui il mondo è bombardato, e che per questo viene chiamata dalla maggioranza in vari modi: a volte pericolosa, a volte scema, a volte sfigata, a volte pazza, a seconda della situazione, di quello che alla maggioranza conviene… Ma se fosse tutta invidia? Sì, perché probabilmente, anche se non lo ammetterebbe mai, anche la maggioranza, in un angolo del cuore e della mente, ha il desiderio di rompere gli schemi imposti, di trovare il proprio ritmo, di pensare per conto proprio, di essere se stessa… E chiamano noi, la minoranza, deficienti, quando in realtà è a loro che manca qualcosa, quel qualcosa chiamato libertà forse, ma la vera libertà, non quella apparente che tanto credono di avere. Ma pur di non ammetterlo cercano di difendersi accusando gli altri di ciò che loro vorrebbero non avere, magari anche escludendoli o prendendoli di mira e rompendogli le balle in mille modi differenti…
Scossi la testa e tornai a fissare il vuoto.
Tutto quel discorso da dove era partito?
Ah, sì, dai secondi…
Sorrisi e scossi debolmente la testa ancora una volta. Probabilmente anche in quel momento quella fottutissima maggioranza mi avrebbe considerato una pazza, perché non è “normale” fare tutti i collegamenti mentali, tutti gli innumerevoli incroci che prendono forma nella mia mente… Ma per me non è un’offesa essere fuori da questo loro concetto di “normalità”, di “omologazione”, anzi, ne ero contenta e, azzarderei dire, fiera.
Sospirai, appoggiando la fronte sul palmo di una mano e passandomi le dita di questa tra i capelli. Mi sentivo la testa pesante, ma non riuscivo a dormire.
Decisi che era inutile restare a letto e mi alzai.
Sentii il freddo pavimento sotto i miei piedi, ma era piacevole nella parziale calura. Già, era strano pensare che qui era estate mentre nell’altro emisfero, dove mi trovavo fino al giorno prima, era invece inverno.
L’altro emisfero
Cazzo, me ne stavo dimenticando, dovevo chiamare i miei, che di sicuro si erano presi un colpo sentendo il messaggio che avevo lasciato loro… E dovevo anche avvisare i miei amici.
In realtà non avevo molta voglia di chiamare i miei, ma sapevo che ogni secondo che avessi rimandato sarebbe stato un secondo di agonia in più, un secondo che mi si sarebbe potuto rivoltare contro, perché nella realtà i secondi non erano così mansueti, ordinati e prevedibili come quelli sul display della sveglia.
Mi feci coraggio e presi il cellulare.
Feci un rapido conto: contando il fuso orario e l’ora legale australiana, in Italia sarebbero dovute essere circa le 5 meno 20 del pomeriggio.
Feci un profondo respiro e composi il numero.
Il telefono iniziò a squillare.
Ebbi la tentazione di terminare la chiamata prima che qualcuno potesse rispondere, ma resistetti.
Per un attimo desiderai avere qualcuno accanto a darmi forza e nello stesso tempo a tranquillizzarmi, desiderai la mano di Billie stretta nella mia, saldo appiglio che mi aveva aiutato a non cadere nel vuoto, a non farmi prendere dalla paura, ma, anzi, mi aveva dato la forza per vincerla. Cos’avrei dato perché fosse lì anche in quel momento…
E proprio allora una voce rispose.
Questa volta dovevo farcela da sola. Mi dissi che potevo farcela; quello era uno degli ostacoli che avrei dovuto superare per poter essere lì, il prezzo per poter realizzare il mio sogno. “Whatever it takes” avevo detto salendo sull’aereo: bene, era il momento di dimostrarlo.
Respirai profondamente e risposi.
– Pronto? – chiesi con voce flebile.
– Ema! Cazzo, alla buon’ora!! –la voce di mia madre era alquanto irritata.
– Ma… siamo arrivati da poco… il viaggio… il fuso orario… – balbettai.
– Niente scuse! E poi chi ti ha dato il permesso di partire per l’Australia? Ci hai fatto prendere un colpo quando abbiamo sentito il messaggio! Fai tutto di testa tua, troppo di testa tua, con quella tua testa che sforna idee una più pazza dell’altra! –
Ahia, non volevo tornare ancora su quel discorso, l’avevamo già affrontato altre volte, e in quel momento non avevo né la voglia né, probabilmente, la forza di portarlo avanti. Cercai di dirottare un po’ la conversazione, con risultati mediocri.
Il diverbio telefonico con i miei si prolungò per interminabili minuti.
Cazzo, dovevano capirlo una buona volta: né quella per i Green Day né quella per la chitarra era un’ossessione stupida o superficiale, no, era una passione che mi portavo dentro da tanto, tantissimo tempo, era davvero importante per me! Era una delle non molte cose che mi piaceva veramente! E adesso non era più un miraggio, non era più solo un sogno, adesso stava diventando la realtà. E loro non potevano negarmelo. No, non l’avrei permesso.

Sospirai e mi buttai di peso sul letto: quella telefonata era stata stancante, ma ce l’avevo fatta.
Per fortuna mio padre, suonando anche lui la chitarra e avendo avuto sogni simili in gioventù, era stato un pochino più ragionevole.
Ok, mia madre sarebbe stata incazzata con me per un bel po’, ma almeno avevo raggiunto il mio scopo e mi ero tolta quel peso, e ciò mi pareva un risultato più che buono.
Poco dopo, seduta sul letto, ripresi il cellulare per chiamare i miei amici: Saul in primis, poi avrei chiamato Arianna e i più affezionati tra quelli che avevo conosciuto proprio grazie a loro, ai Green Day, principalmente su un forum a loro dedicato. Un altro motivo per ringraziarli, pensai, un altro motivo da aggiungere alla lista degl’innumerevoli motivi per ringraziare i Green Day.

Appoggiai il telefono sulla scrivania. Ormai era bollente per l’uso prolungato, ma ne era valsa la pena.
I miei amici avevano avuto reazioni differenti, ma tutti erano felici per me e avrebbero dato non so cosa per essere lì, si capiva. Poi con alcuni mi ero persa a parlare anche per mezz’ora, e a differenza della chiamata con i miei, lì i minuti volavano via leggeri. Mi aveva fatto piacere sentire le loro voci amiche, che avevano fatto da contrappeso all’ostilità precedentemente ricevuta. Tra tutte mi tornarono alla mente quella con Saul, poi quella con Arianna, e poi quelle con molti di quei miei amici conosciuti grazie ai Green Day: Gilda, Alessandro, Arianna, Elena, Riccardo, Stefano, Luna, Stella, Francesca, Beatrice, Valentina, Federica, Andrea, Patrizia, Jessica, Luca, Chiara, Miriam, Alice, Manuele, Federico, Giulia…
Sospirai, sorridendo.

Mi alzai dal letto e mi diressi verso la mia chitarra: ormai non avrei dormito più, era inutile anche tentare, e avevo deciso di voler passare un po’ di tempo con lei.
Aprii delicatamente la custodia, sfiorandola con le dita, e presi delicatamente in mano la mia Baby Billie Joe, per poi mettermela a tracolla e tornare a sedermi sul letto.
Data l’ora, decisi fosse meglio suonare in acustico, piano, senza usare l’amplificatore…
Quasi senza accorgermene, mi ritrovai a suonare gli accordi di “Good Riddance (Time Of Your Life)”.
Sorridendo, seguii le mie dita che si muovevano agili e sicure sulla tastiera e sulle corde, cantando in un sussurro.
It’s something unpredictable, but in the end it’s right
I hope you had the time of your life…

Sorrisi.
“Yeah, I’m having the time of my life…” pensai, continuando a suonare.

Ad un tratto sentii delle voci provenire dalla stanza attigua, quella di Billie.
– Cazzo Billie, non è che una ragazzina! – si distinse ad un tratto una voce, più forte.
Smisi di suonare e stetti ad ascoltare, accostando silenziosamente l’orecchio al muro.
Sì, la sapevo anch’io la pappardella che non bisognerebbe origliare, ma di solito i primi che dicono ciò sono anche i primi che lo fanno…
E, non sapevo ancora bene perché, ma in quel momento mi sentii chiamata in causa. Forse erano solo mie suggestioni, magari dovute anche all’insonnia, ma la cosa migliore da fare per verificarlo mi sembrava appunto ascoltare.
– Ma tu non l’hai neanche sentita suonare! Dio, se solo vedessi come ci mette davvero l’anima… È impressionante… –
Quest’ultima era indubbiamente la voce di Billie, l’avrei riconosciuta anche tra mille.
La mia attenzione aumentò, ma le voci abbassarono il loro tono e riuscii a distinguere solo bisbigli confusi dai quali afferravo solo qualche parola qua e là, ma insufficiente a capirne il senso…
Ad un certo punto sentii ancora alzarsi il tono dei due.
– Cazzo James! Ormai sei il nostro manager da anni e anni, azzarderei dire da decenni, ormai mi conosci! Cazzo, per una volta non puoi solo provare semplicemente a fidarti di me? –
Era ancora la voce di Billie, ma questa volta era alquanto alterata.
Poi, ci fu silenzio.
Assoluto silenzio che regnò per diversi minuti.
Poi, dei mormorii confusi e il rumore soffocato di una porta che si chiudeva.
E io rimasi lì, sola tra mille pensieri che si affollavano nella mia mente, mentre la voce di Billie Joe in quelle ultime frasi sentite continuava a rimbombarmi in testa.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: Guitarist_Inside