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Autore: Dark Sider    25/12/2009    4 recensioni
No, Naruto non era rimasto solo perché il suo carattere risultava antipatico o insopportabile.
Era rimasto solo perché la gente aveva paura di lui.
Lo temeva perché il dobe vedeva delle cose che non esistevano. Detto con un termine più tecnico e dal suono orribile, Naruto aveva le allucinazioni.

[SasuNaru]
[terza classificata al contest "Mental" indetto da Globulo rosso e Bimba_Chic_Aiko]
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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MENTIS ERROR

 

 

 

 

 

L’unico amico di Naruto Uzumaki era Sasuke Uchiha.

Non c’era un motivo apparente per cui l’Uzumaki fosse emarginato; era una persona sempre allegra ed ottimista, forse un po’ idiota ma molto buona e leale.

Riusciva sempre a fare subito amicizia con chiunque: era sufficiente che ci parlasse solo cinque minuti per conquistare la sua fiducia.

In effetti, Naruto non era sempre stato solo ed emarginato. Ci divenne dopo quel terribile incidente…

Quando su di lui iniziarono a ripercuotersi le conseguenze di quella terribile notte, tutti i suoi amici si erano allontanati da lui tranne quelle poche persone che gli volevano davvero bene. Ma, anche loro cercavano di evitare di starci troppo a contatto, se potevano.

Così, in fondo, l’unico suo vero amico era Sasuke. Non se l’era sentita di abbandonarlo, come gli altri perché, in fondo; si era affezionato a quel dobe.

No, Naruto non era rimasto solo perché il suo carattere risultava antipatico o insopportabile.

Era rimasto solo perché la gente aveva paura di lui.

Lo temeva perché il dobe vedeva delle cose che non esistevano. Detto con un termine più tecnico e dal suono orribile, Naruto aveva le allucinazioni.

Al’inizio, il biondo spaventava anche Sasuke. Quando aveva le sue crisi non sembrava più lui: non riconosceva più nemmeno il corvino e, quindi, spesso lo aggrediva. Probabilmente lo faceva a causa di ciò che vedeva anche se questa era solo un’ovvia conclusione a cui era brillantemente giunto Sasuke perché lui non voleva mai raccontargli le sue visioni.

Col tempo, comunque, l’Uchiha aveva imparato a convivere con le allucinazioni di Naruto e faceva di tutto per calmarlo quando aveva i suoi frequenti attacchi in cui quello che vedeva – qualunque cosa stesse vedendo – lo spaventava a morte. Ecco perché, spesso, andava a stare a casa di Naruto e dormiva con lui.

Così il dobe si sentiva più sicuro perché lui gli prometteva che, in sua compagnia, le allucinazioni non si sarebbero manifestate. Sperava, così facendo, che Naruto si convincesse delle sue parole e che non avesse davvero delle crisi.

Ma, ogni volta, si sbagliava.

Naruto aveva le allucinazioni e, poi, se la prendeva con Sasuke, lo cacciava di casa dicendo che era un bugiardo, che lo imbrogliava. Urlava che gli mentiva perché loro – anche se il corvino non sapeva a chi si riferisse con loro – tornavano anche se stava con lui.

A Sasuke non piaceva lasciarlo solo. Non stava mai lontano da lui per più di un’ora.

Temeva che perdesse il controllo e facesse qualcosa di idiota; cosa che, dato il soggetto, era molto probabile.

Sasuke era certo che, da quando Naruto aveva cominciato a soffrire di allucinazioni, lui non si fosse perso nessuno dei suoi attacchi. Ogni volta che aveva una crisi, era lì a tentare di calmarlo e a ripetergli che doveva andare da un medico. Ma lui si rifiutava di andarci: sosteneva di non essere malato, come invece il corvino gli diceva. Era convinto che le sue visioni fossero vere.

E Sasuke non poteva certo portarlo all’ospedale di forza: in verità, una volta ci aveva provato ma, appena si era reso conto di dove lo stava trascinando, Naruto era scappato e non gli aveva rivolto la parola per giorni.

L’Uchiha era preoccupato per questa sua condizione. Se Naruto non si faceva curare al più presto, sarebbe impazzito. E questa cosa non doveva accadere: era già abbastanza idiota di suo senza bisogno di aggiungerci altro.

 

 

Quel giorno era uno dei tanti in cui Naruto si era di nuovo infuriato con Sasuke.

Era successo la sera prima, quando gli aveva di nuovo promesso che, con lui, loro non si sarebbero fatti vivi. E, invece, come al solito, Naruto aveva avuto un'altra delle sue crisi.

Sospirando, si diresse verso il suo banco. Quello del suo vicino, Naruto, era ancora vuoto. Non si preoccupò per la sua assenza: il dobe era sempre in ritardo.

Infatti, poco dopo, lo vide apparire sulla soglia. Attraversò di corsa la classe e si diresse verso di lui talmente in fretta che pensò avesse urgenza di dirgli qualcosa.

Invece, si limitò a sedersi accanto a lui, ignorandolo come se fosse stato invisibile.

No, a Sasuke non importava se il dobe fingeva che non ci fosse; quello che faceva non lo riguardava. Lo irritava solamente il fatto che, dopo tutto quello che faceva per lui, lo ripagasse a quel modo.

Nient’altro.

Se pensava che tenesse a lui si sbagliava di grosso. Sasuke, infatti, non si sarebbe mai, per esempio, messo in mezzo per salvargli la vita così come non si sarebbe assunto delle colpe al posto suo.

Naruto era semplicemente… era... si, insomma…

«Scusa per ieri».

Sasuke si voltò verso la fonte di quel suono quasi senza pensarci; quasi come se non stesse aspettando altro.

Vide Naruto che lo fissava intristito ed un po’ in imbarazzo per le scuse a cu l’aveva indirettamente costretto.

L’Uchiha continuò a guardare il biondo con sguardo freddo e distaccato.

«Non pensi che dovresti riflettere prima sulle tue azioni invece di scusarti dopo?» gli fece presente, irritato.

Naruto abbassò lo sguardo, non sapendo bene cosa dire.

«Teme… io… tu mi avevi promesso che loro non sarebbero tornati, invece sono tornati. Non mi piace che tu mi menta; non su questo punto».

Il corvino inarcò un sopracciglio. Era inutile spiegargli per l’ennesima volta che loro – di chiunque si trattasse – non esistevano.

Perciò si limitò a squadrarlo per qualche altro secondo prima di lasciarsi scappare un grugnito d’assenso, unico gesto che gli concesse per fargli capire che l’aveva perdonato.

Naruto parve rilassarsi e, per qualche secondo, rimase in silenzio prima di ricominciare a bombardare l’amico di scemenze con la sua voce allegra.

Sasuke odiava quando il dobe parlava così e così tanto eppure, al contempo, sapeva che non sarebbe potuto vivere senza quella voce. Perché, anche se non voleva ammetterlo nemmeno a se stesso, il motivo per cui faceva così tanto per Naruto non era solo per il fatto che lui fosse il suo migliore amico. C’era qualcosa di più. Qualcosa che lo spaventava ma che, al contempo, lo faceva star bene come poche cose riuscivano a fare.

Fu il suono della campanella ad interrompere la frasi sconnesse e senza senso che Naruto continuava a lanciare addosso ad un Sasuke piuttosto spazientito.

L’Uchiha non pensava affatto che sarebbe successo. Non lì; non in quel momento. Non mentre tutto proseguiva lento e monotono, uguale al giorno prima e al giorno dopo.

Sempre.

Non pensava che quella calma assurda gli avrebbe procurato una delle sue ennesime crisi.

Non se ne accorse subito, in verità. Non notò immediatamente che il dobe aveva iniziato a sbiancare e a tremare senza riuscire a controllarsi. Non fece subito caso alla fatica che faceva per trattenersi, per non urlare.

Se ne accorse solo quando non resistette più e tutta la sua frustrazione esplose in un grido di terrore.

Subito la classe piombo il un silenzio agghiacciato mentre Naruto puntava lo sguardo in un punto indefinito alle spalle di Sasuke e, scivolando indietro come a cercare di trovare un rifugio sicuro, cadde a terra.

Subito il biondo si spalmò contro il muro come se volesse scomparirvi e, continuando a tremare e a fissare a occhi sbarrati qualcosa che nessun’altro poteva vedere, si rannicchiò su se stesso.

Sasuke ci mise qualche secondo per capire cosa stesse succedendo. Quando fece mente locale, scattò subito in piedi e, lentamente per non spaventare ulteriormente il dobe, si inginocchiò accanto a lui.

Lo sapeva che, in quel momento, non lo avrebbe riconosciuto. Glielo leggeva negli occhi accecati dal terrore.

«Dobe…» provò, sussurrando guardingo, perché sapeva che una mossa sbagliata non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose.

Sasuke sentiva gli sguardi di tutti puntati addosso a lui e a Naruto. Erano così densi che poteva avvertirli distintamente uno ad uno sulla sua schiena.

Ignorandoli, si avvicinò ancora un po’ a Naruto, sempre dosando ogni movimento che faceva.

«Naruto, loro non ci sono. Non esistono, hai capito? Non sono davvero qui».

No, non lo sentiva. Non lo ascoltava. Non lo guardava.

«NO! LASCIATEMI STARE!»  il biondo si accostò ancora di più al muro, mentre gli occhi si spalancavano ancora di più e guizzavano per la stanza, frenetici.

«Naruto…» continuò a chiamarlo Sasuke, sperando di riscuoterlo, in un qualche modo. Ma pareva che la sua voce non riuscisse ad arrivare alle orecchie del biondo.

La tensione e la paura che si erano create nella stanza erano palpabili e soffocanti. Erano tutti spaventati, lo sapeva bene, Sasuke.

«NON TOCCARMI! LASCIAMI ANDARE!» urlò Naruto ritraendosi al tocco di qualcuno che il corvino non riusciva a vedere e finendogli, così, quasi addosso.

Istintivamente gli appoggiò una mano sulla spalla, scuotendolo, urlando il suo nome, per farlo tornare in sé.

Ma quello, come un animale minacciato dal fuoco, si sottrasse violentemente alla sua presa così pericolosa. Si voltò verso di lui, con quello sguardo folle e spaventato e gli saltò addosso tra i gridi di qualcuno.

Sentiva il bisogno di difendersi così grande ed insistente dentro di lui. Sentiva il pericolo vicino e palpabile. Soffocante.

Non sapendo cos’altro fare per difendersi, per neutralizzare il ragazzo che aveva aggredito, si accanì contro il suo viso, artigliandogli la guancia destra così forte da conficcare le unghie nella pelle lattea lasciandoci dei profondi solchi sanguinanti.

Facendo ricorso a tutte le sue forze, Sasuke lo spinse via, mandandolo a sbattere contro la gamba del suo banco. Stordito, Naruto non reagì subito ma, quando vide che il corvino si stava avvicinando, gli si avventò di nuovo addosso.

Preparato ad una simile reazione, l’Uchiha non si lasciò cogliere di sorpresa e, bloccandogli le braccia, lo inchiodò al pavimento mentre Naruto si contorceva e urlava, cercando di liberarsi.

«NO! LASCIAMI, LASCIAMI!» continuava a gridare, divincolandosi. Ma Sasuke non mollava la presa; sapeva che presto sarebbe finita, doveva solo resistere ancora un po’.

«LASCIAMI! LORO MI PRENDERANNO! AIUTAMI, FAMMI SCAPPARE. NON TENERMI QUI!»

Le sue grida strazianti, disperate, gli facevano quasi male. Ma non doveva lasciarsi convincere. Doveva trattenerlo. Ancora.

«NO! NO!»

Naruto si contorse con più violenza, cercando di scappare dalla presa dell’amico che lo sovrastava e quasi ci riuscì.

Con uno sforzo immane, Sasuke riuscì a tenerlo ancora inchiodato al pavimento.

Con un ultimo, lugubre urlo Naruto scalciò, tentando di colpirlo. Allora il corvino gli intrappolo le gambe tra le sue, aumentando la presa sulle sue braccia.

«Calmati. Calmati, Naruto; nessuno vuole farti del male» continuava a ripetere, urlando per sovrastare le sue grida.

 Dopo poco, come sempre, Naruto smise, a poco a poco, di divincolarsi finché non rimase immobile, ancora incatenato al pavimento, ansimante.

Per un lungo attimo, tutto intorno a loro fu silenzioso ed immobile, fino a quando Naruto non si lasciò scappare un sussurrò disperato. Una richiesta d’aiuto.

«Sasuke…»

Solo allora l’Uchiha lo lasciò andare, appoggiandosi al muro per riprendere fiato e asciugandosi col dorso della mano il sangue che colava dai graffi di Naruto.

Il biondo non si mosse. Rimase ansimante e confuso sul freddo pavimento della classe.

«Sasuke…» ripeté ancora, debolmente.

In quel momento, il corvino seppe che l’altro aveva bisogno di lui. Seppur riluttante e stanco, si staccò dal muro e si riavvicinò di nuovo al biondo, ancora immobilizzato sul pavimento come se non avesse la forza di tirarsi in piedi.

«Perché…» mormorò, e Sasuke si abbassò su di lui per poterlo sentire. «…perché mi trattenevi? Perché stavi lasciando che mi prendessero?»

La voce del biondo trasmetteva tutta la sua amarezza e delusione.

Paura.

Sasuke sospirò. «Non c’era nessuno, Naruto. Te lo ripeto: loro non esistono».

«N-no. Non è vero» protestò debolmente il biondo mentre Sasuke lo circondava con un braccio e lo tirava in piedi.

«Sta zitto» gli rispose Sasuke ed il suo tono irritato convinse Naruto a rimanere in silenzio.

Sasuke tirò in piedi l’amico di peso, lasciando che l’altro si appoggiasse completamente a lui.

«Lo porto in infermeria» si limitò a dire Sasuke, congedandosi dalla classe ancora pietrificata e trascinandosi dietro un Naruto ancora scosso.    

Appena il corvino si richiuse la porta dell’infermeria alla spalle, una donna dalla perenne aria rassicurante, gli si avvicinò e, quando li vide, uno sguardo comprensivo comparve sul suo volto. Ormai conosceva benissimo Sasuke e Naruto dato che i due finivano in infermeria un giorno si e quel’altro pure.

L’Uchiha costrinse il biondo a sedersi sull’unico lettino presente nella stanza. Dopo di che si diresse dall’infermiera che gli faceva segno di avvicinarsi.

«Sasuke» sussurrò la donna per non farsi sentire da Naruto. «Lo sai che qui non ho rimedi per Naruto» aggiunse, lanciando uno sguardo angosciato verso il ragazzo biondo.

«Devi portarlo da un medico».

Sasuke sospirò. «Lo so. Ma lui non ci vuole andare; e io non posso costringerlo».

L’infermiera lo fissò per un attimo, prima di annuire con convinzione.

«D’accordo» fece, ricominciando a parlare a voce alta. «Allora prenderò un bicchiere d’acqua per Naruto e poi ti medicherò quelli» aggiunse, indicando i graffi sulla guancia diafana di Sasuke.

 

 

«Dobe?»

«Si?»

«…»

Naruto si voltò verso Sasuke quando questo non rispose.

Stavano camminando lungo l’ampia via che conduceva a casa di Naruto e, fino a quel momento, nessun aveva aperto bocca.

«Tu hai paura di loro, non è così?»

Naruto distolse lo sguardo. «Lo sai».

«C’è un modo per  non vederli mai più...»

«Tu pensi che io sia pazzo; che quello che vedo non esiste davvero».

Sasuke non rispose subito.

Si fermò e Naruto lo imitò.

«Loro non esistono!» abbaiò, afferrando Naruto per un braccio e stringendo così forte da fargli male. «Tu hai le allucinazioni, che ti piaccia o no. E, ora, verrai con me all’ospedale… Se non lo farai, giuro che con me non avrai più niente a che fare».

Gli occhi di Naruto si spalancarono. «Non farmi questi ricatti…» sbraitò, adirato.

«Te lo giuro, Naruto…»

Sasuke pareva irremovibile e, dal suo sguardo, Naruto capì che non stava mentendo.

Il biondo si lascò scappare un sospiro tremulo. Non poteva perdere Sasuke. Non lui.

«Va bene» concesse, e non seppe mai dove trovò la forza per sputargli addosso quelle parole.

 

 

«Dunque, cos’è che vedi esattamente?»

A Naruto inquietava quella donna; non gli ispirava affatto fiducia.

Soprattutto perché gli aveva somministrato dei calmanti per farlo stare più tranquillo durante la visita. Aveva detto che, per un po’, non avrebbe avuto le allucinazioni.

Ma le sue non erano allucinazioni. Perché nessuno lo capiva?

Il biondo si agitò un po’ sul lettino sul quale era disteso e voltò la faccia dall’altra parte.

La dottoressa Tsunade aggrottò le sopracciglia.

«Diglielo, Naruto» intervenne Sasuke, spazientito.

Si avvicinò a Naruto e gli costrinse a voltare la testa e a guardarlo negli occhi.

Il biondo gli restituì uno sguardo intriso di rabbia e frustrazione.

«Come pensi che possiamo aiutarti se non collabori?» soggiunse Tsunade, raggiungendo Sasuke.

«Non mi serve l’aiuto di nessuno» sbottò il biondo.

«Naruto, ricordi cosa ti ho detto prima?»

Il biondo avrebbe voluto tirasi in pied ed urlare ma, a causa della massiccia dose di calmante che aveva in corpo, non ci riuscì.

«Hai detto che non avrei più avuto niente a che fare con te se non venivo in ospedale. Ci sono venuto, no?» gli fece presente.

«Non fare l’idiota. Tu sei malato, dobe. E ai bisogno di essere curato. Non costringermi a usare le maniere forti».

«Ah, che farai? Mi picchierai a sangue?»

Tsunade posò la cartella clinica che teneva in mano e stinse convulsamente il bordo del lettino. «Ragazzino, noi siamo qui per aiutarti. Smettila di comportarti come un bambino capriccioso!»

Naruto sbuffò.

«Lascerò che loro ti prendano» Sasuke sapeva che era la cosa più sbagliata che potesse dire; che era un errore convincere ancora di più Naruto dell’esistenza delle sue allucinazioni. Ma era l’unico modo che aveva per convincerlo.

Il biondo sgranò gli occhi azzurri e li puntò in quelli di onice di Sasuke. «No. Non lo faresti mai».

Sasuke non si scompose; rimase freddo ed impassibile mentre pronunciava quelle parole violente: «invece lo farò. Puoi starne certo».

«Io pensavo che tu… che tu fossi dalla mia parte» pigolò il biondo mentre gli occhi gli si inumidivano.

Sasuke continuò a fissarlo, irremovibile.

«Dimmi cosa vedi, Naruto» provò di nuovo Tsunade.

Il biondo strinse gli occhi, come se non volesse vedere nulla.

«Io vedo… quelli che… quella notte… hanno ucciso… hanno…»

Naruto si bloccò, non riuscendo a proseguire. Sperava che Sasuke capisse, che parlasse per lui.

Ed infatti, il corvino, con un certo stupore, si era appena reso conto di ciò che, effettivamente, il biondo vedeva.

«Come?» chiese Tsunade, piuttosto confusa.

Naruto continuava a tenere gli occhi serrati e non rispose.

«Lo so io cosa vede» intervene Sasuke.

«Bene. Allora parla: ti ascolto».

 

 

Naruto aveva cinque anni.

Era piccolo. Troppo per quello a cui fu costretto ad assistere.

Il bambino, quella notte, si era alzato dal letto e si era diretto al piano di sotto, destato da strani rumori e grida.

Non pensò nemmeno per un secondo che quegli urli potessero appartenere ai suoi genitori: loro non avevano paura di niente, Naruto lo sapeva, quindi non potevano essere loro.

Scese le scale, le trovò macchiate di una strana sostanza rossa, molto simile a quella che usciva dalle sue ferite quando cadeva e si faceva male.

Sua madre diceva che, se si perdeva troppa di quella sostanza che lei chiamava sangue, si moriva.

Quindi, suo padre rischiava di morire dato che stava perdendo tantissimo sangue dalla gola.

Naruto si inginocchiò accanto al padre e lo scosse delicatamente.

«Papà» chiamò.  «Lo sai che se perdi tanto sangue puoi morire? Devi curarti».

Ma Minato non rispose. Pareva che stesse dormendo.

Naruto decise di lasciarlo stare perché, se dormiva, voleva dire che non era in pericolo.

Il bambino lasciò vagare lo sguardo per la grande stanza e vide che Kushina, su madre, era tenuta ferma da due individui col volto coperto mentre un terzo la fronteggiava.

«Tu e tuo marito avete ucciso mio figlio!»

«Non è stata colpa nostra. Non siamo noi i responsabili delle complicazioni sopraggiunte dopo l’intervento!»

A Naruto piaceva quando sua madre parlava del suo lavoro.

Lei e suo padre erano due chirurghi affermati e Kushina, spesso, spiegava il suo lavoro a Naruto.

Eppure, quella nota di terrore nella sua voce, disse al bambino che qualcosa non andava.

Quando poi sua madre si accorse della sua presenza e gli urlò di fuggire, ne ebbe la conferma.

In quel momento, il terzo uomo, quello che non era impegnato a tenere ferma sua madre, le si avventò contro e, un attimo dopo, la donna si accasciò a terra, senza vita.

Naruto la chiamò più volte, pietrificato davanti alle scale, ma sua madre, come suo padre, rimase immobile.

L’uomo che le era saltato addosso, si voltò a guardare il biondo brandendo un coltello sulla cui lama scintillava inquietante del sangue. 

L’uomo scoppiò in una lugubre risata.

«Non credere di essere scampato alla morte, piccolo bambino. La tua ora giungerà anche per te. Torneremo a prenderti».

 

 

Naruto rabbrividì sotto il peso di quei ricordi.

Non aveva nemmeno sentito Sasuke parlare con Tsunade.

Solo quando la senti dire: «capisco» si ricordò di dove fosse e perché.

«Pare proprio, Naruto, che le tue allucinazioni siano dovute allo shock che hai subito da bambino» gli spiegò. «Ma non preoccuparti. Ci sono dei medicinali che bloccano le allucinazioni, impedendoti di avere altre crisi. Certo, dovrai prendere i farmaci per tutta la vita ma almeno non sarai più tormentato dalle tue visioni».

 

 

Sasuke stava andando verso casa di Naruto.

Erano passati un paio di giorni dalla visita in ospedale ed il biondo non si era fatto più sentire.

Non era nemmeno venuto a scuola. L’Uchiha si stava seriamente preoccupando.

Arrivato a casa del biondo, suonò a lungo il campanello ma nessuno rispose.

Il corvino, allora, si ricordò dove Naruto tenesse le chiavi di scorta. Infilò la mano in un vaso li vicino ed estrasse una chiave.

Entrò.

Stava per entrare nella camera del biondo, quando sentì dei rumori provenire dal bagno.

Sasuke non sapeva cosa stesse facendo Naruto perché, quando entrò, il biondo gli dava le spalle, tremando scosso dai singhiozzi.

Il corvino sapeva, ne era certo, che qualunque cosa stesse facendo Naruto, andava fermato.

Così corse in avanti, verso il biondo, e, quando gli fu di fianco, vide che in una presa incerta della tremante mano destra stringeva una lama già leggermente affondata nel polso destro che stillava sangue.

«Naruto!» urlò Sasuke, profondamente scosso perché non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere dal dobe. Mai avrebbe detto che Naruto sarebbe diventato così disperato da voler porre fine alla sua vita.

Tra i due, era sempre stato l’Uchiha quello depresso e pessimista. Ora, vedere Naruto come uno specchio che rifletteva la sua immagine distorta aveva risvegliato in lui un senso d’allarme e un istinto protettivo che non pensava di possedere.

Sasuke scattò verso il biondo, cercando di levagli la lama dalla mano.

«Lasciami stare!» gridò Naruto, aumentando la presa sull’oggetto affilato e cercando di sottrarla dalla presa di Sasuke.

L’Uchiha continuò a stringere la lama, non mollò la presa nemmeno quando questa lo ferì leggermente ed il suo sangue andò a mischiarsi a quello di Naruto.

 

 

«Scappa, Naruto! Vai via di qui!»

 

 

“Mamma”.

La presa del biondo sulla lama si allentò un po’ ma non abbastanza da permettere a Sasuke di strappargliela di mano.

 

 

Il coltello affondò nel corpo di Kushina. Freddo. Crudele.

 

 

Il polso ferito bruciava terribilmente ed il sangue continuava a scivolare via.

 

 

 

Sangue…

 

 

Sangue…

 

 

Quell’uomo che le saltava addosso brandendo un coltello…

 

 

Sasuke che gli saltava addosso cercando di strappargli via la lama…

 

 

Voleva ucciderla…

 

 

Voleva ucciderlo…

Naruto lasciò all’improvviso la presa sulla lama e, stringendosi il polso ferito, si accasciò a terra.

«Tu sei come loro! Io lo sapevo! Io mi fidavo di te e invece tu vuoi uccidermi; vuoi uccidermi come LORO

 

Sasuke si bloccò, la lama in mano.

Fissò perplesso Naruto. «Ma che stai dicendo? Sei tu che ti volevi suicidare. Io ti ho fermato» gli fece notare.

«Non è vero! Sei un bugiardo. Siete tutti bugiardi… tutti uguali».

Il biondo si strinse la testa tra le mani e serrò gli occhi. Lo faceva sempre quando non voleva vedere o sentire loro.

Il biondo si accostò ancora di più ala fredda parete del bagno. Sapeva che loro stavano venendo a prenderlo.

Glielo dicevano. Glielo stavano dicendo.

 

Eccoci, Naruto. Stiamo arrivando. Stiamo venendo ad ucciderti…

 

Questa volta Sasuke non ti potrà salvare. Ti ha imbrogliato: lui non ti ama, lui non ti vuole. Lui vuole ucciderti, come noi”.

 

Muori!... MUORI!

 

«NARUTO!»

Sasuke scosse violentemente il biondo, costringendolo a sciogliersi dalla sua posizione rannicchiata e a guardarlo.

Le lacrime scorrevano dolorosamente dagli occhi sbarrati.

Sasuke costrinse Naruto a tirarsi in piedi. Lo sbatté contro il muro e lo afferrò per il colletto della maglia.

«Loro non esistono» ringhiò. «Ragiona: ti pare possibile che, in dieci fottutissimi anni in cui li vedi, non ti abbiano mai preso? Erano sempre a pochi passi da te, eppure non sono mai riusciti ad ucciderti.

«E credi davvero che, se quella sera volevano davvero farti fuori, non l’avrebbero fatto?

«Loro non esistono, dobe. Tu hai le allucinazioni e puoi curarti. Quindi, ora, prenderai quelle medicine».

Naruto scosse la testa. «Non voglio prendere delle medicine per tutta la vita. Anche perché non servirebbero a niente: loro torneranno comunque».

Sasuke gli afferrò rabbiosamente il polso ferito, stringendolo tra le dita a facendo geme l’altro di dolore.

«Non ti mentirei mai, Naruto. Perciò, se ti dico che loro non esistono, vuol dire che non esistono.

«E se ti dico che quelle medicine ti aiuteranno, vuol dire che lo faranno davvero. Smettila di fare l’idiota».

Naruto singhiozzò.

«Voglio solo morire» mormorò. «Così finirà tutto».

La presa sul suo polso aumentò ancora di più.

«Sa-Sasuke… lasciami… mi fai male» si lamentò il biondo, strattonando debolmente il braccio.

«La morte fa più male».

Sasuke appoggiò prepotentemente le sue labbra su quelle di Naruto, sfiorandole con la lingua per chiedergli di entrare.

Il biondo rimase perplesso per qualche secondo, incapace di fare qualunque altra cosa, tanto era stupito.

Poi, come se per tutta la vita non avesse aspettato altro, dischiuse le sue labbra e lasciò che la lingua di Sasuke si intrecciasse con la sua. L’Uchiha lasciò la presa sul polso di Naruto e appoggiò la mano sporca di sangue alla parete immacolata, macchiandola.

Ma, in quel momento, a nessuno dei due importava.

«E ora» fece il corvino dopo un po’, staccandosi dalle labbra fameliche di Naruto. «Prendi quelle medicine. E chissà che, dopo, per premio, non ti dia qualcosa di più di un bacio…»

Naruto si imbronciò ma non poté fare a meno di trattenere un sorriso.

 

 

3 anni dopo…

 

 

Sono passati tre anni da quel giorno.

Naruto si è ormai fatto una ragione del fatto che dovrà prendere quelle medicine per tutta la vita. Assumerle, per lui, è diventata una cosa naturale come dormire o bere un bicchiere d’acqua quando ha sete.

Come previsto da Sasuke e da Tsunade, loro non erano più tornati davvero.

Naruto ha ricominciato a sorridere e i suoi vecchi amici hanno iniziato a riavvicinarsi a lui.

Il dobe scherza sempre sulle sue allucinazioni – si, perché ora, pensando alle parole di Sasuke, si è convinto di essere malato.

Dice a Sasuke che non deve essere geloso delle sue medicine perché il suo preferito è sempre lui.

Come se Sasuke avesse motivo di essere geloso di quei medicinali…

Il corvino sbuffa.

Un Naruto concentrato, riemerge dal vocabolario di latino e lo guarda comprensivo.

«Anche io mi sono bloccato sulla versione, sai?... Qui» dice, indicando una parola a circa metà di quelle dodici righe infernali.

Sasuke alza gli occhi al cielo. Non vuole nemmeno sprecare fiato per spiegare al dobe il vero motivo per cui ha sbuffato; si limita, invece, a guardare il biondo con aria di superiorità.

«Io l’ho finita, la versione» proferisce, con un certo orgoglio.

Naruto spalanca gli occhi, poi la sua espressione si addolcisce ed un sorrisetto compare sul suo volto. «Me la fai copiare, vero?» chiede.

Sasuke finge di pensarci. Tanto sa che gliela darà: come può resistere a quegli occhioni imploranti?

«Va bene» concede e subito Naruto gli strappa il quaderno da sotto le mani.

Sasuke aspetta che Naruto finisca di copiare poi, quando il biondo gli restituisce il quaderno, se ne esce con: «potresti almeno fingere di impegnarti un po’a fare da solo la versione».

Naruto ride divertito.

Si alza dalla sedia e va a sedersi sulle ginocchia di Sasuke.

«Dai» sussurra, iniziando a baciarlo. «Se copio da te finisco prima e ho più tempo libero per dedicarmi ad attività più costruttive ed appaganti» aggiunge, staccandosi leggermente prima che le sue labbra siano catturate di nuovo da quelle di Sasuke.

«E quando vorresti dedicarti a queste attività più costruttive ed appaganti?» domanda l’Uchiha, divertito.

«Ora?» propone Naruto.

Le labbra di Sasuke si piegano in un sorriso contro quelle di Naruto.

«Ora».

 

 

 

 

***

Non mi aspettavo di essere arrivata terza U_U

Ma sono contenta perché a questa storica ci tengo particolarmente.

Riporto il giudizio:

 

III° classificata, "Mentis error" di Lovy chan
Grammatica e lessico: 6/10
IC: 9/10
Warning del Contest: 10/10
Trama/Originalità: 8.5/10
Opinione Personale: 4/5
Giudizio totale: 37.5/50


Giudizio:
Comincio subito elencando i punti “deboli” della tua fic.
In assoluto, la grammatica.
Sono presenti errori di battitura e di grammatica. Ho trovato molte espressioni tipiche della lingua parlata che, in un testo scritto, sono scorrette e che “rovinano” la struttura della frase.
Inoltre, ci sono errori di lessico e nell'uso della punteggiatura.
E veniamo all'IC.
Allora, valutare questa voce è stata un'impresa che potrei definire titanica.
Purtroppo, quando si ha a che fare con queste malattie, le persone cambiano completamente e io lo so per esperienza personale.
Quindi, ho deciso di mantenermi più “larga” in questa sezione poiché il cambiamento deve esserci per i malati.
Buona è stata la delineamento della personalità di Sasuke, anche se mi è parso vagamente OOC in alcuni punti.
Lo stesso vale per Naruto, che hai caratterizzato bene nonostante la malattia.
Hai sicuramente rispettato il bando del concorso, riusciendo ad essere IC con i personaggi da te scelti.
Inoltre, ho trovato la trama abbastanza orginale, soprattutto per l'idea di ambientare la malattia di Naruto in una scuola. Hai, quindi, ottenuto quasi il massimo in questa voce.
Opinione personale Bimba: la storia in sé, come trama, mi è piaciuta. L'idea è buona e ben sviluppata.
Peccato per gli errori che rovinano l'insieme e rendono la lettura meno scorrevole. Ti consiglio, prima di pubblicare, di controllare bene la storia e di correggere gli errori.
Opinione personale Globulo rosso:
Una buona fic, non c'é che dire. Devi curare la grammatica perché é lì che pecchi. Però sei davvero creativa...
Non posso dirti altro, poiché nel giudizio precedente é già stato detto tutto. Migliora il lessico e la grammatica, quello sì, però l'originalità e la fantasia ci sono. E al contrario di quello che pensano molti, non tutti gli scrittori ce le hanno.

 

E il bannerino *_*:

 

 

Complimenti anche alle altre partecipanti ^_^

 

E, dato che è il 25 Dicembre, BUON NATALE a tutto EFP XD

 

 

 

  
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