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Autore: H a c h i     25/12/2009    0 recensioni
Venticinque anni fa, nasceva una bambina. Quella bambina ero io.
Non ho idea di cosa verrà fuori da questa storia, ho iniziato parlando di me ed ho finito col creare tutt'altro. Non so quanto saranno regolari gli aggiornamenti (e nemmeno se aggiornerò xD) ma spero piaccia <3 Non so nemmeno che genere mettere! *bum*
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi, L
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Capitolo 2

Non ho mai amato davvero qualcuno in vita mia. Oltre al semplice affetto per mia zia, dovuto più alla convivenza forzata che per altro, raramente ho provato qualcosa per qualcuno.

A Los Angeles però frequentare la CA mi permise di conoscere nuove persone – che non conoscevano i retroscena alquanto macabri del mio passato – che potrei definire “amici”. Trascorrevamo insieme le serate, parlando del più e del meno, andandocene a zonzo per le vie della città a divertirci; andammo anche ad un concerto, una volta:

Layla era una fissata cronica dei Muse e costrinse tutti ad accompagnarla. Fu uno spasso, lo ammetto, ma è un’esperienza che non farò mai più, assolutamente.

Ero felice, abbastanza direi, avevo finalmente una vita che potevo definire normale, qualcuno che mi accettava per quello che ero e una carriera alla fine degli studi assicurata – mantenevo una media alquanto ottima.

Una cosa che però ho imparato nei miei ventisei anni di vita è che quest’ultima è imprevedibile. Non sai mai cosa passa per la testa della gente, anche l’essere più pacifico può sconvolgere te e il tuo mondo in un niente. Bello, vero? Credo sia una cosa stupenda. E sono contenta che a me sia capitata una cosa del genere, che l’essere pacifico sia venuto a smuovere la noia della mia vita.

A volte, ripensandoci, mi chiedo se sarei stata più felice se quel giorno di settembre non l’avessi incontrato. È strano, ma la risposta è sicuramente no.

Ho imparato a piangere lacrime di sofferenza pura, ho conosciuto il dolore dovuto alla perdita di una persona che ti sta davvero a cuore, ho lottato, sto lottando contro qualcuno che si crede un Dio in terra, eppure… eppure, no, non sarei stata più felice.

Conoscere Ryuzaki ha avuto anche i suoi lati positivi, per quanto essi abbiano sempre avuto risvolti negativi.

Male o no, però, la mia stima e gratitudine nei suoi confronti non moriranno mai. Mi viene da ridere, ma mi vedo come un gattino sperduto raccolto per caso da un cagnolone goffo e risoluto, col musetto sempre sporco di cibo. Già, è proprio così che vedo L. È grazie a lui che ora credo in qualcosa per cui vale la pena combattere, è solo per lui che ora combatto. Non dovrei, ma che posso farci. La vita è imprevedibile, no? Bhe, è anche dolorosa. E poi, non sono il tipo che perdona, dimentica e tanti saluti. Sono consapevole che la mia indole vendicativa non mi porterà mai da nessuna parte se non verso la mia autodistruzione, però… è ciò che voglio, e se la mia distruzione porterà serenità nel mondo, tanto di guadagnato.

Mmh, avevo cominciato a raccontarvi di settembre… stavo dimenticato la cosa più importante, maddai!

Avevo da poco compiuto vent’anni, era passata pressappoco una settimana, e all’università, cominciava per me il terzo anno di studi. Erano questi i giorni che precedevano l’inizio delle lezioni, ed era davvero un inferno: matricole che si aggiravano come anime in pena, chi angosciato, chi terrorizzato dalla nuova vita, e chi invece organizzava party pre-school ai limiti (o meglio, oltre) della legalità.

Il campus era come sempre splendido: ettari ed ettari di prato, dormitori circondati da alberi semplici, di quelli su cui ci si può arrampicare facilmente per passare un pomeriggio in pace, beandoti della frescura che la natura ti offre.

Era davvero bella, la CalArts. Ed era proprio lì che dovevo recarmi da un momento all’altro, aspettando James, il mio coinquilino, ai piedi delle scale. Ma quello che mi travolse in pieno, ai piedi di quelle maledette scale, non fu James, ma un mucchietto d’ossa con una zazzera di capelli neri scaraventatomi addosso da una donna che allora ritenni decisamente pazza.

 

 

  
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