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Autore: AliceMaryCullen    26/12/2009    0 recensioni
Ecco qui una Piccola FF, ambientata pochi mesi dopo la fine di Breaking Dawn, scritta a due mani da me e da Lizzie Hale. In questa FF i protagonisti della Saga di troveranno di fronte ad un'evento del tutto inaspettato, che potrebbe mettere in crisi la pace e l'alleanza con i due Branchi di Lupi. Al centro, due cuori che al contrario di ogni logica ed ogni legge di natura, si infiammano l'uno dell'altro, in un'amore pericoloso e proibito. Zoey POV: ME Seth POV: Lilian Hale
Genere: Demenziale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le giornate piu belle sono quelle che cominciano come giornate del tutto normali, quelle che non penseresti mai di trovarti a ricordare dopo dieci anni, od in compagnia dei tuoi nipotini il giorno di Natale. Sono le giornate ordinarie che diventano speciali, quelle che ricordiamo per tutta la vita...e, spesso, quelle che la segnano in maniera irreversibile. Non c'era neinte nella mia semplice vita di Commessa che mi avrebbe fatto mai pensare a qualcosa di diverso di una vita a Forks, lunga, lenta e pigra, malattie permettendo. Tutta trascorsa tra la pasticceria dove lavoravo e la mia casa, e...i compagni delle elementari, che erano i compagni delle medie, ed anche delle superiori, che erano ora il mio gruppo di amici: almeno quelli che non avevano avuto la fortuna di una borsa di studio per un College lontano, magari in un posto dove non piovesse trecentocinquantacinque giorni l'anno, lasciando alle nuvole gli altri otto ed al sole i restanti due. Non c'era niente di strano nemmeno nel percorrere al volante del mio pick up la solita strada a ridosso della Foresta, la solita vecchia strada che mi avrebbe dovuta condurre non verso casa ma verso la riserva di La Push, dove abitavano i miei nonni. Mezzosangue Quileute. Pochi lo ignoravano, nella striscia di chilometri tra Forks e la riserva, per quanto cercassi di nasconderlo. Avevo i capelli scuri della tribù, e la loro pelle ambrata, ma i tratti del viso piu dolci, ed i grandi occhi chiari di mia madre, un mix discretamente piacevole, a detta di molti e troppo asimmetrico dal mio punto di vista. Sembrava tutto perfettamente normale, come il profumo della torta di mele che inondava l'abitacolo mentre guidavo, sotto l'onnipresente pioggia, per arrivare prima del buio, sforzando quel catorcio passato da mio nonno a mio padre e quindi a me, lungo la strada viscida alla soglia del limite di velocità. Avrei dovuto saperlo, però, che il destino si prende strane rivincite, e che spesso le storie si ripetono, ma la Vigilia di Natale, con il timer della vita che corre e troppi impegni in testa, il ricordo dei tuoi genitori morti in un'incidente stradale troppi anni prima sfuma, rimanendo ai margini. Fu un'attimo, un breve attimo che si protrasse all'infinito. Una sagoma indistinta di un'animale che attraversava la strada nella penombra, velocissima, una frenata sin troppo brusca, uno stridio come di unghie lunghe su di una lavagna e poi un silenzio irreale. Non sentii nemmeno male. In una frazione di secondo non c'era altro che quel prezioso silenzio, la calma e la tranquillità di un paradiso che non avevo mai immaginato da viva. Una radura piena di fiori, vicino al fiume Quilayute, in una delle sin troppo rare giornate di sole, con i miei nonni, tanti anni prima. Prima di crescere, prima di lasciare la Riserva dopo il liceo ed aprire una pasticceria nella poco distante Forks, andando a vivere da sola, appena maggiorenne. Quello era il mio Paradiso, quella giornata che avrei ricordato per sempre. Il mio ritorno in Paradiso. ... *Carlisle. L'abbiamo trovata. Lungo la 101. Parecchio fuoristrada, semisepolta.* La voce di un'angelo, un soprano, venne a strapparmi dal mio PAradiso, ed a nulla servirono i miei tentativi di scivolare nuovamente verso quel tepore. Non sentii dolore, eppure il mio corpo non rispondeva, non voleva muoversi, nonostante volessi chiedere a quell'angelo di tacere e di riportarmi indietro, mentre il freddo improvviso mi scivolava addosso, assieme a qualcos'altro, di ghiacciato e fradicio. *Si, respira ancora. Nessuna grossa ferita, non ha quasi nemmeno perso sangue, ma...non saappiamo da quanto sia qui, Carlisle, ed è gelata, non riusciamo a svegliarla* Seguirono altre parole, sempre piu concitate da parte dell'angelo, a cui si unirono improvvisamente altre voci, melodiose, una femminile ed altre tre, maschili. *Alice, Di a Carlisle che la portiamo a casa, è un'evidente principio di assideramento.* *Edward, ti rendi conto..* *Rose, vuoi lasciarla morire?* *Non è questo quello che ho detto!* *Piccola, Edward ha ragione, ci preoccuperemo dopo del resto.* *Emmett...è ancora viva, abbiamo ancora tempo, anche se il suo cuore non reggerà a lungo, dobbiamo sbrigarci...* Avrei voluto gridare, dirgli che c'ero, che ero ancora li, ma era come se ogni millimetro di me pesasse un quintale. Avevo freddo, e l'unica cosa che riuscivo a pensare era che ero cosi stanca, che volevo solamente dormire, e tornare in quella radura, per sempre, pur di scacciare il freddo che sentivo dentro. *Lascia fare me, Edward.* Una voce piu ruvida, sempre maschile, una voce da uomo, interruppe gli angeli, e prima che potessero rispondere, sentii due braccia gelide, marmoree, avvolgermi e premermi contro qualcosa di altrettando gelido ed altrettanto marmoreo. Galleggiai, ancora per qualche istante, cercando di gridare, sforzando di costringere le mie labbra a muoversi ed il freddo ad andarsene da me, finchè esausta, smisi di lottare.
  
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