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Autore: Phoenix    28/06/2005    1 recensioni
Una storia.. una soltanto.. una semplice ma terribile storia accaduta 5000 anni fa aveva fatto riskiare ad un grande faraone di ricadere nell'oblio più oscuro.. della dimenticanza.. del rifiuto.. del disprezzo.. Una storia di tradimento.. una storia maledetta.. Cosa accadde in realtà? Nessuno dovrebbe mai saperlo.. -Non dico molto scusate, e magari non ho dato la giusta impressione.. solo che voglio mantenere la sopresa, altrimenti riskierei di rovinare tutta la storia ^^" Cmq c'è un commento prima dell'epilogo ^^ Spero vi piaccia! ^0^ Commenti plaseeee!!
Genere: Drammatico, Generale, Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole era appena sorto sull’Egitto e donava riflessi dorati alle acque del Nilo e alle sinuose dune sabbiose del deserto

JOKE OF THE DESTINY

 

 

Prima di cominciare, vorrei ringraziare tutti quelli che commentano la mia ficcy! ^__^ Tengo molto ai vostri commenti, mi danno la carica per andare avanti! Come ad ogni scrittore, penso, del resto! ^_^

Inoltre, volevo aggiungere che finalmente ho scoperto che il vero nome del faraone sarebbe Atemu (o Atem) =.= Di fatti, mi sembrava alquanto strano che si chiamasse solamente Yami =.= Va beh, ormai ho cominciato con quel nome e finirò con quel nome ^_^ Magari voi già lo sapevate, ma io arrivo sempre dopo ^^”””

Vi lascio al nuovo capitolo! ^0^ Spero vi piaccia! Commenti pleaseee *___* Grazias XD

Buona lettura e Kisses! XD

 

^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^

 

 

Il sole era appena sorto sull’Egitto e donava riflessi dorati alle acque del Nilo e alle sinuose dune sabbiose del deserto. Quel lieve bagliore penetrò silenzioso dell’abitazione di Seshat, ancora addormentata sul suo letto ricoperto da soffice lana di pecora.

Non appena i primi raggi mattutini incontrarono i suoi bellissimi occhi, ella, infastidita, si svegliò dal suo torpore.  Sbatté le palpebre per qualche istante, cercando di abituarsi alla luce del nuovo giorno, fino a che sospirò profondamente, girandosi dalla parte opposta, nel tentativo di sfuggire a Ra che sembrava non volere altro che il suo risveglio.

Richiuse gli occhi, sentendoli ancora troppo stanchi per sopportare un nuovo giorno. Che lei ricordasse, non aveva compiti urgenti da portare a termine. Sarebbe dovuta andare, in mattinata, al tempio della Dea Iside, per le ormai ordinarie devozioni che quasi ogni giorno le rivolgeva.

Iside… In tutta la sua ancora corta vita, a lei erano dedicati gran parte dei suoi studi e delle sue preghiere. I maestri di corte e i sacerdoti l’avevano istruita affinché l’adorasse prima di ogni altra cosa, anche se secondariamente al Dio Ra. Certo, in fondo le avevano insegnato ad amare profondamente, più che ad ogni altra persona della corte, tutti gli Dei, ma le sue principali attenzioni erano rivolte a lei, alla Dea della magia.

Quegli insegnamenti avevano dato i loro frutti: Seshat non riusciva ad affrontare il giorno nascente senza una preghiera alla sua Dea, senza sapere che nei suoi pensieri ella era sempre presente.

Sì, l’adorava più di ogni altra cosa che potesse mai esistere… o forse no..?

Sorrise amaramente al pensiero del pomeriggio precedente. Una sua mano scivolò furtiva verso la sua intimità, accarezzandola lievemente, quasi avesse paura di farsi male, quasi temesse di sentire ancora il dolore che Yami le aveva fatto provare, anche se con estrema passione. No, non si era affatto pentita di quello che aveva fatto. Si era abbandonata alla sua passione, sebbene le fosse da sempre stato insegnato a non farlo, mai. Le avevano sempre detto che la passione era pari ad un demone inferocito dagli occhi color sangue, che lacerava le anime con una sottile parvenza di soddisfazione e felicità. Le era sempre stato detto si tenersi alla larga da uomini o ragazzi che cercassero di trascinarla negli abissi infernali del sesso, ma lei ci era cascata. In verità, quelle terribili parole sembravano, un tempo, spaventarla a morte. Ricordò quando, anche solo pochi anni prima, avrebbe giurato su Horus, il grande Dio Falco, che non si sarebbe mai e poi mai lasciata trasportare da simili peccati carnali. Ma ora le cose erano cambiate.

Ancora non sapeva il motivo di tutte quelle raccomandazioni. Solo a lei erano state fatte, allo stesso modo di quell’insegnamento assiduo, religioso e magico. C’erano ancora così tante domande senza risposta.. una risposta che, chissà per quale motivo, le veniva ancora negata.

Ma ora la sua mente non poteva essere occupata da simili problemi. Yami le aveva sottratto la sua purezza, e lei aveva ceduto alla tentazione. Cosa avrebbero pensato di lei, se un giorno si fosse venuto a sapere? Eppure, ella non provava disprezzo per quel ragazzo che le aveva fatto scoprire una cosa così nuova quanto intrigante e stupenda. Lei era tremendamente felice… Poteva dire di sentirsi un’altra persona.. Perché la passione doveva essere vista in maniera così devastante?

Chinò il capo, sospirando per la seconda volta. Non le importava nulla delle stupide parole dei sacerdoti, delle ancelle e dei maestri. Non più.. Non più, dopo quel pomeriggio. Erano solamente assurdità, che, chissà per quale ragione, le avevano messo in testa! E in ogni caso, la passione di un Dio sceso in terra, la passione di Yami, la passione di un faraone… Non sarebbe mai stata eguagliabile ad un demone. Quella passione non era mortale, non era comune.. era semplicemente divina, e non poteva essere maledetta.

Lei non poteva aver sbagliato..

 

 

Un suono roco e profondo risuonò per l’intero alloggio di Seshat, facendo sussultare le sua ancelle, intente a riporre frutta secca, datteri e miele su un basso tavolino al centro della stanza principale, da offrire poi alla loro giovane padrona per colazione.

Una di loro si affrettò ad andare a chiudere per intero la tenda bianca, poco prima lievemente aperta, che portava alla stanza adiacente in cui ancora riposava Seshat, preoccupata che quel qualcuno che aveva appena bussato pesantemente alla porta in legno massiccio potesse vederla nella corta e lieve veste giallognola notturna. Sobekka, nel frattempo, corse verso l’entrata, mentre le restanti due ancelle si disponevano in linea retta per prepararsi al saluto con un singolare inchino.

Quando l’enorme porta venne aperta, la prima ancella vide schierati davanti a sé due uomini, il primo vestito con una lunga tunica dal colore azzurrognolo sbiadito ed un lungo mantello blu notte, e il secondo coperto da una semplice veste bianca con ricami dorati.

Ella s’inchinò, insieme alle altre ancelle, lasciando poi libero il passaggio per far sì che potessero entrare.

I due uomini entrarono con passo deciso nell’alloggio della ragazza, soffermandosi a guardare il tavolino ancora in fase di preparazione ricco di cibo non ancora consumato, segno che la ragazza stava ancora dormendo.

Sobekka parve captare all’istante i loro pensieri nascosti da uno sguardo serio e severo, per cui si affrettò a dare singolari spiegazioni:

-La padrona non si è ancora svegliata, divino Sacerdote. Desiderate che io la vada a chiamare?-

L’uomo interpellato, che altri non era che il Gran Sacerdote del tempio di Ra, nonché primo maestro di Seshat, affiancato in quella sua visita da un altro Sacerdote minore suo servo, si limitò a roteare i grandi occhi azzurro scuro, per poi rispondere in tono scocciato:

-No, non importa. Anche se a quest’ora dovrebbe essere già sveglia da un pezzo. Si è forse dimenticata del suo atto di devozione a Iside?-

Sobekka si affrettò a scuotere il capo, impaurita. Era certa che la sua padrona non si fosse dimenticata del suo importante impegno: non era mai successo, e non sarebbe successo nemmeno quella mattina. Eppure, lo sguardo irritato del Gran Sacerdote la fece fremere. Si diceva ch’egli avesse enormi doti magiche, e giravano moltissime voci sul suo conto. C’era addirittura chi diceva che avesse un centinaio di anni, nonostante il suo aspetto giovane di uomo sulla trentina. Oppure c’era chi sosteneva che potesse riportare in vita i morti e allo stesso modo lanciare maledizioni terribili e mortali. Per la maggior parte erano solamente delle voci, ma quel suo aspetto duro e maledettamente serio le faceva venire i brividi ogni volta che anche solo i loro sguardi si incrociavano.

Dopo alcuni istanti di totale silenzio, egli si voltò verso la prima ancella, seguito a ruota dal suo servo.

-Lasciale questo messaggio da parte mia: dille di presentarsi oggi, dopo che il sole ha smesso di bruciare nelle sue ore più calde, nel tempio di Ra dove presiedo. Ho un messaggio importante da comunicarle, di cui il faraone Menkh è già al corrente.-

L’ancella annuì con il capo, per poi rispondere in tono ancora insicuro:

-Sarà fatto come desiderate, Gran Sacerdote. Glielo comunicherò non appena si sarà svegliata.-

I due uomini annuirono, anche se insoddisfatti. Avrebbero sicuramente preferito parlare con la stessa Seshat in persona, ma in fondo la cosa non sarebbe cambiata di molto.

Si avvicinarono alla porta in legno ancora spalancata e, prima di uscire, il Sacerdote di Ra parlò ancora alla fedele Sobekka.

-E’ ora che lei sappia-

Sobekka scosse la testa.

-Così presto?-

-Sì. Ormai è giunta l’ora che lei sia consapevole di ciò che l’aspetta. Sarebbe inutile farla aspettare oltre, il suo livello di preparazione è ottimo.-

Non ricevette nessuna risposta da parte della donna, che non fece altro che chinare il capo. La sua padrona era ancora molto giovane, e privarla della sua libertà non le sembrava corretto. Nonostante quello che sarebbe dovuta diventare, era pur sempre una ragazzina, con così tanta voglia di correre libera e scoprire quello che le stava intorno.

-il grande Menkh sostiene che sia il momento.-

Avendo visto lo sguardo di Sobekka, il Gran Sacerdote pronunciò quell’ultima frase, nel tentativo di rassicurarla e, forse, anche per farle capire che ormai non sarebbe più stato possibile rimandare.

-Se è così che gli Dei vogliono, io di certo non avrò nulla in contrario. Sono solamente un’umile ancella della padrona.-

S’inchinò ancora di fronte i due uomini, insieme alle sue giovani compagne.

-Arrivederci Sobekka. Ovviamente voglio che ci sia anche tu oggi, insieme alla tua padrona.-

-Sarà fatto come desiderate..-

I due uomini sorrisero molto lievemente, in un sorriso difficile da notare per un occhio non attento. Sapevano che per lei sarebbe stato un duro colpo: tra non molto, le avrebbero sottratto la sua amata padrona per renderla serva e amante solo e unicamente degli Dei, in un mondo che non aveva niente a che vedere con quello in cui si era sempre trovata.

Anche per Seshat sarebbe stato un colpo inflitto all’improvviso e forse doloroso, ma se ella aveva veramente raggiunto il livello di educazione estrema che essi le avevano dato nel corso della sua vita, avrebbe presto accettato volentieri le sue condizioni.

-E ora va, sveglia la divina Seshat, e dille ciò che ti ho riferito.-

Sobekka si inchinò nuovamente.

-Sicuramente. Arrivederci, divini Sacerdoti Seto e Kobe.-

 

 

 

Era ormai pomeriggio inoltrato quando Yami fece irruzione nell’immenso alloggio privato del padre, il Grande Menkh, allora intento a discutere con diversi scribi, tra cui faceva capolino, in prima fila, anche il padre di Seshat, Yamhose.

Sul suo giovane viso vi era un sorriso ampio e solare. I suoi occhi violacei parevano sorridere e l’espressione del suo volto era eccitata.

Si fermò non appena varcata la soglia della porta, da cui era entrato senza nemmeno bussare, e stette ritto in piedi a fissare la stretta cerchia di persone con cui il padre era così intento a parlare che nemmeno si era accorto dell’entrata in scena del figlio.

Yami osservò dapprima la stanza con sguardo assente, per poi far posare i suoi occhi sul padre della sua più grande amica. Amica… ora non solo, avrebbe osato dire.. e tra non molto, sarebbe stata ancora di più di una semplice amante. Le fervide sensazioni provate il giorno precedente parevano inebriarlo ancora, facendolo sentire carico ed elettrico. Sapeva che la sua vita stava lentamente cambiando; aveva penato così tanto per capire cosa lui volesse veramente dal suo futuro, e ora poteva dire di essere certo di averlo finalmente capito. Lui voleva Seshat al suo fianco, voleva poter sentire il profumo della sua pelle ogni notte, il battito del suo cuore frenetico ad ogni carezza osata. Voleva averla per lui solamente, la voleva regina al suo fianco.

Sorrise da solo a quel pensiero. Non avrebbe rivelato niente riguardo a quanto era accaduto in quel giardino, qualche ora prima; non avrebbe detto nemmeno una sola parola al padre. Non sapeva come mai, ma la paura di una sua reazione negativa lo tormentava, e gli impediva di sfogare la sua felicità con qualcuno che non fosse la stessa sua amante.

Strinse le mani in un pugno, quando vide lo sguardo dello scriba Yahmose posarsi lievemente su di lui; sembrava quasi lo stesse ora guardando svogliatamente. Yami, nonostante tutto, gli sorrise apertamente, senza dire una sola parola per non ostacolare il lungo discorso del Re, ma rimase di pietra quando vide lo scriba contorcere la bocca in una triste smorfia, prima di abbassare lo sguardo.

Il sorriso di Yami sparì per qualche istante, ma il giovane non fece nemmeno in tempo a chiedersi il perché di quella reazione, che il padre lo chiamò per nome, avendo finalmente notato la sua presenza nella stanza.

-Yami, figlio mio! Futuro Re D’Egitto! Come mai sei venuto a cercarmi?-

Conosceva bene il figlio, e i suoi occhi spalancati avrebbero voluto dire solamente una cosa: aveva notizie, e a giudicare anche dalla sua espressione, dovevano essere piuttosto importanti.

Il Grande Menkh, da bravo padre prima che faraone, non sbagliò.

-Padre, desidererei parlare con te in privato.-

Menkh storse la bocca, lanciando un’occhiata furtiva ai suoi scribi riuniti in fronte a sé.

-E’ urgente?-

-Io.. beh, direi di sì.. Si padre, devo parlarti!-

Fu allora che il Faraone chinò la testa, in evidente segno di affermazione ma anche di lieve rassegnazione per la sua riunione. D’altronde, era troppo curioso di sapere cosa il figlio aveva intenzione di dirgli! Sapendo inoltre che il giorno della sua incoronazione si stava avvicinando, in quanto ormai egli stesso si sentiva troppo vecchio e debole per continuare a regnare, le sue notizie non potevano che interessargli.

Congedò gli scribi con un cenno della mano. Essi uscirono velocemente, per poter lasciare al più presto padre e figlio da soli. Solo Yahmose non si affrettò; anzi, si avviò lentamente verso la porta vicino alla quale era ancora ritto Yami, per poi bloccarsi e voltarsi nuovamente verso il Faraone Menkh, che lo guardò con fare interrogativo.

-Spero che sua maestà sia al corrente delle intenzioni del Divino Sacerdote Seto.-

Il Re sorrise amaramente.

-Si, sono stato avvisato per primo, questa stessa mattina. Ho acconsentito per una piccola riunione che si terrà tra non molto al tempio del Dio Ra, prima della successiva cerimonia di iniziazione.-

Ci fu un silenzio angosciante, dopo quella semplice frase. Il Grande Menkh temeva di non aver fatto la cosa migliore, acconsentendo alle idee del Sacerdote Seto. Lui, certo, si fidava ciecamente di quell’uomo, e sapeva che le sue decisioni non erano mai azzardate. Eppure, Seshat era ancora così giovane.. E temeva, inoltre, che il figlio potesse avere in segreto una tremenda cotta per la figlia del suo scriba, sebbene non lo avesse mai ammesso. Sicuramente, la notizia che aveva in serbo per lui non sarebbe stata gradita… o magari, chi poteva saperlo? Ma sfortunatamente per Yami, se davvero le cose fossero state così, prima o poi avrebbe comunque dovuto affrontare quella realtà; si sarebbe potuto ritardare, ma mai e poi mai annullare il destino della giovane ragazza.

Yami sussultò nel vedere lo sguardo del padre: di cosa stavano parlando? Cosa nascondevano? Cosa aveva in mente il Grande Sacerdote? Si irritò parecchio al pensiero che il padre gli stesse nascondendo qualcosa, ma ancora prima che potesse confessargli il proprio rammarico, Yahmose si congedò con un inchino, parlando con una nota di tristezza nella sua voce:

-Arrivederci, sua maestà. E non temete: avete fatto la giusta scelta, non tormentatevi. Prima o poi, sarebbe dovuto accadere.-

Il Faraone sorrise per la seconda volta, in un sorriso tremendamente forzato: per una volta, nel vedere lo sguardo carico di amarezza e rassegnazione negli occhi dello scriba, non riusciva a sentirsi sicuro della sua decisione.

Congedò a sua volta Yahmose con un gesto della mano, il solito, prima di invitare il figlio a sedersi in fronte a lui.

-Ti ascolto, Yami. Di cosa vuoi parlarmi?-

Yami corrucciò la fronte, in segno di disapprovazione.

-Cosa mi stai nascondendo, padre? Sono tuo figlio, il tuo erede, il futuro Re. A me non dovrebbe essere nascosto niente di quello che accade qui nella corte!-

Il Re sospirò:

-Hai perfettamente ragione, figlio mio! Ma vedi..-

-No padre, non vedo niente, non ne vedo motivo! E ora, se non ti spiace, vorrei passare a cose più importanti per me, e che sicuramente mi faranno tornare il sorriso.-

Il Faraone annuì con un cenno del capo, per cui Yami, dopo un profondo sospiro, riprese a parlare:

-Ho deciso.. Ho deciso chi sarà la mia futura sposa!-

Il padre sussultò, ingozzandosi con la sua stessa saliva, al punto che gli occhi si riempirono di lacrime e cominciò a tossire. Dopo qualche breve istante, durante il quale bevve una lunga sorsata di vino e miele da una coppa d’oro posata al suo fianco sinistro, si schiarì la voce, e, sotto lo sguardo più che perplesso e curioso di Yami, parlò:

-E dimmi: chi sarebbe la fortunata?-

Il giovane ragazzo dagli occhi viola sorrise:

-Seshat, ma penso che già lo avresti immaginato..-

Il vecchio Re venne percosso da un brivido gelido. Cosa gli avrebbe detto ora? Come ferire le sue aspettative? Vedendo, rimirandolo, poteva vedere un volto irradiato dai raggi di Ra, tanto era eccitato e felice del dargli quell’importante notizia. Il giovane figlio sapeva che il padre non lo avrebbe tradito, sapeva che lo avrebbe ascoltato.. Come fargli capire che, quella volta, lui non avrebbe potuto farlo?

Si, sapeva che prima o poi tra lui e la figlia del primo scriba sarebbe accaduto qualcosa, sapeva che un giorno sarebbe scoccata la scintilla: ma mai avrebbe pensato così presto.. Mai, così forte, a tal punto che il figlio la volesse come regnante insieme a lui.

Lui.. come poteva ora confessare? Dove avrebbe trovato il coraggio di ferirlo?

-Yami sai.. ci sono cose che.. è ora che tu sappia. Avrei preferito non dire niente, ancora per un po’.. Avrei voluto rivelarti ogni cosa molto più lentamente ma.. ora mi sbarri il sentiero, e io non ho altra scelta..-

 

 

 

 

La giovane ragazza correva per i giardini del palazzo, rincorsa da Sobekka. Stava dirigendosi con ella al tempio del Dio Ra, per l’inaspettata riunione che avrebbe dovuto sostenere con il Grande Sacerdote. Saltellava ad ogni passo veloce, coi lunghi capelli sciolti al vento e lucidati dalle sue ancelle, che le donavano dei bellissimi riflessi ogni volta che venivano colpiti da un raggio di sole. Indossava una lunga tunica bianca, a mezze maniche, legata in vita da una cordicella d’oro, parecchio stretta. Ai piedi portava dei leggeri sandali altrettanto dorati, che facevano risplendere la sua immagine.

Era felice, lo era tremendamente. In ogni singolo istante non poteva che pensare al suo ormai Yami, il suo giovane futuro Faraone. Chissà lui ora cosa stava pensando? Chissà se lei era nei suoi pensieri? Chissà se anche lui era così felice come lo era lei?

Lanciò un gridolino nel vedere in lontananza lo stesso luogo nel quale ella gli aveva donato la sua verginità, così preziosa; dove avevano finalmente consumato il loro giovane amore. Sentiva che ora poteva davvero dire come si sentisse ad essere realmente innamorate, cosa fosse quella splendida cosa chiamata amore, che fino a solo l’altro ieri pensava di provare solamente nei confronti degli Dei. Certo, il suo amore per loro non si era affievolito, ma si rese conto di quanto un amore terreno e carnale potesse essere ancora più forte e grande, al punto di far perdere la ragione. Così felice, d’altronde, non lo era mai stata…

-Padrona, fermatevi!-

Seshat, al richiamo della sua ancella, rallentò il passo, ma senza voltarsi. Non appena la sentì raggiungere la sua postazione, riprese a camminare,questa volta lentamente e con sguardo perso.

-Sobekka, il Divino Sacerdote Seto ti ha per caso detto cosa mi deve riferire?-

Sobekka alzò le spalle.

-No, mia padrona. Ma penso sia una cosa importante. Mi ha detto di averne parlato anche con il Faraone stesso.-

“Sarà il mio matrimonio con Yami, forse?”, pensò la ragazza, sorridendo fra sé e sé. Ne dubitava fortemente, ma in fondo ci avrebbe sperato più di ogni altra cosa. Se la notizia che il Gran Sacerdote tra non molto le avrebbe dato sarebbe stata proprio quella della prossima celebrazione del suo matrimonio con il futuro Re d’Egitto, avrebbe sicuramente fatto qualsiasi pazzia dall’immensa felicità!

-Si, allora deve essere davvero molto importante- si limitò solamente a dire Seshat, senza far assolutamente riferimento alle sue fantasie sentimentali.

In fondo Sobekka sapeva bene cosa il Divino Sacerdote volesse finalmente da lei…

Improvvisamente, si sentì un cavallo galoppare sfrenatamente nella direzione del palazzo reale. Seshat riconosceva bene quel modo di cavalcare: solamente un matto come lui sarebbe stato in grado di frustare una povera bestia fino a spossarla, per farla correre a quella velocità!

Iniziò a correre per i giardini, rischiando di rovinare la lucentezza della sua veste, dei suoi sandali dorati e della sua persona pulita a perfettamente profumata quando uscì dall’immenso giardino attraverso il porticato che dava al deserto, dove, a pochi passi, cominciava il villaggio della popolazione di Tebe.

Non si sbagliava: un cavallo completamente nero si stava dirigendo come una furia verso di lei, e in groppa portava un ragazzo dagli strani capelli a porcospino, per i quali lei lo aveva sempre preso in giro. La insospettì il fatto che intorno a lui non ci fossero almeno una decina di guardie, per proteggerlo da eventuali attacchi del popolo, sia benevoli che magari non, ma non ci stette molto a pensare: voleva solamente abbracciarlo, in quell’istante!

-Yami!! Yami sono qua!!- gridò saltando la ragazza.

Lo vide avvicinarsi, senza quasi diminuire la velocità del suo cavallo preferito, Ombra, fino a quando, arrivato a pochi centimetri da lei, tirò bruscamente le redini facendolo impennare e poi fermare bruscamente.

Seshat fece pochi passi veloci per andargli incontro, ancora più vicino, ma, a quel suo gesto, egli tirò nuovamente le redini del cavallo per farlo indietreggiare di due passi. La giovane ne rimase sbalordita.

-Yami.. che succede?-

Lo fissò in volto: era furente, poche volte ricordava di averlo visto in quello stato. L’ultima volta, ricordò, fu quando a corte giunse la notizia di un possibile attacco della popolazione degli hyksos, sempre rimasta ostile al potere centrale del Faraone.

Ella non riuscì a dire una sola parola. Non capiva il perché di quella sua espressione, della sua rabbia. Cosa era potuto accadere? Lo scorso pomeriggio, per loro, era accaduta una cosa fantastica… certo, lo era stata anche per lui, ne era più che sicura, non si sbagliava certamente! Allora, cosa poteva turbarlo?

Yami aprì la bocca, come se volesse iniziare, finalmente, a dirle qualcosa; pochi istanti dopo, però, la richiuse, senza emettere alcun suono se non… se non un flebile singhiozzo spezzato.

Non resistette più: Seshat cominciò a piangere come una bambina davanti a lui, coprendosi il volto con le mani, quasi si stesse vergognando. In fondo, non poteva sapere il dolore che stava causando al suo amante nel vederla in quello stato. Purtroppo per lui, però, egli non avrebbe potuto fare niente per calmarla.. non più, o le cose sarebbero solamente peggiorate.

Ella non poteva sentirlo così distaccato, così terribilmente distante da lei. Era peggio di una pugnalata al cuore, specialmente dopo quello che era successo in quel giardino. Perché si comportava così? Perché non le voleva nemmeno stare vicino? Cosa stava succedendo, perché non le parlava??

-Mi dispiace…-

Poche parole, le uniche pronunciate dal giovane futuro Faraone.. Poche parole, tra le lacrime: ora stava piangendo silenziosamente anche lui, lasciando da parte per alcuni attimi la sua furia.

Cosa stava accadendo? Perché lei non riusciva a capire? Cosa aveva fatto di sbagliato?? Seshat alzò lo sguardo, nel porsi quelle domande impossibili, e vide alcune lacrime scendergli dai bellissimi occhi del suo amante. Non fece in tempo a dire niente.

Yami riprese il suo sguardo furente, per poi dare un forte calcio a Ombra, per farlo ricominciare a correre all’impazzata. Schivò di un filo la giovane, dirigendosi poi dritto davanti a sé, correndo adiacente alle mura del palazzo, senza meta.. in una corsa furiosa e priva di senso.. solo, senza preoccuparsi di essere scortato, senza preoccuparsi del popolo che lo avrebbe riconosciuto..

La ragazza cadde a terra, in ginocchio, in preda ad un pianto disperato e confusionale. 

 

 

 

Come un sogno che si spezza sul nascere,

come il carro di Ra che, sconfitto, non sorge nel cielo,

come due ali deboli e spezzate,

come un amore impossibile e maledetto…

… il destino è in grado di rompere

la vita, i sogni, l’amore..

 

 

 

  
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