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Autore: Fanny Jumping Sparrow    27/12/2009    2 recensioni
*Completamente revisionata*
La maledizione dell'Olandese Volante è spezzata grazie all'amore fedele di Elizabeth, ma Calipso ha ancora una richiesta da fare al Capitano Turner...
Nel corso della sua ricerca, affiancato dalla moglie e dal figlioletto, ritroverà i vecchi compagni d'avventura, ma Jack continuerà a creare non pochi problemi...
Ringrazio chi continuerà a leggere e chi la metterà tra le preferite!
- E mi avevi fatto promettere "niente segreti" - sospirò Will reprimendo della sana collera.
- Non riguardava te e me. Questo è un segreto di storia della pirateria! - Elizabeth non si smentiva mai: piratessa fino alle budella.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, Jack Sparrow, Will Turner
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La spada, il corvo, il mare'
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Capitolo 39: Un aiuto insperato

Calypso si adagiò mollemente sulla sfarzosa poltrona di basalto, raccogliendo i capelli con entrambe le mani, stendendoli sul lato destro del suo profilo: - Forse voi tutti non avete ancora capito perché siete qui – riconobbe con voce incrinata dallo sdegno, quindi tornò a parlare con un misto di mellifluità e ribrezzo, lisciandosi le ciocche ondulate: - Alcuni della vostra specie continuano ad umiliarmi, tracciando confini, appropriandosi delle mie ricchezze, servendosi di me come di uno strumento per i loro beceri fini. La mia pazienza non è eterna – fece una pausa chiudendo le palpebre e accigliandosi – e le mie capacità non sono infinite. Mi occorre un alleato, potente e affidabile – affermò alzandosi e tornando davanti a loro – Lo creerò appositamente. È per questo che vi ho chiamato. Mi servite, tutti e quattro. Voi e le vostre navi.
Li fissò per una manciata di secondi, le labbra inarcate, assaporando le diverse reazioni che alteravano i loro lineamenti.
- Io non ce l’ho una nave! – protestò Jack con uno strillo più acuto di quanto si aspettasse. Non era mai stato tanto felice di dover ammettere una verità simile, ma nel bagliore con cui si stagliarono sulla pelle ambrata gli occhi ora color acqua marina della dea, comprese che quella condizione non sarebbe bastata ad escluderlo dai suoi tetri piani.
- Le carte nautiche erano solo un pretesto, allora? – insinuò Will, attirandosi un sorriso di falsa compassione da parte della sovrana degli oceani, che batté un paio di volte le lunghe ciglia setose prima di rispondergli.
- Erano una prova cui ho voluto sottoporre la vostra fedeltà nei miei riguardi. So quanto vi interessassero i tesori che promettevano. In verità nessuno di voi mi ha mai soddisfatto pienamente – ammise con uno strisciante rancore, voltandosi e allontanandosi. Articolando lentamente le dita fece comparire dalla sabbia una serie di rocce su cui erano poggiate boccette e ampolle dal contenuto indistinto.
- Nessuno? – esclamò Jack con un piglio sbruffone e malizioso, provando a distoglierla da qualunque cosa si stesse apprestando a fare.
- Mia signora, i tuoi desideri sono così volubili … - borbottò quasi contemporaneamente Barbossa, con accento tanto grave quanto sarcastico.
Calypso tornò indietro quasi volando nell’aria priva di moto: - Specialmente voi due, Sparrow e Barbossa, avete sempre cercato di fregarmi – li mise a tacere serrando un pugno e provocando loro una fitta al centro del petto che sembrava inflitta dalla morsa delle sue unghie.
Gli uomini emisero un lamento soffocato e i loro compagni, ignari di ciò che stessero provando, li osservarono straniti e sgomenti.
- In quanto a voi, Worley e Turner – li richiamò con fastidio la dea, accorgendosi della loro disattenzione – Non posso dire che non mi abbiate appagata in misura maggiore – cambiò tono, scandendo le parole con subdola smanceria, per poi offuscarsi – Ma anche voi avete i vostri difetti imperdonabili …


Erano chiuse lì dentro ormai da mezzora a leggere e neppure lo avevano interpellato.
Jim, imbronciato e demoralizzato, si alzò dalla sedia e strascicò rumorosamente i passi fino alla porta, chiudendosela alle spalle con un botto.
Elizabeth sfogliava ripetutamente le poche pagine del Codice che narravano la storia del primo consiglio della Fratellanza e della cattura di Calypso, ansimando in cerca di una soluzione che sembrava inesistente. Anche Anamaria iniziava a spazientirsi: poteva sorvolare sul fatto che la sua amica avesse tolto a quel prezioso libro la voluminosa copertina per farlo entrare in quel forziere, ma non poteva permetterle di scompaginarlo del tutto, data l’irruenza con cui scartocciava i fogli di consunta pergamena.
- Deve pur esserci qualcosa che possa aiutarci, maledizione! – esplose un bel momento la Turner, battendo un palmo sul tavolo.
- E se non ci fosse? Elizabeth, posso sforzarmi di capire il tuo stato d’animo, ma credo che tu debba pensare a tuo figlio, adesso. Ha ancora bisogno di te – tentò di farla desistere la piratessa mulatta.
- Ha anche bisogno di suo padre – sostenne quella crucciata – Ne ho bisogno io – puntualizzò con un filo di voce, abbassando nuovamente la fronte sul vecchio volume.
La Jucard, si scostò dal tavolo, mettendosi in piedi: - Per dieci anni lo hai cresciuto benissimo da sola – insistette fredda e apatica, pur stringendosi nelle braccia, come attraversata da uno spiacevole pensiero.
- Per l’appunto. Non voglio più essere sola – mormorò sconfortata la giovane madre, guardandola con gli occhi umidi e contagiandole la sua stessa sofferenza.
Si sentì sciocca ed egoista ripensando che anche Anamaria aveva perduto l’uomo che amava e schiuse le labbra per scusarsi, ma quando cercò di farlo venne interrotta dal cigolio della porta che si aprì di colpo: - Mamma, c’è un tizio mezzo suonato con una strana nave sbucata poco fa dal nulla che sta cercando di salire a bordo – annunciò Jim visibilmente sconcertato, restando con la maniglia in mano.
Le due donne lanciarono un’occhiata interrogativa al bambino, poi d’intesa impugnarono le spade e subito uscirono dalla cabina di comando, affacciandosi sul ponte.
Con stupore avvistarono un nuovo vascello in quello stesso pezzo di mare, accostato all’Olandese. Aveva uno scafo lungo e stretto, dipinto a strisce argentate, nere e gialle. Le vele, disposte su quattro alberi più bassi del normale, erano cinerine e ammainate, sulla fiancata si notavano remi e cannoni, mentre la prua sembrava la bocca di un pesce con spuntoni simili a zanne. Non c’era traccia dell’equipaggio e dell’acqua scrosciava lungo la murata attraverso piccole aperture circolari.
- Benedetti venti del sud! Questa è proprio l’Olandese Volante! È la nave da cui ho tratto più ispirazione! – ridacchiava ad alta voce e pieno di ammirazione un uomo alto e dinoccolato, a occhio e croce sui quarant’anni, che indossava un cappello a falde larghe di un color ocra acceso e vestiti anonimi di varie tonalità di grigio da cui spuntavano catenelle con appesi svariati strumenti di misurazione.
- Mi sembra di conoscerlo – bisbigliò Anamaria all’orecchio di Elizabeth, mentre il misterioso individuo percorreva la passerella senza smettere di rimirare la loro nave con gli occhi spalancati dalla meraviglia, incurante del borbottio della ciurma che lo esaminava pur non sapendo come comportarsi.
- Chi siete? – lo bloccò la Turner puntandogli la sciabola, infastidita da quell’inopportuno contrattempo.
Quello ignorò la minaccia e con un agile balzo coprì la distanza rimanente atterrando sul ponte: - Vice ammiraglio Oliver Taft, comandante della Barracuda – si presentò velocemente muovendo i suoi buffi baffetti neri da gatto, dritti e sottili ai lati della bocca – Per servirvi, graziose damigelle – sorrise con i suoi vispi occhi celesti, eseguendo un cortese inchino al quale le due piratesse risposero con un verso di noia.
Elizabeth si rivolse all’amica, confidando nella possibilità che la illuminasse: - È l’ingegnere che ha progettato la maggior parte delle navi della flotta di Fortezza – la informò quella, avendolo infine identificato.
- È un tipo eccentrico – costatò la Turner, studiando i suoi gesti e i suoi sguardi trasognati, che davano l’impressione quell’uomo fosse in un mondo tutto suo.
- Quale pirata non lo è? – sospirò Anamaria abbassando la spada.
- È magnifica! Davvero magnifica! – ripeteva intanto il bucaniere rimirando ancora l’Olandese da cima a fondo, spostandosi a grandi falcate circondato da tutti i pirati di bordo che lo seguivano, vigili e torvi, tenendolo sotto tiro.
- Con quanta impudenza avete l’ardire di impestare la nostra nave con la vostra sgradita presenza? – lo apostrofò Elizabeth raggiungendolo e fermandosi davanti a lui indispettita.
Quello si mostrò oltraggiato: - Ma miss, vi ribadisco che vengo in pace! – alzò le braccia e fece di nuovo la riverenza, sfilandosi il cappello e rivelando l’assenza di capelli.
- Sono la signora Elizabeth Turner, Capitano in seconda dell’Olandese Volante – chiarì la donna, disturbata dall’aria stralunata e ruffiana del tipo.
- E io sono la vedova Jucard – si frappose Anamaria con uguale asprezza.
- Oh, mi dispiace – affermò Taft, intristendosi.
- A me no – rispose prontamente quella – Sono il Capitano della Murena, comunque.
- Ah, un pregevole veliero anch’esso – dichiarò il filibustiere guizzando le pupille proprio in direzione della suddetta nave. Il mormorio della ciurma dell’Olandese si fece sempre più eloquente e nemmeno il vice Capitano tollerava l’irritante intrusione di quello sconosciuto, sopraggiunto in un momento decisamente delicato e apparentemente senza un perché:
- Sapete quanti uomini hanno perduto la vita a causa delle vostre scellerate invenzioni? Bene, adesso avete cinque minuti per convincerci a non uccidervi – gli intimò duramente, spalleggiata dai marinai che estrassero le loro armi ghignando minacciosi.
- Me ne basterà uno solo: posso aiutarvi ad imprigionare Calypso – li sorprese con flemma Taft, tendendo una mano in segno di amicizia.
Elizabeth e Anamaria non ci pensarono due volte ad acciuffarlo per le braccia trascinandolo in cabina seguite da Jim che, incuriosito, corse dietro di loro per ascoltare.
- Sapete com’è, la vita di mare può essere davvero molto noiosa a volte. Per questo ho iniziato ad interessarmi di arti occulte … – cominciò a raccontare il comandante della Barracuda prendendo posto attorno al tavolo su invito delle donne, contemplando con avidità qualsiasi oggetto presente nella stanza.
- Sentite, se sopravvivrete ci racconterete tutto, ma ora abbiamo una certa urgenza – gli impedì di proseguire la Turner, piazzandogli il Codice sotto la faccia.
L’uomo sorrise divertito da quella veemenza, mostrandosi imperturbabile, sereno e logorroico: - Sì, sì, lo so già. Lei se li è presi per realizzare i suoi piani di conquista. Ci vuole tutti suoi schiavi, come Fortezza. Ben gli sta, se ha preso pure lui! Non mi ha mai detto un grazie, dopo tutti i favori che gli ho fatto …
Elizabeth picchiò i gomiti sul tavolo portandosi le mani ai capelli avvilita, allora Anamaria sfoderò la pistola premendola sulla fronte dell’uomo: - Ascolta molto attentamente, Taft. Se intendi andare avanti con queste chiacchiere, come minimo esci di qui menomato – lo avvertì ritraendo poi l’arma con un sorriso arrogante.
Finalmente l’allampanato bucaniere si risolse a sintetizzare, tamponandosi il sudore con un fazzoletto di pizzo che uscì dalla manica sinistra: - È presto detto. Bisogna annullare qualsiasi influenza abbia quella dea sul nostro mondo. Per questa ragione io stesso ho provveduto a distruggere tutti i doni speciali che ella aveva concesso negli anni ai pirati nobili.
- Quegli stessi uomini che voi e Fortezza avete derubato – gli tolse nuovamente la parola la Jucard, squadrandolo con astio.
- Fortezza ha affidato a me gli oggetti. Ma temo ci sia ancora qualcos’altro in vostro possesso … - replicò secco Taft risparmiando ulteriori ripicche, dunque iniziò a raccontare la sua storia.

A Jim quelli sembravano discorsi vuoti, perciò dopo qualche minuto finì con l’estraniarsi, folgorato da un’idea temeraria, e lasciò di nuovo la cabina di comando.
Sul ponte la ciurma sembrava sull’orlo dell’ammutinamento: suo nonno, Penrod e Gibbs cercavano di far ragionare gli uomini e di calmarli. Nessuno si accorse di lui che si dirigeva a prua. Si arrampicò sul bompresso, quindi salì sulla ringhiera. La nave oscillava e non era facile mantenere l’equilibrio, anche se si stava reggendo alle scotte. Il mare doveva essere molto profondo in quel punto, giacché aveva un colore blu cobalto. Ma ormai aveva deciso.
Chiuse gli occhi sperando che lo capissero.

- Non farlo!
Urla molteplici e angosciate irruppero fino a loro, troncando ancora una volta i discorsi intrapresi.
- Che altro è successo ora? – si lamentò Anamaria, spostando bruscamente la sedia.
Elizabeth ebbe un brivido e si precipitò all’esterno, inducendo gli altri due a seguirla.
Un gruppetto di pirati si sporgeva a prua di babordo, intenti a scrutare le onde. La giovane madre si avvicinò agli uomini sentendo le gambe appesantirsi come fossero di piombo e il respiro le rimase intrappolato nella gola, ostacolando la fuoriuscita di qualunque suono.
- Si è tuffato – fiatò inorridito Sputafuoco, accasciandosi ai compagni. La Jucard e Taft sussultarono fiondandosi alla murata mentre la Turner era impietrita da un accecante terrore.
- Ha detto che qualcuno doveva distrarre Calypso – sussurrò con un singulto Gibbs, poggiando una mano sul braccio della donna che lo osservava con gli occhi sbarrati.
- Siete totalmente matti voi Turner! – urlò Anamaria esasperata – Io … non ce la faccio più! – aggiunse indietreggiando dal parapetto e correndo via.
I marinai della ciurma si scusavano affranti, scaricando le colpe gli uni sugli altri.
Taft prese a mordersi una mano, mormorando tra sé e sé.
- Bravo, Jim – mugugnò Elizabeth con espressione atona e indecifrabile, senza sporgersi a guardare il mare e tornando a passo sostenuto verso la cabina.

Calypso riaprì gli occhi e le sue pupille si dilatarono assottigliando le iridi azzurre che divennero nere. Le nubi di fumo colorato, nelle quali aveva mostrato ai suoi prigionieri le immagini del suo futuro trionfo sull’umanità si diradarono ed essi tornarono coscienti, proiettando la loro attenzione sul turbamento appena accennato che aveva invaso il volto affilato della dea.
- Scusate l’interruzione, miei diletti. C’è un’anima che richiede il mio responso – asserì vaga, coprendosi il viso con entrambe le mani e curvando il collo in avanti.
I quattro uomini saettavano occhiate incuriosite in tutte le direzioni, per quanto i loro movimenti fossero limitati dalle persistenti catene di alghe che, dure come acciaio, stringevano i loro arti.
Un tenue gorgoglio sulle loro teste accompagnò la formazione di una fenditura nella parete invisibile del tetto e l’entrata di un piccolo umano, spaventato e bagnato fradicio.

   
 
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