Capitolo 11
Innamorata? Chi, io? …Cavoli, si!- Colpa Del Whisky
La mattina del diciotto dicembre mi ero svegliata con uno
strano buonumore che si esprimeva con un bel sorriso sulle labbra, anche se non
sapevo a cosa fosse dovuto. Forse dal fatto che tra una settimana era Natale ed
io adoravo quella festa? Chissà, eppure non feci altro che canticchiare tra me
e me dal momento in cui entrai nella doccia fino a quando non terminai di
indossare i miei adorati e comodissimi stivali di camoscio beige, abbinati al
gilet che avevo indossato sulla camicia bianca e i jeans.
Feci per andare in cucina quando, passando davanti alla
stanza Stella, vidi che era impegnata in una singolare lotta con i cuscini con
Marco.
Restai bloccata, con la bocca semi aperta, ma non per il
fatto che Marco stesse letteralmente schiacciando mia sorella con una serie
illimitata di cuscinate, bensì per il modo in cui egli era vestito: indossava
solo un paio di pantaloncini neri e blu. Il resto era tutto “come mamma l’aveva
fatto”, e restai ancora più sbalordita quando notai la perfezione dei suoi
pettorali, proprio come le sue gambe né troppo magre né troppo grasse. Le sue
braccia erano abbastanza muscolose e le muoveva con grazia mentre era sul punto
di decidersi a smetterla.
“Luna! Salvamiii! Aiutooooo!” strillò Stella, che muoveva
quasi con schizofrenia solo le gambe, dimenticandosi che usando le braccia
avrebbe potuto far qualcosa, tipo fargli il solletico, per obbligarlo a
smetterla.
Riprendendo buona parte delle mie facoltà mentali, così, mi
avvicinai a quella scena pazzoide. Marco se la stava ridendo con un pazzo, e
continuò ad avere un sorriso soddisfatto sulle labbra fino al momento in cui io
non gli lanciai una cuscinata con l’altro cuscino che se ne stava inutilizzato
sul letto, facendolo bloccare.
“I fatti tuoi non te li fai mai, eh?” mi rimproverò mentre
mi allontanavo soddisfatta, con una strana voglia di evadere da quel posto.
“No, in questo sono molto simile alla tua migliore amica”
risposi, ed ero quasi sul punto di uscire che mi sentii sollevare in aria.
“Ehi, ma che…?”.
“Così imparai a sparlare di me, ahaha!” sghignazzò Stella,
che insieme a Marco mi aveva trascinato sul suo letto a una piazza e mezza ed
ora mi stavano riempiendo di cuscinate a
loro volta.
“E tu dovresti imparare a non… Ahi… Fraternizzare con il
nemico!” la rimbeccai, schivando un colpo. “Non vi stavate scannando fino a tre
secondi fa?”.
“In guerra tutto è lecito” disse saggiamente Marco, facendo l’occhiolino
prima di scagliarmi un altro colpo. A sua volta, fu Stella a colpirlo e senza
sapere come lo vidi barcollare fino a cadermi addosso come un sacco di patate.
Trattenni il respiro, mentre Stella sembrava più agguerrita che mai, nonostante
il suo pigiamone con i coniglietti verdi e gialli degni di una bambina di tre
anni, e non sembrava avere voglia di smetterla di riempirci di cuscinate. Marco
si parò una mano sulla testa per difendersi, ormai decisamente steso addosso a
me, con la sua guancia che sfiorava la mia. Improvvisamente mi sentii
catapultata in un'altra dimensione, la stessa che mi aveva ospitata il giorno
prima quando si era stretto a me sul motorino, e mi parve di sentire
remotamente Stella che diceva trionfante: “E poi, si dice in amore e in guerra tutto è lecito, scemo!”.
L’unica cosa di cui ero consapevole- oltre che il corpo di
Marco fosse tremendamente caldo e piacevole con cui stare a contatto- era
proprio che al momento non ero
decisamente consapevole di nient’altro.
“Luna, tieniti pronta” mi sussurrò all’orecchio lui, non
sapendo ciò che mi stava succedendo, e senza capirci un’acca sentii le sue
braccia circondarmi la vita e sollevarmi,
schivare Stella e passarmi miracolosamente un altro cuscino.
“Ah! Ora me la paghi!” urlò soddisfatto lui, e ritornò ad
avventarsi su mia sorella come un bambino del Terzo Mondo che vede e assaggia
la Nutella per la prima volta mentre il mio cellulare iniziò a squillare.
Allontanandomi da quel campo di battaglia, vidi che era
Antonio che mi stava chiamando. “E’ Antonio” dissi sconcertata.
All’udire quel nome, Stella scattò su come una molla e si
ricordò come si faceva a schivare una cuscinata. “Rispondi!” disse subito, come
se dal mio gesto dipendesse la sua salvezza e glorificazione eterna.
“Si, si. Pronto?”.
“Ciao, Luna”.
Sorrisi ascoltando la voce di Antonio, non sembrava
risentita. “Ciao, Anto! Sei vivo!” esclamai, cercando di simulare gioia invece
che curiosità e voglia di sapere perché diamine si fosse allontanato così
bruscamente.
“Si, si, sono vivo. Immagino tu non abbia creduto alla
sciocchezza della febbre, vero?” sussurrò poi, cercando di risultare ironico.
“No. Puoi dirmi perché…?”.
“Luna, lo sai il perché. Questa settimana senza vederti è
servita ed ora credo di sentirmi pronto per incontrarti a lavoro tra tre
giorni. Scusami…” continuò, ora
decisamente più serio.
Lo potevo comprendere, ovvio. “Capisco, immaginavo sarebbe
stato qualcosa di simile” ammisi.
“Beh, ora però non parliamone più, me lo prometti?” mi
chiese, con un enfasi tale che sarebbe risultato impossibile rispondergli di
no. E poi l’interessato era lui, non io, quindi non avevo nulla da obiettare.
“Certo, è il minimo. Allora… tutto come prima?” chiesi,
comprendendo di risultare banale e scontata. Stella e Marco mi guardavano,
seduti sul bordo del letto ormai nel massimo del suo disordine.
“Ci proverò. Comunque, cosa fai di bello? Com’è Firenze?”
cambiò discorso, con un tono falsamente allegro.
Sospirai sollevata, anche se fingeva almeno era un passo
avanti. “Firenze è la stessa di sempre ed ora,
dopo una lotta con i cuscini con Stella e Marco”- qui Stella alzò il
pollice come a dire “Brava, fai bene a nominarmi”- “Andrò a fare colazione e
poi andrò a fare un giro…”.
“Dove?” continuò, quasi come se gli importasse sul serio.
“Non lo so di preciso, so solo che devo trovare un biglietto
per il concerto di Vasco del nove febbraio” risposi. Qui Marco fece una faccia
interessata, probabilmente aveva ricordato la conversazione della sera prima.
“Concerto di Vasco? E dove?”.
“Al Palamaggiò…”.
“E figurati se una fan come te se lo perde” sentenziò,
ridacchiando.
“Bravo… Tu che fai?” domandai, giusto per far vedere che
l’interessamento non fosse solo il suo.
“Sto andando da Michele, ultimamente ci sono moltissimi
clienti, si vede che non ci sei tu che li fai scappare via” ironizzò.
“Ah ah, spiritoso!”.
Continuammo a parlare per un altro paio di minuti, poi ci
salutammo e fui costretta a subirmi il terzo grado di Stella.
“Sai,un pò mi manca” sussurrò dopo che ebbi risposto in maniera esauriente a tutte le sue
risposte.
Marco la spinse lievemente e la guardò con aria di
disapprovazione. “Non è il tuo tipo” disse. “Conoscendoti, tra un paio di
settimane lo avrai già dimenticato. Ora vado un attimo in bagno, non posso
restare così per tutta la mattinata” e così dicendo prese dei vestiti dalla
valigia e andò nel bagno della stanza.
“Perché stavate facendo quell’assurda lotta?” domandai
appena lui si fu chiuso la porta alle spalle, guardandomi allo specchio e
notando che i miei capelli, già ribelli di loro a causa della loro natura né
liscia né riccia, fossero in condizioni orribili. Cercai di pettinarli con le
mani e riuscii a domarli un po’.
“Perché ha detto che stanotte non l’ho fatto dormire e ho
occupato i tre quarti del letto” disse.
Scossi il capo, ridacchiando. Solo loro potevano fare una
cosa simile per un simile motivo.
“Comunque, mi ha raccontato l’episodio di ieri, quando avete
visto Christian e Alessandra” buttò lì, mentre prendeva una gonna scozzese
beige, rossa e nera e un maglioncino abbinato. “Sei stata grande nel dire a
Christian che sembrava essersi ripreso bene dopo che l’ho lasciato”.
“Ah, allora Marco te l’ha detto” dedussi, sorpresa.
Conoscendolo, non mi sarei mai aspettata che mi avesse riconosciuto dei meriti.
“Pensavo ti avrebbe detto solo della sua brillante idea” ammisi.
“Quale idea?” chiese distrattamente lei, mentre cercava di
trovare un paio di calzini.
“Come quale idea? Quella di fingersi il mio ragazzo, no?”
risposi, come se fosse la cosa più logica del mondo.
Stella interruppe la sua ricerca e mi guardò come se le
avessi appena detto che Natale quell’anno sarebbe giunto il quindici Agosto.
“Che cosa? Ma lui non mi ha detto nulla!” disse, quasi scandalizzata.
“Eh? Scusa, e cosa ti ha raccontato?”.
“Niente, solo che li avete incontrati e che te la sei cavata
bene nel farti valere. Oddio… Idiota, perché non mi hai detto che hai finto di
essere il suo ragazzo?” strillò, bussando furiosamente alla porta, così la
bloccai.
“Calma, insomma, è un dettaglio…” la feci ragionare, anche
se a mia volta mi sentivo un po’
scombussolata da quella rivelazione. Perché mai Marco aveva omesso quella
parte? Ad interrompere il mio flusso di pensieri ci pensò Flavia, che entrò
nella stanza tutta sorridente.
“Ragazze, volete venire a fare colazione si o no?” chiese.
“Si, ora vengo” risposi, dicendomi che su quella sorta di mistero sarebbe stato
meglio ragionarci a stomaco pieno.
“Io vi raggiungo tra un po’, datemi il tempo di lavarmi e
vestirmi” soggiunse Stella, decidendo di utilizzare il bagno grande della casa
visto che Marco, che non aveva risposto alle sue urla, sembrava non avere intenzione
di uscire per la prossima mezz’ora.
Seguii Flavia fino alla cucina, dove vi trovai mamma, già
perfettamente vestita con uno dei suoi soliti abitini invernali, che parlava con
zia Carla riguardo chissà che.
“Ho sentito le vostra urla soavi” disse mamma, avvicinandosi
per darmi un bacio. “Siete proprio diventate una bella squadra tu e tua
sorella, vero? Vi ho visto molto più legate del solito” osservò, soddisfatta,
mentre prendevo posto a tavola.
“Si, a quanto pare senza di te ce la stiamo cavando molto
meglio” riposi ironica,anche se in tutto ciò vi era un fondo di verità. Mamma
aveva sempre elogiato Stella, mettendomi un po’ da parte, quindi era ovvio che
senza il suo giudizio sulle spalle le cose tra di noi andassero meglio.
“Ah ah, lo dico sempre che hai ereditato il sarcasmo di tuo
padre”.
“Non è sarcasmo, è ironia”.
“Si, ma il fascino è sempre il tuo, zia” s’intromise Flavia,
prima di scomparire a causa della telefonata mattutina di Clemente.
Pranzai con latte e biscotti per poi uscire per conto mio
dato che quel giorno sarebbe arrivata la taglia giusta del vestito che Stella
aveva scelto e Flavia sembrava aver trovato un modello adatto a lei su uno dei
cataloghi di mamma. L’intento era quello di trovar il fatidico biglietto per il
concerto, ma restai delusa dopo due ore di ricerca: tutto esaurito.
“Tutte a me capitano!” sibilai tra i denti, frustrata. Non
potevo rinunciarci, assolutamente. Chiamai zia Kitty e le dissi di controllare
a Caserta, così iniziai ad aspettare il suo responso.
Restai colpita quando mi ritrovai, senza volerlo, davanti al
liceo in cui avevo studiato, il Liceo Linguistico “Giovanni Pascoli”. Era il
solito palazzone bianco e antico di sempre, e ospitava anche il liceo
pedagogico. Mi fermai un secondo ad osservalo, ricordando tutte le mattinate
trascorse lì dentro, facendo il conto alla rovescia dei giorni che mancavano
alle vacanze natalizie ed estive tra compiti con la terrificante professoressa
di latino ed interrogazioni impossibili con quella pazzoide della professoressa
di scienze. Ma c’erano anche bei ricordi: la fila per comprare qualcosa da
sgranocchiare al piccolo bar dell’edificio, le ore di educazione fisica passate
a chiacchierare, i tentativi di cercare di avere in anticipo la versione del
compito… Mentre mi perdevo in questi pensieri,
riconobbi l’andatura di una donna che usciva dall’edificio, con lunghi
capelli biondi e gli immancabili occhiali da sole.
“Professoressa Boccia!” urlai senza rendermene davvero
conto. Era la mia ex insegnante di spagnolo, che adoravo e che ritenevo una
buona amica. Aveva trentasei anni e in cinque anni si era sempre comportata
benissimo nei confronti di noi alunni, sempre disponibile, solare e
giocherellona. Una di quei rari professori che uniscono l’utile al dilettevole.
Lei mi squadrò per un secondo prima di riconoscermi. “Luna!
Ciao, ma che bello vederti!” esclamò. Ci avvicinammo e ci abbracciammo con
calore, soffermandoci sul marciapiede. “Ma che fine hai fatto?”.
“Mi sono trasferita a Caserta, professoressa, e ora vado
all’orientale di Napoli” risposi con una certa fierezza.
“Oh!”. Mi sorrise e fece un segno di assenso. “Bravissima,
te l’ho sempre detto che quell’Università lì era la migliore per le lingue! E
come ti sta andando? Hai fatto qualche esame?” domandò, interessata.
“Si, due, uno di inglese e uno di spagnolo e ho preso
ventotto ad entrambi” risposi prontamente.
“E che me lo dici a fare, lo sapevo! Non sai quanto ho
insistito alla maturità per fatti mettere novanta invece che ottantasette, ma
quell’arpia della Crucci non ha voluto sentire ragioni” sospirò, riferendosi
alla già citata e odiosa professoressa di latino. “Se fossi in te andrei lì e
gli bucherei le ruote della macchina” ridacchiò, indicando un’auto antica e
mezza rotta davanti a noi.
Risi a mia volta, scrollando le spalle. “Ormai non ho più
niente da vedere con lei. Piuttosto, che si dice a scuola?”.
“Oh, sapessi, è cambiato il vicepreside, hanno nominato
Sermoni…”.
“Oddio, immagino che caos!”.
“Puoi dirlo forte!”.
Trascorremmo una piacevole mezz’ora a parlare, finchè lei fu
costretta a salutarmi perché aveva un impegno importante. “Se ti va, stasera
c’è un Christmas Party organizzato dai ragazzi dell’ultimo anno, mi hanno dato
dei biglietti gratis ma non posso andarci. Tieni, dopotutto non sei molto più anziana
di loro” esclamò, facendomi l’occhiolino e mettendomi in mano due biglietti
rossi ed oro.
“Oh, la ringrazio…”.
“Ancora a darmi del lei?! Tra un po’ saremo colleghe, Luna,
chiamami Anna. Mi raccomando, vieni a trovarmi quando torni a Firenze!” e così
dicendo, dopo un ultimo abbraccio, se ne andò, salutandomi con la mano.
Misi i biglietti in tasca, dicendomi che avrei chiesto a
Stella se le andava di andarci, e tornai a casa dato che era mezzogiorno
passato. Mi ero appena distesa per bene sul divano e stavo vedendo un po’ di tv
quando il mio cellulare squillò per la seconda volta. Sperando che fosse zia
Kitty risposi subito, per poi constatare che, invece, si trattasse di Paola.
“Luna, mi manchi tantissimo! Quando torni?” chiese subito
dopo i primi inconvenevoli.
“Tra due giorni, in mattinata” risposi. “Tutto bene?”.
Il suo tono era afflitto e triste, inutile sperare in chissà
quale risposta positiva. “No. Mi sento uno schifo, mi manca Marco, i nostri
pomeriggi insieme, le nostre risate… E, cosa assurda, non faccio altro che
pensare a quei gloriosi tre secondi in cui l’ho baciato”.
Ascoltare quella confessione mi fece contrarre dolorosamente
lo stomaco, ma imponendomi che si trattasse solo della fame- che per altro non
avevo- cercai di tirarla su. “Paola, non so che dirti, mi dispiace, forse
comprenderà che ci tiene a te standoti lontano…” sussurrai.
“No, ma che… Senza di me sta meglio, credimi, non se ne
frega proprio! Ora vado che devo preparare il pranzo, mamma è a lavoro”.
“Ok, allora ti chiamo io più tardi, ok?” proposi.
“Si, magnifico” approvò. “Ciao bella”.
“Ciao, un bacio” e così dicendo staccai la chiamata,
gettando il cellulare sul divano. Che diavolo mi prendeva? Ogni volta che si
parlava di quel Marco nelle ultime ore diventavo suscettibile e pazzoide.
Scossi violentemente il capo, proprio nel momento in cui ricordavo l’episodio
di quella mattina in cui me l’ero ritrovato addosso, e visto che al momento “I
Simpson” non riuscivano a distrarmi, mi alzai dal divano e andai nella mia
stanza per cercare di trovare qualcosa di interessante da leggere. Accesi lo
stereo, mettendo il mio adorato cd di Vasco, e mentre partivano le note di “Colpa
del Whisky” restai sorpresa ritrovando un vecchissimo diario segreto del 2002.
Aveva la copertina bianca e un orsacchiotto stampato sopra, e senza sapere come
mi ritrovai a sfogliarlo, seduta sul pavimento, perdendomi tra vecchi ricordi,
mentre lo stereo continuava a diffondere le note della canzone nella stanza.
“Sarà colpa
del whisky
O sarà colpa del caffè
Ma non mi ricordo più
di te”
11 Gennaio 2002, ore
18:54
Caro diario,
non ti dico che rabbia.
La professoressa di storia mi ha messo buono al compito nonostante abbia fatto
solo un errore perché ritiene che in classe io sia troppo chiusa e dice che non
mi metterà almeno distinto finchè non dimostrerò di essere più socievole con
tutto il resto della classe. Ti sembra logico? Insomma, era un compito, non
c’entra il tuo carattere. E invece a Stella ha messo più che sufficiente dopo
che ha fatto tantissimi errori, solo perché è la sua cocca e dice che le
ricorda molto lei quando era giovane. Non mi sembra giusto, uffa. Mannaggia a
mamma e papà che ci hanno messo in classe insieme!
Non
potei non ridere davanti a quell’indignazione, e continuai a leggere le varie rivelazioni
lasciate tra quelle pagine un po’ ingiallite.
“Sarà che
questa sera
Fa un freddo micidiale
Sarà che non ho neanche voglia
Di parlare”
24 Marzo 2002, ore 10:16
Caro diario,
è ufficiale. Mamma e papà
si sono separati e lui tornerà a Maddaloni dai nonni. Non sai quanto sono
triste, è brutto vederli litigare anche perché a me sono sempre sembrati molto
innamorati. Ultimamente litigavano
sempre, ed io mi sento in colpa perché forse è anche colpa mia. Ad esempio,
quando Stella si è messa a piangere perché avevamo litigato mamma mi ha rimproverato
e papà mi ha difeso, dicendo che era anche colpa di Stella, così hanno iniziato
a urlare tra di loro. Vorrei farli tornare insieme, come farò poi senza papà?
“Ma no non
andartene adesso
Non andartene rimani
Dimmi almeno
Dimmi almeno come ti chiami”
18 Giugno 2002, ore 12:32
Caro diario,
oggi sono felicissima.
Sono appena andata a ritirare le pagelle della prima media ed è andato tutto
benissimo! Ho preso ottimo in italiano, inglese, educazione artistica,
educazione tecnica, geografia, musica e scienze, distinto in matematica, e
tutto il resto. Uffa, però io in storia vado davvero bene e non è giusto che
quella continua a mettermi i voti più bassi perché sono timida. Non capisce che
più insiste e più non le obbedisco. Ora vado, devo chiamare papà e dirgli
tutto!
Sorrisi,
e continuai a sfogliare i diario finchè non inceppai in una pagina piena di
cuoricini rossi. Cos’era? Non lo ricordavo assolutamente. Incuriosita, iniziai
a leggere, cercando di ricordare il motivo di tutti quei cuori.
“Ma dài
scherzavo dài
Ma cosa ti salta in mente
Ricordo il tuo nome
Perfettamente
Ce l’ho stampato in testa
Fin da quando t’ho veduto
L’amavo già da prima
Prima ancora d’averti conosciuto”
21 luglio 2002, ore 14:
09
Caro diario,
ricordi quando ti scrissi
che io non mi sarei innamorata fino ai sedici anni? Beh, mi sbagliavo di grosso.
Oggi mi sono innamorata! Ora ti spiego tutto. Allora, sai che sono tornata a
Maddaloni da papà insieme a mamma e Stella, e oggi siamo andati tutti in
piscina. All’improvviso mentre giocavo con papà, ho visto un bellissimo ragazzo
che giocava a pallavolo nell’acqua. Aveva i capelli neri e gli occhi di un blu
così bello che era ancora più bello di quello dell’acqua della piscina.
Cacciai un urlo e gettai il diario per l’aria, mettendomi
una mano sul cuore. Come avevo potuto dimenticarlo? Per un glorioso ed
interminabile giorno, ad undici anni, ero stata “innamorata”di Marco,
miseriaccia! Improvvisamente vidi davanti ai miei occhi il primo sguardo che ci
eravamo scambiati, lui mi aveva sorriso e poi… Poi aveva iniziato a giocare con
Stella, pensando che fossi io, e così era nata la loro amicizia che li portò a
quel breve “fidanzamento”.
Mi gettai sul letto, con il cuore che mi batteva
all’impazzata, e improvvisamente desiderai fare chiarezza con me stessa perché
non ne potevo più di tutta quella trepidazione. Allora, dovevo ragionare con
calma e razionalità. Il mio comportamento non era affatto normale, per niente.
Appena si trattava di Marco, soprattutto quando tra noi c’era un minimo
contatto fisico, ero fuori di me e provavo sensazioni che non avrei assolutamente
dovuto provare, tipo quelle di poche ore prima quando ci eravamo ritrovati
l’uno addosso all’altra.
Quando Paola me ne avevo parlato, mi era sembrato di
sentirmi quasi colpevole. Quando avevo saputo che non aveva detto a Stella
della nostra “messinscena”, qualche
piacevole dubbio si era installato nel mio cuore. Se pensavo a quei due
biglietti per la festa, uno poteva già ritenersi in suo possesso.
Che diamine voleva dire…?
“Mi
piaci tu, Mi piaci tu, Mi piaci tu,
Ma come te lo devo dire?
Mi piaci tu, Mi piaci tu, mi piaci solo tu…
Ma come te lo devo dire?”
Cercai di scacciare
tutti quei “Mi piaci tu” detti dalla canzone, ma invano. Non quello che pensi tu, assolutamente, scema. Tu non ne sei innamorata,
tu lo odi con tutta te stessa! mi dissi tra me e me. Ma poi, un’altra
vocina insistente, ribattè: Perché lo
neghi? E’ un gran figo, gentile quando ci si mette, intelligente, bravo e
brillante. E soprattutto testardo e orgoglioso come te!“Oh, no, no, no!”
strillai decisa, stringendo i pugni. In questi casi ci voleva una distrazione.
Avevo solo sbagliato lettura poco prima, tutto qui. Presi un libro a casaccio-
che poi scoprii essere il libro di letteratura italiana del terzo anno- e
iniziai a leggere la prima pagina che vi trovai. Un sonetto di Petrarca,
magnifico. Lui si che avrebbe sciolto ogni mio dubbio dicendomi che era meglio
pensare all’amore per Dio che a quello terreno.
Pace
non trovo e non ho da far guerra
e temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio;
e volo sopra 'l cielo, e giaccio in terra;
e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.
Tal m'ha in pregion, che non m'apre nè sera,
nè per suo mi riten nè scioglie il laccio;
e non m'ancide Amore, e non mi sferra,
nè mi vuol vivo, nè mi trae d'impaccio.
Veggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido;
e bramo di perire, e chieggio aita;
e ho in odio me stesso, e amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte e vita:
in questo stato son, donna, per voi.
No, quel
sonetto era più che adatto alla mia situazione visto che parlava di sentimenti
opposti provati dall’autore a causa della donna amata. No, assolutamente. Ci
voleva qualcos’ altro. Presi quello di letteratura latina, dicendomi che tra
quelle parole che non capivo mi sarei distratta, e aprii una pagina a caso per
poi desiderare non averlo mai fatto.
“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior”.
“Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tormento”.
Ma ce l’avevano tutti con me? Quello era il frammento che più poteva
esprimere i miei sentimenti, così chiusi il libro di botto e sentii una lacrima
solcare la mia guancia con prepotenza, subito seguita da una seconda, una terza
e così via, finchè non riuscii a tenere il conto.
Alla luce dei fatti, era evidente. Dovevo essere sincera con me stessa. Io
ero innamorata di Marco Valenti e dovevo farmene una ragione. Probabilmente era
una cosa che andava avanti già da un po’, ma ero troppo accecata dallo
stereotipo del nostro rapporto conflittuale per poterne rendermene conto. Già
da un po’ ai miei occhi era diventato l’esempio di ragazzo perfetto, mai
scontato, affascinante e bellissimo, interessante… L’unica pecca di tutto ciò? Lui
non mi sopportava ed era il ragazzo amato da una mia cara amica. Binomio
incompatibile.
Mi asciugai le lacrime, dicendomi di dover essere forte. Avrei dovuto
dimenticarlo e basta, anche perché l’idea di essere innamorata di lui non mi
piaceva affatto. Per tanti anni non lo avevo sopportato e questa novità era
inammissibile per me e il mio orgoglio. Diamine.
Il suono del campanello mi risvegliò dai miei pensieri e m asciugai in
fretta le lacrime, posai il diario e i libri e andai ad aprire.
“Luna, cos’è successo?” chiese Flavia stravolta, entrando. Alle sue spalle,
Stella e Marco mi guardavano senza capire. Il solo vedere quel ragazzo mi agitò
alla luce della mia recentissima “scoperta”, così girai lo sguardo e dissi:
“No, niente, in tv è appena finito “I passi dell’amore” e mi sono commossa come
al solito, quel film mi fa piangere ogni volta che lo vedo” inventai, anche se
era vero l’effetto che mi faceva quel film.
“Oh, ti capisco, vale lo stesso per me!” asserì Flavia. “Comunque, ho
trovato il vestito! E’ magnifico!”.
“Meno male, che bello” mormorai, fingendomi interessata quando non lo ero
per niente.
“Si, e poi stasera andremo a spassarcela!” esclamò Stella. “Scusami Luna,
ma la figlia di Gaia ha organizzato una festa di Natale a numero chiuso e c’era
Flavia con me, quindi ho potuto inserire solo me e lei nella lista…” disse con
aria di scuse. Senza sapere il perché, il mio stomaco iniziò a ballare un
focoso tango.
“Oh! Ed io che avevo due biglietti per il Christmas Party del mio ex liceo
per stasera” rivelai, senza meditarci due volte.
Stella mi guardò dispiaciuta, poi parve illuminarsi. “E allora andateci voi
due, no? Non è giusto che non ce la spassiamo e voi restate qua” disse come se
fosse la cosa più logica del mondo, battendo le mani entusiasta.
Trattenni il respiro, senza sapere cosa dire o fare. Passare una serata con
Marco alla luce di ciò che provavo per lui? Assurdo. Impossibile. Era un
suicidio.
Mi voltai verso Marco che si mise le mani in tasca e scrollò le spalle.
Possibile che solo ora stessi realizzando quanto fosse splendidamente attraente
e magnifico?
“Per me va bene, meglio passare una serata con te in un locale che qui”
rispose, come se il fatto non lo riguardasse più di tanto.
“O….Ok” sussurrai, consegnandogli il biglietto che diceva che la festa ci
sarebbe stata alle nove al “Backstage”. E, insieme a quel pezzo di carta, gli
consegnai anche la mia condanna assicurata. Il mio cuoricino non avrebbe retto
nel vederlo ballare con qualche ragazza, ne ero certa.
E, come se non bastasse, il volto irato di Paola che mi urlava:
“Traditrice!” si faceva sempre più vivido nella mia mente.
*°*°*°*°*
Ciao gente!
Come è andato il Natale? Avete mangiato abbastanza? xD
Io sono strapiena di dolci più che altro, ma almeno non mi sono ingozzata
di pandoro dal momento che quest’anno il mio stomaco sembra non digerirlo dopo
che alla festa che abbiamo fatto l’ultimo giorno di scuola l’ho assaggiato con
la Nutella :D
Comunque… Non vedevo l’ora di postare questo fatidico capitolo. Chi
l’avrebbe mai detto che Luna fosse innamorata di Marco? xD
Da questo momento in poi, avendo a che fare con “Luna versione innamorata”
e non più con “Luna che odia Marco” iniziano i momenti più esilaranti per la
poverina, che non saprà come gestire il suo povero cervellino tra i sensi di
colpi nei confronti di Paola , la consapevolezza che Marco non minimamente
attratto da lei e una sorta di colpevolezza verso sé stessa e il suo orgoglio
dal momento che riteneva che non lo avrebbe mai sopportato. Oh, e dimenticavo i
danni psicologici causati dalle improvvise apparizioni di quel ragazzo che le
fanno tanto battere il cuore… xD
Nel prossimo capitolo ci sarà il Christmas Party, ma vi dico solo di
prepararvi a una serie di eventi un po’ particolari, però non allarmatevi ^^
Come sempre ringrazio tutti coloro che hanno letto lo scorso cap, messo le
storie tra i preferiti e le seguite e ovviamente che hanno recensito:
Lola SteP: Cristiana ne capisce molto di uomini, non lo sai? U_U xD Mi fa
piacere sapere che los corso capitolo ti sia piaciuto molto, in effetti è uno
dei miei preferiti e poi per ora è l’unico in cui vediamo Marco apprezzare Luna
e aiutarla in una simile situazione… Dici che Tom è perfetto? Io non ne sono
ancora pienamente convinta ma è l’unico che assomigliasse al Marco che mi
immagino io. Grazie mille per i complimenti! Tvttttttttb!
_piccola_stella_senza_cielo_: Grazie per gli auguri ^^ Per Stella e Antonio
tranquilla, non sarà nulla di tragico visto che sarà lei a comprendere di non
esserne innamorata =) Ci voleva proprio quella lezione ad Alessandra e
Christian, eh? ^^ E Luna… Beh, ormai è ufficialmente innamorata di Marco, eheh!
Un bacione!
CriCri88: Ciao cara! Per fortuna per ora non ho perso ancora niente di
soldi per il semplice motivo che ho giocato solo a tombola con i miei cuginetti
e quindi in palio c’erano caramelle :D ma ho la netta impressione che oggi alla
tombolata con la mia classe mi ritroverò al verde xD a te come è andata?
Comunque, Luna ha finalmente compreso i suoi sentimenti per Marco e ti dico già
da ora che i suoi poveri nervi non avranno più pace dal momento che sono
obbligata a tollerare colui che hanno sempre disprezzato… Un bacione!
vero15star: Tesoro ma sai che bel regalo sarebbe incontrarti per i miei 18
anni? Vabbè che sarebbe un magnifico regalo sempre, ma renderebbe
quell’occasione ancora più speciale *_* Ormai reduce dalla nostra chilometrica
telefonata (è vero che su msn stavamo parlando da due ore, ma abbiamo battuto
il record con le nostre tre ore e mezzo di chiacchiere telefoniche ;-) ) posso
solo dire di essere contentissima per il fatto che ci siamo trovate bene e a
nostro agio da subito e abbiamo iniziato a parlare come se ci conoscessimo da
una vita e ci fossimo viste per l’ultima volta il giorno prima per un caffè.
Ovviamente dobbiamo riparlare al più presto ^^ Grazie di tutto… Te ne sarò
grata in eterno, ti voglio troppo bene! ^^
rossy87: Ciao ^^ Sapere che ti è piaciuto il capitolo a tal punto di
considerarlo un bel regalo di Natale mi fa piacere perché è anche uno dei miei
preferiti, e soprattutto perché sembra che sia riuscita la descrizione della
scena… Grazie ^^ Quando inizio a far parlare quei due in un modo più civile mi
sembra sempre di lasciarmi prendere la mano e ho sempre paura di risultare un
po’ troppo eccessiva e bonaria, sai? Per il concerto di Vasco non posso anticipare chissà che, ma dico solo
che in seguito ricoprirà un ruolo
fondamentale =) Non per niente ogni capitolo ha come sottotitolo una
canzone di quel cantante… Ed ora che Luna ha ammesso con se stessa di provare
qualcosa per Marco preparati ad un suo disfacimento interiore xD Un bacione
cara!
sam05: Ciao, spero che tu ti sia
divertita fuori con tua nonna a dispetto di chi, come me, è rimasto
nella propria città ^^ Comunque ti ringrazio, e spero che anche questo capitolo
ti sia piaciuto, specialmente nella parte del diario che attendevi =) E poi…
Chi è che ormai non adora Marco? Ce ne vorrebbe uno come lui sotto l’albero,
non credi? xD Un bacione!
Come sempre eccovi qualche anticipazione… :
“Finalmente.
Capisco che per renderti accettabile ci vogliano ore, ma mi sembra molto
scortese fare così tanto ritardo mentre siamo qui ad aspettarti, al freddo” mi
accolse la voce glaciale di Marco, dal finestrino.
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Oddio. Era forse un magnifico scherzo? Non sembrava affatto
visto che continuava ad accarezzarmi dolcemente il viso e le sue labbra si
spostavano sempre di più verso gli angoli della mia bocca. Cosa dovevo fare? Cosa gli era preso?
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“Egocentrico…” lo rimproverai, ma aveva
ragione e, ridendo, dicendomi di essere pazza, mi ci avvicinai e presi posto
sulle sue gambe, appoggiando le braccia sul suo petto.
Non
so dirvi quando aggiornerò la prossima volta, ma dipende anche dalle
recensioni… Non mi piace chiedervi di recensire, però ho notato un piccolo calo nelle
recensioni e quindi mi piacerebbe essere dovuto in modo da poter riparare se
sto commettendo qualche errore che non è di vostro gusto nella trama, nel modo
di esprimermi e via dicendo. Vi ringrazio in anticipo. ^^
And now… NON MI RESTA
ALTRO CHE AUGURARVI UN BELLISSIMO 2010 RICCO DI GIOIA, EMOZIONI, NOVITà
POSITIVE E FELICITà!
AUGURIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!
La
vostra milly92.