Lontano da Casa
“Dove mi trovo?”, “Che posto
è questo?”, “Non conosco questo luogo”.
Itachi Uchiha era perplesso;
pensava, rifletteva e si interrogava.
Lui, un fuggitivo, un
assassino, un criminale di rango S, uno dei ninja che Konoha non avrebbe mai
dimenticato, sapeva che qualcosa non andava, sapeva che qualcosa era successo,
sapeva di non essere più nelle Terre dei Ninja.
“Che strano,” disse tra sé e
sé, “un attimo fa ero con Kisame in uno dei rifugi dell’Akatsuki, e adesso?,
dove sono?”.
Un’immensa città si apriva
davanti ai suoi occhi, piazze gigantesche, edifici ciclopici, vie sterminate e
strade lunghissime; una vera e propria megalopoli.
Non vi era alcun segno di
disordine, tutto sembrava perfetto: ogni mattone sembrava essere stato disposto
con impeccabile precisione, i vetri di ogni finestra apparivano lucidi e
splendenti e le persone per strada camminavano calme e tranquille, indaffarate
nelle loro faccende; “Che palle”, imprecò Itachi seccato.
Mentre osservava annoiato il
complesso cittadino, udì un tintinnio, flebile e leggero come
il vento, si voltò e vide un uomo anziano, gobbo e cieco, che, appoggiandosi ad
un bastone di legno a cui era attaccato un piccolo campanello d’argento,
chiedeva aiuto, sperando nel buon cuore di qualche passante.
Itachi era sempre stato
educato e rispettoso verso gli anziani e gli ammalati, pur essendo un
criminale, e gli prese delicatamente il braccio e lo tranquillizzò: “Non abbia
paura, ci sono io con lei”.
“Ti ringrazio amico mio, ben
pochi qui a Ravnica sono gentili e cortesi come te” disse il vecchio
aggrappandosi saldamente al braccio dell’Uchiha.
“Ravnica?”, “Così è questo il
nome di questo strano posto, ma in quale regione ci troviamo?”.
“Qui non esistono regioni;
Ravnica è Ravnica, un’ immensa città dove le 10 Gilde esercitano il loro
potere, la loro politica e le loro leggi, non sei di qui vero?”
Il ninja rispose:
“Già, non so come abbia fatto a finire in questo luogo e penso di essermi
perso”.
“Allora dovresti andare
all’Ufficio Orientamento, là troverai le risposte alle tue domande; non ricordo
bene, ma dovrebbe essere qui vicino, vai pure, io continuo da solo, grazie
tante straniero.”
Salutando il vecchio cieco,
Itachi decise di imboccare una via stretta e tortuosa dove la luce del sole era
debole e fioca e, senza neanche dover camminare a lungo, giunse all’Ufficio
Orientamento; voleva delle informazioni e le avrebbe trovate ad ogni costo.
Un edifico alto e maestoso,
con ampie finestre e un vasto portone di marmo bianco; Itachi non poté
trattenere un espressione di sorpresa, lui era un viaggiatore, un viandante, ma
non aveva mai visto palazzi così imponenti.
Non appena dentro, fu accolto
da un funzionario, vestito con una lunga tunica nera e bianca contornata da
sinuose sfumature violacee, e dopo avergli fatto attraversare un vasto ingresso
decorato uno stupendo tappeto di velluto rosso lo condusse nel suo studio e lo
fece sedere.
“Bene, bene,” disse il
funzionario sistemandosi dietro la sua scrivania, “dovrei farle alcune domande
prima di tutto, se non ha nulla in contrario”. “D’accordo” rispose Itachi
tranquillo.
“Nome e Cognome, prego”.
“Itachi Uchiha”.
“Gilda?”
“Gilda? Quale Gilda? Non ne
so niente” disse Itachi; il vecchio gliene aveva parlato, ma non conosceva
nulla di Ravnica all’infuori di ciò che il cieco gli aveva detto.
“Quindi lei non fa parte di
nessuna Gilda; bene, molto bene, vuole seguirmi per favore?”
Itachi non replicò, sapeva
che se fosse successo qualcosa si sarebbe potuto difendere tranquillamente, si
alzò e seguì senza indugio il funzionario in uno stanzino. Vi entrò e……Un
istante, non riuscì a prevederlo, cadde e perse i sensi.
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