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Autore: Aurora Barone    28/12/2009    1 recensioni
Ripropongo una storia che avevo scritto all' età di 14 anni, si può dire che è stata la mia prima storia, anche se prima ne esisteva un'altra versione, comunque questa è la versione che sto revisionando. Un crimanale e una ragazzina che subisce molestie dal padre adottivo si incontrano per caso in sgradevoli circostanze.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Kyo:


Afferrai la sua candida mano tenendola stretta alla mia, ma in quello stesso istante suonò il campanello, andai subito a vedere chi era, non appena aprii la porta vidi il padre di Yari.
Era venuto per portar via il cadavere di sua figlia, la mia espressione mutò di colpo, ancora una volta mi sentivo irrimediabilmente in colpa, non ne potevo più di sentirmi così, ma era la sola cosa che riuscivo a fare.
Gli diedi quel sacco nero dove giaceva la figlia con angoscia, avrei voluto far qualcosa per rendere quella situazione meno cruda di quanto fosse, ma non c'era niente che potessi fare.
Quando l'uomo tirò fuori quel cadavere dal sacco, vide il volto di Yari ormai tumefatto dagli anni, ma ancora abbastanza riconoscibile.
Osservai i suoi occhi spenti, in passato quegli occhi avevano luccicato di desiderio per me, era la sola che mi facesse sentire desiderato in tutti i sensi, non mi aveva mai fatto mancare niente, mi aveva sempre riempito di attenzioni, di dolcezza e anche di quello che desideravo più di ogni altra cosa ed io come l' avevo ripagata?
Avevo lasciato che il suo cuore soffrisse e impazzisse per me, dopotutto non era stata altro che colpa mia se lei quel giorno arrivò a pensare di voler uccidere la sua migliore amica che conosceva sin da quand'era bambina.
Mi tornò in mente quella volta, che la conobbi, Mayko me la presentò, lei mi sorrise affabilmente dicendo che se avrei fatto soffrire Mayko, me l' avrebbe fatta pagare cara.
All' inizio non sembrò esser scattato nessun interesse in lei verso di me, poi però con il tempo il nostro rapporto incominciò a diventare sempre più intimo, sopratutto quando Mayko mi chiese di darle lezioni di matematica poichè non era molto brava, ma Yari inizialmente rifiutò facendo complimenti, mentre Mayko insisteva dicendo che non c'era alcun problema, anch'io dissi la stessa cosa perché era la migliore amica di Mayko e alla fine si lasciò convincere, ma da lì scatto tutto.
Tra una spiegazione ed un 'altra e una qualche disequazione riuscita, lei mi abbracciò scherzosamente riuscendo ad averla fatta giusta e successe molte volte, ma non ci vidi mai nulla di male finchè da un abbraccio non si passo ad un bacio.
Lei si scusò dicendo che non sapeva cosa le fosse preso, io la guardai sconvolto non ebbi neppure la forza di respingerla neppure quella volta, forse perché in fondo ero attratto da lei, mi piaceva il suo modo di fare, il suo sorriso, il suo viso e anche il suo corpo, però il mio cuore non batteva forte come quando vedevo Mayko.
Ci comportammo come se nulla fosse mai successo, ma primo o poi Yari ricadeva nel solito errore fino a che non arrivammo direttamente al suo letto, anche in quel caso non riuscii a respingerla, il modo in cui mi guardava mi sconvolgeva, mi bramava nel modo in cui volevo che mi desiderasse Mayko, ma lei non riusciva a volermi in quel modo, molto probabilmente perché tra di noi ci sarebbe stato sempre Dio o piuttosto la rigida educazione che aveva ricevuto da piccola che le impediva di lasciarsi completamente andare ad ogni tipo di passione.
Quasi volli discolparmi scaricando un po' la colpa su Mayko su quanto fosse accaduto, certo magari se lei fosse stato più disponibile sessualmente, io magari non avrei mai ucciso Yari, ma che cazzate mi inventavo, possibile che dovevo ragionare con gli attributi e non con la testa.
Il padre non appena scorse il viso di Yari, divenne bianco come un cencio e pianse disperato chinandosi per vederla meglio, era come se avesse realizzato solo in quel momento che sua figlia non fosse più in vita.
Io mi chinai accanto a lui, cercando di far qualcosa per calmarlo, ma ogni gesto e ogni parola pronunciata dalla mia bocca finiva per farlo stare ancor più male, così mi rialzai, tornando a sentire quella fitta al cuore che mi uccideva, era il rimorso che non voleva darmi pace.
Il padre di Yari o posò il cadavere delicatamente sul freddo pavimento e poi si avvicinò a me puntandomi il dito contro con una collera accesa, ma al contempo disperata.
“Perchè? Perché? Dimmi perché? Hai fatto questo alla mia bambina!” disse stringendomi per il colletto della camicia come se volesse strangolarmi.
Io non opposi resistenza,chinai il volto per guardare il corpo di Yari e poi lo sollevai guardando l'uomo sofferente che stava lì dinanzi a me pronto a soffocarmi con le sue mani.
Dentro di me pensavo che forse se mi fossi lasciato ammazzare, mi sarei sentito meglio, avrei espiato le mie colpe una volta e per tutte, dopotutto qual'è altro destino poteva mai avere uno come me se non quello di venir ucciso.
Dopo un po' Yoko si intromise urlando spaventata:“Che cosa volete forse ucciderlo!”
“Non ti intromettere tu!” disse il padre di Yari gelando con il solo sguardo.
Guardai Yoko, come se fosse l'ultima volta che l' avrei vista, mi sarebbe mancata ne ero certo, poi però vidi mio fratello si stava intromettendo anche lui dicendo “Mio fratello le ha dato ciò che volevate e per tale ragione, lei deve mantenere la sua parola ed era quella di non ucciderci...”
Perché si intrometteva anche lui? Non era forse lui quello che mi odiava di più? Poi lo guardai bene, no lui non mi odiava per quanto volesse farlo non ci riusciva, c'era sempre qualcosa che lo spingeva a volermi bene e a volermi sempre e comunque proteggere persino da me stesso e anche in quella circostanza lo faceva come aveva sempre fatto.
Mi ricordai una cosa quand'ero piccolo avevo sempre una tremenda paura del buio e ogni volta finivo per mettermi ad urlare nel cuore della notte, mio fratello era il solo a svegliarsi e a chiudermi che cosa avessi, così ogni volta finivo per dormire accanto a lui.
Lui spesso si lagnava perché gli fregavo sempre tutto il letto,ma alla fine si rassegnava, poi però mi ricordai di quelle altre volte che fui lui a chiedermi di dormire con lui, sembrava avesse paura di qualcuno o di qualcosa, poi capii lui sapeva che se io ero accanto a lui mio padre non gli avrebbe fatto nulla, allora capii che le violenze le aveva subite sin da bambino, eppure io ero stato così ceco da non accorgermene.
Il padre di Yari tornò in sé, smettendo di stringere il mio colletto così ripresi a respirare normalmente, anche se con il collo livido.
L'uomo allora si chinò per raccogliere il corpo della figlia ed io abbassai per aiutarlo, nonostante fosi ancora sconvolto da quello che avessi scoperto, ma lui si infuriò dicendo “Non osare toccare il corpo di mia figlia!”
“Perdonatemi signore!” disse con voce tremante.
Toshio mi guardava chiedendomi se stava bene, io avrei voluto chiederlo a lui e avrei anche voluto chiedergli perché non me ne avesse mai parlato e Mayko lei perché non ne aveva parlato? Io ero sicuro che lei lo sapesse, dopotutto lui si confidava con lei, anzi a dirla tutta tutti si confidavano con lei, perché sapeva sempre essere rassicurante e confortante e aveva sempre un buon consiglio da dare, ma tuttavia non parlava mai dei problemi che gli raccontasse la gente, sapeva sempre tenere la bocca chiusa su tutto.
Non risposi neppure alla domanda, era troppo concentrato ad osservare quell'uomo che tentava di frenare le lacrime e la rabbia per aver perduto la sua bambina.
Toshio aprii la porta all'uomo, ma lui gli rispose dicendo “Non ho bisogno alcun aiuto, non ne voglio aiuti da voi luridi bastardi!”.
Toshio non si infuriò di fronte le sue accuse, subiva in silenzio sapendo che questo era il minimo dopo tutto il male che gli avevamo fatto.
Osservai l'uomo uscire e chiudere dietro di sé la porta di casa, sentendomi impotente, avrei voluto fare qualcosa per alleviare il dolore che provava,ma non potevo far nulla. dispiaciuta e colma di un Mio l fratello mi guardava continuando a chiedermi se stava bene, ma io non gli risposi neppure e continuai a guardare quella porta ormai chiusa con quell' espressione vacua e smarrita.
Mio fratello mi toccò la testa per vedere se avesse febbre o qualche malore, quel contatto mi ricordò una cosa che avevo completamente dimenticato su mio fratello:
Era una giornata come tante altre eppure lui non sembrava del suo solito umore, qualunque cosa gli dicessi finiva per infuriarsi, poi si avvicinò a me e mi strinse con violenza il braccio spingendomi nel letto, io lo osservai intimorito e tremante, mentre lui mi salii di sopra, stava per strapparmi i vestiti, poi però qualcosa lo frenò.
“Tu Kyo non sai come ci si sente!” affermò piangendo.



Tremai, mentre lui toglieva la sua mano da me e lui se ne andò via guardandomi in un modo strano, come se avesse capito a cosa avessi pensato in quel momento.
“Kyo!” mi chiamò Yoko urlando forte.
Mi voltai verso di lei, guardandola con un' espressione disperata, poi mi decisi ad aprir bocca dicendo “Ti prego... lasciami in pace...”
Le diedi uno spintone per convincerla ad andarsene, prima che mi mettessi a piangere davanti a lei, ma in men che non si dica le lacrime scesero senza che potessi fermarle, mi sentivo in colpa per tutto. per Yari, per suo padre e per mio fratello, perché lui doveva aver passato tutto questo e non io e poi perché anche Yoko e non io?
Avrei tanto voluto trovare una ragione a tutto questo, ma purtroppo non esisteva una ragione, era così è basta, quelli come me, che uccidevano la gente riuscivano a passarla liscia, mentre agli innocenti veniva inferto questo gran dolore.
Yoko mi osservò compassionevole, pronta a darmi il suo conforto, ma io gli diedi le spalle dicendo “Te l' avevo detto di andartene...così uccidi quel po' di orgoglio che mi rimane...”
Già così uccideva tuttociò che di uomo mi era rimasto, il mio orgoglio, anche quello stavo perdendo a causa delle lacrime che non smettevano a scendere davanti a Yoko che mi osservava pronta ad offrirmi la sua compassione, ma non volevo essere commiserato così finii per darle le spalle per non farmi vedere in lacrime nonostante mi avesse ormai visto.
Yoko disse“ Non credo che ti debba vergognare anzi le tue lacrime indicano che sei veramente dispiaciuto di quello che hai fatto...”
“Si, ma le lacrime non riportano in vita Yari, sono del tutto inutili e patetiche...” dissi tra i singhiozzi che tentavo inutilmente di fermare.
Circondò il mio busto con le sue tenere braccia e premette la sua testa contro la mia larga schiena da buttafuori, per alleviare il mio tormento, mentre io subivo il suo abbraccio senza scompormi e traendone sempre più conforto.
“Perchè sei tanto comprensiva con un uno come? Io dovrei farti schifo!” affermai tra i singhiozzi.
“Tu non mi fai schifo, mi pare di avertelo già fatto capire...” affermò timidamente.
“Questo perché sei una bambina ingenua, che non sa distinguere il bene dal male...”
“Sarà quel che dici tu! Ma non mi importa!” mi rispose intestardita.
Io allora scrollai le sue mani dal mio corpo e mi voltai verso di lei, non avevo neppure io idea di cosa stessi facendo, lasciavo soltanto che il mio istinto agisse, così finii vicino alla sua bocca e le dissi sottovoce di chiudere gli occhi, mente scrutavo i suoi occhi color nocciola fissarmi in un modo così dolce, ma allo stesso tempo intenso, poi però vidi il suo viso diventare rosso come un papavero e dopo di ciò chiuse gli occhi.
La tentazione di baciarla era irresistibile, era qualcosa di proibito che però non potevo far a meno di violare, era qualcosa di sbagliato alla quale non potevo sottrarmi, nonostante fossi consapevole che dopo averlo fatto, avrei detto “che gran cazzata!” e me ne sarei pentito forse anche per il resto della mia inutile esistenza, ma non importava, dovevo farlo, non potevo farne a meno, perché almeno per quel solo istante sarei stato felice di aver fatto quella sciocchezza.
Così lo feci, baciai la ragazza che aveva molestato mio padre e che era ancora una bambina:
La mia lingua si posò sulle sue morbide labbra disegnandone il contorno, continuavo a leccarle con desiderio, mi piacevano un sacco quelle labbra color amaranto, poi posai le mie labbra sulle sue e subito dopo ripresi a leccarle con avidità, poi vidi la sua bocca spalancarsi pronta ad accogliere la mia lingua sulla sua bocca. Essa accettò di buon grado l' invito,scontrandosi con la sua piccola e calorosa linguetta, ormai al culmine del desiderio.
Andammo avanti così per un bel po' di tempo, non rendendoci conto che le ore passavano mentre noi continuavamo a baciarci con trasporto, in quell'istante era come se tutto sparisse i dolori e cattivi ricordi, scomparivano lasciando spazio soltanto alla nostra felicità.
Le accarezzai il viso pizzicando i suoi grandi zigomi, dopo la mie mani scesero lungo il suo collo, poi più in basso toccarono le sue piccole spalle e le sue braccia, con incertezza non volevo fare qualcosa di avventato, non volevo spingermi oltre perché era pur sempre una ragazzina. Dopo un po' le mie mani tornarono al punto di partenza e ripercorsero precipitose lo stesso tragitto fino a che non giunsero di nuovo lungo le sue spalle e poi con una mano le sfiorai il torace fermandomi cautamente per non giungere al seno.
Di scatto le mie labbra si allontanarono dalle sue, perché era stato così vicino a perdere il controllo ea volerle toccare quei due favolosi seni che aveva, ma sapevo di non poterlo fare perché se lo avessi fatto non sarei stato migliore di mio padre.
“Questo era il tuo primo bacio, Yokochan?” le chiesi sorridendo.
Mi venne spontaneo chiamarla in quel modo per ovvie ragioni, era piccola, graziosa e dolce, quindi quele suffisso migliore se non “Chan”.
Mi sarei aspettato subito un si, ma lei non lo disse, sembrava ci stesse pensando, poi però mi disse quel no, che mi raggelò il sangue alle vene, non sapevo neppure io il perché me la prendessi tanto, ma l' idea che qualcun altro avesse baciato le sue labbra mi mandava in corto circuito il cervello dalla collera.
“E chi ti ha baciato prima di me, dimmi!” dissi assuefatto dalla gelosia.
“Non capisco perché ti arrabbi...” poi aggiunse infastidita:“Non sono così bambina come credi tu...”
“E' stato Keitawa a baciarti?” le chiesi cupamente.
Non riuscendo a togliermi dalla testa le mani viscide del mio patrigno che la toccavano e la baciavano, a quel solo pensiero mi sentivo ribollire il sangue.
Chissà quanto male le doveva aver fatto pensai osservando i lividi sparsi nelle braccia e quei graffi che avevo visto sulle gambe.
“No...” affermò
“E allora chi?” le chiesi e serio in volto, per sapere a chi dovevo spaccare la faccia, ma forse stavo esagerando.
“Non vedo perché tu ne stia facendo un dramma...” affermò Yoko.
La sua voce mi fece calmare, dopotutto aveva ragione perché me la prendevo tanto, anch'io avevo baciato tante altre ragazze e perché lei non poteva averlo fatto.
Eppure lo avevo così dato per scontato che non avesse baciato nessuno, tanto che mi entusiasmava l' idea di essere il primo, così sarei stato il solo ad aver gustato il sapore delle sue labbra, invece con dispiacere dovetti ricredermi.
“Niente scusami pensavo che tu non avessi mai baciato nessuno... prima di me e l' idea che tu l' abbia fatto...” affermai non riuscendo a proseguire quel discorso sconclusionato.
“E comunque che cosa sono queste confidenze di chiamarmi Yokochan...” disse Yoko scherzosamente per sdrammatizzare.
“E allora tu che da quando mi conosci non fai altro che chiamarmi per nome, dovresti almeno darmi del senpai, sono più grande di te, esigo rispetto!” dissi facendo la voce grossa, imitando un professore universitario, risi io stesso mia imitazione. Non ero mai stato un gran burlone, ero sempre stato un ragazzo serio e noioso e invece da quando conoscevo Yoko, incominciavo a tirar fuori un lato sconosciuto di me, quello più buffo.
“Anzi, devi chiamarmi sensei!”la canzonai in modo stravagante.
Lei scoppiò a ridere poi disse come presa in giro: “Si, un professore che non sa neppure mangiare una zuppa come si deve!”
Io arrossii di botto di fronte la sua osservazione tentando inutilmente di difendermi come potevo,così le dissi sfottendola: “E tu che sei una credulona senza speranze!”
Se ci ripensavo scoppiavo a ridere, come poteva davvero creduto che potesse venirle un'emorragia per un graffietto simile.
“E tu che ti metti ad annusare le ragazze neanche fossi un cane!” disse divertita.
“E tu che seduci un povero delinquente, con questa siamo 3 a 2”
“E tu che...” affermò non trovando più nulla da dire.
“Spiacente sembra che questa partita l' abbia vinta io...” dissi ridendo, mentre la vidi sbuffare e farmi quel buffo muso lungo.
Avevo dimenticato tutto grazie a quel bacio intenso e grazie a lei, mi ero quasi dimenticato di esser un indegno essere grazie al suo sorriso che mi regalava. Facevo il buffone per ricevere il suo dolce sorriso in cambio che mi riscaldava il cuore e che aveva il potere di sconvolgermi.
Dopo un po' osservai l' orologio, si era fatto davvero molto tardi, dovevo uscire, avevo un cliente che voleva consegnata la cocaina, così dissi a Yoko che dovevo andare poiché avevo un impegno urgente, lei mi chiese che impegno avevo, io storsi il naso rimanendo sul vago dicendo che erano affari di lavoro, così lei mi fece quella domanda seccante e opprimente.
“Non avevi detto che non ti importava cosa facevo...” affermai scocciato.
“Non penso che sia altro di così terribile che tu possa nascondermi...dopo quello...” disse sorridendomi.
Veramente avevo davvero qualcosa di ancora più terribile che le nascondevo, qualcosa di peggiore di aver ucciso una ragazza ed era che io ero figlio di Keitawa, quella si che era una rivelazione sconvolgente che le avrebbe procurato un infarto o Dio solo sa cosa.
Avrei voluto dirglielo, poiché mi sentivo quel peso addosso che mi opprimeva, ma non potevo farlo, non era l'occasione adatta, avevamo appena smesso di baciarci!
“Ecco...io spaccio cocaina con mio fratello...” affermai rivelando una verità meno sconvolgente.
“Ah..” affermò incerta, non poteva di certo far i salti di gioia per il lavoro che facevo, ma non fece neppure la schifiltosa, la sua reazione fu passabile.
Ma ero certo che se le avessi detto “Sono il figlio di Keitawa”in quel caso la sua reazione non sarebbe stata delle migliori, forse mi avrebbe sputato in faccia e tirato addosso tutti gli oggetti della casa urlando e piangendo disperata, oppure sarebbe rimasta immobile e in silenzio senza aver la forza di aprir bocca per lo shock.
Ero pronto per uscire di casa, ma Yoko mi fermò dicendo che voleva venire con me, ma io le dissi di no, non potevo per tante ragioni portarle con me sia perché era ricercata da mio padre e dalla polizia e poi perché i miei clienti non erano delle brave persone e quando vedevano un essere dell' altro sesso non si comportavano da veri gentiluomini.

   
 
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