La vergine camminava inquieta. Il suono del pianoforte
maledetto, nella camera accanto, accompagnava i sui
occhi stanchi e vitrei lungo le pareti drappeggiate.
La vergine si aggrappa elegantemente allo stipite della
porta. Ansima. Guarda la sua croce. Torna indietro.
Paura. Timore.
Sbatte la porta, si impone la vista
della finestra. E dopo la finestra? Mio buon Dio. Non c'è niente.
Decadi di vita e di morte e sogni e
speranze e dolore. Non c'è niente.
Cancellata ogni esistenza, ogni piccolo sussulto.
Il buon marito della vergine si accascia a terra. Serra i
pugni contro il suolo freddo. I fili d'erba settembrina si piegano, obbedienti,
al dolore.
La sua tanto amata non lo vede, non lo guarda, non lo
ascolta. La sua tanto amata guarda fuori e i suoi occhi spariscono attimo dopo attimo.
Ed oggi la vergine è alla
finestra che fissa un punto al di sopra della sua spalla.
E gli occhi sono completamente bianchi. Il bel oltremare che li dominava è scivolato via come
acqua.
I servi in silenzio trattengono il buon marito della
vergine. Non possono permettergli di andare da lei.
Quella donna è pazza.
Una sposa così giovane. Una vergine così
delicata. Bianca come il più umile dei soffioni.
Sbatte la porta. Torna indietro, si aggrappa al davanzale.
Ritorna sui suoi passi, riapre appena la porta. Flebile
cigolio dei cardini.
Si getta indietro, cade a terra. Volta il viso.
Di nuovo striscia verso la parete. Siede. Chiude la porta,
lentamente, combattuta, affranta.
La vergine ha i capelli scomposti sul viso. Gli occhi
segnati. Tagli sulle gote e sulle braccia. La vergine è terrorizzata.
Ancora una volta il suono del pianoforte, della bestia, del
mostro, dell'orrore, cambia tono. E' più dolce.
Scusami amore mio, non volevo spaventarti. Vieni da me.
Fuori non esiste più niente che possa amarti. L'ho distrutto io, vedi,
guarda bene. L'ho distrutto perchè non poteva
amarti come posso farlo io.
La vergine si tira indietro con spasmi incontrollati, ancora
si aggrappa al davanzale della finestra, grida il nome del buon marito con
tutta la forza. Ma non sente la sua voce. Non la
sente. Non sente il fiato che le esce dalla bocca, non sente l'ossigeno che
entra nei polmoni. Non sente.
Il buon marito asciuga le sue lacrime con il vento. I servi
in silenzio l'hanno legato per impedirgli di andare dalla sua tanto amata. E la
voce della vergine lo colpisce fermandogli il cuore. Prima il suono si spegne.
Poi si spengono le forze. Ma la luce, il vedo, quello
no. I servi in silenzio si accasciano uno sopra l'altro e muoiono. Muoiono.
Morte. Dolore. Morte. Muoiono.
Il buon marito osserva ancora la sua tanto amata. Prima di
cedere, inerme.
Luce, per un attimo. Il buon marito a
terra coperto di sangue. Lapidato da milioni di demoni raggianti.
La vergine piange. Il suo buon marito.
Vedi, non esiste più niente. E l'hai addirittura
distrutto tu stessa, amore mio, è stato un tuo volere. Ora vieni e io ti proteggerò dal male del mondo. E dalla morte.
La vergine piange il suo buon marito. La vergine si strappa
i vestiti, non vede più niente, ansima, gronda sangue da ferite bianche,
scaccia angeli e demoni figure di quadri infernali.
Corre la vergine esausta, braccia e gambe
spezzate da maceti di nebbia, corre verso la musica
drammatica.
Lo abbraccia, il pianoforte nero
lucido infrangibile eterno. Lo bacia, senza sosta. Le lacrime le inondano il
viso cadendo una ad una sul legno adamantino.
Ora che sei qui, amore mio. Ti prego, suona per me.
Un amore incommensurabile, infrangibile, millenario per quei
tasti freddi. Senza tempo.
Hai tutto il tempo del mondo amor mio, e ancora di
più...
Suona una nota restia la vergine
sporca. Ne suona un'altra. La finestra si apre, il vento le lambisce i nudi
seni ritti.
Avanti, suona per me.
Timida la melodia spalanca le porte inonda gli antri sposta
le tende di velluto bagna i muri spezza le rose.
Timida ma con il sangue pulsante di vita trema ora sulle
fiamme delle candele.
E la vergine sporca vede scivolare via un pezzo ancora di
esistenza. Laconica melodia di vergine senza anima.
La musica acquista corpo, la musica è il suo figlio mostro.
La musica esplode, la musica
mangia, la musica grida!
Le dita si fondono in creature mitologiche i capelli danzano
all'amore con grazia satanica la passione esplode tra le gambe della vergine grida il pianoforte più alto e
più letale della morte congiunge le nuvole ad una sporca pietra senza
coerenza senza macchia, incontrollabile, irrazionale.
Brava amore mio, ad ora muori in
pace. Domani canterai per me. E anche il tuo canto diventerà di carne e
sangue. Della tua carne e del tuo sangue.
Disse nessuno.
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Questo piccolo testo è stato scritto nell'aprile 2007 da una diciassettenne che si metteva al pianoforte per la prima volta. Ma questo non c'entra. Spero di aver rimandato la sensazione di angoscia e di non-sense che spesso porta la malattia mentale alle persone così dette "sane". Un commento sullo stile di scrittura, un pò particolare e forse neanche troppo piacevole, mi farebbe molto piacere.
Alla prossima!
Bran Sceolan