Il sogno più bello.
Lei
era lì, bellissima. La
cosa migliore che mi fosse mai capitata era quella donna distesa sul
letto.
Raggi
di fuoco del primo
pomeriggio estivo filtravano attraverso le tapparelle illuminando il
suo corpo
coperto dalla cannoniera bianca e dai pantaloncini così
corti da mostrare
interamente le gambe sottili.
Mi
sdraio dietro di lei
cingendole la vita con un abbraccio e immergo il mio viso tra i suoi
capelli
nerissimi.
-Ti
amo- le dico baciandole
il collo.
Lei
si gira e mi fissa
sorridente con i suoi occhi color cioccolata.
-Ti
ho mai detto che ti
odio?- mi fa lei con un ghigno allontanandosi da me.
La
afferro e la stringo a me,
non me ne voglio separare.
Sento
il suo seno aderire al
mio petto. La guardo negli occhi. E’ diventata seria. La
bacio con amore, con
tutto l’amore che merita. Lei mi accarezza il viso
dolcemente. Poi si stacca e
mi fissa ancora con i suoi occhi magnetici.
-Come
mai così passionale
oggi?- mi chiede.
-Sono
felice.- Le rispondo
semplicemente.
La
porta della camera si apre
e la bambina più bella del mondo entra nella stanza.
Ha
i capelli neri della madre
ma mossi come il padre. In una mano stringe un orsetto di peluche,
è Otto.
Sbadiglia e poi mi guarda.
-Papà
ho fame.- mi dice.
Salto giù dal
letto e la prendo in braccio
dandogli un bacio sulla guancia.
-Andiamo
a mangiare latte e
biscotti?- le chiedo.
Lei
annuisce e poi mi
abbraccia posando la sua guancia sulla mia.
-Papi
la tua barba pizzica.-
Arrivo
in cucina e preparo
latte e cioccolato, e prendo i biscotti.
Ci
sediamo a tavola e iniziamo
a mangiare. Rido come un cretino. Non sono mai stato così
felice.
-Non
so chi di voi due è più
bambino.- Dice la mia donna appoggiata allo stipite della porta.
Mi
allungo sul mio letto, le
donne della mia vita mi raggiungono e si appoggiano a me. Lei inizia a
raccontare una storia alla piccola e io ascolto.
Si
può morire di gioia? Non
credo.
Improvvisamente
tutto è
giusto, ogni cosa è al suo posto, all’infuori di
loro due sento che nulla
importa.
Drin-drin.
Apro
gli occhi. L’oscurità mi
avvolge.
Drin-drin.
Questo
è mio padre che mi
vuole svegliare.
Drin-drin.
Ma
oggi non risponderò.
Drin-drin.
Richiudo
gli occhi. Le loro
immagini si vanno sbiadendo. Non voglio perderle. Mi aggrappo
disperatamente al
loro ricordo.
Ma
ormai i contorni sfumano.
Il
mio cuore si riempie di
nuovo di quel peso insopportabile, come ogni mattina.
Il
peso delle perdite del mio
passato, il peso dei miei errori, il peso di dover essere
all’altezza, il peso
di dover non deludere, il peso di un amore non corrisposto, il peso di
essere
solo.
Sono
le 11.30. Per sei
grandiose ore ero stato felice come non lo ero mai stato.
Mi
alzo e mi dirigo nel
bagno.
Guardo
il mio riflesso. Per
un secondo mi sembra di vederle al mio fianco.
Mi
tocco il viso dove la
piccola ha posato la sua guancia sulla mia. Sento la barba punzecchiare
le mie
dita.
-Papi la tua barba pizzica.-
Sorrido
al mio riflesso e
dico –Chi sa? Forse un giorno…-