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Autore: MaStRo16    31/12/2009    1 recensioni
Questo è un sogno che ho fatto un po di tempo fa e che non dimenticherò mai...
Genere: Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sogno più bello.

 

Lei era lì, bellissima. La cosa migliore che mi fosse mai capitata era quella donna distesa sul letto.

Raggi di fuoco del primo pomeriggio estivo filtravano attraverso le tapparelle illuminando il suo corpo coperto dalla cannoniera bianca e dai pantaloncini così corti da mostrare interamente le gambe sottili.

Mi sdraio dietro di lei cingendole la vita con un abbraccio e immergo il mio viso tra i suoi capelli nerissimi.

-Ti amo- le dico baciandole il collo.

Lei si gira e mi fissa sorridente con i suoi occhi color cioccolata.

-Ti ho mai detto che ti odio?- mi fa lei con un ghigno allontanandosi da me.

La afferro e la stringo a me, non me ne voglio separare.

Sento il suo seno aderire al mio petto. La guardo negli occhi. E’ diventata seria. La bacio con amore, con tutto l’amore che merita. Lei mi accarezza il viso dolcemente. Poi si stacca e mi fissa ancora con i suoi occhi magnetici.

-Come mai così passionale oggi?- mi chiede.

-Sono felice.- Le rispondo semplicemente.

La porta della camera si apre e la bambina più bella del mondo entra nella stanza.

Ha i capelli neri della madre ma mossi come il padre. In una mano stringe un orsetto di peluche, è Otto. Sbadiglia e poi mi guarda.

-Papà ho fame.- mi dice.

 Salto giù dal letto e la prendo in braccio dandogli un bacio sulla guancia.

-Andiamo a mangiare latte e biscotti?- le chiedo.

Lei annuisce e poi mi abbraccia posando la sua guancia sulla mia.

-Papi la tua barba pizzica.-

Arrivo in cucina e preparo latte e cioccolato, e prendo i biscotti.

Ci sediamo a tavola e iniziamo a mangiare. Rido come un cretino. Non sono mai stato così felice.

-Non so chi di voi due è più bambino.- Dice la mia donna appoggiata allo stipite della porta.

 

Mi allungo sul mio letto, le donne della mia vita mi raggiungono e si appoggiano a me. Lei inizia a raccontare una storia alla piccola e io ascolto.

Si può morire di gioia? Non credo.

Improvvisamente tutto è giusto, ogni cosa è al suo posto, all’infuori di loro due sento che nulla importa.

 

Drin-drin.

 

Apro gli occhi. L’oscurità mi avvolge.

 

Drin-drin.

 

Questo è mio padre che mi vuole svegliare.

 

Drin-drin.

 

Ma oggi non risponderò.

 

Drin-drin.

 

Richiudo gli occhi. Le loro immagini si vanno sbiadendo. Non voglio perderle. Mi aggrappo disperatamente al loro ricordo.

Ma ormai i contorni sfumano.

Il mio cuore si riempie di nuovo di quel peso insopportabile, come ogni mattina.

Il peso delle perdite del mio passato, il peso dei miei errori, il peso di dover essere all’altezza, il peso di dover non deludere, il peso di un amore non corrisposto, il peso di essere solo.

Sono le 11.30. Per sei grandiose ore ero stato felice come non lo ero mai stato.

Mi alzo e mi dirigo nel bagno.

Guardo il mio riflesso. Per un secondo mi sembra di vederle al mio fianco.

Mi tocco il viso dove la piccola ha posato la sua guancia sulla mia. Sento la barba punzecchiare le mie dita.

-Papi la tua barba pizzica.-

Sorrido al mio riflesso e dico –Chi sa? Forse un giorno…-

  
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