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Autore: tonksnape    02/01/2010    2 recensioni
Seconda parte di una fic scritta poco prima dell'uscita del settimo libro, basandosi sulle anticipazioni. La prima parte è di qualche mese fa. Buona lettura.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5.

Trovarono la porta del salotto aperta.

Piton e Tonks erano seduti sul divano, abbracciati e stavano parlando della situazione politica.

“Comunque Kinglsey ha ragione!” stava affermando Tonks con decisione.

“Su cosa?” chiese Remus entrando.

“Rispetto a quello che dice Severus.”

“Qualsiasi cosa dica Severus,” aggiunse Piton con tono sommesso.

“Lo irrito…” Tonks appariva compiaciuta di questo suo risultato.

Remus e Hetta si misero seduti sul divano di fronte al loro. Remus riempì i calici con il vino rimasto e li lasciò sul tavolino in mezzo a loro.

“Mi sembra che tu ci riesca spesso.”

“Troppo spesso.” Il tono sommesso di Piton non convinse nessuno degli altri tre. Severus Piton odiava essere contraddetto.

“Parliamo di altro?” chiese Remus appoggiandosi allo schienale del divano con le gambe accavallate e sorseggiando il vino.

“Hai l’aria di un uomo soddisfatto,” disse Tonks.

“Ho mangiato bene, ho un lavoro e un tetto sopra la testa. Direi che mi posso dire soddisfatto.”

“Sei sempre molto pratico,” borbottò Tonks. “Dev’essere la vostra generazione.”

In silenzio Remus terminò di bere il vino.

“Come è andato il rientro a casa, Hetta?”

Hetta si girò verso Severus, notando come la sua mano appoggiasse, leggera, sulla spalla di Tonks. Era  da invidiare, pensò.

“Ho dovuto prendere per mano molte cose di Jenny e decidere cosa farne. Mi sento svuotata. Avevo bisogno di venire qui e non stare sola.”

“Posso aiutarti?” Tonks si stava sporgendo verso l’amica con un braccio proteso.

Hetta le strinse velocemente la mano.

“Posso farcela da sola.”

“Serpeverde…” ghignò Piton. “L’orgoglio di essere in grado di fare tutto da soli.”

“Per te è perfetto!” Parlando Tonks gli diede un pugno sulla spalla.

Remus li guardò sorridendo, anche se la mente stava già ritornando al passato.

All’improvviso entrò dalla finestra una piccola volpe vaporosa, portandosi appresso una scia di luce. La voce era di un Auror, Georgette Smith.

“Qualcuno ha tentato di fuggire da Azkaban, Severus. Moody ha bisogno di te immediatamente.”

Scattarono tutti e quattro in piedi.

Piton uscì dalla stanza quasi correndo.

Remus e Hetta appoggiarono i calici sul tavolino e seguirono Tonks sul pianerottolo delle scale.

Piton stava già scendendo di corsa con il mantello sulle spalle.

Diede un bacio veloce a Tonks. Si girò verso Remus.

“Rientro quando posso. Appena so qualcosa mi faccio sentire. Avvisa Kingsley che sto andando là.”

Remus fece un cenno di assenso.

“Non aspettarmi qui!” disse rivolto a Tonks.  “Vai a casa…”

E scivolò lungo le scale fino alla porta d’ingresso.

Remus fece scoccare il suo Patronus dalla bacchetta con l’informazione per Kingsley.

Tonks si stava mordendo il labbro inferiore. Sospirò.

“Penso che sia meglio andare a casa, a questo punto. Potrebbero chiamarmi. Immagino che abbiate già riordinato…” Guardò i due amici.

“Tutto a posto,” le confermò Remus. “Vai pure.”

“Ci vediamo quanto prima,” gli rispose baciandolo su una guancia. “Grazie di tutto. Hetta…” si girà verso di lei. “Chiamami in qualsiasi momento ti serva.” Le fece l’occhiolino. “Se invece avranno bisogno di noi, ci troveremo quanto prima insieme!” Le fece l’occhiolino.

“Non mi tirerò indietro.”

Tonks li salutò ancora con un cenno della mano e scese al piano terra.

Remus e Hetta rimasero sulle scale in silenzio per qualche secondo.

“Andrò anch’io…” disse la donna. Poi rientrò nel salotto e ne uscì con i calici sporchi e la bottiglia mezza vuota. “Rimetto un po’ in ordine.”

“Puoi dare a me…” la fermò Remus allungando le mani.

“Ma no…”

Hetta si mosse verso le scale, cercando di passare a fianco di Remus, ma la poca luce proveniente dalle candele della sala la ingannò e si ritrovò quasi addosso all’uomo. Remus d’istinto allungò un braccio per sostenerla, avvolgendole i fianchi e appoggiando la mano sulla schiena.

Ad entrambi si bloccò il respiro. Evitarono di girare lo sguardo l’uno verso l’altra.

Quasi senza pensare, Remus le accarezzò la schiena e ad Hetta sfuggì un piccolo sospiro.

“Lascia andare quei bicchieri…” sussurrò Remus in fretta.

Hetta d’istinto aprì le mani. Bicchieri e bottiglia le scivolarono dalle dita. Remus aveva afferrato la propria bacchetta e mormorando un incantesimo li fece appoggiare a terra senza danno.

Le mani di Hetta rimasero immobili, lungo i suoi fianchi, mentre Remus la spostava contro di sé e le cercava la bocca con la propria.

Era un bacio arrivato per caso, inatteso e sorprendente. Leggero.

Remus interruppe il bacio, ma le sue labbra continuarono a sfiorare quelle della ragazza.

“Sono pericoloso,” mormorò.

“Oh, sì…” sospirò Hetta. “Direi di sì…”

Remus sorrise. “Sciocchina… non per questo…”

“Ho pensato tante volte…”

“A me?”

“Sì. Anche al lupo mannaro.”

“Sono pericoloso,” ribadì lui.

“Stammi lontano allora. Io non ci riesco…”

Remus la strinse con rabbia contro il suo corpo.

“Non sai, non puoi capire. Sono pericoloso.”

“Io ti voglio Remus,” gli rispose sussurrandoglielo in un orecchio.

“È la frase più bella che mi abbiano mai detto,” le rispose ironicamente.

Hetta si allontanò da lui quanto bastava per guardarlo negli occhi. “Ti voglio.”

Remus si chinò verso di lei per baciarla nuovamente.

 

Qualche settimana dopo Tonks era di turno al Ministero per il controllo all’ingresso dei testimoni chiamati per i diversi procedimenti in atto. Quel giorno erano stati convocati i Malfoy e c’era quindi molto interesse anche da parte della stampa con molti inviati che tentavano di superare i blocchi previsti utilizzando gli incantesimi più stravaganti.

C’era un elenco preciso di coloro che erano ammessi al Tribunale con permessi speciali rilasciati dal Ministero stesso, compresi pochi eletti giornalisti. Si temevano in particolare azioni di metamorfismo e tentativi di presentarsi nei panni di qualcun altro. Era dunque necessario un controllo lungo e snervante fatto di domande personali e di procedure anti-incantesimo. Chi si presentava era stato avvisato di questo percorso accidentato da attraversare, ma non tutti erano disposti ad accettarlo.

Hetta Miles era alle prese con un vecchio signore di età quantomeno centenaria che borbottava da dieci minuti lamentandosi per ogni domanda posta e per ogni controllo che Hetta, gentilmente, gli anticipava. Oltre a loro due erano presenti altri quattro Auror che svolgevano lo stesso compito. Dietro a loro Moody faceva da supervisore.

“Mia cara, direi che alla sua giovane età dovrebbe essere ben più veloce!” disse per l’ennesima volta il vecchietto.

Per l’ennesima volta Hetta fece finta di non aver sentito.

“Abbiamo terminato i controlli, Mister Kendryke. Potete accomodarvi in Tribunale,” gli annunciò dopo qualche istante. Il vecchietto sbuffò sonoramente e proseguì impettito verso l’aula del Ministero dove si riunivano i giudici.

Hetta lanciò uno sguardo esasperato a Tonks che rispose con una smorfia. Le diverse file davanti agli Auror stano diminuendo. Ma era previsto poi che si spostassero nell’Aula di Tribunale per i controlli durante il processo, almeno quattro di loro, tra cui Hetta e Tonks. Hetta si era proposta per fare i turni in Tribunale anche tutti i giorni, mentre gli altri cercavano di alternarsi per poter avere missioni all’esterno e soprattutto all’aperto.

Per Hetta era invece piacevole starsene in Tribunale e poter osservare Remus Lupin nella sua qualità di Cancelliere, intento a trascrivere le informazioni e sollecito nell’intervenire con il Presidente ogni qualvolta emergevano discrepanze o evidenti bugie. Si muoveva con fare felino nella stanza, quasi invisibile. Non si notavano i suoi movimenti e sembrava che comparisse in punti diversi all’improvviso. Kingsely si era premurato di fargli sapere, già al suo secondo giorno di lavoro, che il Presidente e i giudici apprezzavano il suo modo di fare. Dato che si trattava di persone del tutto estranee all’Ordine della Fenice e ad Hogwarts, erano complimenti piacevoli da sentire, perché arrivavano grazie al suo lavoro e non grazie al suo nome. Non erano stati fatti commenti neppure dai giornali sulla sua presenza in Tribunale e Remus era convinto che fosse merito del Ministro della Magia e della sua influenza.

Dalla sera del loro primo bacio Remus e Hetta non si erano più rivisti da soli.

Remus non si era sbilanciato oltre qualche languido bacio e qualche carezza sotto i suoi abiti in salotto. Erano stati distratti dall’arrivo del Patronus di Piton che annunciava il suo rientro a breve, dato che il tentativo di fuga era stato sventato senza conseguenze.

Con dolcezza l’aveva invitata ad andare a casa sua, assicurandola che era felice per quello che era accaduto tra loro e che la trovava dannatamente attraente.

Da allora, in quelle lunghe settimane, c’erano stati saluti cortesi, sorrisi, qualche veloce sfioramento nei corridoi del Ministero. Ma nessun altro tentativo di approfondire il rapporto. Neppure durante le frequenti cene, sempre rigorosamente in gruppo, alle quali entrambi prendevano parte.

Il rapporto tra Tonks e Piton proseguiva a gonfie vele. Per quello che poteva rappresentare questo concetto per quei due.

Hetta sorrise al vuoto ripensando al modo in cui la coppia si gestiva.

Vivevano separati, ma Tonks era quasi ogni giorno a Grimmauld Place, fermandosi anche a dormire. Piton si rifiutava di andare a conoscere i genitori di Tonks adducendo scuse varie, ma sempre basate sul fatto che la sua vita non lo rendeva un buon partito agli occhi dei futuri suoceri.

I genitori di Tonks avevano dichiarato in più occasioni e a più persone che pur trovando strana la scelta della figlia, la approvavano perché la rendeva felice. Per questo motivo anche le visite frequenti degli Weasley a Grimmauld Place o quelle di Piton alla Tana diventavano motivo di lieve attrito in quanto tutti lo invitavano a conoscere i suoceri e definire la relazione con Tonks.

Da circa due giorni Piton era stabile ad Azkaban poiché le prime sentenze stavano costringendo a molti cambiamenti nella prigione. Tonks aveva evitato di presentarsi alla prigione anche solo per i turni di guardia, per non rendere la situazione di Piton ancora più precaria.

La sua nomina era stata accolta con un generale gelido silenzio. Alcuni giornali avevano tentato qualche commento caustico, ma non aveva avuto seguito. Piton evitava le occasioni che lo avrebbero esposto al contatto con i giornalisti, non rilasciava interviste o pareri, neppure sulla prigione. I rapporti di Azkaban con la stampa erano tenuti da una strega che aveva specificatamente questo ruolo. Kinglsey aveva decretato che per motivi di sicurezza eventuali interviste con prigionieri o rappresentanti del Governo dovevano essere autorizzati dal Ministero, in particolare da Arthur Wealsey che si era dimostrato molto parco nel concederle. E i contenuti erano stati così scarsi che le richieste erano state quasi nulle.

Hetta si concentrò sull’aula di Tribunale.  A volte le testimonianze erano noiose e ripetitive. Raccontavano episodi risaputi oppure del tutto insignificanti. Eppure i giudici ponevano attenzione a tutto e sembravano memorizzare ogni dettaglio.

“Fate passare Lucius Malfoy.”

L’annuncio lo aveva dato il giudice più anziano, rivolgendosi alle guardie che, in fondo alla stanza, controllavano l’ingresso con le celle di detenzione del Ministero.

Hetta guardò entrare un uomo alto, emaciato, sconfitto. Eppure c’era ancora un aurea di potenza e di bellezza in quell’uomo. Si chiese come mai in tutti gli uomini di quella stessa generazione, come Remus o Severus, ci fosse un qualcosa di affascinante anche se, a parte Lucius, non erano certamente belli. E in quel momento anche Malfoy non poteva dirsi attraente.

Con una smorfia si stizza si disse che erano solo stupidi pensieri e cercò di concentransi nell’ osservare i partecipanti alla sessione del Tribunale.

Conosceva oramai quasi tutti. Non notò nessun viso particolare fino a quando non colse il movimento di lunghi capelli biondi raccolti da un foulard color avorio. Non poteva meravigliarsi del fatto che Narcissa fosse presente all’interrogatorio del marito, eppure non si aspettava di vederla. Non l’aveva notata neppure in fila all’ingresso. Aveva un’espressione tesa e seria in volto, lo sguardo fisso sul marito, gli occhi lucidi. Hetta si chiese come si sarebbe sentita al suo posto.

Durante gli anni di scuola la figura di Lucisu Mlafoy era un mito tra gli studenti dei Serpeverde per la sua potenza e arroganza. Molti lo riconoscevano come un modello da seguire. Hetta aveva sempre pensato che fosse un uomo difficile e autoritario, mentre ammirava molto la moglie, silenziosa eppure ben presente. Partecipavano a tutte le feste organizzate dalla Casa e, anche se non li aveva mai conosciuti personalmente dato che non era figlia di nessuno di importante, ne aveva seguito le vicende grazie ai gossip dei suoi nobili compagni di scuola.

Cercò il volto del figlio, ma non lo vide  da nessuna parte.

Lucius stava raccontando dei suoi rapporti con Voldemort, senza rinnegare nessuna delle sue scelte. Hetta ne ammirò la coerenza.

 

“Coerente?! Ma se ha ucciso e tradito Merlino sa solo quante persone!” Remus era arrabbiato.

“Ho detto che ne ammiro la coerenza, non le sue azioni! Capisco che è dal lato sbagliato della strada, ma non lo rende meno coerente!”

Hetta raccolse gli ultimi residui di cibo dal piatto e li mise nella scodella per il cane. A casa Weasley era arrivato, meno di due mesi prima, un cane randagio, accolto con affetto da George e lasciato in custodia a chiunque passasse di là. Non era mai senza cibo o acqua nonostante non avesse nessun padrone ufficiale.

Remus stava raccogliendo il resto delle stoviglie e aveva dato inizio alle pulizie.

Tutti i partecipanti alla cena erano usciti in giardino lasciando la coppia a sistemare la cucina.

Era chiaro a tutti, in particolare dopo i commenti di Tonks, che i due avevano bisogno di qualche occasione per stare insieme e che Remus aveva bisogno di un gran calcio sul didietro per fare il primo passo.

Severus si era rifiutato di fare qualsiasi cosa, commentando che l’età di Remus lo rendeva abile e autonomo. Tonks aveva sbiascicato un commento a mezza voce sulle capacità degli uomini di fare alcunché da soli, commento che Severus aveva preferito ignorare dopo una giornata di lavoro.

“Non capisco come tu possa pensare di trovare delle scusanti per quell’assassino!” Remus con un colpo un po’ violento della bacchetta ruppe un bicchiere. Con un sospiro di rabbia lo riaggiustò.

“Non lo scuso!” Hetta buttò con troppa determinazione i resti nella ciotola del cane, spargendone una parte per terra. Con un sospiro di rabbia li rimise nella ciotola con un colpo di bacchetta. “Ho solo detto che è stato coerente con le sue idee. Come lo siamo noi.”

“Io,” disse Remus, “ritengo che le idee creino una dannatissima e profondissima differenza.”

“Anch’io!” Hetta si girò finalmente a guardalo. “Altrimenti non sarei qui, adesso! Ho parlato della sua coerenza, non delle sue idee! Potresti ascoltarmi senza tagliare tutto con il coltello!?” Si mise le mani sui fianchi.

Remus appoggiò le proprie sul ripiano della cucina, prima di girarsi verso di lei e incrociarle al petto. “Sei tu quella che taglia con il coltello,” disse pacatamente. “Non puoi dividere una persona da quello che pensa!”

“Se lo facessi ti avrei chiesto di farlo uscire di prigione, dato che la coerenza è una gran bella cosa! Invece penso che ci stia bene lì dentro, per tutto quello che ha fatto, anche se è coerente!”

“Allora ho ragione io.”

“Remus Lupin, sei un dannato idiota!” Hetta si sentì le lacrime salire agli occhi. Ma doveva sputare fuori tutto quanto. “Hai le stesse emozioni di un pezzo di ghiaccio, sei rigido e duro come un blocco di cemento! E sei coerente tanto quanto Lucius Malfoy e con gli stessi pessimi risultati! Non fai altro che allontanare gli altri. Fai male agli altri con la tua dannata logica coerenza!”

Oramai le lacrime scendevano senza controllo per la rabbia e la frustrazione di non riuscire a controllarsi. Remus la guardava sbigottito, quasi senza capire quello che era successo. Sicuramente senza parole.

Hetta singhiozzò e poi afferrò il maglione che aveva appoggiato ad una sedia.

“Spiega tu agli altri perché me ne vado, stupido!”

“Hetta!” Remus allungò un braccio per trattenerla, ma lei si Smaterializzò all’istante.

Remus rimase a guardare il punto della stanza nella quale si trovava la ragazza fino ad un secondo prima, incredulo. Non riusciva a capire quando la conversazione era degenerata. Stavano parlando di Lucius Malfoy e all’improvviso si era parlato delle sue emozioni. Ma non era quello l’argomento della loro discussione. O almeno non gli era sembrato.

“Sembri leggermente folgorato.”

Remus si girò di scatto verso la porta d’ingresso della Tana. Severus, dritto in piedi, lo guardava con un sorrisetto ironico e per nulla gentile.

“Evita il sarcasmo.” Si sentiva irritato. Notevolmente.

“Abbiamo capito tutti che stavate litigando. Ci chiediamo perché.”

“Non lo so!” sbottò Remus allargando le braccia in segno di resa. “Non ne ho la più pallida idea del perché se ne sia andata!”

Severus allargò il suo sorrisetto ironico.

“Sono bravissime in queste cose.”

“Cosa vuoi dire?”

“Che sono abili nel farti sentire responsabile per qualcosa che non hai fatto. Convincendoti però di averlo fatto.”

“Non ho parlato di sentimenti e mi ha accusato di essere un pezzo di ghiaccio e di allontanare le persone.” Remus era pensieroso.

“Visto?” sorrise Severus. “Abilissime. Immagino che tu le abbia solo evidenziato che il suo commento sulla coerenza di Lucius era del tutto… incoerente.”

“Più o meno.”

“Devi scusarti.” Severus lo disse con fermezza.

“Per cosa?” Remus lo guardò attonito. “Non ho fatto o detto nulla!”

“Non importa. Quello che hai detto ha provocato un terremoto, dato che dal tono di voce stava anche piangendo. Quindi era qualcosa che non dovevi fare.”

“Merlino, Severus! Ma ti ascolti? Mi sembra di sentire Ron Weasley!” Remus lo guardò schifato.

“Lo so, lo so… sembra, anzi no, è una stupidaggine. Ma quello che hai detto ha provocato un problema. Devi risolvere il problema.”

“Ma quale problema? Lei si è creata il problema, non io!” Diede un pugno sul piano di marmo della cucina.

“Remus,” Severus sospirò guardando l’uomo davanti a sé. Era invecchiato forse più di lui negli ultimi mesi. Aveva più capelli bianchi e anche più rughe. Ma gli occhi erano gli stessi, lucidi e profondi di vent’anni prima.  “Non ne capisco molto più di te,” Severus entrò nella stanza, avvicinandosi.

“Per favore non fare l’esperto! Non lo sei per nulla!”

“Ho qualche settimana in più di esperienza con Ninpha.”

“Non farmi sapere nulla della vostra relazione!”

“Eviterò di dirti cosa facciamo a letto…”

“Severus!” Remus si girò verso di lui, pronto a prenderlo a pugni.

Piton alzò le braccia in segno di resa.

“Intendo solo dire che quando discuto con Ninpha avviene lo stesso. Parliamo di un argomento e presto ci ritroviamo a discutere di emozioni e sentimenti senza che capisca come ci siamo arrivati. Devi solo lasciar perdere quando la discussione è poco importante e insistere quando lo è. Cercando di capire il loro punto di vista.”

“Ma la discussione è fatta per discutere!” sbottò Remus. “Non per far finta che l’altro abbia ragione!”

“Non per le donne. Non per tutte, almeno. Essere capite è più importante del risultato.”

“Oh, Merlino!” Remus di avvicinò al tavolo e si lasciò afflosciare su una sedia. “Che accidenti stai dicendo?”

“Che se vuoi una relazione con Hetta ci sono alcune condizioni… perché tu vuoi una relazione con Hetta, giusto?”

Remus si passò le mani sulla faccia. “Intensamente. Dolorosamente. Spasmodicamente.”

“Chiaro,” lo fermò Severus. “Molto chiaro. Devi scusarti. Adesso, direi.”

“Devo andare a casa sua?”

“No, chiamala a rapporto da te!” ironizzò Severus.

“Puoi evitare di essere sarcastico, per favore?” chiese con lo stesso tono Remus.

“Dovresti andare. E quando Tonks te lo chiederà raccontale quanto sono stato convincente.”

A Remus fu necessario qualche secondo per capire l’implicazione di quell’ultima precisazione. Ma quando si rese conto che anche Severus era manovrato da una donna, scoppiò a ridere.

 

Hetta entrò in casa maledicendosi per la sua reazione. Non era possibile continuare a ripetersi che anche un bacio con Remus era meglio di niente se poi la sua vicinanza la rendeva più instabile di un incantesimo di un bambino di tre anni.

Con gli occhi ancora umidi di pianto chiuse la porta alle sue spalle e si distese sul divano in salotto. Sopra la sua testa c’era una foto della sorella mentre alzava le braccia al cielo dopo una vittoria di Quidditch con i Serpeverde.

“Perché ti sei innamorata di lui, Hetta?” chiese a se stessa a voce alta. Con un braccio si coprì gli occhi.

“Non è bello, non è attraente… perché Hetta? Perché lui e non Kirk Fannigan?” si chiese ripensando ad un capitano di Tassorosso preda di molte ragazze di Hogwarts nei suoi anni.

Sospirò. Con i piedi si tolse le scarpe, lanciandole al centro della stanza.

Con un altro sospiro si girò su un fianco, pronta a piangere di nuovo. Era convinta che fosse necessario svuotare il serbatoio di lacrime, prima di ricominciare a vivere. Si raggomitolò.

Scattò a sedere quando sentì bussare alla porta. Dovevano essere passati almeno dieci minuti e le lacrime erano quasi finite.

“Chi è?” chiese avvicinandosi alla porta.

“Remus.”

Si bloccò a metà del corridoio che portava all’ingresso. La mente priva di pensieri.

“Hetta?” chiamò Remus dopo qualche secondo.

Senza rispondergli aprì la porta.

Era in piedi lì di fronte. Proprio lui. Con tutti i suoi capelli bianchi, gli abiti stazzonati da una giornata di lavoro, gli occhi affaticati. Bello come sempre. Per lei.

La fissava in silenzio.

Lei rimase ferma, una mano sulla maniglia interna della casa, l’altra mano aperta sullo sterno.

“Qualsiasi cosa abbia detto, non intendevo farti piangere,” esordì Remus. “Non mi piace vederti piangere.”

Una lacrima le scese su una guancia.

Remus allungò una mano e gliela tolse, sfiorandola con un dito.

“Sono importante per te?” chiese all’improvviso Hetta.

Non era quello che intendeva dire. Non era quello che aveva pensato di dirgli. Non era quello che una donna poteva chiedere ad un uomo. Non era opportuno chiederglielo. Non era strategico chiederglielo.

“Sì.”

Hetta deglutì.

“Perché mi tieni lontana?” sussurrò.

“Per non farti male.”

“Mi stai facendo molto male,” disse con voce tremante.

“Ho paura, Hetta.” Lo disse con voce sicura.

“Di cosa?”

“Della prima notte di luna piena che ci dividerà.”

“Saprai chi sono?”

“No, non riconoscevo i miei genitori né i miei amici…”

“Allora me ne andrò via, quella notte. Lontano. Ma solo quella,” disse con ardore.

“Ci faremo molto male, Hetta. Credimi.” Remus la guardò con mestizia. “Possiamo farci solo del male.”

“Come lo sai?”

“So quello che sono…”

“Sì,” sospirò Hetta. “Ma penso che…” Trattenne il fiato per un attimo e poi, con un altro sospiro gli fece cenno di entrare in casa. Remus salì lentamente i pochi gradini e le passò accanto, attento a non sfiorarla. Si fermò nel corridoio d’ingresso e si girò a guardarla. Aveva chiuso la porta e vi si era appoggiata contro. Con un colpo di bacchetta Remus accese qualche candela per rischiarare la stanza.

“Penso di poter fare la differenza, no?” gli chiese, concludendo la frase lasciata a metà.

Remus scosse la testa, senza capire.

“Non conosco il tuo passato, quello privato, intendo.” Remus assentì con la testa, in silenzio. “Non so se parli così per qualche relazione finita male o… tragicamente…”

Remus scosse la testa, con decisione.

“Ah,” commentò Hetta con un mezzo sorriso. “Credevo di dovermi confrontare con un amore impossibile o perduto…” confessò senza guardarlo.

“No,” si limitò a confermare Remus. Avrebbe deciso poi cosa raccontarle delle sue mancate relazioni.

“Mi piaci Remus…” gli disse guardandolo negli occhi nuovamente. Lupin sentì lo stomaco fare una capriola e il respiro assottigliarsi. “Da molto tempo.”

“Da molto tempo?” disse a mezza voce, incredulo.

Hetta confermò con un cenno del capo.

“Io?” chiese Remus sorpreso.

Hetta sorrise. “Sì,” ridacchiò meravigliata. “Certo che parlo di te.”

“Perché?”

“Perché cosa?”

“Perché ti piaccio? Voglio dire… da quando?”

“La prima volta che ti ho visto nella sede dell’Ordine. Eri silenzioso, in disparte. Intrigante.”

“Io?” chiese nuovamente sempre più sorpreso.

“Sì,” rise nuovamente Hetta. “Perché sei così meravigliato?”

“Non sono uno che attrae le persone. Anzi. Le allontano.”

Hetta inclinò la testa poi di slancio lo abbracciò gettandogli le braccia al collo e stringendosi a lui. Remus rimase immobile e perplesso da quel gesto. Con lo sguardo incredulo ricambiò l’abbraccio accarezzandole la schiena e tuffando la faccia tra i suoi capelli.

“Hai cucinato muffin…” le sussurrò all’orecchio.

“I capelli…” ridacchiò lei.

“Sanno di cioccolata,” le confermò Remus.

“Fleur riesce a vivere con Bill… hanno anche dei figli…”

“Lui è stato solo sfiorato da un lupo mannaro. Io non posso avere figli. Non posso controllare il mio cambiamento.”

Hetta si strinse ancora di più a lui.

“Non è un motivo sufficiente per farmi desistere Remus. Ti voglio per me.”

Remus la strinse contro il suo corpo quasi a volerla soffocare tra le braccia.

“Ridimmelo…” le sospirò all’orecchio.

Hetta si allontanò tanto da potergli accarezzare la faccia e guardarlo negli occhi.

“Ti voglio.”

Remus chiuse i suoi e prese un profondo respiro.

“Mi fai impazzire quando lo dici…”

Hetta deglutì. “Guardami.”

Remus aprì gli occhi, lucidi di lacrime.

“Ti voglio esattamente come sei.”

Remus strinse le labbra cercando di trattenere la lacrima che invece scese sulla guancia.

“Ti voglio anch’io.”

Hetta sorrise.

Remus si avvicinò per baciarla.

 

 

Qualche settimana più tardi Hetta e Tonks erano nuovamente di guardia al Ministero. Era previsto un incontro tra il Ministro della Magia inglese e i suoi pari grado di diversi paesi europei per definire le linee comuni in ambito di investigazione internazionale. Molti Mangiamorte erano fuggiti all’estero nel tentativo di trovare appoggio o almeno un nascondiglio. Alcuni erano già stati rimpatriati in Inghilterra per ricevere il giusto processo, ma altri erano ancora latitanti. Kingsely aveva insistito per creare un coordinamento internazionale e questo incontro doveva sancire le modalità per arrivarci.

Erano stati già espletati tutti i controlli d’ingresso e gli Auror in servizio erano stati dislocati in alcune aree del Ministero per un controllo a distanza di chi entrava e usciva.

Le due donne erano sedute in una panchina all’esterno dell’edificio e fotografavano coloro che utilizzavano uno degli ingressi.  C’era così poca gente che avevano preso entrambe un’enorme tazza di te fumante e si alternavano alla macchina fotografica, continuando a chiacchierare. Indossavano pesanti giacconi per ripararsi dal freddo di quell’inverno.

“Mi sento un po’ inutile in questi momenti,” sbuffò Tonks.

“Decisamente meno coinvolgente del lavoro fatto con l’Ordine,” commentò Hetta, con tono ironico.

“Beh, se la metti così, preferisco starmene qui a riempirmi di caffè,” rispose Tonks, sorseggiandosi la bevanda calda. Hetta fece una foto ad una signora anziana che entrava al Ministero. Riconobbe in lei la stessa persona che in uno degli ultimi controlli per il Tribunale, le aveva chiesto informazioni per trovare il Reparto di controllo delle creature proibite. Le era sempre rimasta la curiosità di sapere quale creatura proibita la signora avesse visto o allevasse.

“Situazione con Remus?”

Hetta fece un gran sorriso e si girò verso di lei per un attimo.

“È un uomo… meraviglioso…” sospirò Hetta. “Mi fa sentire al sicuro.”

Tonks sorrise anche se l’amica, che le dava le spalle, non poteva vederla.

“Sei felice,” sentenziò.

“Come lo sei tu, no?” le sorride Hetta girandosi verso di lei.

Tonks annuì. “Ieri ha conosciuto i miei genitori, ufficialmente…”

“Oh!” esclamò Hetta. “Ted e Andromeda Tonks?”

“Un successo!”

“Per merito di chi?” ironizzò Hetta.

“Dei miei genitori, naturalmente! Immagina la scena di Severus Piton che stringe la mano a Ted Tonks, un Babbano e a Andromeda Tonks che assomiglia ad una sua ex amante…”

Risero apertamente.

“Severus era un pezzo di ghiaccio. Papà è riuscito ad ammorbidirlo parlandogli di pozioni.”

”Tuo padre ne sa qualcosa di pozioni?”

“Quello che raccontiamo io e mamma. Ma non si fida molto di noi e ha fatto fare a Severus la parte dell’esperto.”

“Ehi!” Hetta si accorse di una faccia nota che stava tentando di entrare al Ministero. Inviarono un Patronus all’interno segnalando il possibile ingresso di un giornalista della Gazzetta del Profeta.

Rimasero in attesa e meno di tre minuti dopo lo stesso uomo uscì con i capelli scarmigliati e un foglio blu, segno di qualche multa in denaro, in mano.

“Remus fa progetti per il futuro?” chiese Tonks dopo qualche altro minuto di silenzio.

“Non oltre il fine settimana, quando è di buon umore. Altrimenti arriviamo alla sera successiva. Piton?”

“Lo stesso. Ho provato a chiedergli cosa intende fare adesso che si sta avvicinando Natale, ma ha risposto che non intende pensarci troppo presto.”

“Siamo a metà novembre!”

“Glielo ho fatto notare.”

“E?”

“E mi ha risposto che è ancora troppo presto. Gli ho chiesto quando potrò riparlarne e mi ha risposto che posso fare quello che preferisco, senza tenere lui in considerazione.”

“Romantico!”

“Come una mandragola appena dissotterrata!”

Tonks addentò un panino con foga. E riprese a parlare a bocca piena.

“Vorrei almeno pensare di andare insieme da qualche parte, magari solo a fare un giro ad Edimburgo… o a Parigi… Credo che abbia paura del tempo libero. Non è abituato ad averne. Devo convincerlo che è bello farlo in due.”

“Remus credo abbia paura di farsi vedere in giro, di stare alla luce del sole. Ho provato a chiedergli il motivo e mi ha risposto che spera di non dovermi mai mettere nella situazione di essere cacciata via da qualcuno che lo riconosce come lupo mannaro.” Hetta si afflosciò contro lo schienale della panchina, stringendo in mano il bicchiere di caffè vuoto. “Vorrei aiutarlo a soffrire meno…”

Tonks fece un piccolo sorriso guardando davanti a sè.

“Severus ti direbbe che è proprio la tua presenza a farlo soffrire meno, anzi a rendergli la vita felice. Sai…” Lasciò la frase un attimo in sospeso, pensando se condividere un ricordo così personale con un amica. Hetta colse l’incertezza e alzò lo sguardo verso di lei.

“Cosa?”

“Severus cerca sempre di passare del tempo abbracciato a me prima di dormire. Gli ho chiesto il motivo solo qualche giorno fa. Mi ha risposto che ha passato così tanto tempo da solo che ha bisogno di sentirmi vicino per essere sereno. Forse per Remus è lo stesso…”

“Mi accarezza spesso…” Hetta aveva un tono di voce pensieroso. “A volte mi sono chiesta se lo fa per essere sicuro che sono proprio vicino a lui.” Sorrise. “È una persona dolce, attenta, ironica.” Sospirò.

All’improvviso un gufo si fermò al loro fianco. Beccò con scarsa cortesia la mano di Tonks e lasciò un foglio di pergamena ben  ripiegato.

“Severus…” spiegò Tonks prendendolo il mano mentre il gufo, indifferente a tutto, ripartiva.

Lo lesse rapidamente. “Azkaban. Sono a corto di personale. Si deve fermare anche questa notte.” Tonks ripiegò il foglio e appoggiò la testa contro il bicchiere di caffè. “Lo voglio qui con me…” disse con tristezza.

“Siamo alla terza notte, vero?” le chiese Hetta appoggiandole amichevolmente una mano sul braccio.

Severus era spesso costretto a fermarsi alla prigione anche di notte. Aveva sistemato e riadattato l’ufficio del vecchio direttore, portando anche un letto semplice nascosto da una parete fatta da librerie e mobili vari. Nel complesso Severus la riteneva molto migliore di tutte le altre case nelle quali aveva vissuto, tranne Hogwarts. Tonks aveva tentato in diverse occasioni di proporgli una convivenza, ma Severus aveva sviato il discorso. Dopo tre giorni di lontananza Tonks era pronta a rifare la domanda e non mollare l’osso fino a quando non avesse ricevuto la risposta che desiderava sentire.

“Se non fossi certa che mi colpirebbe con un Petrificus, andrei da lui per questa notte!” borbottò Tonks. “Ma penso che non mi voglia in mezzo ai piedi.”

“A ricordargli quello che si perde lasciandoti sola!” sospirò Hetta al posto suo.

“Già. Siete andati oltre con Remus?”

Hetta arrossì vistosamente, ma Tonks non la stava guardando.

“Sì,” mormorò. “Siamo andati oltre.”

“Bene!” Tonks si girò per sorriderle. “Soddisfatti?”

“Molto, grazie!” le sorrise Hetta. “Almeno io lo sono. Non ho mai chiesto direttamente a Remus.”

“Chiediglielo!” la spronò Tonks. “Digli che vuoi un punteggio per le tue performance!”

“Tonks!” la rimproverò Hetta mentre l’amica rideva apertamente, allungandosi sulla panchina.

 

  
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