Fanfic su attori
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Autore: crazyfred    02/01/2010    4 recensioni
Questa è la mia prima fan-fiction, quindi per favore siate clementi. L'idea è venuta fuori da un gossip letto su una rivista americana, secondo cui Robert Pattinson e Kristen Stewart, la mia coppia di attori preferiti, passeranno insieme a Londra il Natale. Tutta una serie di stravolgimenti e situazioni tragi-comiche accadranno. Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.I personaggi non noti della storia sono frutto della mia fantasia, e le loro interazoni con i personaggi noti sono assolutamente fittizie.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'My big complicated Robsten family'
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capitolo 11







CAPITOLO 11 - P.O.V. Kristen





Pur breve, il tragitto che in automobile ci separava da casa di Claire e Richard mi pareva infinito, aiutato anche dal traffico natalizio di parenti e amici che si spostavano per riunirsi a cena per il cenone della Vigilia. Conoscevo pochissimo Londra, ma alla fine conclusi che quello era solo il normale traffico di Londra, e della poesia del Natale non ne aveva per niente traccia.
Stavo per conoscere parte della mia nuova famiglia; la parte che, secondo Kitty, è quella più tranquilla e gioviale e, per lei, non valeva la pena preoccuparsi troppo. 
Eppure non mi sentivo affatto bene: il mio stomaco era stretto in una morsa, ed i miei arti non la smettevano di tremare. Avrei voluto tanto vomitare, magari mi sarei liberata di tutta la tensione che avevo in corpo. Rob, il mio ragazzo dolce e premuroso, alzò il riscaldamento dell’auto per far distendere i miei nervi e mi strinse forte la mano, pur continuando a tenere gli occhi fissi sulla strada e rimanendo in silenzio. Sapeva che nessuna parola sarebbe stata d'aiuto in quel momento.
Nonostante avessi le mani fasciate in caldissimi guanti di pelle nera – parte del coordinato che Olivia mi aveva preparato per la serata, insieme ad un abito a minigonna bianco, stivali con tacco alto, e cappellino – le sentivo fredde e contratte come due ghiaccioli; avrebbero potuto anche staccarsi dalle braccia, perché tanto non avrei sentito dolore, tanto la mia mente era occupata da altro.
Sulle mie gambe, che non avevano smesso un minuto di muoversi, seguendo un nevrotico ritmo immaginario, un vassoio con la tipica torta natalizia, la mince pie: da bambina ne lasciavo sempre una bella fetta in salotto, affianco alla calza, assieme ad un bicchiere di latte, affinché Santa Claus fosse generoso con me e mi lasciasse tanti doni. Poi avevo scoperto che il vecchio Santa era il mio papaStew, che a mezzanotte, mentre noi dormivamo, andava a papparsi la torta e ci lasciava i regali sotto le calze appese; così, furba e birbante come solo una bambina cresciuta in mezzo ad un manipolo di maschi scalmanati può essere, iniziai ad rubare il pezzo di torta prima che mio padre potesse mangiarlo in gran segreto nel cuore della notte ... beata infanzia ...
Avevo chiesto a Claire di lasciarmi preparare almeno quel dolce, visto che non aveva voluto l’aiuto di nessuno per organizzare la cena. Arrivati, scendendo dall’auto, un’improvvisa raffica di vento gelido mi colpì; nell'aria il profumo pungente dell'inverno, quello che sa di neve e di Natale, e che a Los Angeles non mai sentito. Era strano poter avere un bianco Natale, anche se la neve non c'era per terra, un Natale da cartolina; era come un sogno di bambina, dal quale difficilmente avrei chiesto di fermarmi. Fui costretta a stringermi nel mio cappottino turchese, maledicendo il momento in cui decisi di indossare la gonna, qualunque fosse stato il clima; pensai, per farmi forza, al proverbio: chi bello vuole apparire, un poco deve soffrire. Per fortuna non doveva essere ancora arrivato nessuno, perché Rob riuscì a trovare posto per l’auto proprio davanti la villetta di Claire e Richard, e con una piccola corsetta raggiungemmo la casa rapidamente.
Per un attimo mi sentii triste: mentre percorrevo il vialetto della casa dei miei suoceri, scortata da Robert che mi cingeva le spalle, soffermai il mio sguardo sulla casa attigua, quella delle mie amiche, buia e desolata; pensai che ciascuna di loro era nella propria casa, insieme alla propria famiglia e festeggiava il Natale come tradizione. 
Io invece non avrei rispettato nemmeno una delle mie, perché non ci sarebbe stato mio padre, né mia madre, né i miei fratelli, né il sole della California. Una lacrima mi rigò il volto ed immediatamente Rob mi strinse ancora più forte tra le sue spalle: "Ehi! Che c’è?” mi sussurrò, dolcemente. "Niente" risposi, riuscendo a mentire abbastanza facilmente "è solo il freddo, non ci sono abituata”. Gli sorrisi e andammo avanti; non volevo che pensasse che avevo cambiato idea, anche perché non era così. Volevo quel Natale speciale, volevo stare con la sua famiglia e nella sua Londra, ma soprattutto volevo stare con lui, tutto il resto passava in secondo piano.
Ma fu solo un attimo: di tradizioni ne avrei scoperte di nuove, di risate ero sicura ne avrei fatto indigestione, così come di leccornie e bevande con le bollicine. 
Alla porta ci accolse Richard, come al solito con un caldo e avvolgente sorriso in volto, rosso come le decorazioni sulla ghirlanda del portone, certamente per via del riscaldamento troppo alto in casa: con qualche chilo in più e la barba candida sarebbe stato un Papà Natale, come lo chiamano in Inghilterra, perfetto! 
Un profumo di casa, dolce, caldo ed inebriante ci avvolse nonappena varcammo la soglia dell'abitazione: carne arrosto mista allo zenzero dei dolci, ma anche vin brulé ed odore di muschio e naftalina delle decorazioni. Il salotto era un’esplosione di luci e colori, ghirlande e fiocchi rossi e dorati bardavano tutta casa, ed un fuoco vivo scoppiettava nel camino. La sala da pranzo era già stata sistemata con una grande tavolata, in cui l’oro e il rosso dominavano, creando un colpo d’occhio fantastico. Fu allora che realizzai davvero di essere in Europa, con quell'immacabile stile retrò che ti rapisce completamente, ma che rende perfettamente benvenuto, accolto davvero come se fossi in casa tua.
Diedi il cappotto e gli accessori a mia cognata Vittoria, che si offrì di porli via. Per la tensione non mi accorsi di quanto fosse irresistibilmente bello Robert quella sera: completo giacca e cravatta nero, con cravatta nera di seta, camicia bianca immacolata … mi avrebbe fatto impazzire!
“Ecco vedi siamo tremendamente in anticipo, come avevo detto io!” si lamentò con me Rob, frignando come un bambino strappato dai videogame, anche perché effettivamente avevo dovuto tirarlo via a forza dalla Playstation, il bambinone che mi mandava gli ormoni a mille “non è ancora arrivato nessuno!”. 
Ma io ribattei, più tenace e lamentosa di lui: “Siamo tremendamente in ritardo invece, come ho detto io, perché volevo aiutare tua madre, ed invece è già tutto pronto!” 
“Kristen non dirlo nemmeno per sogno” intervenne Claire “tu qui sei un’ospite stasera, e come tale non devi muovere un muscolo!” “Kristen, piccola!” Richard, il mio amato secondo papà “sei stupenda stasera, raggiante!” “Ti ringrazio Richard, si fa quel che si può!” sentii una folata di calore avvamparmi le guance, non so se per il caldo della casa o per l’imbarazzo che mi crea ogni volta ricevere dei complimenti. Ci accomodammo in salotto, in attesa che il resto della famiglia Pattinson arrivasse. Sono una famiglia molto numerosa, e da quanto ho potuto capire, anche molto unita. Richard è il primo di 3 figli, ed ha due sorelle. Una, Mary, si è sposata a vent’anni ed infatti i suoi figli sono già adulti, ed hanno mogli e figli, mentre i figli dell’altra zia, Jane, sono tutti miei coetanei, più o meno. Mi erano già stati presentati tutti in occasione delle première di Twilight e New Moon, ma talmente di sfuggita che non ne ricordavo uno. Nelle settimane precedenti avevo tentato di ri-conoscerli tramite le foto, ma più che un insuccesso il mio fu un disastro totale.
Suonò il campanello. Alla porta andò Claire, da lontano la senti salutare con grande affabilità gli ospiti appena arrivati.
“Mamma, papà, buonasera! Non state lì a congelarvi! Prego entrate!!!” 
Erano i nonni di Rob, Thomas e Victoria i loro nomi, genitori di Richard. Una vocina dolce si alzò di un paio di toni, trillando: “Dov’è? Dov’è il mio nipotino? Robbie???”
Quello che mi sedeva affianco non era più il mio ragazzo, quello dalle guance rosee, come un neonato; era piuttosto il suo fantasma, tanto era sbiancato, sicuramente messo a disagio dal nomignolo che la nonna aveva erroneamente usata; sapevo quando gli desse sui nervi quando lo chiamavano Robbie o Bobbie. Gli avrei riso in faccia se non fossi stata nervosa per l'incontro, infatti quello che uscì dalle mie labbra fu più uno sbuffo isterico che una risata. Ma probabilemente anche il cambiamento della sua cera fu dovuto al nervosismo; in quel momento più che Robert, il nome Edward sarebbe stato più appropriato. Mi strinse forte la mano e mi invitò senza dover usare parole, semplicemente con uno sguardo più che eloquente, ad accompagnarlo dai nonni. E meno male che tra i due dovevo essere io la più nervosa!!!
“Ciao nonna!!! Nonno, buonasera!” Li baciò entrambi sulla guancia. “Posso presentarvi Kristen, anche se credo che già la conosciate...” il nonno di Robert prese per primo la parola, come a voler ricordare chi è che portava i pantaloni in quella coppia “Certo che la conosciamo, è la tua collega! Siamo vecchi Robert, non rimbambiti! Piacere Kristen, io sono Thomas!” ricambiai con un gran sorriso ed una stretta di mano, ma lui volle dare anche a me un bacio sulle guance, come si usa fare nel vecchio continente. “Be’, vedete, non si tratta più solo di una mia collega" disse timidamente, con la voce un po' tremante, e passando la mano nervosamente tra quella massa informe che erano i suoi capelli "ma della mia ragazza … sì, insomma, io e Kristen stiamo insieme, nonno!” 
Ci fu un attimo di silenzio, più che un attimo un’eternità, in cui anche gli altri presenti si fermarono nelle loro attività e prestarono attenzione al nostro quartetto. A prendere la parola stavolta fu la dolce nonnina di Robert, che sembrava davvero uscita da un libro di fiabe, forse la nonna di Cappuccetto Rosso avrebbe dovuto avere esattamente quell’aspetto, o ancor meglio la dolce e simpatica Fata Smemorina: “Oh allora benvenuta nella nostra famiglia bambina!!!” mi abbracciò forte, e poi abbracciò anche il nipote “Robbie non puoi capire quanto mi faccia piacere questa notizia. Tua madre ci aveva parlato di una sorpresa, ma non potevo immaginare potesse essere così bella!!! Finalmente ti sei sistemato!!!” “Nonna …” la riprese
Rob “… ma se ho solo 23 anni …”
I nonni e Robert vennero risucchiati dalla conversazione con Richard e Claire così potei tirare il fiato per un momento, e le mie care cognate vennero in mio soccorso “Allora, pensi ancora che sia una cosa così terribile?” mi chiese Vicky . “Mi pare che sia andato tutto bene, nonna mi è sembrata molto positiva nei tuoi confronti!” anche Lizzie mi confortava. Beh, lo era stata davvero, ma la serata era appena cominciata.
Non potei sperare in qualcosa di meglio!!!
La famiglia Pattinson era dir poco straordinaria: simpatia, giovialità e gentilezza al primo posto; ma la lista degli aggettivi favorevoli per descriverli potrebbe andare all’infinito.
Le zie e gli zii di Rob sono stati tutti estremamente cordiali con me, i cugini molto simpatici e con la battuta sempre pronta, le cugine irresistibili con la loro allegria, soprattutto la brunetta Suki, figlia adottiva di zia Jane, che sembrava piuttosto una partecipante a Jersey Shore che l'assistente ai tavoli di una delle Tea Room più alla moda di Londra. Mathias e Joey, figli del cugino maggiore di Robert, erano di una tenerezza sconvolgente, di bimbi così calmi non ne avevo mai conosciuti in vita mia: sono venuti a stare in braccio a me senza fare storie, anche se era la prima volta che mi vedevano, e non è una cosa normale per dei bambini così piccoli. Tutti dicevano, lusingandomi, che era difficile starmi vicino senza rimanere abbagliati. Ma, modestia a parte, sembrava davvero così: non ci fu un'istante in cui mi sentii inappropriata, il solito pesce fuor d'acqua; tutti sembravano interessati davvero a ciò che avevo da dire, e non dovetti formalizzarmi troppo nel linguaggio e nel portamento. 
Quando i tacchi iniziarono a fare male infatti, Lizzie mi venne in aiuto sfoderando delle comodissime e caldissime pantofolone di Bart Simpson facendomi compagnia insieme alle altre ragazze con altrettanto grandi e buffe pantofole.son facendomi compagnia insieme alle altre ragazze con altrettanto grandi e buffe pantofole.
Sembrava di stare dentro un film, in una di quelle famiglie della pubblicità, troppo perfette per essere vere: eppure stavolta lo era, tutto era meravigliosamente reale, ed era mio, per una volta. La tavola imbandita di mille prelibatezze e le risate ed i pettegolezzi che le facevano da cornice, vista anche la copiosità dei miei commensali, mi fece pensare al film “il mio grosso grasso matrimonio greco”. Non potei che essere soddisfatta della mia condizione, perché una famiglia così era meglio di quanto io stessa avrei osato chiedere.
La cena scivolò via velocemente, tra una storiella e l’altra, aneddoti più o meno imbarazzanti che non risparmiarono nessun membro della famiglia. Venni a conoscenza di alcune tradizioni di famiglia, come quella riguardante l’erede: mi spaventò po’ questa, perché mentre il nonno la esponeva, sentivo gli sguardi posarsi ripetutamente ed alternativamente su me e su Robert, su Robert e su me. A quanto pare, il primogenito maschio ha l’obbligo di tramandare al proprio primogenito maschio il secondo nome di suo padre e, come secondo nome, quello del nonno. Come conseguenza si ottiene il nome del proprio bisnonno, tradizione sempre rispettata. Richard infatti ha il nome del proprio bisnonno, Richard Robert, il mio Rob si chiama come il suo, Robert Thomas, e Rob sarò obbligato a chiamare il suo primo figlio maschio come il nonno, e cioè Thomas Richard. L’intervento di nonno Tom venne concluso magistralmente da nonna Victoria, nei confronti di Rob: “ e poi non dire che non ti abbiamo avvisato!!! Mi raccomando ragazzi!!!”.
Mi correggo, l’avviso era per entrambi. Ma come correvano!!!
Finite le portate, ci spostammo in salotto dove Claire servì il caffè e Robert fu obbligato dai suoi famigliari a mettersi al piccolo pianoforte a muro. Finimmo col cantare vecchie ballate popolari, stonate, grazie anche al vino che incominciava a dare il suo effetto; l
a serata passò via serenamente e piena di grasse risate, alcune fino alle lacrime; non vidi neanche per secondo un viso annoiato e nessuno ebbe mai motivo di controllare l'ora, se non per dire "cavoli è già mezzanotte!" 
Andammo in chiesa tutti insieme, ma anche quello che poteva sembrare un supplizio data l’ora, con la possibiltà di addormentarsi che diventava sempre più una realtà, si trasformò un piacevole diversivo, grazie anche al più simpatico ed impertinente dei cugini, Andrew, ragazzone di ventuno anni, col fisico più da giocatore di football americano che da studente di Cambridge, tanto che mi portò a pensare al mio fratellone cinematografico Emmett Cullen. Si divertiva ad infastidire tutti i fedeli più o meno assonnati o completamente addormentati dalla digestione di una cena pesante e dal sermone non proprio comico, svegliandoli in maniera burrascosa e meschina - usando delle candele, cantando più forte - e noi non riuscivamo a trattenere le risate. Le vecchine più devote presero a guardarci, alterate, di sottecchi,blaterando poco velatamente sulla gioventù bruciata, blasfema e miscredente dei giorni nostri, che va in chiesa solo la notte di Natale e non ha rispetto di chi, a certe cose, ci crede. Con la coda tra le gambe, chiesi ai ragazzi di darsi una calmata, ma non ci credevo nemmeno io a quello pseudo rimprovero, divertita dalla situazione. Anche quell’ora più o meno seria passò, così tornammo a casa, per continuare le chiacchiere e iniziare i giochi di società; tutti erano particolarmente elettrizzati all’idea di dover scartare i regali

Tutti, sì, tutti tranne io!

L'ANGOLO DELL'AUTRICE

edit 15/12/2010: ho aggiornato il capitolo, cercando di accrescerlo e ampliare le descrizioni, dandovi più informazioni possibili per identificare la scena.

In più noterete che alla storia ho aggiunto un banner. Che dite, vi piace?

Mi piacerebbe che commentaste il capitolo anche ora...

soggiorno  soggiorno 2(immaginate le due foto come se fosse la sala vista da due punti di vista diversi ed, ad una parete un pianoforte a muro) 

sala da pranzo (tavolata molto più grande, deve ospitare molte più persone)

kris  kris 2


à bientot!!!

   
 
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