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Autore: Aurora Barone    02/01/2010    3 recensioni
Ripropongo una storia che avevo scritto all' età di 14 anni, si può dire che è stata la mia prima storia, anche se prima ne esisteva un'altra versione, comunque questa è la versione che sto revisionando. Un crimanale e una ragazzina che subisce molestie dal padre adottivo si incontrano per caso in sgradevoli circostanze.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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KYO:

“Partenza per Okinawa ore 20:30” comunicò l' altoparlante.
Mio fratello mi osservava nervoso, io ero più ansioso di lui, non avevamo mai lasciato Tokyo, eppure forse quella sarebbe stata la soluzione migliore, perché continuando a rimanere confinati in quella città non avremmo mai ricevuto delle buone opportunità, a parte rubare, spacciare, rapinare e chissà solo altro cosa a causa di Keitawa che ci contrastava sempre.
Quindi mentre aspettavamo il treno arrivare era come se dinanzi a noi si aprisse un nuovo mondo pieno di aspettative che non avevamo mai avuto, anche Yoko sembrava ansiosa e piena di buoni propositi, anche se tuttora non sapeva la ragione di quell'inaspettata partenza, tuttavia non fece domande e disse allegramente “Lì c'è una stazione termale mi pare si chiami Beppu...”
“Ah, si potremmo anche andarci” disse l'uomo corpulento, che era la nostra ombra e si metteva sempre fra me e Yoko per distanziarci, il padre di Yoko lo aveva proprio messo all' erta su ogni cosa.
Che strana comitiva di viaggiatori pensai guardandoci, eravamo tutti un po' sulle nostre sopratutto io e mio fratello, Yoko sembrava l' unica ad allietare l' attesa del treno, ci fece in pratica un itinerario completo su Okinawa.
Mentre io la guardavo con un espressione saccente, come se già sapessi tutte le cose che stava dicendo, mentre in realtà le disconoscevo tutte, in pratica non avevo affatto idea di dove stessimo andando.
Yoko ci cascava, credeva davvero che sapessi tutte le cose che diceva e così disse “Si, però non c'è gusto a dirti le cose se già le conosci” disse facendo il muso lungo.
Toshio che fino ad ora era stato sulle sue, senza pronunciare neppure una parola disse sorridendole “Io non le sapevo...”
Lo osservai esterrefatto, non capiva cosa gli stesse passando per la testa poi mi guardò con un espressione quasi di sfida, così assunsi un espressione rimbambita non capendo cosa volesse comunicarmi con quello sguardo.
Anche Yoko sembrava sorpresa dal suo comportamento, dopotutto si era sempre comportato in un modo insolito con lei che non avrei mai saputo definire, a volte gentile e altre volte scorbutico.
Lui non era mai stato irascibile,eppure in quel periodo sembrava aver tirato fuori il peggio di sé, ma adesso stava tornando il buon caro e vecchio Toshio, anche se quello sguardo non mi convinceva.
Yoko ricambiò il suo sorriso, poi però sentendosi gli occhi di mio fratello addosso distolse lo sguardo, lui allora guardò verso la mia direzione schioccando un bacio con le labbra e poi rise tornando a guardare Yoko, dopo si voltò di nuovo verso di me con un espressione soddisfatta.
Voleva dirmi che si era baciato con Yoko, almeno questo è quello che avevo capito dal suo gesto, ma non volevo affatto crederci, era impossibile e non volevo neppure osare immaginarmelo, poi però incominciai ad innervosirmi, così non appena il treno arrivò divenni taciturno.
Yoko non riusciva a capire cosa avessi e durante il tragitto, mi chiese più volte se non avessi per caso la nausea, io le feci cenno di no con il capo, poi guardai mio fratello che ero seduto alla nostra destra davanti a Yoko con quell' energumeno di uomo.
Ripensai al bacio che ci eravamo dati io e Yoko,incominciando a chiedermi , se ora da quel bacio potevamo dire di stare insieme o meno e poi volevo davvero impegnarmi con lei? L' ultima volta che mi ero impegnato con qualcuno era stato un vero fallimento, e non volevo che con lei succedesse la stessa cosa e tanto per complicare di più la situazione venivo a sapere che si era baciata con mio fratello.
L' idea che quei due potessero essersi per davvero baciati, mi mandava in bestia e mentre traboccavo di gelosia, Toshio si faceva più socievole del previsto nei confronti di Yoko e da allora ebbi un cattivo presentimento.
Ci stava provando con lei sotto i miei stessi occhi senza porsi alcun problema, mentre io continuavo a spremermi le meningi, lui ne approfittava spudoratamente.
Yoko gli rivolgeva sorrisi di circostanza, lui invece sorrideva un po' troppo per i miei gusti ed ebbi l' impressione di aver già vissuto un momento come quello:
Mi rammentai di quelle volte che lui e Mayko parlottavano di nascosto, parlando di me, io finivo sempre per beccarli in fragrante e loro ridevano incolpandosi a vicenda dicendo che fosse stato l' uno o l'altro a cominciare a sparlarmi.
Dopo un po' Yoko osservò il finestrino e ammirò il paesaggio, mio fratello fece lo stesso ed io li osservavo con un po' di incertezza e preoccupazione.
Dopo un po' Yoko si addormentò e appoggiò la sua testolina sulla mia spalla, mentre il tirapiedi di suo padre mi osservava contrariato, io allora gli dissi a bassa voce per non svegliare Yoko, che non stavamo facendo niente di male e di rilassarsi un po'.
Lui allora non disse più nulla, mentre mio fratello continuava a lanciarmi certe occhiate, poi guardava Yoko con lo sguardo fisso tanto per suscitare di più il mio fastidio e la mia irritazione.
Arrivati ad Okinawa alle 23 passate, sfiorai una guancia di Yoko per svegliarla, lei aprii gli occhi e con la voce ancora impastata dal sonno mi chiese se eravamo già arrivati, mentre mio fratello e quel gigante d'uomo si erano già alzati prendendo le valigie.
Yoko si stiracchiò e sbadigliò rumorosamente e poi finalmente scendemmo dal treno ammirando la città dove ci trovavamo.
Era davvero bella, sembrava anche meno caotica di Tokyo, anche i volti delle persone sembravano più rassicuranti, ma dopo un po' incominciai a sentirmi disorientato e confuso, non avevamo neppure una mappa, come dovevamo orientarci? L' energumeno dopo un po' tirò fuori una mappa di Okinawa, era ben attrezzato, che dire Nageshi, il padre di Yoko, lo aveva addestrato bene.
Aveva pensato a tutto, aveva pure prenotato un hotel per dormire almeno per quella notte e il giorno seguente avremmo cominciato a cercare casa.
Osservai Yoko stava tremando di freddo con quella divisa scolastica così leggera, che le lasciava scoperte le gambe, non era poi così strano che sentisse freddo.
Ah, ora che dovrei fare le classiche cose dei film? Dovrei togliermi la giacca facendo il figo per poi morire di freddo io? NO. Non ci pensavo per sogno, non che non volessi per il gesto, solo che era il solito clichè romantico che non tolleravo.
“Ci sarà qualche centro commerciale aperto a quest'ora e qua vicino?” chiesi alla guardia del corpo di Yoko.
Lui osservò la cartina e tutto il materiale di cui si era dotato e annui dicendo che c'è ne era uno nei paraggi che forse era aperto, poi mi domandò il perché ed io lo rimproverai dicendo “E me lo chiedi non lo vedi che sta tremando di freddo?”
“E Quella doveva essere la sua guardia del corpo e non si accorgeva neppure che stava congelando?” pensai tra me.
Mio fratello si avvicinò a Yoko, poi lo vidi allungare un braccio come se volesse togliersi la giacca, NO,stava per fare lui quella patetica scenetta, per fare il figo, così mi tolsi la giacca in fretta per batterlo sul tempo, dopo gli rivolsi un sorriso ebete che significava ho vinto io. Lui non volle darmi alcuna soddisfazione e mi lanciò un ' occhiata imperscrutabile.
Yoko prese la giacca incerta dicendo “Ma così non sentirai freddo?”
Stavo già tremando di freddo, ma ormai che c'ero dentro quella situazione filmica, mi calai del tutto nella parte e incominciai ad atteggiarmi, dicendo “Io?freddo?Noi uomini siamo più forti del freddo!” dissi con una spaventosa serietà e con quell' espressione superba e imperiosa che non mi apparteneva, ma che avevo visto fare agli attori più famosi, anche i gesti erano identici, il modo in cui gli misi la giacca e avrei potuto anche suggerirle le sue battute, ma anche se la mia interpretazione era perfetta,non potevo di certo competere con i grandi bellocci televisivi ,nonostante non mi ritenessi brutto..
Yoko scoppiò a ridere seguita da mio fratello, non appena riuscii a smettere di ridere mi chiese “Cos'era quella frase?”
“In tutti i film che si rispettino c'è sempre un'idiota che dà la giacca alla Mary Sue della situazione e gli dice parole di questo tipo no?” le feci notare.
“ Sei l' anti romanticismo in persona!” affermò divertita.
“Se la pensi così allora restituiscimi la giacca!”
Yoko disse con un tono infantile “Non ci penso per sogno!”
“Tra voi due non so chi sia il più bambino...se tu o lei...” affermò mio fratello sbuffando seccato.
Dopo un po' arrivammo in quel centro commerciale, così comprammo un bel po' di cose,io una giacca per evitare che congelassi, Yoko comprò un paio di jeans per evitare di prendere freddo alle gambe e altri vestiti dato che non ne aveva neppure uno a parte quella divisa, ma avevo come l' impressione che comprasse le cose non in base a quello che realmente le piacesse, ma in base al prezzo.
“Yoko non l' hai neppure provata e sembra che tu non l' abbia neppure guardata!” affermai osservando quell' orribile maglietta giallastra.
Poi dopo un po' capii, si stava creando dei problemi perché credeva che pagassi io, ma non era proprio così, dato che suo padre mi aveva dato dei soldi per me , per Yoko e persino per mio fratello, mi ero già sentito uno schifo quando mi aveva dato quei soldi fra le mani e adesso ci si metteva anche lei con questa storia.
“Non devi crearti dei problemi, compra quel che ti pare abbiamo soldi a sufficienza!” affermai sorridendole.
Lei mi osservò imbarazzata “Ma non mi va che spendi soldi inutili per i miei capricci...”
“Non ti preoccupare!” affermai per rassicurarla.
Ma era tutto fiato sprecato e in men che non si dica lo fece ancora, posava tutto ciò che le piaceva accorgendosi del prezzo, così dopo un po' la bloccai sul tempo togliendole dalle mani il vestito che stava posando.
L' osservai era proprio carino, era un vestito bianco con dei grandi pois rossi, era molto anni 60 però non mi dispiaceva e a lei piaceva glie lo si leggeva negli occhi.
“E' carino, potresti provartelo...” affermai.
“No, non mi piace..” rispose con incertezza.
“Non ti piace per il prezzo!” esclamai beffardamente.
Insistendo fino a sfinirla riuscii a farglielo provare e lo comprai con o senza la sua approvazione, anche se era stata davvero un'impresa riuscire a convincerla a provarselo. Era la prima volta che mi capitava di aver a che fare con una ragazza che si creasse tanti problemi perché pagassi io, tutte le altre donne ne avrebbero di certo approfittato fino ad arraffare anche l'ultimo centesimo che avessi in tasca.
Con Mayko non mi era mai successo perché non mi capitava mai di pagare qualcosa per lei, perché Mayko non poteva mangiare fuori perché soffriva di molte allergie alimentari e suo padre molto apprensivo per com'era non voleva che per errore finisse per mangiare qualcosa a cui era allergica. Di solito non faceva mai shopping insieme a me, al massimo guardavamo le vetrine, ma non entravamo mai in un negozio con l'impegno di comperare qualcosa, forse perché una volta le ho detto che non amavo fare shopping.
Osservai mio fratello chiedendogli se potevamo andare, lui era rimasto immobile e intento a fissare una ragazza con una minigonna a jeans, da quando in qua era fatto così maniaco? Pensai osservando la sua espressione concentrata sul sedere della giovane ragazza.
La osservai guardandomi prima intorno per accertarmi che Yoko non fosse nei paraggi, dopo un po' mio fratello mi chiese continuando a non toglierle gli occhi di dosso “Secondo te quanti anni avrà?”
“ 24 forse...” affermai osservando i suoi capelli, la sua schiena, ogni parte del suo corpo sembrava emanare un ' esorbitante quantità di feromoni.
“Kyo?” sentii la vocina di Yoko chiamarmi, io mi voltai di scatto ormai colto in fragrante.
“Che facevate?” chiese curiosa.
“Niente...” affermai facendo una risatina un pò isterica, quella classica che mi veniva quando dicevo una bugia.
Uscimmo dal centro commerciale per recarci in hotel, era un albergo molto lussuoso, al padre di Yoko non mancavano di certo i soldi pensai, ma avere tutti quei soldi non sapevo ben dire se fosse una cosa brutta o bella.
Arrivati lì tirammo fuori i nostri documenti, lessi per la prima volta il nome che c'era scritto “Akiyama Kuso” no, ma che razza di nome era mai quello, rilessi gli ideogrammi per accertarmi di non aver sbagliato e invece era proprio Kuso. (kuso in giapponese significa merda)
Così scocciato pronunciai quel nome alla reception, l'uomo mi guardava come se lo stessi prendendo in giro e Yoko si avvicinò a me sussurrandomi che forse aveva sbagliato a leggere gli ideogrammi.
“Ma no che non ho sbagliato a leggerli!” mormorai.
Poi mio fratello prese il suo documento cercando e disse “Akiyama Tako” (Tako significa pervertito)
Scoppiai a ridere, così beffardo disse “Guarda che tu sei combinato peggio di me, Kuso!”
Anche Yoko scoppiò a ridere, mentre l' uomo della reception si stava indispettendo:
“Signori vi state prendendo gioco del nostro hotel?”
Yoko prese il suo nome e lesse“ Akiyama Hime” (HIME=principessa) poi si mise a leggere l' energumeno: “ Kaichiwa Saito”
Solamente io e mio fratello avevamo ricevuto quei pessimi nomi ed ebbi come l' impressione che ci fosse lo zampino di Nageshi, di sicuro non poteva affatto essere un caso e infatti dopo un po' mi chiamò chiedendomi se mi fosse piaciuto lo scherzo.
Aveva uno strano senso dell'umorismo, anzi era veramente pessimo perché avrei dovuto camparci con quel nome e non era una gran bella cosa chiamarsi in quel modo, ma mentre mi dibattevo contro di lui per telefono, lui continuava a non ascoltarmi e dopo un po' mi chiuse il telefono.
“Che uomo odioso”pensai tra me, mentre dovetti chiarirmi con l'uomo della reception e fargli capire che non ci stavamo prendendo gioco di lui, così ci inventammo sul momento che i nostri genitori erano punk e per questa ragione avevamo quei nomi così particolari.
“Ma è legale dare dei nomi come quelli a dei bambini, come minimo li dovreste denunciare!” affermò l'uomo sconcertato.
“Stavamo pensando di farlo” affermai lanciando un 'occhiata divertita a mio fratello, mente Yoko volendo difendere i genitori punk disse goffamente“Uhm bè almeno non sono nomi scontati come Takashi e Sakura, in Giappone si chiamano tutti così, sono così stucchevoli...”
“Io mi chiamo Takashi” affermò fulminandola con lo sguardo.
“Ecco vede tutti si chiamano Takashi anche lei!” continuò ingenuamente con la sua critica.
Mentre l'uomo avrebbe tanto voluto incenerirla con il solo sguardo, così per evitare che ci buttasse fuori a calci dissi:
“ Non intendeva dire che Takashi sia un brutto nome, ma poiché è così bello finisce per essere troppo usato”
Mio fratello nel frattempo conversava con l'energumeno, non sapevo neppure di cosa stessero parlando però sembravano andare d'accordo quei due.
Non appena ci venne consegnata la chiave, arrivammo nella nostra camera era molto bella e accogliente, ma non ci diedi troppa importanza e aprii la valigia per mettermi il pigiama che ero molto stanco, ma dopo un po' Yoko arrivò dentro la mia stanza senza nemmeno bussare.
“Che c'è?” le chiesi.
“Kuso” disse ridendo.
“Ah, ti ci metti pure tu!” affermai sbuffando.
Yoko vide la valigia aperta e poi mi chiese “Ci tieni molto a quel libro, per questo te lo sei portato?”
Osservai la valigia aperta e il libro di cui parlava Yoko, era il solo e unico libro che riuscii a far pubblicare a Mayko, si trattava di alcune favole che aveva scritto lei, erano storie d'amore, di fantasia, anche un po' scontate, però a lei non importava, le piaceva solo e soltanto scrivere e non lo faceva neppure perché volesse diventare una scrittrice, ma lo facevo soltanto come hobby.
Una volta le chiesi perché non scrivesse qualcosa di più realistico o di più complesso e lei mi rispose “Le storie sono scritte per fantasticare con la mente, quindi non ha senso che mi metta a scrivere di cose quotidiane, altrimenti sarebbe noioso e poi le cose complesse fanno parte della vita, quindi non avrebbe senso che le raccontassi, mentre invece le cose semplici non esistono nella vita ed è per questo che mi piacciono le favole, perché le favole hanno una trama così lineare e semplice, dopo tante avversità il lieto fine è sempre assicurato!”

Annuii con il capo e poi le dissi che se voleva poteva anche leggerlo, lei allora mi guardò e disse “ in verità avevo letto di nascosto una storia di quel libro a casa tua... però non sembra essere il mio genere...”
“Come mai?”
“ Non vorrei offendere..quindi preferisco limitarmi col dire che non è il mio genere...”
“Neanche il mio se è per questo, sono troppo scontate e semplici e c'è sempre quel maledetto lieto fine”
“Era proprio questo che intendevo, però non volevo dirtelo, perché non volevo che ti offendessi o che ti arrabbiassi, visto che ci tieni molto a quel libro dato che è stato scritto dalla tua ex”
“Ci tengo molto a questo libro, perché è l' unica cosa carina che io sia riuscito a fare per lei...”
“Cioè?”
“Glie l' ho sottratto di nascosto per pubblicarlo, perché lei non me lo avrebbe permesso, dato che non si riteneva molto brava e temeva le critiche degli altri, ma quando venne pubblicato divenne il libro più in voga tra le ragazzine, forse quella è stata l'unica volta che sono riuscito a renderla felice”
“Non credo che quella sia stata la sola volta che tu l' abbia resa felice” affermò Yoko con un espressione benevola sul viso.
Mi avvicinai a lei, avrei voluto baciarla, stringerla a me, ma mi resi subito conto che non era una buona idea, perché non appena le distanze tra di noi diminuivano, lei incominciò a tremare trovandosi il mio volto così vicino al suo.
“Rimanere da soli e così vicini, mi fa stare in ansia, scusami!” affermò allontanandosi da me.
“E allora non dovevi neppure entrare!” affermai irritato, non avrei voluto risponderle in quel modo, ma le parole mi scivolarono di bocca.
“Già, hai ragione...” affermò ferita dalle mie parole.
Uscii alla svelta dalla stanza, io non sapevo neppure se tentare di fermarla o meno, ma mentre riflettevo sul da farsi, era già troppo tardi, lei se ne era già andata chiudendo la porta dietro di sé.
Osservai la stanza: notai uno specchio su di una parete, così mi accostai ad esso per riflettere la mia immagine, in quel momento il mio viso, la mia espressione, i miei occhi, la mia bocca, il mio naso, mi erano detestabili e mi parvero anche ripugnanti.
Avrei tanto voluto non somigliargli così tanto. Avrei voluto essere Toshio, lui non gli somigliava affatto. Improvvisamente l' idea che Toshio potesse stare con lei mi piombò per la testa, dopotutto lui non somigliava a Keitawa e aveva passato le sue stesse brutte esperienze e poi si erano anche baciati.
Riguardo al bacio avrei forse dovuto chiedere una qualche spiegazione a Yoko, per capire meglio quella faccenda, magari risparmiandomi la sfuriata di gelosia, dato che non sapevo neppure se stessimo o non stessimo insieme.
Osservai ancora una volta il mio viso che risvegliava in Yoko i brutti ricordi, le violenze e i dolori arrecati da quell'uomo, così capii che molto probabilmente non avremmo mai potuto stare insieme, perché l' avrei soltanto fatta soffrire ricordandole tutti quei brutti momenti ,anzi non avrei dovuto accettare l' incarico di suo padre, ma per quello potevo riparare cedendolo a Toshio. Lui di sicuro era il più indicato per stare con Yoko, ne ero certo.
Era sempre stato buono, gentile,premuroso e dolce con Mayko e lo sarebbe stato anche con Yoko, per questo motivo dovevo farmi da parte, se non volevo che le cose mi sfuggissero di mano, come era successo in passato con Mayko.


   
 
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