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Autore: glokky    02/01/2010    2 recensioni
cit. dal terzo capitolo: Ha provato di tutto quel pomeriggio per riuscire a distrarsi, per non pensare, per non ricordare. Ha pulito la cucina tre volte, ha fatto il bucato, ha cercato di seguire una soap opera alla tv, è andata persino a correre sotto la pioggia. Ma è stato tutto inutile. Ora è in piedi nel salotto di casa a fissare il telefono mentre i suoi abiti zuppi sgocciolano sul pavimento. Ha una maledettissima voglia di alzare la cornetta e fare il numero. Le basterebbe solo sentire la sua voce per allontanare la soffocante nostalgia, sorta improvvisamente, quel tanto che basta per riuscire a respirare. Ma non può. L’ha promesso a se stessa. Sa che deve resistere. Che non le è concesso commettere errori. Si lascia scivolare a terra, rannicchiandosi contro il muro, preparandosi all’ondata di dolore che la coglie sempre quando lascia la sua mente ripercorrere momenti di un passato che le sembra così lontano da dubitare che sia mai esistito. E prega che il dolore passi in fretta. Sente qualcosa di morbido solleticarle la guancia. Kirchner appoggia il muso sulla sua spalla uggiolando piano e aspettando paziente che si plachi la tempesta e ritorni il sereno.
Genere: Romantico, Malinconico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prologo: il tempo

<< C’è un tempo per tutto,
 un tempo per nascere e un tempo per morire,
 un tempo per piantare e un tempo per estirpare ciò che è stato piantato,
 un tempo per abbracciare e un tempo per abbandonare gli abbracci,
un tempo per abbattere e un tempo per costruire >>
Salomone

 

 

8 settembre

 

Ok. Va tutto bene. Devi stare calma. Devi –solo- stare calma.

Nonostante il chiassoso chiacchiericcio che la circondava, ignorare il flusso dei suoi pensieri era impossibile. Nervosa, si passò una mano tra i capelli.

E’ il primo giorno, un nuovo inizio, no? Andrà bene. Stai calma. Respira.

Sistemò per l’ennesima volta il quaderno e le matite sul tavolo davanti a lei.

Primo giorno di università. La possibilità di ricominciare da capo, lontano da casa, lontano da tutto. Rimescolare le carte. Cambiare il mazzo.

In fondò, pensò, non le dispiaceva di non conoscere nessuno. Anzi, era un sollievo, 300 kg in meno sul cuore, la sensazione di essersi scrollata di dosso un fastidioso fardello.

Si guardò intorno: c’erano piccoli gruppi di ragazzi e ragazze che chiacchieravano  un po’ ovunque,chi seduto, chi in piedi, concitati, sorridenti, spaventati e allo stesso tempo eccitati da quella situazione nuova, guardinghi, attenti, tutti chiedendosi quale posto avrebbero occupato, quale ruolo recitato nel nuovo atto della propria  commedia. 

Incrociò lo sguardo di una ragazza, che le sorrise allegramente.

E’ un inizio, no?”l’uomo è un animale sociale”: bene, forse è il caso di iniziare a costruire con impegno una vita sociale degna di questo nome, non pensi?

Stava per sorridere di rimando quando notò il cambiamento repentino di espressione della ragazza. Perché quella smorfia? La sua espressione sembrava stupita, o, forse, scioccata.

Ma che cos…

«E’ libero?»

Si voltò di scatto.

Oh.Oh… Ohoh.

« C… come?»

«Il posto.  E’ libero?»

La ragazza non stava guardando lei. Non stava decisamente guardando lei.

«Si.Certo.Si»

«L’hai già detto»

« Come?»

«Hai già detto di si»

Ciò che la ragazza stava guardando, ciò che la metà delle ragazze nell’aula stava guardando era il suo –nuovo- compagno di banco.

Alto, capelli biondi, occhi azzurri.

Insomma, bellissimo.

Lui non è così, proprio no

Quel piccolo pensiero le causò una fitta al petto.

« Jacopo. Tu sei?»

«Claire, piacere»

«Il piacere è mio»

Ovviamente aveva un sorriso bello da mozzare il fiato.

 

25 novembre

Faceva freddo. Faceva davvero freddo. E avere una birra gelida in mano non aiutava un gran che.

«Ben ti sta. Meriteresti di congelare. Ti starebbe proprio bene. Così impari a mettere vestitini assurdi quando fa freddo. E per che motivo poi!»

«Adoro i vestiti, lo sai …»

«Non prendermi in giro»

Sarah.  Claire pensa che se non ci fosse dovrebbe inventarsela un’amica così. Anche se non crede che sarebbe brava come Mastro Geppetto e inoltre nutre seri dubbi sull’affidabilità della Fata Turchina …

Claire sospira. Già.

Sa che non può mentire a Sarah. La conosce troppo bene: ha esplorato le pieghe della sua anima e visto tutte le sfaccettature della sua personalità e , cosa che sorprende sempre Claire, non è fuggita.

«Cazzo Claire , lui non se lo merita!»

“Ti farà star male. Ancora.” Questo Sarah non lo dice a parole: le basta uno sguardo, un po’ arrabbiato e un po’ preoccupato.

No. Lui non se lo merita. Claire lo sa. Sa  anche che ci sono buone possibilità di soffrire ancora. Una cosa di cui è sicura è che quando accadrà Sarah sarà lì a raccogliere i cocci, a rimetterla insieme un’altra volta. Come sempre.

A questo pensiero non può fare a meno di alzare lo sguardo e sorridere all’amica.

«Ti voglio bene, lo sai, vero?»

«Se me ne volessi mi daresti retta qualche volta».  Il tono scocciato della voce mal nasconde la sua preoccupazione.

«Lo sai che a volte sembri proprio mia madre?»

Sarah alza le braccia al cielo: «Santa donna!!»

Scoppiano a ridere insieme.

 

 

Claire è ancora fuori dal locale, il bicchiere vuoto in mano. Si allontana dalla folla chiassosa ammassata fuori dalla porta di quel vecchio pub.  Sarah è andata a prendere da bere. Ogni volta che pensa all’amica Claire si sente invadere da un’andata di tenerezza e affetto. Sarah è una delle due cose che le mancano di più da quando si è trasferita in città per studiare. L’altra sono le stelle. Non riuscire a vederle per colpa dell’inquinamento e delle luci la fa sentire terribilmente sola. Alza lo sguardo e si perde nel cielo terso. Automaticamente i suoi occhi corrono alla ricerca di tre stelle allineate, per poi risalire fino alla spalla di Orione, Betelgeuse. E’ la sua stella, l’ha deciso la prima volta che gliel’hanno mostrata.

Sono a casa.

«Ehi! Sei tornata finalmente!!»

Claire sente un brivido correrle lungo la schiena. Riconoscerebbe quella voce tra altre cento. Si volta piano. La prima cosa che vede è il suo sorriso. Nonostante l’abbia visto migliaia di volte, riesce ancora a scuoterle il cuore.

«Avevo nostalgia»

Lui la abbraccia. A Claire basta questo per ricordare perché ogni volta gli permetta di illuderla e ferirla, di  farle credere che –in fondo- ne valga la pena.

«Ben tornata»

Chiacchierano di cose stupide, di fatti divertenti, dell’università, del tempo. Non di loro, quello no.

«Dicono che stanotte nevicherà un sacco

« Speriamo si sbaglino»

«Ma scherzi? Speriamo ci azzecchino!!»

Claire tenta di assumere un’espressione seccata alle sue parole: la contraddice sempre, in questo non è cambiato. Sente che il suo cuore si sta scaldando. Bé, neanche lei è cambiata un gran che.

«Pierre!!Ti ho trovato finalmente! Sarà mezz’ora che ti cerco!»

Claire non capisce subito ciò che sta succedendo, o forse non vuole capirlo. Vede una ragazza con corti capelli neri –troppo corti per i suoi gusti- e un’improbabile vestito arancione abbracciare Pierre. Vede lui arrossire e avvolgerle goffamente il fianco con un braccio.

«Claire, questa è Frances. La mia ragazza»

Claire tende i muscoli del viso, ma il risultato è solo una pallida imitazione di un sorriso.

Le sembra di sentire il rumore di qualcosa cadere in pezzi.

 

 

13 dicembre

«Mamma!!! Qui c’è ancora spazio!!! Passami un’altra palla!! Dai! Mamma?!»

Claire non può fare a meno di scuotere la testa e sorridere mentre guarda i suoi genitori e sua sorella cercare di mettere un numero esorbitante di decorazioni sull’albero di Natale.

Sono tre. Le cose che mi mancavano sono tre.

«Mamma, mi potresti spiegare perché hai comprato  altre decorazioni? Ne  avevamo già tantissime»

«Tesoro, non è colpa mia. Tuo padre aveva deciso di comprare quest’albero enorme e avevo paura che non bastassero quelle che avevamo»

La casa profumava di abete e cannella e in sottofondo si sentiva il cd con le canzoni di Natale. Certe cose non cambiano mai,pensò Claire:  era sempre iniziato così il periodo di Natale per quanto lei ricordasse . Una sorta di tradizione di famiglia.

Inspira profondamente. Si sente felice, serena, al suo posto. Completa.  Raccoglie un paio di palline rosse e si avvicina all’albero canticchiando una vecchia canzone natalizia.

 

 

 

7 febbraio

Apre la porta e entra in casa. Non pensavo che ce l’avrei fatta.

Lascia cadere la borse sul pavimento e si appoggia alla muro. Dannata pioggia.

Deve cambiarsi o si prenderà un accidente, dopo sistemerà la spesa. Dopo.

Torna dopo qualche minuto, il tempo di infilarsi una vecchia tuta. Ha ancora i capelli bagnati, ci penserà dopo. Inizia a sistemare le cose che ha comprato. A Claire  sembra che il frigorifero abbia  un’aria meno patetica ora che contiene qualcosa di più di un limone solitario.

Mentre pensa a quanto si sentisse solo il povero limone in questione, sente suonare il campanello.

«Ciao». Claire ha la sensazione di essersi persa qualcosa, qualcosa di importante anche,  come quando entri al cinema a film già iniziato e non capisci perché la protagonista è ossessionata dalle teiere.

«Oh… Ciao»

«Ti ho riportato gli appunti di matematica che mi avevi prestato»

«Potevi ridarmeli domani in classe, non c’era il bisogno di affrontare il diluvio universale»

«In realtà era una scusa per vederti». Ha davvero un bellissimo sorriso Jacopo.

Claire non sa cosa dire. Poi si ricorda che piove a dirotto e dice a Jacopo di entrare in casa.

 

 

13 maggio

h. 6.00

Nel dormiveglia sente qualcosa sfiorarle la spalla con dolcezza.  Si muove appena, ha sonno, ha terribilmente sonno.  Sente una risata sommessa.

«Ehi, dormigliona, svegliati».  Un bacio si posa alla base del collo. E’ inutile fare finta di niente, Claire lo sa. Di malavoglia apre gli occhi e si gira sul fianco. 

«Buon compleanno». Jacopo le dà un bacio sul naso. Sorride al borbottio di protesta della sua ragazza e unisce le loro labbra.

«Non sperare che ti perdoni tanto facilmente per avermi svegliata», brontola Claire accoccolandosi contro il petto di lui.

Stanno così, abbracciati, per un po’; Claire  gli accarezza piano il solco della clavicola respirando il suo profumo. Non lo ammetterebbe mai, ma in fondo svegliarsi non è più così terribile da un po’ di tempo.

Si accorge del silenzio di Jacopo, per un attimo pensa si sia addormentato.  Sta fissando il soffitto, pensieroso.  Lei alza una mano e gli accarezza piano il profilo del mento. Lui si volta e la guarda con quegli occhi azzurri come il cielo: ha un’espressione concentrata, seria. Claire non capisce. Non sa per quanto tempo rimangono così, a fissarsi.

«Ti amo»

Claire sente il cuore saltare un battito.

 «Dicono che stanotte nevicherà un sacco!»

« Speriamo si sbaglino»

«Ma scherzi? Speriamo ci azzecchino!!»

«Claire, questa è Frances. La mia ragazza»

No. Non gli avrebbe permesso di rovinare quel momento.  Vuole essere felice, ne ha il diritto. Ha trovato qualcuno pronto a raccogliere i cocci del suo cuore, a rimetterli insieme, a curarle le ferite. Ci vorrà tempo e pazienza, lo  sa. Jacopo è tenace e le fa bene stare con lui. La fa sorridere.

«Anche io ti amo»

h.11.30

«Spero che tua mamma abbia preparato la torta dell’ultima volta. È la cosa più buona che abbia mai mangiato». Jacopo sta guidando. Sono quasi arrivati: i genitori di Claire avevano insistito perché lei tornasse a casa per il compleanno, così da festeggiarlo tutti insieme.

«L’avrà fatta di sicuro sapendo che arrivavi.  Ti adora, lo sai?»

In effetti chi  non lo adorava? Aveva incantato persino suo padre. Cioè, suo padre, l’uomo più geloso della galassia, si era letteralmente sciolto quando Claire le aveva presentato il suo nuovo ragazzo. Guardandoli seduti in salotto, a chiacchierare della costruzione di certi nuovi grattacieli a Dubai, Claire si era sentita molto stupida per aver tentato di far indossare un casco da rugby al suo ragazzo prima di entrare in casa.

«In effetti ho un certo ascendente sulle madri . .. neppure loro riescono a resistere al mio fascino!!»

Claire lo guarda scettica, prima di iniziare a ridere: «A una certa età si impara ad accontentarsi di ciò che passa in convento!!»

Però Claire pensa che, in effetti, ciò che lui dice è vero: come può qualcuno non adorare un ragazzo come Jacopo? È simpatico, brillante, socievole, dolce. Come se ciò non bastasse, è pure di buona famiglia. E ricco.

 

Sono quasi arrivati: Claire riesce a scorgerei contorni della sua casa. Improvvisamente avverte una strana ansia, è preoccupata. Si agita a disagio sul sedile.

Jacopo la fa scendere dalla macchina davanti al cancello di casa, mentre lui va a parcheggiare. L’ansia è cresciuta; Claire sa che potrebbe aspettare Jacopo ed entrare insieme, ma si sente stupida. Allora entra in giardino, scende le scale che portano alla porta d’ingresso quasi di corsa.

Quando allunga la mano per aprire la maniglia si accorge che le tremano le dita.

 

Si infila le chiavi della macchina nella tasca dei pantaloni.  Quando arriva al cancello nota che Claire non l’ha aspettato. Si passa una mano tra i capelli per sistemarli un po’. Sorride, è felice. Ma non è una felicità normale, no. È una felicità delirante, sconvolgente. Sente di poter esplodere da un istante all’altro: non credeva fosse possibile sentirsi così, così vivi, così veri.

Ad un tratto sente il sangue gelarsi nelle vene.

Un urlo agghiacciante, disumano segna la fine della quiete e della serenità di molte vite.

  
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