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Autore: Mizar    03/01/2010    11 recensioni
Per Severus Piton il Natale è un giorno da bruciare. Vorrebbe rinchiudersi nei suoi appartamenti ed uscirne solo a Santo Stefano, ma non gli è possibile. Silente gli ha affidato un compito e lui deve assolverlo. Non c'è gioia nei suoi occhi scuri, mentre cammina per le strade innevate e festose del piccolo paese, ricordando un passato che gli lascia l'amaro in bocca.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon Natale Severus


Ricorda: se non riesci a trovare il Natale nel tuo cuore
non potrai trovarlo sicuramente sotto un albero.
(Charlotte Carpenter)


Cammini spedito tra i gelidi fiocchi, mentre la neve scende lenta sulle strade illuminate a festa; sei solo una figura ammantata di nero, che si muove veloce.
Vai avanti a testa china, senza degnare di uno sguardo le vetrine scintillanti e le persone sorridenti che incroci sul tuo cammino.
Buon Natale Severus.
Buon Natale anche se odi questa festa che, per eccellenza, parla di casa, famiglia, amore.
Non l’hai mai avuta una famiglia, vero? Un padre, una madre, la sicurezza di essere un bambino voluto.
Un refolo di vento ti fa rabbrividire e t’induce ad avvolgerti più stretto nel mantello, mentre attraversi la strada.
Non ha mai amato la neve, neppure quando eri piccolo.
Per chi possiede solo pochi abiti lisi, questa gelida compagna è fonte di tremendi disagi.
Ricordi bene il freddo che ti s’insinuava nelle ossa e non ti abbandonava mai, giorno e notte.
Davanti a te una mamma cammina lenta, per permettere al suo piccino d’ammirare le luci colorate che adornano gli alberi del viale.
Un’immagine nitida, proveniente dal tuo passato, si sovrappone a quella scena.

***

Un piccolissimo Severus, avvoltolato in un informe maglione da donna, troppo grande per lui, cammina con il naso all’aria, mentre la madre, stanca, lo tiene per la manina gelata.
E’ tardo pomeriggio e la donna torna dal lavoro, mentre il bambino dalla scuola materna.
“Dai, Severus, cerca di allungare il passo. Lo sai che papà vuole cenare presto, se no s’arrabbia”, lo rimbrotta, trascinandoselo dietro con malgarbo.
Lui cerca di allungare il passo, ma è distratto dagli addobbi luccicanti.
Quanto gli piacciono quelle meravigliose lucette attaccate ai rami degli alberi; sono così allegre.
Non vorrebbe andare a casa, perchè lì c’è solo tristezza, desolazione e lui, suo padre, la persona che teme e odia più al mondo.
Il suo unico desiderio è rimanere in quel viale splendente di luci, insieme alla sua mamma.
Non importa se fa tanto freddo e la neve sta cominciando a scendere.

***

Davanti ai grandi magazzini un buffo Babbo Natale sta suonando una campanella dorata.
Accanto a lui un gruppetto di bambini eccitatissimi, accompagnati dai loro genitori, sta in fila per poter parlare con lui.
“Oh, oh, oh, bambini, raccontatemi i vostri desideri e io li realizzerò”, grida l’uomo, continuando a suonare la campanella.
Non si dovrebbero ingannare i bambini con pietose bugie, vero Severus?
Perché Babbo Natale non è mai esistito per chi è nato nella parte sbagliata della città.

***

Ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze di Natale.
Severus ascolta la maestra spiegare che un vecchietto con il vestito rosso e la barba bianca, la notte del ventiquattro dicembre, porterà un regalo a tutti i bambini del mondo.
Un regalo.
Severus stenta a crederci.
Non né ha mai ricevuto uno in vita sua!
Per fare sapere quello che si desidera bisogna scrivere una letterina.
La maestra distribuisce i fogli e lui, tutto eccitato, comincia a scrivere.
Quando suona la campanella la maestra raccoglie le buste e poi le appende, con piccole mollette colorate, all’abete addobbato che fa bella mostra di sé nell’ingresso.
Severus ha scritto una lettera, con la sua grafia un po’ incerta di bambino di prima elementare. Ha spiegato al Signor Babbo Natale che suo padre è un disoccupato, alcolista e violento.
Ogni scusa è buona perché si avventi su di lui e sua madre e li picchi a sangue.
Il suo unico desiderio è che si porti via quell’uomo cattivo così, lui e la mamma, potranno, finalmente, essere al sicuro e vivere felici.

***

Un fiotto d’amarezza t’invade il cuore: Babbo Natale non è mai passato a casa tua e tuo padre è rimasto a funestare la tua, già triste, infanzia.
“Siete stati buoni quest’anno?”
“Sìììì” è il coro che si leva dai bambini, mentre i genitori alzano gli occhi al cielo, sorridendo.
Giri il capo veloce, mentre un’altra immagine prende forma nella tua mente.

***

Eccoti più grandicello, seduto al vecchio tavolo di cucina.
Stai bevendo un bicchiere di latte caldo, centellinandolo, nella speranza che duri di più e riesca a calmare i morsi della fame, mentre la mamma, nervosamente, sfaccenda.
Fuori, un vento gelido, sbatacchia i rami spogli degli alberi e qualche fiocco di neve svolazza per l’aria.
Ormai è Natale.
Una domanda ti brucia sulla lingua, ma sei molto indeciso se porla o no.
Alla fine ti butti.
“Mamma, io sono un bambino buono?”
“Cos’hai combinato Severus? Hai fatto qualcosa di brutto a scuola?”
Ora la donna ti guarda accigliata.
“No, mamma”, rispondi, risentito da tanta sfiducia.
“La signorina Flint afferma che sono il più bravo della classe!”
“Allora scommetto che, ieri sera, hai fatto arrabbiare papà.”
“Papà è sempre arrabbiato, quando è ubriaco. E’ colpa dell’alcol, io non c’entro.”
“Non devi dire queste cose Severus”, lo riprende la madre, indurendo lo sguardo.
“E’ la verità, mammina”, si meraviglia lui.
“Sciocco! Un bravo bambino non dovrebbe pensare cose così brutte su suo padre. Se ti sentissero le assistenti sociali ti butterebbero in un orfanotrofio, come un bimbo senza genitori; allora rimpiangeresti amaramente tuo padre e ti rimangeresti ciò che hai appena detto!”
Ora la mamma è veramente arrabbiata.
Severus abbassa lo sguardo.
Ecco la risposta che cercava: lui è un bambino cattivo!
Dev’essere per quello che, Babbo Natale, si dimentica sempre di passare a casa sua; lui è un bambino brutto, sudicio e cattivo, come gli cantilenano i compagni di classe, nel cortiletto della scuola, durante la ricreazione.
“Guarda che brutti vestiti che hai, sembri uno spaventapasseri!”
“ Sei uno sporcaccione! Hai la faccia tutta nera e puzzi!”
“Sei cattivo e scemo! Per questo a casa tua ti picchiano!”

***

Le loro voci beffarde riecheggiano ancora nella tua memoria, mentre, col viso contratto in una smorfia d’amarezza, osservi distratto le auto in colonna, aspettando che il semaforo dei pedoni diventi verde.
Vuoi solo andartene di lì.
Andare via da quel vecchio vestito di rosso e da tutti quei bambini festosi che ti ricordano che tu sei solo.
Un dolce profumo arriva alle tue narici.
Non ti sei accorto di essere davanti alla vetrina della pasticceria Centrale.
Un fiotto di nausea ti riempie la bocca.
Odi i dolci.
Per anni hai sognato di assaggiare qualcuna di quelle prelibatezze, mentre lo stomaco ti brontolava dalla fame e adesso che potresti comprarne a volontà, ti ricordano così tanto la povertà della tua infanzia da rivoltarti lo stomaco.
“La vita con me non è stata prodiga”, pensi, ma detesti piangerti addosso.
Altre persone, che magari sembravano più promettenti di te, alla fine si sono dimostrate peggiori.
Tu sei riuscito ad uscirne ed ora sei un uomo che vive dignitosamente.
Non così è per la persona da cui stai andando: anche lui era un reietto, però si credeva migliore degli altri, eppure, ora, non ha nemmeno un lavoro o un posto dove vivere con decoro.
Con cautela ti avvii lungo una stradina di periferia, buia e ghiacciata.
Un bambino mal vestito ti si para davanti attaccandosi al tuo mantello e chiamandoti signore buono.
Poco lontano, nel piazzale di una chiesa, una zingara con un neonato in braccio sta importunando una signora.
Reprimi a stento un moto di rabbia, mentre frughi nelle tasche del mantello in cerca di un poco di denaro babbano.
Tu sai cosa vuole dire sentire freddo, fame ed essere abbandonati a se stessi.
In quel bambino lacero rivedi il Severus dei tuoi nove anni.

***

“Severus, sbrigati, mi farai arrivare tardi!”
La donna guarda spazientita suo figlio, che sta finendo di vestirsi.
Ha quasi nove anni adesso e, durante il periodo scolastico, frequenta un tempo pieno, fino alle sei di sera.
A quell’ora i pub di Londra aprono le serrande e suo padre, che è un cliente affezionato, è sempre il primo ad entrare e l’ultimo ad uscire.
Ormai non fa più nemmeno finta di cercare un lavoro e chi sta fuori casa, tutto il giorno, è la mamma.
Pratica due mestieri, per guadagnare un po’ più soldi, perché con un unico stipendio non riescono ad arrivare alla fine del mese.
Di giorno è operaia in fabbrica e di sera e nei giorni festivi è cameriera in un ristorante.
Lui non può rimanere in casa, quando lei non c’è. Tobias Piton è un violento ed è pericoloso.
E’ già finito in ospedale un paio di volte a causa delle percosse, anche se ha dovuto raccontare che è caduto dalle scale.
I medici non ci hanno creduto e, la seconda volta, hanno chiamato le assistenti sociali.
Ora deve stare molto attento perché, se succede ancora, lo porteranno in una casa protetta.
“Severus, ti ho preparato un panino con la marmellata; è in questo sacchetto. Mi raccomando, devi rimanere fuori casa fino a questa sera alle sei!”
Il bambino guarda fuori dalla finestra preoccupato
Fa molto freddo quel mattino e lui non ha un posto dove andare, poi afferra il pacchettino bianco e lo ripone nella cartella.
“Muoviti su, ma perché prendi la cartella? Oggi non c’è scuola?”

***

“Che domanda sciocca mamma”, pensi infastidito, allungando il passo, mentre con una mano ti scosti i capelli dal viso.
“Avevo così freddo, con quei miseri abiti che indossavo, che la usavo per ripararmi le spalle e poi era molto comoda per nasconderci i miei piccoli furti di cibo.
Un panino era troppo poco per passare al freddo tutto il giorno e nemmeno il latte della sera, che tu mi preparavi al posto della cena, mi poteva saziare.”
L’immagine di un bambino smunto e mal vestito si forma davanti ai tuoi occhi.
Li strizzi per scacciarla, ma rimane lì impressa nitida sulla tua retina.

***

Eccolo il Severus ladruncolo, mentre, con mano lesta, afferra un’arancia sul banco del mercato e la nasconde nelle tasche del vecchio cappotto spelacchiato, appartenuto a chi sa chi, decisamente troppo grande per lui.
Più tardi, seduto su una panca della metropolitana, mentre col quaderno aperto svolgerà i compiti, mangerà il bottino delle sue razzie: una mela, un’arancia, qualche carota.
La sua cartella è piena di provviste rubate.
E’ l’unico modo che ha per sopravvivere.

***

A cosa ti eri ridotto Severus?
A cosa ti aveva portato la follia di tua madre che, nonostante tutto, continuava ad amare quell’uomo.

Cammini spedito, mentre un rancore mai sopito ti rende acida la bocca.
“Come potevi amare lui e fare così soffrire me? Io ero solo un bambino”, ripeti piano tra i denti.
Tua madre è sempre stata per te un mistero ed una delusione
Non sei mai riuscito veramente a capire se ti amava o se per lei eri solo un peso.

In compagnia di questi amari pensieri imbocchi una la strada in salita.
A metà sei costretto a fermarti, ansante, e vedi una coppia d’innamorati che si stanno baciando nell’androne di un vecchio palazzo.
Lei è piccola, minuta, e sembra quasi sparire tra le braccia di quel ragazzo alto e allampanato.
Ridono sommessamente tra un bacio e l’altro, unici custodi di chissà quale segreto.
Cerchi di allungare il passo, ma ormai li hai guardati.
Hai visto la luce d’amore che illumina i loro occhi.
Era la stessa di allora Severus?
Quella che hai conosciuto anche tu?

***

“Auguri Sev!”
Lily, sorridendo, ti allunga un pacchetto avvolto in carta dorata.
Ti senti arrossire, mentre un calore meraviglioso s’irradia nel tuo petto.
“Grazie Lily”, mormori imbarazzato, mentre dal mantello estrai un piccolo involto.
Hai speso più di quanto potevi permetterti, attingendo al denaro che hai guadagnato in estate, lavorando e che ti serve per le cose di scuola.
Sai che quei soldi devono bastarti fino alle prossime vacanze, quando potrai darti di nuovo da fare per guadagnarne altri, ma il sorriso della tua Lily vale qualsiasi sacrificio.
La vedi scartare il piccolo dono e guardare ammirata la sottile catenella d’argento con il ciondolo a forma di cuore.
“Sev… E’ bellissima!”
Esclama raggiante, poi, di slancio, ti abbraccia e posa un dolce bacio sulle sue labbra.
La stringi a te e, in quel momento, ti senti l’uomo più ricco e potente della terra.
Hai lei e tutto il resto non ha più importanza.

***

Finalmente il Natale aveva cominciato ad avere un senso anche per te vero Severus?
Era bello avere qualcuno con cui condividerlo.
Mentre cerchi disperatamente di non pensare a lei, sai con certezza che quello è stato il Natale più dolce e felice della tua vita.
Credevi durasse per sempre, ma la felicità è un’effimera illusione e tu lo hai provato sulla tua pelle.

***

“Pare che la Mezzosangue tua amica ora esca con Potter”.
Avery sembra compiaciuto di quella notizia, ma a te si stringe il cuore.
“Hai fatto bene a liberarti di lei. Tu meriti di meglio!”
Tu non vuoi di meglio, vero Severus?
L’unica donna che vorresti tenere ancora tra le braccia è lei, ma, ormai, è tutto finito.
Con amarezza pensi che tu, sei entrato in “quel gruppo” perchè non volevi che Lily dovesse vergognarsi di te.
Desideravi diventare forte, rispettabile, temuto e, perché no, anche ricco, per darle le cose belle che meritava: una casa, un buon conto in banca, un compagno di cui andare orgogliosa.
Lei ti ha sempre assicurato che non le importava, ma tu sai che la miseria è la tomba dell’amore.
Lo hai provato sulla tua pelle, vivendo con i tuoi genitori in quello squallido buco giù a Spinner’s End.
Per Lily volevi di più e saresti stato disposto ad impegnarti anima e corpo per donarglielo, ma lei non lo ha capito.
Sono passati tanti mesi dal giorno in cui ti ha lasciato e non sei riuscito a dimenticarla.
Ormai è Natale e, quel giorno, coincide col vostro anniversario.
Sarebbe stato il terzo, ma lei non è più tua e tutto ti sembra così triste e inutile.
“Tra poco diverrai uno dei nostri Severus, sei felice?”
“Certo Avery”, rispondi con calma, l’espressione dura e impassibile, e nessuno potrebbe mai immaginare quanto dolore e quanta rabbia si agitano nel tuo cuore.

***

Scuoti il capo sbuffando.
Non è da te lasciarti annegare nei ricordi.
Hai una missione da compiere e, seppur sgradevole, devi portarla a termine.
Ti guardi in giro un po’ disorientato.
Il quartiere in cui ti trovi è miserevole.
Le case sono vecchie e fatiscenti, le tipiche costruzioni della periferia più povera.
Silente ha affermato che la casa è in un vicolo davanti allo sfasciacarrozze.
Vedi in lontananza un grande spiazzo di terreno ingombro di carcasse d’auto e ti ci dirigi.
L’ultima casa della via è una palazzina fatiscente, chiusa da una porta sgangherata.
Un dolore sordo attanaglia il tuo stomaco, mentre, con mano guantata, spingi la porta di legno e percorri il lungo corridoio buio, odoroso di muffa e minestra di cavoli.
Sali lentamente la scala e, all’ultimo piano, vedi la targhetta col suo nome.
Bussi, ma la porta non è chiusa.
Entri, chiedendo permesso, ma lo fai con arroganza, certo che chi sta dentro non potrà, certo, rifiutarti nulla.
Nella penombra la stanza ti sembra disabitata.
Strizzando gli occhi cominci a mettere a fuoco l’ambiente e, dall’oscurità, ti appaiono una vecchia stufa spenta, un tavolo zoppo con due sedie spaiate, un lavandino di cemento e una specie di letto sfondato.
Poi lo vedi.
E’ seduto sul bordo del giaciglio e si tiene la testa tra le mani.
Non ha alzato neppure il viso al tuo ingresso, quasi non gli importi nulla di chi entra in casa sua.
“Lupin”, mormori e la tua voce, seppur bassa e pacata, rimbomba sinistramente nella camera disadorna e fredda.
“Silente voleva controllare come stai”, dici sbrigativo, già pronto a fuggire da tutto quello squallore.
Remus non risponde e tu senti la rabbia montare.
Con un gesto della bacchetta accendi la luce e poi sbotti:
“Un po’ d’educazione non guasterebbe, Mannaro, visto che mi sono preso il disturbo di venire fino a qui, con questo tempaccio, solo per vedere se sei ancora vivo”.
La tua voce è secca e scocciata e, mentre attendi una risposta, incroci le braccia al petto e batti il piede in segno d’impazienza.
“La pozione ha fatto effetto, grazie Severus”, ti risponde piano Lupin e, solo allora, alza il viso su di te.
Trattieni il fiato.
Non è lui.
Non può essere lo stesso uomo che hai visto solo pochi mesi fa.
E’ dimagrito tantissimo ed ora ha quasi tutti i capelli grigi.
E’ così emaciato e pallido da sembrare un fantasma.
La cosa che ti colpisce di più, però, sono gli occhi.
Ti sembra di guardare dentro due pozzi vuoti.
Non c’è più traccia dell’espressione mite e distaccata che l’ha sempre caratterizzato.
Non c’è nemmeno più un barlume di vita, ma unicamente disperazione.
Solo un’altra volta hai visto due occhi così morti e ricordi ancora, con dolore, dove: nello specchio che rimandava la tua immagine.

***

Natale 1981.
“Severus anche se ti lasci morire Lily non tornerà”.
La voce di Silente penetra quel muro d’oblio ed indifferenza dietro il quale ti sei rifugiato.
“Lo so che perderla è stato terribile, lo capisco, ma lei ha ancora bisogno di te!”
Vorresti urlare che lei è morta; che qualunque cosa lui ti racconti sono solo ‘stronzate’, ma non lo fai.
Non ne hai la forza e lui continua imperterrito.
“Harry si è salvato. Non so come ma, Lord Voldemort, non è riuscito ad ucciderlo. Ora è al sicuro a casa dei suoi zii, però, quando L’Oscuro ritornerà, avrà bisogno di tutti noi per non morire. E’ il suo bambino Severus!”
Non ti muovi dal letto, ma i tuoi occhi, vuoti e stanchi, hanno un guizzo.
Forse c’è ancora un poco di vita in te, anche se tu vorresti non fosse così.
“Lily ti ha lasciato un compito. Devi proteggere suo figlio! Non deluderla ancora, te ne prego.”
Ancora non rispondi, ma una lacrima solitaria scende lenta sulla tua guancia.

***

Il silenzio della stanza ti sembra un rumore assordante.
Ti manca l’aria.
Non puoi rimanere lì un minuto di più.
“Lupin, rimuovi gli incantesimi antismaterializzazione, in modo possa andarmene da qui”, dici secco.
Remus allunga, lento, una mano verso quella che sembra una cassa da imballaggio.
Prende la bacchetta, posata lì sopra, e la agita piano.
Ora sei libero di andartene Severus e, mentre lo pensi, senti finalmente l’aria inondare i tuoi polmoni.
Getti un ultimo sguardo all’uomo sul letto.
Si è ripreso la testa tra le mani e non ti guarda più.
La rabbia esplode dentro di te.
Bene, professor Lupin, adesso tutte le tue arie da signor ‘perfettino’ sono scomparse, vero?
Non sei più uno dei Malandrini e nemmeno un rispettabile insegnante; sei solo un uomo finito, un relitto, e il mondo non sa cosa farsene di te.
Vorresti dirgli queste parole, riversargli addosso tutto il tuo disprezzo, umiliarlo, come mille volte hanno fatto i suoi amici con te, ma capisci che non ti farebbe stare meglio.
“Muoviti”, gli dici, afferrandolo sgarbatamente per un braccio e tirandolo faticosamente in piedi.
Non lo lascerai lì a morire.
Non quella sera.
Lo porterai nell’unico posto che tu conosca come ‘casa’ e qualcuno avrà pietà di lui.
Non tu, certamente, la tua parte la stai già facendo ed è fin troppo.
Tenendolo ben saldo per l’avambraccio ti smaterializzi con lui appena fuori il cancello di Hogwarts.

***

“Eccovi! Siete in ritardo!”
La voce dolce di Silente ti fa sorridere.
“Sono solo le otto e tre minuti, Albus”, lo rimbecchi con voce neutra.
“Appunto. Siete in ritardo di tre minuti. Forza, adesso, a tavola, che il tacchino ripieno si fredda”.
Poco più tardi siete tutti nella sala grande e Lupin è seduto di fianco a Minerva ed Albus.
Pare che abbia ripreso un poco di colore mentre, lentamente, porta alle labbra il calice di Vino Elfico che il preside gli ha versato.
Silente guarirà anche lui, com’è riuscito a fare anche con te.
Non potrà dimenticare Sirius, come tu non hai mai potuto dimenticare Lily, e non smetterà mai di sentirsi in colpa per non essere riuscito a salvarlo, ma imparerà ad andare avanti.
Ti senti sfiorare il braccio e, alla tua destra, il preside ti sorride malizioso.
“Sapevo che non mi avresti deluso” mormora, poi alza il calice in un brindisi.
“Buon Natale Severus” dice allegro.
“Buon Natale a te”, rispondi calmo, sentendoti finalmente a sereno.

Fine

DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i personaggi della saga sono di proprietà di JK Rowling e di chiunque ne possieda i diritti. Questa storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright.

*****

   
 
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