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Autore: wari    03/01/2010    12 recensioni
Quei piccoli piaceri gli erano stati brutalmente negati quando, durante uno dei suoi micidiali monologhi, Shisui gli aveva ricordato la data del giorno. Trentuno dicembre. Capodanno. (Tecnicamente Capodanno è il primo... Siate così magnanimi da passarmela! Legata a "I matrimoni dei parenti sono sempre una seccatura".)
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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capodanno Shalom. Non avevo nulla di meglio da fare, dunque mi sembrava giusto inquinare ulteriormente il sito con questa scempiaggine. Legata a I matrimoni dei parenti sono sempre una seccatura, ma si può bere anche senza averla letta. Ah, con un ritardo assolutamente degno di me, buon anno^^




I suoi vestiti erano così bagnati che Itachi era quasi sicuro di avere dimenticato il significato della parola “asciutto”.
« Credo di essere seriamente ad un passo dall'ipotermia. » argomentò Shisui, barcollandogli al fianco, senza smettere di ridacchiare come un beota.
Ma probabilmente gli si era solo congelato il sorriso sulla faccia: Itachi stesso non era poi così sicuro di avercela ancora, una faccia.
« Io sono arrivato! » esclamò il cugino, strillandogli nell'orecchio per sovrastare il sibilo del vento. « Ci vediamo tra poco, vecchio mio! »
Itachi non si voltò neanche, puntando dritto in direzione di casa sua.
Era di pessimo umore.
La missione si era protratta più del previsto, a causa del mal tempo, che li aveva sorpresi sulla via del ritorno costringendoli a rallentare notevolmente il passo.
Del resto, a dicembre, che nevicasse non era poi così insolito; Itachi era abbastanza maturo da accettare la cosa  ed evitare di crucciarsene troppo, limitandosi a sopportare il freddo penetrante e l'insistente nevischio con stoica imperturbabilità.
Nonostante questo riteneva legittimo poter almeno sognare, una volta a casa, di potersi godere un bagno ristoratore e un meritato riposo nel suo adorato futon. Avrebbe accettato con noncuranza persino le incursioni notturne di Sasuke, convinto della presenza di demoni assetati di sangue nel suo armadio.  Dopotutto, un fratello caldo nel suo letto lo avrebbe persino potuto aiutare a prendere sonno.
E invece no.
Quei piccoli piaceri gli erano stati brutalmente negati quando, durante uno dei suoi micidiali monologhi, Shisui gli aveva ricordato la data del giorno.
Trentuno dicembre.
Capodanno.
E così era stato investito da una dura realtà fatta di cene con i parenti, padri orgogliosi e saké. Per non fare menzione delle madri e zie nevrasteniche per via delle lunghe ore passate davanti ai fornelli.
« Sono a casa. »
Il suo saluto atono passò del tutto inosservato. Itachi sospirò, togliendosi le scarpe e attraversando il corridoio con passo felpato, cercando di non sgocciolare sul tatami; premura vana, considerando che ogni parte di lui, dai capelli al coprifronte, grondava acqua come una sorgente.
Due voci discutevano in cucina . Fugaku stava burberamente ricordando a Mikoto che la nonna Kumiko era allergica ai germogli di bambù, accusando velatamente la moglie di stare ancora attentando alla vita della suocera per via di quel commento poco gentile riguardo le tende da lei scelte per il bagno. Mikoto si difendeva pigolando frasi incoerenti mentre rimestava con foga l'odoroso contenuto di un pentolone. Itachi si guardò bene dall'interromperli in alcun modo, preferendo di gran lunga defilarsi in bagno.« Nii san! Sei tornato! »
« Non mi abbracciare, otouto. Ti bagni. »
Sasuke non se ne crucciò, prendendosi i suoi dieci secondi di calore umano, anche se Itachi dubitava seriamente che il suo corpo riuscisse a produrre una temperatura superiore ai meno due gradi centigradi dell'esterno.
« Nii san... » fece poi il bambino, staccandosi infreddolito.
Itachi sospirò: Sasuke aveva appena assunto l'espressione da dubbio esistenziale; la stessa di quando gli aveva chiesto come nascevano i bambini – e lì il sangue freddo di Itachi era stato messo a dura prova – e di quando aveva esposto il dilemma dell'uovo e della gallina, pretendendo da lui una risoluzione immediata. Quindi puntò gli occhi in quelli languidi del fratellino, promettendo a se stesso di mantenersi freddo.
« Non ora, otouto. Ora sono bagnato. » e, prima di incrociare ancora lo sguardo di Sasuke, si ritirò in bagno con dignità.


Finalmente asciutto, anche se prossimo alla narcolessia, Itachi si trascinò i cucina, finendo però investito da una pila di jyubako* ambulante.
« Che diavolo... Itachi! »
« Tou san. » salutò lui, inespressivo, tastandosi il naso.
Fugaku lo scrutò per un secondo, burbero, prima di decidere che non valeva la pena sprecare tempo a rimproverare il figlio per essergli piombato davanti ai piedi.
« Aiuta tua madre in cucina. » disse invece, pratico. « Si cena in palestra, visto che il tempo non collabora. » e sottolineò la frase con uno sbuffo contrariato in direzione di Itachi, come se la mezza bufera che imperversava all'esterno fosse di diretta responsabilità del  figlio, il quale aveva per dispetto costretto tutto il clan a festeggiare il Capodanno in palestra, unico luogo coperto ampio abbastanza da ospitarli tutti.
Itachi, troppo stanco per fare qualcosa di più che annuire con condiscendenza, deambulò in cucina.
« Nii san. »
Forse non sarebbe mai riuscito ad entrarci, in quella dannata cucina.
Abbassò lo sguardo: Sasuke gli si era piazzato davanti. Aveva ancora quell'espressione.
« Nii san. Perché non ci possiamo mettere i pomodori, sul mochi*? »
Itachi strabuzzò gli occhi.
« E perché diavolo dovresti voler mettere dei pomodori sul mochi?! »
Sasuke brontolò infastidito, mentre Itachi salutava Mikoto con un cenno. Lei non ci fece troppo caso e, senza sperticarsi in convenevoli, gli indicò con fare spiccio la trentina di jyubako accatastati sul tavolo alle sue spalle e blaterò qualcosa che le orecchie di Itachi non riuscirono ad afferrare.
« Nii saaan! » trillò Sasuke, tirandogli la felpa.
« Sì... Sasuke, mi spieghi perché diavolo ci vuoi mettere i pomodori, su quel dannato mochi?! »
« Perché è meglio... Insomma,  perché ci si mettono i mandarini, nii san? I pomodori sono più buoni dei mandarini! »
Itachi lo guardò, costernato.
« Perché... Che ne so. E' un ornamento, cosa importa che sia buono o meno? »
« Ma i pomodori sono anche più belli, nii san. »
Itachi alzò gli occhi al cielo. Quel dialogo non aveva il minimo senso logico.
Scostò gentilmente il fratello e raggiunse il tavolo. Arraffò un buon quantitativo di cibarie e se le sistemò tra le braccia, precedendo Sasuke fuori dalla cucina.
« Allora posso metterceli, nii san? »
Itachi si fermò davanti alla palestra, ringraziando con un cenno chiunque gli avesse aperto la porta.
« No che non puoi, otouto. Sul mochi si mettono i mandarini, punto e basta. »
« Perché, lui che ci vuole mettere? »
« I pomodori. »
«Ci avrei scommesso. »
Itachi per poco non spiccò il volo, portando con sé cinque piani di bento decorato.
Era sempre spaventoso per lui constatare quanto fosse assuefatto alla voce chiacchierante di Shisui; ormai gli rispondeva senza neanche accorgersene.
« Non ce li posso proprio mettere, Shisui san? » ritentò Sasuke, speranzoso mentre suo fratello si ingegnava a sistemare il cibo sulla tavola.
Shisui, in qualità di più grande idiota delle cinque terre assunse un'aria estremamente saggia o – ma questa era solo l'opinione di Itachi – incontestabilmente stupida e disse, solenne.« Puoi metterci quello che vuoi, Sasuke chan. Hai il mio permesso. »
Itachi decise di soprassedere, evitando di porgersi domande che sapeva essere insolubili - come in virtù di chi o di cosa suo cugino si arrogasse il diritto di fare alcunché - e preferì eliminare il problema alla radice, afferrando Shisui per un braccio e trascinandoselo dietro.
« Ci sono un altro mucchio di jyubako in cucina. Aiutami a portarli in palestra. »
Shisui lo squadrò con aria critica.
« Sei sempre così ligio al dovere, cugino. Rilassati! »
« Shisui. » scandì l'altro. « Fallo e basta. »
Shisui ridacchiò, borbottando altre scempiaggini che Itachi preferì ignorare e si intrufolò in cucina, riemergendo con le braccia cariche.
Si fecero aprire la porta da Sasuke, che ancora lamentava ostinatamente di non poter mettere i suoi adorati pomodori sul mochi incitato da Shisui, che trovava la fissazione del bambino estremanmente esilarante.
In palestra i parenti avevano già iniziato ad affluire, portando a loro volta abbastanza cibo da sfamare un esercito.
Quando finalmente si riuscì a far accomodare la schiera di nonni, la calca di zii e lo di sciame di cugini, aveva praticamente smesso di nevicare ed il vento si era placato.
Itachi, per chissà quale infausta congiunzione planetaria, si ritrovò stretto tra Sasuke – che aveva sbaragliato la concorrenza, restandogli avvinghiato con tenacia - e la sua vecchia, ingombrante nonna, dal cui corpo emanava un olezzo stordente di prugna secca.
Come se non bastasse Shisui, dopo un acceso diverbio con una cugina sedicenne, si era accaparrato il posto di fronte al suo.
Ma Itachi avrebbe anche potuto sopportare.
Peccato che suo padre avesse deciso di cedere il posto a capotavola al nonno e si fosse quindi seduto accanto a Shisui.
« Itachi la scorsa settimana ha portato brillantemente a termine una missione di livello S. Non è così, Itachi? » stava raccontando a chiunque fosse disposto a prestare orecchio.
Sentendosi chiamato in causa, Itachi mugugnò un assenso, senza smettere di masticare il suo gambero.
« Itachi, caro, passami la salsa di soia. »
Lui inghiottì il gambero e, ubbidente, afferrò la salsiera, passandola alla nonna, mentre Fugaku continuava imperterrito ad osannare le gesta del suo geniale primogenito.
Itachi, indeciso sul da farsi – se tentare di fermarlo o impiegare il tempo nella più fruttuosa impresa di imparare a dormire con gli occhi aperti – si ficcò in bocca un altro gambero.


Stava per crollare dal sonno.
Ormai non distingueva più il logorroico sciabordio di suo padre dalla voce squillante di Shisui che, al contrario, pareva ancora pieno di energia e raccontava barzellette sconce facendo arrossire la cugina sedicenne; questa, alla fine, aveva ottenuto di accomodarsi alla sua sinistra e ora lo osservava disgustata mentre lui faceva sparire bocconi enormi tra una risata e l'altra.
Come facesse era un mistero: Itachi era già pieno da scoppiare. Ma forse era colpa di Sasuke , che lo aveva costretto a servirsi più volte dal suo piatto in cui il bambino sezionava diligentemente ogni alimento prima di decidere che non era di suo gusto e che quindi, logicamente, doveva mangiarlo il suo nii san.
Poi l'orologio batté le ventitré.
Itachi, perso in una sorta di catalessi che lo portava ad annuire con aria coscienziosa ogni volta che qualcuno tentava di intavolare una conversazione con lui, stranamente, fu il primo ad accorgersene.
Guardò prima sua nonna. Poi le bacchette che lei aveva lasciato cadere e infine, con sommo orrore, il contenuto del suo piatto.
« Tou san... »
Ma lui stava inneggiando il clan, perso nella reminiscenza di qualche gloriosa missione giovanile.
« Tou san... La nonna è allergica ai germogli di bambù. » si sentì dire Itachi, mentre il suo cervello rielaborava l'informazione che aveva ricevuto poche ore prima in cucina quando, distratto da Sasuke, non aveva prestato alcuna attenzione a  quello che Mikoto gli aveva detto riguardo il cibo. Fugaku gli rivolse un cenno infastidito.
« Itachi, non è bene interrompere le persone quando... »
« Tou san. » ribadì, visto che l'altro non afferrava la situazione. « Credo di avere avvelenato la nonna. »
Ora, l'affermazione così, nuda e cruda, poteva apparire un tantino melodrammatica; ma il fatto che la nonna Kumiko, ormai paonazza e gonfia, stesse iniziando ad emettere rochi suoni di gola servì solo ad avallarla.
Fugaku scavalcò il tavolo con un balzo piuttosto agile e mentre Shisui, che ancora non si era accorto di nulla, elogiava lo “spirito fanciullesco” dello zio, tentò di soccorrere la nonna; anche se Itachi non era certo che quello fosse il modo giusto: urlarle nelle orecchie e scrollarla non sembrava giovare particolarmente alla salute dell'anziana.
Mentre il panico dilagava e Sasuke, disinteressato alla faccenda, si era messo a fare informi omini sistemando i dango* sugli spiedini, Shisui stupì tutti pronunciando la prima frase sensata di tutta la sua vita.
« Forse è il caso di portarla in ospedale. »
E si andò.


L'anno nuovo lo salutarono in corsia e, a conti fatti, la nonna Kumiko, stesa dal suo mezzo shock anafilattico, fu l'unica a trascorrere le ore serenamente.
Fugaku, tranquillizzato riguardo la salute di sua madre, occupò il tempo ricostruendo i fatti con perizia maniacale e, trovati i colpevoli, si esibì in una tra le migliori performarce di furia cieca del suo repertorio.
La prima vittima fu Mikoto: nuora degenere ed assassina provetta, aveva osato mettere appositamente due chili di malefici germogli tra le altre pietanze, mimetizzandoli con diabolica abilità all'unico scopo di avvelenare sua suocera, santa donna e madre esemplare.
Non servì a nulla spiegargli che aveva semplicemente scordato che la suocera fosse allergica alla pianta. Cosa che Fugaku avrebbe già dovuto sapere, considerando che era stato proprio lui stesso a segnalarne la presenza alla moglie, passando per caso in cucina.
Dopo il suo intervento, lei si  era dunque messa di impegno per eliminare quanti più germogli possibile e aveva accatastato tutte le pietanze che ne contenevano troppi sul lato sinistro del tavolo.
Ed era qui che entrava in scena Itachi, esecutore materiale dell'efferato delitto.
Il diabolico primogenito, sobillato dalla perfida madre e con la complicità dolosa del malefico cugino, aveva sottratto illecitamente gli jyubako incriminati per portare a termine la violenta esecuzione.
Fu inutile spiegare a Fugaku che, stanco morto e mezzo tramortito dalle chiacchiere di Sasuke e Shisui, Itachi non aveva semplicemente fatto caso a sua madre, che gli aveva detto di prendere solo i piatti sistemati sul lato destro e aveva quindi portato tutto quanto in palestra.
Che poi la nonna si fosse trovata davanti proprio i nefandi germogli, era stata solo sfortuna.
Ma non c'era stato verso: Shisui, per aver osato scherzare sulla faccenda ed aver riso davanti all'isteria dello zio era stato spedito fuori dall'ospedale a colpi di stampelle. Ed era stato poi rimproverato persino dall'anziano invalido cui Fugaku le aveva sottratte.


Quando il clan aveva iniziato a sciamare fuori dall'ospedale, lasciando Fugaku solo con la sua povera madre, la mezzanotte era già passata da un pezzo; si era dato fondo alle scorte di fuochi artificiali e nell'aria era rimasto solo un vago odore di bruciato.
Itachi decise di declinare compostamente la proposta di recarsi comunque tutti al tempio, anche se in ritardo e, fedele – o semplicemente appiccicoso – Shisui lo seguì, rincasando insieme a lui.
Stavano attraversando il quartiere quasi buio quando, nel guardarsi intorno, Itachi fu colto da una curiosa sensazione di mancanza. Solo ora che la frenesia era passata e l'unico suono rimasto era la voce di Shisui, si rese conto di aver dimenticato qualcosa.
O qualcuno.
« Sasuke! » sbraitò, colto da un'improvvisa illuminazione. « Dov'è Sasuke?! »
Shisui si guardò attorno lentamente. Prima a destra, poi a sinistra.
« Qui non c'è. » concluse, candidamente.
Itachi recitò un mantra tra sé, imponendosi di non scorticarlo vivo. Lui non se ne curò.
« Adesso che ci penso... Non lo vedo da quando la vecchia ha iniziato a contorcersi per terra. »
Ovvero da circa due ore e mezza, stimò febbrilmente il cervello di Itachi.
Sasuke poteva essere ovunque.
Potevano averlo perso per strada. O averlo lasciato all'ospedale. O poteva essere stato sminuzzato da Fugaku mentre loro erano distratti. O magari era con Mikoto, e le sue preoccupazioni erano del tutto ingiustificate. Ma più probabilmente il nonnetto con  le stampelle lo aveva rapito ed ora si stava preparando per immolare suo fratello in onore di una qualche divinità sanguinaria di nome Jashin...
« Itachi! Guarda qui! » Shisui ghignava, le mani sui fianchi e lo sguardo rivolto verso l'interno della palestra. « Mi sa che qualcuno ha passato un Capodanno migliore del nostro. »
Itachi spalancò completamente la porta.
Dentro, tra le tavolate in disordine ed  i piatti lasciati a metà, sul fondo della stanza, Sasuke dormiva beatamente rannicchiato sotto l'altarino; sul viso un'espressione singolarmente soddisfatta. Itachi , interdetto, spostò di poco lo sguardo: appena sopra Sasuke, in cima al mochi ancora intatto, troneggiava sovrano un maestoso pomodoro rosso.




Nda:
*Jyubako: scatole laccate (simili a quelle usate per il bento, ma più grandi). Vengono usate per servire l'osechi-ryori, il tipico cibo di Capodanno, composto da diversi piatti tradizionali.
*Mochi: è un dolce tradizionale che si ottiene pestando riso glutinoso. Qualche Eventuale Lettore se ne sarà accorto: 'sta storiaccia è ispirata ad una delle strip sul numero tredici di Death Note (per chi non lo avesse letto: Ryuk cerca di convincere Light a mettere una mela sul mochi, al posto del mandarino ornamentale)^^”
*Dango: sorta di gnocchi fatti con la farina di riso e serviti su spiedini.

Ovviamente, tutte queste simpatiche informazioni (che probabilmente sapevate già), provengono da un collage di siti internet. Io sono un'ignorante, quindi se Qualcuno ne sa di più o nota strafalcioni, non esiti a segnalarlo u_u .

  
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