Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses
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Autore: _Marghe_    03/01/2010    0 recensioni
E' la mia prima FF, ed ho voluto provare a scrivere qualcosa. Allora, premetto che non so scrivere bene, è la prima volta e mi vergogno molto. Siate buoni ^^ P.S. Non conosco i protagonisti della storia, non sono di mia proprietà. E' TUTTO inventato. La storia parla di... Eddai che ve lo dico a fare?!? Leggete e commentate.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un ambulanza, sirene spiegate e luci accese. La strada bagnata era scivolosa, ma la vettura correva senza sbandare in direzione dell’ospedale. Senza sbandare già, a lui non era mai riuscito NON sbandare. Aveva sempre avuto il vizio, quello di strafare. Strafare ad un concerto, strafare in amore e.. nell’alcool. Adesso, steso su un lettino traballante diretto verso una camera dove avrebbe dovuto passare le settimane seguenti impasticcato come non mai, ci pensava. Rifletteva, cosa che non aveva mai fatto prima. Lucidità, niente Vodka, niente pasticche, niente. I due fari gialli illuminavano la strada e le sue mani pallide afferravano il volante saldamente. L’auto curvò brusca sulla strada bagnata e si fermò nel posteggio dell’ospedale. Andare dritto era dura. La parte del cervello lucida da alcolici e droghe diceva chiaramente di entrare nella sala d’aspetto e sedersi sulle sedie rosse in plastica. L’altra parte, quella dove le emozioni prendeva il sopravvento e lottavano, sfracellandosi l’una sull’altra, graffiando e mordendosi a vicenda, gli diceva invece di sedersi sugli scalini rosso carminio e ignorare la telefonata ricevuta nemmeno una mezz’ora prima. Perché partire in auto, lasciare casa alle 2.00 del mattino e chiudersi alle spalle una vita di litigi e sofferenze in pochi secondi è facile. Ma entrare in una camera d’ospedale e affrontare il tuo EX migliore amico è tutt’altra cosa. Vuol dire avere il coraggio che non si è mai dimostrato e saper guardare avanti. Le notti, se insonni, non passano. Non passano sugli scalini freddi e bagnati di una clinica, non passano su delle sedie scomode e dure. Però se a parlarti c’è il tuo migliore amico scorrono più velocemente. Il pensiero di non avercelo più da anni un migliore amico attraversò il cervello dell’uomo. Pelle diafana e capelli biondi. Occhi chiari. Vestiti da duro, da rockettaro. La mano appartenente a una creatura così particolare si chiuse attorno ad un paio di chiavi. Arrossì, forse. La pelle dura, i calli del musicista avevano sfiorato la chiave che più odiava di quel mazzo. La nera. Rivestita appunto di una plastica nera apriva la porta di casa del ricoverato e lui la teneva in mano con leggerezza come se aprisse semplicemente una cancellino, quello del portico di casa sua magari. “Può entrare.” Voce fredda e metallica quella del medico che lo fissava con sguardo neutrale. Lui si alzò, con fretta superò l’uomo ed entrò nella stanza. Con imbarazzo, apparentemente impacciato si sedette alla sedia di pelle vicina al letto candido. “Quanto tempo...” il biondo sfiorò con lo sguardo l’amico. O almeno l’ex amico. I capelli folti, castani erano sparpagliati sul guanciale, l’ossigeno gli penetrava nelle narici, gli occhi chiusi. Le braccia possenti gli ricadevano sul corpo, fuori dal lenzuolo bianco. Axl Rose guardava Slash. Slash non poteva accorgersene, era in coma già da una notte ormai.
  
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