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Autore: jellyfish    04/01/2010    0 recensioni
Una strana creatura verde ritrovata su un'isola deserta che prima di allora non esisteva,due giovani pirati, la paura di diventare un mostro marino, una stravagante ragazza che cambia aspetto e una donna tradita che vuole vendetta...
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccolo spazio dell’autrice: salve a tutti

Piccolo spazio dell’autrice: salve a tutti! Ho scritto questa storia più o meno un anno fa per la partecipazione ad un contest… mi sono poi completamente scordata di pubblicarla a causa di assurdi problemi con il computer! Ritrovandola durante un repulisti di una vecchia chiavetta Usb ho deciso di pubblicarla. Spero possa essere gradita da qualcuno. Lasciate pure commenti per dirmi cosa ne pensate, sia in bene che in male! Buona lettura J

Jelly^^ 

 

_.¤°*.¸¸.·´¯`»*(Squama Arcobaleno)*«´¯`·.¸¸.*°¤._

 

_.¤°*.¸¸.·´¯`»*(Prologo)*«´¯`·.¸¸.*°¤._

 

« Teeerraaa! ».

Quella parola, urlata a squarciagola al vento, era stata a lungo attesa e bramata dai pirati della Black Ocean Queen. Stavano vagando per mare da quasi due settimane, senza mai aver avvistato un’altra nave da assaltare, per racimolare un po’ di bottino e di scorte alimentari. Erano tempi duri per i pirati; ormai poche navi si avventuravano apertamente in quelle acque così insidiose e pericolose. Quel giorno il sole splendeva alto nel cielo e il caldo era terribilmente afoso già dal mattino presto, rendendo appiccicosi i vestiti e imperlando di sudore la fronte e il corpo puzzolente dei marinai.

I pirati della Black Ocean avevano navigato in quelle acque molto spesso, eppure non avevano mai notato quella lingua di terra che ora, secondo quello che diceva la vedetta, si stagliava al loro orizzonte.

« ehi, ragazzo, sei sicuro di quello che dici da lassù? Non dovrebbe esserci nulla in queste acque; sulla nostra carta non abbiamo segnato nessuna terra! » Disse il capitano Gold, il padrone assoluto e indiscusso di quella nave e di tutto ciò che vi si trovava a bordo, cose o persone che fossero.

« certo capitano! Vedo distintamente una striscia di terra: deve essere un’isola! Controllate voi stesso! ».

Gli rispose un ragazzo appeso all’albero della nave come una scimmia. 

Il capitano guardò attraverso il suo fidato cannocchiale personale e, con sua enorme sorpresa, vide chiaramente la terra di cui parlava il ragazzo di vedetta.

« perbacco! ».

Esclamò, meravigliato di quella nuova e piacevole scoperta.

« adesso le isole spuntano dal nulla! Pensare che quando ero solo un giovane pirata, se ne stavano ferme nel loro mare! ».

Il capitano Gold effettivamente aveva la sua età; non era più un ragazzino. Era un uomo panciuto, dall’aspetto grezzo e trascurato, caratteristica che lo invecchiava di almeno altri dieci anni; con una lunga e incolta barba castano scuro che si univa, attraverso le basette, ai capelli arruffati, lunghi e pieni di assurde treccine. Aveva due piccoli occhietti neri che squadravano tutti fin dentro al midollo e mettevano una gran paura anche agli uomini più forti e coraggiosi della sua ciurma. Una cicatrice gli solcava la fronte, scendeva fino alla guancia e rendeva il suo aspetto, se possibile, ancor più feroce. Nonostante il suo aspetto burbero, era un uomo buono, almeno con chi aveva la pazienza e il fegato di conoscerlo.

« Xander! Portami la carta, presto! ».

Urlò il capitano ad un giovane pirata, che in quel momento si stava occupando del lavoro più detestato da tutti i marinai e i pirati: lavare e sgrassare il ponte. Aspettando l’arrivo del marinaio, Capitan Gold urlò al timoniere di puntare dritto verso l’isola e il suo vocione da cavernicolo fu sentito da tutti i pirati, che sorrisero al pensiero di poggiare finalmente i piedi a terra.

Il giovane Xander non si fece attendere molto a lungo e mollò contento il suo lavoro sul ponte, per scendere nella stiva a prendere la cartina richiesta dal capitano. Poco dopo il suo ordine di puntare verso l’isola, il capitano vide spuntare dalle scricchiolanti scale di legno un ragazzo alto, muscoloso, abbronzato dal sole, con i capelli biondi e gli occhi color mare, che teneva tra le mani una gran carta geografica arrotolata. Xander gliela consegnò e, congedato con un secco «grazie», se ne tornò al suo lavoro tra secchi d’acqua e stracci per lavare il pavimento.

Capitan Gold esaminò meglio la mappa, ma vide esattamente ciò che si aspettava: quell’isola non era segnata sulla loro fidata cartina. Chiamò in fretta il cartografo a bordo della nave e gli disse che degli uomini avrebbero fatto dei sopraluoghi sull’isola e che in seguito egli avrebbe dovuto aggiornar la carta. Il cartografo, un giovane dall’aria intelligente e con un paio d'occhiali tondi sul naso, non se lo fece ripetere due volte e iniziò a prendere il materiale per disegnare.

Una volta impartiti tutti gli ordini che reputava opportuni, il capitano si concedette un attimo di meritato riposo. Si appoggiò con le vecchie mani tagliate e fiaccate alla balaustra e, con lo sguardo rivolto verso l’orizzonte, provò ad immaginare che cosa avrebbero trovato su quella sconosciuta isola; quali meraviglie li attendevano su quel territorio non ancora esplorato.

Senza nemmeno accorgersene, l’isola davanti ai suoi occhi divenne sempre più vicina e presto il giovane di vedetta comunicò che era giunto il momento di attraccare e scendere a terra.

Il capitano si riscosse velocemente dalle sue fantasticherie e subito riprese il controllo della situazione.

« Gabriel, scendi da lì! ».

Strillò alla giovane vedetta, ancora arrampicata all’albero maestro. Gabriel scese con l’agilità di una vera e propria scimmia e si presentò davanti al suo capitano, uomo che ammirava come un eroe e a cui era affezionato come a un padre.

« tu e Xander scendete a terra e vedete di fare un giro per l’isola e riferitemi se c’è qualcuno. Non vi preoccupate per il cibo: a quello ci penseranno già gli altri ».

Il capitano aveva usato un tono di voce diverso dal solito tono rude e minaccioso; con lui era sempre gentile e meno severo, dopotutto l’aveva salvato ancora in fasce dall’incendio del suo villaggio e, da quel giorno, l’aveva accolto tra la loro banda di pirati come un figlio, poiché il bambino era rimasto orfano.

« certo, capitano ».

Il ragazzino gli rispose con una voce allegra e squillante e andò a cercare Xander. Il capitano guardò andare via il suo giovane figlioccio e pensò che era passato un sacco di tempo da quando l’aveva salvato. Erano passati esattamente sedici anni. Adesso Gabriel non era più un bambino in fasce che continuava a piangere, svegliando ripetutamente la sua ciurma, ma era un ragazzo di diciotto anni sveglio e scattante. Sempre pronto ad obbedire al suo capitano ed era per questo l’orgoglio di Gold. Infondo, era anche un bel ragazzo. Era alto poco meno di Xander e muscoloso quanto lui, aveva la pelle olivastra, i capelli neri e ricci sempre in disordine, gli occhi azzurri vivaci e molto espressivi, le sopracciglia folte e delle lentiggini sparse su tutto il viso che gli davano un’aria simpatica e sbarazzina. Lui e Xander erano sempre stati amici, fin da quando quest’ultimo si era unito alla ciurma, in seguito alla sua fuga da casa.

I due ragazzi scesero a terra ben contenti di poter lasciare la nave per un po’ e rimasero incantati dalla bellezza del luogo. Appena misero i piedi a terra, l’acqua li massaggiò e solleticò come una fresca carezza. Il panorama era stupendo: la sabbia era dorata, fine, morbida e non scottava i piedi, anzi, era tiepida e piacevole; il cielo era di un azzurro chiaro e limpido, che prometteva un po’ di venticello per fuggire al caldo afoso. Oltre la sabbia iniziava una grande distesa di alberi dai frutti colorati e con un aspetto allegro ed allettante. Gabriel e Xander si scambiarono uno sguardo d’intesa e partirono di corsa nella sabbia, giocando a chi si arrampicava prima all’albero più vicino. Xander arrivò per primo e vinse la gara, lasciando Gabriel stupefatto, poiché era la prima volta che lo batteva in una gara di corsa.

« cominci a perdere colpi, fratellino ».

Gli disse per scherzo Xander, vantandosi del fatto di aver due anni in più e di averlo finalmente battuto.

« già, va beh adesso andiamo a dare un’occhiata in giro » Gli rispose Gabriel, nascondendo la sua delusione e incassando la sconfitta subita. Xander scese dall’albero sgranocchiando un frutto arancione e i due s'incamminarono nella foresta, mentre alcuni loro compagni vi erano già entrati per fare scorta di cibo. La foresta più andavano avanti e più diventava fitta e intricata, a volte in alcuni tratti non si poteva nemmeno passare per la presenza di troppi rami che ingombravano la strada ed erano costretti a cambiare direzione. Continuarono a camminare per un bel po’ di tempo, ma non videro alcuna traccia d'esseri umani; gli unici rumori che si sentivano erano quelli emessi dagli uccelli che svolazzavano nascosti tra gli alti rami degli alberi e gli unici odori erano quelli dolciastri dei frutti esotici.

« ehi Gabri, qui non c’è niente, torniamocene indietro » Disse Xander con voce piuttosto annoiata.

« no, aspetta! Cosa c’è laggiù? ».

Gabriel aveva visto qualcosa per terra, ai piedi di un grande albero con enormi frutti gialli e arancioni. Xander osservò meglio e, in effetti, vide qualcosa di estraneo a quella natura incontaminata.

« aspetta, non andare! Potrebbe essere pericoloso! ».

Xander urlò dietro l’amico, cercando di trattenerlo con un braccio, ma Gabriel non lo degnò d’uno sguardo e andò verso l’albero, sotto il quale aveva notato la macchia dal colore insolito. Il ragazzo fu molto sorpreso di trovare uno strano, ma al contempo delicato, esserino, che giaceva senza muoversi ai piedi dell’albero. Gli sembrò un essere umano, ma, osservatolo più da vicino e con gli occhi sgranati per la meraviglia, si rese conto che non poteva esserlo. Pochi attimi dopo, lo raggiunse anche l’amico e anch’egli spalancò gli occhi per la sorpresa, alla vista di quello che avevano trovato.

« cos’è? ».

« ah non lo so ».

Né Gabriel, né Xander avevano la minima idea di cosa potesse essere.

Si erano trovati di fronte ad un essere con le sembianze di un umano, ma con la pelle verde chiaro e due grandi orecchie appuntite. Ancora più strani erano i suoi capelli, lunghi e anch’essi verdi, ma di una tonalità più scura e più lucente. Come il bel verde acceso e brillante di uno smeraldo. La corporatura dell’essere era fine e delicata, come se fosse una ragazza, ma i due ragazzi non lo notarono, e sembrava potersi spezzare anche ad un semplice tocco. Aveva addosso una veste bianca e blu ed era a causa di quel blu acceso che avevano notato quella creatura ai piedi dell’albero. La veste, inoltre, era logora e sporca di terra ed erba e copriva il suo corpo fino alle ginocchia sottili, lasciando scoperte le gambe e i piedi sporchi e nudi.

Quando si ripresero dalla sorpresa e smisero di fissare la creatura, Gabriel si rivolse all’amico

« mi sa che è svenuto, cosa ne facciamo? ».

Voleva aiutare la strana creatura, ma Xander non era esattamente della stessa idea.

« niente! Ce ne andiamo e facciamo come se non l’avessimo mai visto prima » Disse con voce piatta, come se fosse la cosa più normale della terra. Gabriel, a sentire la sua risposta, lo fulminò con lo sguardo, innervosito dalla non curanza dell’amico per quella creatura sola e abbandonata. I due erano molto amici, ma erano diversi sotto certi aspetti. Xander era più rude e raramente aveva momenti d'altruismo; al contrario, Gabriel era sempre gentile e pronto a dare una mano.

« no che non lo lasciamo qui! Dai, potrebbe stare male! E poi non possiamo lasciarlo su un’isola deserta, morirebbe! ».

Xander non era ancora convinto, ma non fece più obiezioni, si limitò solamente a contorcere le labbra in una smorfia poco simpatica di disgusto e molto più eloquente delle parole.

« dai, aiutami, portiamolo sulla nave ».

I due tirarono su la creatura verde e notarono quanto fosse leggera. Xander era parecchio schizzinoso e poco dopo si stufò di portarlo.

« io non voglio questo coso verde sulla nave! ».

Disse a Gabriel con un tono di voce piuttosto schifato per il ribrezzo che gli provocava la creatura verde.

« dai, non fare storie! ».

Gli rispose Gabriel scocciato, ma Xander replicò in modo acido.

« no, portalo tu, se lo vuoi sulla nave! ».

Xander mollò l’essere verde e Gabriel allora lo prese meglio tra le braccia per non farlo cadere.

Camminarono per una mezz’oretta e finalmente arrivarono sulla spiaggia, dove trovarono il capitano che li stava aspettando sulla nave.

« stavo quasi per mandare una squadra a cercarvi! Ma dove eravate finiti?! ».

Il capitano era nello stesso tempo sollevato di veder tornare i ragazzi e arrabbiato per il loro ritardo. Non aveva nemmeno notato che Gabriel aveva tra le braccia una persona verde. I due ragazzi non risposero, semplicemente abbassarono lo sguardo e fecero una faccia dispiaciuta e pentita.

« andate a mangiare, il pranzo è stato appena servito ».

L’espressione di Capitan Gold era già cambiata, adesso aveva un gran sorriso bonaccione, di uno che non riesce a tenere il muso ai suoi cuccioli prediletti. I due ragazzi, infatti, risposero al suo sorriso con uno dei loro sorrisi innocenti e salirono in fretta sulla nave, rendendosi conto che avevano un gran buco allo stomaco. Gabriel però si fermò un attimo, non sapendo cosa fare. Si girò allora verso il capitano, rendendosi conto di non poter mangiare con quella cosa in braccio.

« capitano, dove lo posso mettere questo? ».

Il capitano si girò sorpreso verso di lui e osservò a cosa si stava riferendo il ragazzo. Alzò le sopracciglia stupefatto e si avvicinò per guardar meglio.

« e questo cos’è? Mi hanno riferito che l’isola è deserta, non che ci vivono strane cose verdi! ».

« non lo sappiamo, ma Gabriel ha voluto portarlo a bordo per forza! » Rispose Xander e si girò verso l’amico con un evidente sguardo accusatorio.

Il capitano ci pensò su un attimo, tenendosi una mano sul mento nascosto dalla barba.

« legatelo mani e piedi e portatelo nella stiva da qualche parte, penseremo dopo a lui, nel caso si svegli. Prima mangiamo! ».

Gabriel obbedì e portò il suo fardello nella stiva della loro grande nave. Lo appoggiò con delicatezza sopra un sacco di farina per farlo stare al caldo e al morbido e lo coprì poi con una coperta sgualcita. Si fermò poi ad osservarlo per qualche secondo, chiedendosi di che colore fossero i suoi occhi e se era un maschio o una femmina. Forse una femmina, data la lunghezza dei capelli. Non fece a tempo a terminare il suo pensiero

« ehi Gabriel, muoviti o non rimarrà più niente per te! » Gli urlò Xander dalle scale, distogliendolo dal suo esaminare la creatura. Gabriel allora tornò di sopra e si sedette intorno al tavolo con tutti gli altri per mangiare. Il loro pranzo era costituito dal solito pesce appena pescato, del pane fresco impastato dal cuoco di bordo e cotto in un forno a legna e dalla novità dei frutti colorati, raccolti dagli alberi dell’isola. Tutti durante il pranzo furono allegri e spensierati, felici di aver visto una nuova terra e di aver variato, seppur di poco, il loro pasto. Tutti urlavano e ridevano contenti, tranne Gabriel, che invece stava pensando che la creatura verde avrebbe avuto fame al suo risveglio. Così avanzò un po’ del suo cibo e, quando tutti si addormentarono appesantiti dal pasto e dalla birra bevuta in gran quantità come sempre, prese un pezzo di pesce, uno di pane e un frutto e scese nella stiva per portargliele.

Appena scese le scale, trovò la creatura che si era svegliata e se ne stava seduta sui talloni a guardarsi in giro stupita e cercava di coprirsi il meglio possibile con la veste sgualcita, nonostante i polsi e le caviglie legate per ordine del capitano. Era girata di spalle, ma, quando sentì lo scricchiolio delle scale, si girò di scatto e puntò il suo sguardo impaurito verso il visitatore. Gabriel rimase per diversi secondi a fissare i suoi occhi neri, che risaltavano stupendamente sulla pelle verde.

« ha-hai fame? Ti ho portato qualcosa da mangiare ».

La voce del ragazzo era incerta e tremolante, non sapendosi come comportarsi con quella creatura, che adesso come adesso gli sembrava una femmina, data l’espressione languida e spaventata dei suoi occhi. Non sapeva nemmeno se capiva la sua lingua o no.

« sì, molta ».

Sì, la capiva. Anche la sua voce sembrava femminile: era dolce come il suo sguardo, anche se bassa per la paura e la sorpresa di svegliarsi in un posto del genere e per giunta legata. Gabriel le slegò i polsi e le porse il cibo che le aveva portato, osservandola mangiare per un po’. Poi si lasciò vincere dalla curiosità e si decise a farle tutte le domande, forse con un po’ troppa foga, che gli frullavano in testa.

« come ti chiami? Cosa sei, scusa? Sei maschio o femmina? Cosa ci facevi da sola su quell’isola deserta? ».

Le aveva sparate dalla bocca con una velocità sorprendente e il suo interlocutore si sentì sotto processo e si spaventò. Infatti, non rispose e si limitò a sgranare gli occhi e a cercare di indietreggiare, strisciando sul pavimento con i piedi ancora legati.

« oh scusa, ti ho spaventato, non volevo ».

Adesso la voce di Gabriel era più calma e rassicurante, anche se sul suo viso si poteva ancora leggere un velo d’impazienza. Distolse lo sguardo dall’essere verde e, dopo pochi attimi, sentì la sua voce melodica che rispondeva alle sue domande.

« mi chiamo Bryll, sono un’Elfa e sono una femmina ».

Appena pronunciate queste parole, Bryll si rimise a mangiare e in poco tempo terminò il pesce e il pane, lasciando solo il frutto giallo.

« sono tua prigioniera? ».

Gabriel fu colto alla sprovvista dalla domanda.

« non mia, ma del capitano Gold ».

« ah ».

« non sono sicuro però che tu sia una prigioniera ».

« e come ci sono finita qui? L’ultimo ricordo che ho è casa mia ».

« casa tua era sull’isola? ».

« isola? Quale isola? ».

« quella su cui ti abbiamo trovata. Eri svenuta sotto un albero e ti abbiamo portata con noi ».

« io non vivo su un’isola ».

La sua voce in quel momento era piatta e, dalla sua espressione, sembrava persa nei suoi pensieri e in ricordi più profondi.

Bryll era di poche parole in quel momento e Gabriel non riuscì a cavarle di bocca nient’altro, perché lei si rimise sdraiata e chiuse gli occhi, come se volesse far finta di dormire. Il ragazzo allora se ne andò, tornò sul ponte e si sdraiò sull’unica panca libera, mentre tutti gli altri ancora dormivano pacificamente, sparsi sulle panche o direttamente sul pavimento in legno della nave per smaltire la sbronza.

 

 

                         

  
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