Piccolo spazio dell’autrice: salve a tutti! Ho scritto questa storia
più o meno un anno fa per la partecipazione ad un contest… mi sono poi
completamente scordata di pubblicarla a causa di assurdi
problemi con il computer! Ritrovandola durante un repulisti di una vecchia
chiavetta Usb ho deciso di pubblicarla. Spero possa
essere gradita da qualcuno. Lasciate pure commenti per dirmi
cosa ne pensate, sia in bene che in male! Buona lettura J
Jelly^^
_.¤°*.¸¸.·´¯`»*(Squama Arcobaleno)*«´¯`·.¸¸.*°¤._
_.¤°*.¸¸.·´¯`»*(Prologo)*«´¯`·.¸¸.*°¤._
« Teeerraaa! ».
Quella parola, urlata a squarciagola al vento, era
stata a lungo attesa e bramata dai pirati della Black
Ocean Queen. Stavano vagando per mare da quasi due
settimane, senza mai aver avvistato un’altra nave da assaltare, per racimolare
un po’ di bottino e di scorte alimentari. Erano tempi duri
per i pirati; ormai poche navi si avventuravano apertamente in quelle acque
così insidiose e pericolose. Quel giorno il sole splendeva alto nel cielo e il
caldo era terribilmente afoso già dal mattino presto, rendendo appiccicosi i
vestiti e imperlando di sudore la fronte e il corpo puzzolente dei marinai.
I pirati della Black Ocean avevano navigato in quelle acque molto spesso, eppure non avevano mai notato
quella lingua di terra che ora, secondo quello che diceva la vedetta, si
stagliava al loro orizzonte.
« ehi, ragazzo, sei sicuro di quello che dici da
lassù? Non dovrebbe esserci nulla in queste acque; sulla nostra carta non
abbiamo segnato nessuna terra! » Disse il capitano Gold, il padrone assoluto e
indiscusso di quella nave e di tutto ciò che vi si trovava a bordo, cose o
persone che fossero.
« certo capitano! Vedo distintamente una striscia di
terra: deve essere un’isola! Controllate voi stesso! ».
Gli rispose un ragazzo appeso all’albero della nave
come una scimmia.
Il capitano guardò attraverso il suo fidato
cannocchiale personale e, con sua enorme sorpresa, vide chiaramente la terra di
cui parlava il ragazzo di vedetta.
« perbacco! ».
Esclamò, meravigliato di quella nuova e piacevole
scoperta.
« adesso le isole spuntano dal nulla! Pensare che
quando ero solo un giovane pirata, se ne stavano ferme
nel loro mare! ».
Il capitano Gold effettivamente aveva la sua età; non
era più un ragazzino. Era un uomo panciuto, dall’aspetto grezzo e trascurato, caratteristica che lo invecchiava di almeno
altri dieci anni; con una lunga e incolta barba castano scuro che si univa,
attraverso le basette, ai capelli arruffati, lunghi e pieni di assurde
treccine. Aveva due piccoli occhietti neri che squadravano tutti fin dentro al midollo e mettevano una gran paura anche agli uomini più
forti e coraggiosi della sua ciurma. Una cicatrice gli solcava la fronte,
scendeva fino alla guancia e rendeva il suo aspetto, se possibile, ancor più
feroce. Nonostante il suo aspetto burbero, era un uomo buono,
almeno con chi aveva la pazienza e il fegato di conoscerlo.
« Xander! Portami la carta,
presto! ».
Urlò il capitano ad un giovane pirata, che in quel
momento si stava occupando del lavoro più detestato da tutti i marinai e i
pirati: lavare e sgrassare il ponte. Aspettando l’arrivo del marinaio, Capitan
Gold urlò al timoniere di puntare dritto verso l’isola e il suo vocione da cavernicolo
fu sentito da tutti i pirati, che sorrisero al
pensiero di poggiare finalmente i piedi a terra.
Il giovane Xander non si
fece attendere molto a lungo e mollò contento il suo
lavoro sul ponte, per scendere nella stiva a prendere la cartina richiesta dal
capitano. Poco dopo il suo ordine di puntare verso l’isola, il capitano vide
spuntare dalle scricchiolanti scale di legno un ragazzo alto, muscoloso,
abbronzato dal sole, con i capelli biondi e gli occhi color mare, che teneva
tra le mani una gran carta geografica arrotolata. Xander
gliela consegnò e, congedato con un secco «grazie», se
ne tornò al suo lavoro tra secchi d’acqua e stracci per lavare il pavimento.
Capitan Gold esaminò meglio la mappa, ma vide
esattamente ciò che si aspettava: quell’isola non era
segnata sulla loro fidata cartina. Chiamò in fretta il cartografo a bordo della
nave e gli disse che degli uomini avrebbero fatto dei sopraluoghi sull’isola e
che in seguito egli avrebbe dovuto aggiornar la carta. Il cartografo, un
giovane dall’aria intelligente e con un paio d'occhiali tondi sul naso, non se
lo fece ripetere due volte e iniziò a prendere il materiale per disegnare.
Una volta impartiti tutti gli ordini che reputava
opportuni, il capitano si concedette un attimo di meritato riposo. Si appoggiò
con le vecchie mani tagliate e fiaccate alla balaustra e, con lo sguardo
rivolto verso l’orizzonte, provò ad immaginare che cosa avrebbero trovato su
quella sconosciuta isola; quali meraviglie li
attendevano su quel territorio non ancora esplorato.
Senza nemmeno accorgersene, l’isola davanti ai suoi
occhi divenne sempre più vicina e presto il giovane di vedetta comunicò che era
giunto il momento di attraccare e scendere a terra.
Il capitano si riscosse velocemente dalle sue
fantasticherie e subito riprese il controllo della situazione.
« Gabriel, scendi da lì! ».
Strillò alla giovane vedetta, ancora arrampicata
all’albero maestro. Gabriel scese con l’agilità di una vera e propria scimmia e
si presentò davanti al suo capitano, uomo che ammirava come un eroe e a cui era
affezionato come a un padre.
« tu e Xander scendete a terra e vedete di fare un giro per l’isola e
riferitemi se c’è qualcuno. Non vi preoccupate per il cibo: a quello ci
penseranno già gli altri ».
Il capitano aveva usato un tono di voce diverso dal
solito tono rude e minaccioso; con lui era sempre gentile e meno severo,
dopotutto l’aveva salvato ancora in fasce dall’incendio del suo villaggio e, da
quel giorno, l’aveva accolto tra la loro banda di pirati come un figlio, poiché
il bambino era rimasto orfano.
« certo, capitano ».
Il ragazzino gli rispose con una voce allegra e
squillante e andò a cercare Xander. Il capitano
guardò andare via il suo giovane figlioccio e pensò che era
passato un sacco di tempo da quando l’aveva salvato. Erano passati
esattamente sedici anni. Adesso Gabriel non era più un bambino in fasce che
continuava a piangere, svegliando ripetutamente la sua ciurma, ma era un
ragazzo di diciotto anni sveglio e scattante. Sempre pronto ad obbedire al suo
capitano ed era per questo l’orgoglio di Gold. Infondo, era
anche un bel ragazzo. Era alto poco meno di Xander e
muscoloso quanto lui, aveva la pelle olivastra, i capelli neri e ricci sempre
in disordine, gli occhi azzurri vivaci e molto espressivi, le sopracciglia
folte e delle lentiggini sparse su tutto il viso che gli davano un’aria
simpatica e sbarazzina. Lui e Xander erano sempre stati amici, fin da quando quest’ultimo
si era unito alla ciurma, in seguito alla sua fuga da casa.
I due ragazzi scesero a terra ben
contenti di poter lasciare la nave per un po’ e rimasero incantati dalla
bellezza del luogo. Appena misero i piedi a terra, l’acqua li massaggiò e
solleticò come una fresca carezza. Il panorama era stupendo: la sabbia era
dorata, fine, morbida e non scottava i piedi, anzi, era tiepida e piacevole; il
cielo era di un azzurro chiaro e limpido, che prometteva un po’ di venticello
per fuggire al caldo afoso. Oltre la sabbia iniziava una grande
distesa di alberi dai frutti colorati e con un aspetto allegro ed allettante.
Gabriel e Xander si scambiarono uno sguardo d’intesa
e partirono di corsa nella sabbia, giocando a chi si arrampicava prima
all’albero più vicino. Xander arrivò per primo e
vinse la gara, lasciando Gabriel stupefatto, poiché era la prima volta che lo
batteva in una gara di corsa.
« cominci a perdere colpi, fratellino ».
Gli disse per scherzo Xander,
vantandosi del fatto di aver due anni in più e di averlo finalmente battuto.
« già, va beh adesso andiamo a dare
un’occhiata in giro » Gli rispose Gabriel, nascondendo la sua delusione
e incassando la sconfitta subita. Xander scese
dall’albero sgranocchiando un frutto arancione e i due s'incamminarono nella
foresta, mentre alcuni loro compagni vi erano già entrati per fare scorta di
cibo. La foresta più andavano avanti e più diventava
fitta e intricata, a volte in alcuni tratti non si poteva nemmeno passare per
la presenza di troppi rami che ingombravano la strada ed erano costretti a
cambiare direzione. Continuarono a camminare per un bel po’ di tempo, ma non
videro alcuna traccia d'esseri umani; gli unici rumori che si sentivano erano
quelli emessi dagli uccelli che svolazzavano nascosti tra gli alti rami degli
alberi e gli unici odori erano quelli dolciastri dei frutti esotici.
« ehi Gabri, qui non c’è niente, torniamocene
indietro » Disse Xander con voce piuttosto annoiata.
« no, aspetta! Cosa c’è
laggiù? ».
Gabriel aveva visto qualcosa per terra, ai piedi di
un grande albero con enormi frutti gialli e arancioni.
Xander osservò meglio e, in effetti, vide qualcosa di estraneo a quella natura incontaminata.
« aspetta, non andare! Potrebbe essere pericoloso! ».
Xander urlò dietro l’amico, cercando di trattenerlo con un
braccio, ma Gabriel non lo degnò d’uno sguardo e andò
verso l’albero, sotto il quale aveva notato la macchia dal colore insolito. Il
ragazzo fu molto sorpreso di trovare uno strano, ma al contempo delicato,
esserino, che giaceva senza muoversi ai piedi dell’albero. Gli sembrò un essere
umano, ma, osservatolo più da vicino e con gli occhi sgranati per la
meraviglia, si rese conto che non poteva esserlo. Pochi attimi dopo, lo
raggiunse anche l’amico e anch’egli spalancò gli occhi per la sorpresa, alla
vista di quello che avevano trovato.
« cos’è? ».
« ah non lo so ».
Né Gabriel, né Xander avevano la minima idea di cosa potesse essere.
Si erano trovati di fronte ad un essere con le
sembianze di un umano, ma con la pelle verde chiaro e due grandi orecchie
appuntite. Ancora più strani erano i suoi capelli, lunghi e anch’essi verdi, ma
di una tonalità più scura e più lucente. Come il bel verde
acceso e brillante di uno smeraldo. La corporatura dell’essere era fine
e delicata, come se fosse una ragazza, ma i due ragazzi non lo notarono, e
sembrava potersi spezzare anche ad un semplice tocco. Aveva addosso
una veste bianca e blu ed era a causa di quel blu acceso che avevano
notato quella creatura ai piedi dell’albero. La veste, inoltre, era logora e
sporca di terra ed erba e copriva il suo corpo fino alle ginocchia sottili,
lasciando scoperte le gambe e i piedi sporchi e nudi.
Quando si ripresero dalla sorpresa e smisero di fissare la
creatura, Gabriel si rivolse all’amico
« mi sa che è svenuto, cosa ne facciamo? ».
Voleva aiutare la strana creatura, ma Xander non era esattamente della stessa idea.
« niente! Ce ne andiamo e
facciamo come se non l’avessimo mai visto prima » Disse con voce piatta, come
se fosse la cosa più normale della terra. Gabriel, a sentire la sua risposta,
lo fulminò con lo sguardo, innervosito dalla non curanza dell’amico per quella
creatura sola e abbandonata. I due erano molto amici, ma erano diversi sotto
certi aspetti. Xander era più rude e raramente aveva
momenti d'altruismo; al contrario, Gabriel era sempre gentile e pronto a dare
una mano.
« no che non lo lasciamo qui! Dai,
potrebbe stare male! E poi non possiamo
lasciarlo su un’isola deserta, morirebbe! ».
Xander non era ancora convinto, ma non fece più obiezioni,
si limitò solamente a contorcere le labbra in una smorfia poco simpatica di
disgusto e molto più eloquente delle parole.
« dai, aiutami, portiamolo sulla nave ».
I due tirarono su la creatura verde e notarono quanto
fosse leggera. Xander era
parecchio schizzinoso e poco dopo si stufò di portarlo.
« io non voglio questo coso verde sulla nave! ».
Disse a Gabriel con un tono di voce piuttosto
schifato per il ribrezzo che gli provocava la creatura verde.
« dai, non fare storie! ».
Gli rispose Gabriel scocciato, ma Xander
replicò in modo acido.
« no, portalo tu, se lo vuoi sulla nave! ».
Xander mollò l’essere verde e Gabriel allora lo prese meglio tra le braccia per non farlo cadere.
Camminarono per una mezz’oretta e finalmente
arrivarono sulla spiaggia, dove trovarono il capitano che li stava aspettando
sulla nave.
« stavo quasi per mandare una squadra a cercarvi! Ma dove eravate finiti?! ».
Il capitano era nello stesso tempo sollevato di veder
tornare i ragazzi e arrabbiato per il loro ritardo. Non aveva nemmeno notato
che Gabriel aveva tra le braccia una persona verde. I due ragazzi non
risposero, semplicemente abbassarono lo sguardo e fecero una faccia dispiaciuta
e pentita.
« andate a mangiare, il pranzo è stato appena servito
».
L’espressione di Capitan Gold era già cambiata,
adesso aveva un gran sorriso bonaccione, di uno che non riesce a tenere il muso
ai suoi cuccioli prediletti. I due ragazzi, infatti, risposero al suo sorriso
con uno dei loro sorrisi innocenti e salirono in fretta sulla nave, rendendosi
conto che avevano un gran buco allo stomaco. Gabriel però si fermò un attimo,
non sapendo cosa fare. Si girò allora verso il capitano, rendendosi conto di
non poter mangiare con quella cosa in braccio.
« capitano, dove lo posso mettere questo? ».
Il capitano si girò sorpreso verso di lui e osservò a
cosa si stava riferendo il ragazzo. Alzò le sopracciglia
stupefatto e si avvicinò per guardar meglio.
« e questo cos’è? Mi hanno
riferito che l’isola è deserta, non che ci vivono strane cose verdi! ».
« non lo sappiamo, ma Gabriel ha voluto portarlo a
bordo per forza! » Rispose Xander e si girò verso
l’amico con un evidente sguardo accusatorio.
Il capitano ci pensò su un attimo, tenendosi una mano
sul mento nascosto dalla barba.
« legatelo mani e piedi e portatelo nella stiva da
qualche parte, penseremo dopo a lui, nel caso si svegli.
Prima mangiamo! ».
Gabriel obbedì e portò il suo fardello nella stiva
della loro grande nave. Lo appoggiò con delicatezza
sopra un sacco di farina per farlo stare al caldo e al morbido e lo coprì poi
con una coperta sgualcita. Si fermò poi ad osservarlo per qualche secondo,
chiedendosi di che colore fossero i suoi occhi e se era un maschio o una
femmina. Forse una femmina, data la lunghezza dei capelli.
Non fece a tempo a terminare il suo pensiero
« ehi Gabriel, muoviti o non rimarrà più niente per
te! » Gli urlò Xander dalle scale, distogliendolo dal
suo esaminare la creatura. Gabriel allora tornò di sopra e si sedette intorno
al tavolo con tutti gli altri per mangiare. Il loro pranzo era costituito dal
solito pesce appena pescato, del pane fresco impastato dal cuoco di bordo e
cotto in un forno a legna e dalla novità dei frutti colorati, raccolti dagli
alberi dell’isola. Tutti durante il pranzo furono
allegri e spensierati, felici di aver visto una nuova terra e di aver variato,
seppur di poco, il loro pasto. Tutti urlavano e ridevano contenti, tranne
Gabriel, che invece stava pensando che la creatura verde avrebbe avuto fame al
suo risveglio. Così avanzò un po’ del suo cibo e, quando tutti si
addormentarono appesantiti dal pasto e dalla birra bevuta in gran quantità come
sempre, prese un pezzo di pesce, uno di pane e un frutto e scese nella stiva
per portargliele.
Appena scese le scale, trovò la creatura che si era
svegliata e se ne stava seduta sui talloni a guardarsi in
giro stupita e cercava di coprirsi il meglio possibile con la veste
sgualcita, nonostante i polsi e le caviglie legate per ordine del capitano. Era
girata di spalle, ma, quando sentì lo scricchiolio delle scale, si girò di
scatto e puntò il suo sguardo impaurito verso il visitatore. Gabriel rimase per
diversi secondi a fissare i suoi occhi neri, che risaltavano stupendamente
sulla pelle verde.
« ha-hai fame? Ti ho portato qualcosa da mangiare ».
La voce del ragazzo era incerta e tremolante, non
sapendosi come comportarsi con quella creatura, che adesso come adesso gli
sembrava una femmina, data l’espressione languida e spaventata dei suoi occhi.
Non sapeva nemmeno se capiva la sua lingua o no.
« sì, molta ».
Sì, la capiva. Anche la sua
voce sembrava femminile: era dolce come il suo sguardo, anche se bassa per la
paura e la sorpresa di svegliarsi in un posto del genere e per giunta legata.
Gabriel le slegò i polsi e le porse il cibo che le aveva portato,
osservandola mangiare per un po’. Poi si lasciò vincere dalla curiosità e si
decise a farle tutte le domande, forse con un po’ troppa foga, che gli
frullavano in testa.
« come ti chiami? Cosa sei,
scusa? Sei maschio o femmina? Cosa
ci facevi da sola su quell’isola deserta? ».
Le aveva sparate dalla bocca con una velocità
sorprendente e il suo interlocutore si sentì sotto processo e si spaventò. Infatti, non rispose e si limitò a sgranare gli occhi e a
cercare di indietreggiare, strisciando sul pavimento con i piedi ancora legati.
« oh scusa, ti ho spaventato, non volevo
».
Adesso la voce di Gabriel era più calma e
rassicurante, anche se sul suo viso si poteva ancora leggere un velo
d’impazienza. Distolse lo sguardo dall’essere verde e, dopo pochi attimi, sentì
la sua voce melodica che rispondeva alle sue domande.
« mi chiamo Bryll, sono un’Elfa e sono una femmina ».
Appena pronunciate queste
parole, Bryll si rimise a mangiare e in poco tempo
terminò il pesce e il pane, lasciando solo il frutto giallo.
« sono tua prigioniera? ».
Gabriel fu colto alla sprovvista dalla domanda.
« non mia, ma del capitano Gold ».
« ah ».
« non sono sicuro però che tu sia una prigioniera ».
« e come ci sono finita qui?
L’ultimo ricordo che ho è casa mia ».
« casa tua era sull’isola? ».
« isola? Quale isola? ».
« quella su cui ti abbiamo
trovata. Eri svenuta sotto un albero e ti abbiamo
portata con noi ».
« io non vivo su un’isola ».
La sua voce in quel momento era piatta e, dalla sua
espressione, sembrava persa nei suoi pensieri e in ricordi più profondi.
Bryll era di poche parole in quel momento e Gabriel non
riuscì a cavarle di bocca nient’altro, perché lei si rimise sdraiata e chiuse
gli occhi, come se volesse far finta di dormire. Il
ragazzo allora se ne andò, tornò sul ponte e si sdraiò
sull’unica panca libera, mentre tutti gli altri ancora dormivano pacificamente,
sparsi sulle panche o direttamente sul pavimento in legno della nave per
smaltire la sbronza.