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Autore: Fedora    06/01/2010    1 recensioni
Il mio primo giallo nonche' la mia prima "fanfic" (anche se di fan non ha proprio niente). La detective Elizabeth Boudelaire deve risolvere uno strano caso di omicidio senza tracce. Suspence! Amore! Hello Kitty! E robaccia del genere troverete se aprirete la pagina. Andate in pace.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"L'amore arriva quando
meno te lo aspetti.
Ricordalo."
Non era meglio ricordare la mia morte.
Almeno era più' semplice.


John si avvio' ad aprire la porta in preda all'agitazione. Il giorno prima era stato il giorno peggiore della sua vita. Cora era veramente sconvolta e lui non riusciva a capire come mai la signora Hutton, sua madre, potesse essere indifferente a tutto quel che era successo e a cosa stava passando sua figlia. Cora aveva insistito affinché' John restasse con lei anche la sera. Sua madre non disse niente, ma a quanto sembrava la presenza di John non era molto gradita.
Adesso era appena tornato a casa dopo due giorni  dalla morte del signor Hutton e sua madre ancora doveva tornare. Ma soprattutto non l'aveva chiamato. Era molto turbato per questo, ma cerco' di non pensarci troppo su, data l'allarmante frequenza con cui la madre spariva per giorni senza che lui ne sapesse niente. Pensando questo, apri' la porta sperando di vedere Cora che lo supplicava di tornare.
"Salve. Sono Elizabeth Boudelaire. Sei tu John..." diede una rapida occhiata su un foglio logoro e pieno di quelli che sarebbero dovuti essere, secondo John, dei nomi: "John Truman?"
"Si sono io." disse con il tono meno ammaliato possibile. Era una giovane donna, capelli di uno stupendo castano chiaro e arricciati, che incorniciavano un viso rosa e interrogativo pieno di espressione, soprattutto grazie ai suoi occhi da gatta di un verde molto intenso e le sue ciglia lunghissime.
"Potrei entrare? Sono la detective a cui e' stato affidato il caso Hutton e vorrei farle qualche domanda."
John con un sorrisone la fece accomodare dentro mormorando un "ma certo si figuri".
L'interno della casa era di arredamento essenziale tipico degli attici di città' e di certo non di una villetta di periferia. Le pareti, il pavimento e il soffitto erano di un bianco accecante, quasi come se fossero illuminate dall'interno. Appena entrati un arco a sinistra introduceva in un salotto completo di camino spento e di un divano bianchissimo, di fronte al quale un enorme tavolo basso in vetro e acciaio pitturato di bianco, secondo Elizabeth, faceva la sua bella scena. Di fronte alla porta d'ingresso c'erano delle scale di vetro, solidamente sorrette a mezz'aria da elementi di acciaio attaccati al muro. Elizabeth guardava con occhi stupiti quella casa che immaginava molto più' diversa da come se l'era aspettata. Le venne il dubbio che ci fosse qualcun'altro a vivere con lui, dubbio alimentato soprattutto da un attaccapanni ovviamente bianco pieno di cappotti femminili.
Mentre veniva invitata a sedersi sul divano, si fece sfuggire la domanda: "Sei sposato?"
"Uh... ehm... no" rispose John leggermente spiazzato. "Ehm... non ancora..." fraintendendo lo stupore di Elizabeth. " Qui insieme a me vive mia madre." E vedendo quei due occhi incredibili incredibilmente spalancati dallo stupore disse frettolosamente: "Ti offro qualcosa?"
Elizabeth, che nel frattempo faceva di tutto per non contorcersi dai crampi allo stomaco, rispose un delicato: "Si, grazie." E mentre John stava in cucina, esultava pensando al possibile e semplice te' che le sarebbe stato offerto. John mise il bollitore del te' sul fuoco, mentre taglio' due generose fette di torta e si diresse in salotto con il vassoio in mano.
"Il te' e' quasi pronto."
"Oh benissimo." Elizabeth ringrazio un improbabile dio del cibo inventato sul momento per averle fatto trovare un cretino con tanta buona roba nel frigo. Prendendo la torta pero' ringrazio' anche John che commento': "Uh... prego... solo semplice xenia, nulla di più'." Nel dire questo le sue guance si infiammarono a tal punto che nemmeno Elizabeth poteva fingere di non essersene accorta. Per fortuna il fischio del bollitore lo salvo'.
"Bene tutto pronto?" chiese Elizabeth, mentre John portava due tazze di te'.
"Si..." mormoro'.
"So che sei amico di Cora Hutton." ricontrollo' il nome sul foglio. "Ehm... si. Cora."
"Oh si la conosco ormai da quindici anni. Andavamo nello stesso parco. Abbiamo iniziato la nostra amicizia scambiandoci i giocattoli." e ridacchio'.
"Cora non ha diciasette anni? Sapevo che si sono trasferiti qui dieci anni fa più' o meno."
"Si. Si sono trasferiti in questa strada pero'. Prima abitavano sulla parallela, Carnavon Avenue. Proprio qui dietro." e fece un gesto per indicare la strada.
"Se conoscevi Cora sicuramente avrai conosciuto il signor Hutton." disse, appuntandosi mentalmente di non fidarsi mai più' delle vecchie con cani scienziato che fanno rivestimenti rosa alle poltrone.
"Oh..." si agito' per un secondo. Poi riprese a parlare: "Non tanto. Non ho mai avuto occasione di parlargli da vicino . Mi ha sempre trattato con leggero... astio. Ma credo perché' mi ha sempre visto come uno sprovveduto e forse come un' amicizia pericolosa per Cora."
"Invece la moglie di Hutton?"
"Nemmeno. Conosco a malapena il suo nome. Non ha mai voluto parlare con me."
"Invece la signora Calamy?"
"Sta scherzando? Io non ho mai davvero parlato con lei. Ha sempre detto cose orribili su mia madre e sul mio conto. Ma ormai e' acqua passata."
"Che genere di cose?"
"Per un periodo di tempo mi ha fatto credere che mia madre fosse... lei capisce no?" e la guardo' in modo interrogativo.
"Oh si. Si." rispose un po' spiazzata Elizabeth.
"Ecco." disse soddisfatto John.
"E suo marito?"
"Mai sentito nemmeno nominare. So che e' morto una decina di anni fa, ricordo che partecipai ad un funerale in quel periodo, ma... ad essere sincero solo ultimamente ho scoperto che fosse il suo quel funerale."
"Quindi non conosci quasi nessuno in questo quartiere."
"Beh... mi ha nominato le persone a cui non sono mai piaciuto, tranne Cora ovvio. Pero' e' vero non conosco molte persone, sono molto distratto e poco attento a cordialità' e formalità'. Non amano questi due difetti nelle persone."
"Tua madre invece?"
"Nemmeno, ha come sua fonte di informazioni il suo fratellastro. Lui e' quello che qui definiscono la persona perfetta."
"Come si chiama?"
"Oh... Edward." disse John parecchio confuso.
"No. Dicevo tua madre." disse Elizabeth che aveva solo ascoltato la prima parte della frase.
"Oh... scusami" ridacchio e rispose: "Eleanor."
"E che lavoro fa?"
"E' chirurgo plastico. E' anche cardiochirurgo, ma giudica la chirurgia plastica più' divertente."
"Wow..." Elizabeth immaginava i figli dei dottori molto sicuri di se'. A quanto pare non aveva sottoposto il suo pregiudizio alla realtà'.
"Volevi fare qualche domanda anche a lei? Potresti venire quando vuoi ma non so se la trovi. Di solito torna nei weekend ma non so perché' non sia tornata oggi."
"Non sai come la potrei contattare?"
"Entrambi i suoi cellulari sono irragiungibili e allo studio non rispondono. Semmai ti potrei chiamare io appena viene."
-Ah ha... Che becero espediente per avere il mio cellulare. Vuoi fare colpo, piccolo pervertito.- penso' Elizabeth. "Oh beh non saprei... Dovrei ritornare comunque da queste parti per qualche tempo quindi non  importa." -Beccati questo.-
"Forse ritorna domani. Comunque se vieni mercoledì' la troverai sicuramente."
"Uhm..." disse Elizabeth con falsa indecisione. "Ci penserò'." E finendo la torta, si alzo' per andarsene mentre John l'accompagnava.
"Grazie di tutto. Torta & co." ringrazio' Elizabeth e quel grazie non era uguale a quello rivolto alla vedova il giorno precedente. Era stata sincera per la prima volta da quando aveva messo piede in quel maledetto quartiere. Tuttavia manco' di dirgli che parlare con un tizio dalle guance rosse dall'imbarazzo che ti guarda manco fossi una diva non era molto piacevole. Per lei. "Ad ogni modo mi piace molto la tua casa. Ci abiterei se potessi." disse maliziosamente Elizabeth.
John stava per dichiararle tutto il suo amore per lei e dato che c'era voleva chiederle di sposarlo, ma per fortuna per lui fu abbastanza intelligente da mormorare un "...grazie..."
"Allora alla prossima. Ciao!!" e scese le scale di corsa. Se fosse rimasta, quel tizio le avrebbe giurato amore eterno.

Come capitava spesso in quel periodo pioveva a dirotto. E questo era insolito dato che a meta' Giugno si aspetta il primo vero sole dell'anno. Correndo sul viale bagnato senza ombrello, Elizabeth si rese conto di aver perso l'ultimo pullman della mattina. Aveva perso un sacco di tempo a casa di quello smidollato e per di più' quella torta le aveva fatto venire più' fame. Non sarebbe riuscita a tornare a casa senza bagnarsi da capo a piedi e quindi opto' per disperazione un pranzo fuori. Per sua fortuna all'inizio del viale vi era un ristorante. E per un colpo di fortuna ancora più' grande era uno dei migliori in città'. Lo trovo' subito, anche se non spiccava di originalità' in mezzo a tutte quelle villette. Tuttavia le porte di vetro dorate e i grandi finestroni attraverso cui si vedevano tende rosse e tavoli tradivano il vero ruolo di quell'edificio. Entro' dentro zuppa e si guardo' intorno. Stava bagnando la moquette rossa dell'atrio mentre un maitre da dietro un banco di noce la guardava in modo interrogativo.
"Posso esserle di aiuto?" disse il maitre con rigidità'.
"Si. Vorrei mangiare, se non le spiace." Come risposta era un po' acida ma parve che il maitre non fu affatto colpito. Si avvio' nella sala e entro' in una porta con due battenti. Molto probabilmente la cucina. Ritorno' dopo cinque minuti dicendo: "Mi segua."
Lo segui' fino ad un tavolo vicino la finestra.  
"Oh che posto privilegiato!" disse senza controllarsi. Stava dando i numeri e il maitre se ne era accorto.
"Scusi si sente bene?" chiese impassibile.
"Si alla perfezione.Signor..." guardo' la targhetta del nome. "Signor Andrew...?" Le venne un deja-vu: aveva già' sentito quel nome. Prese il foglio dei nomi e controllo'. "Lei quindi e' Peter Andrew?"
"Si. E' successo qualcosa?"
"No, niente." e si lascio' cadere sulla sedia senza aspettare che Mr. maitre dell'anno la facesse accomodare.
"Allora..." disse cacciando dal nulla un taccuino completo di penna. "Cosa le porto?"
"Uhm..." diede una rapida occhiata al menu', invece di sviscerarlo come era suo solito. Aveva troppa fame. "Uhm... prendero' gli asparagi e il carpaccio di tonno grazie."
"Qualcos'altro?" domando' il maitre.
"No nient'altro." Era ora di sfoderare le sue armi di donna. "Adesso che ci penso... le andrebbe di farmi compagnia? Dopotutto e' un po' presto per le coppiette di fidanzatini."
Peter si guardo' con circospezione. "Ma si... Dopotutto e' cosi' noioso parlare con la mia chef."


Erano le 3:00. E quasi un minuto. La pioggia del giorno prima non aveva smesso di cadere e Elizabeth la sentiva oltre i vetri. Ma il suono che ascoltava con molta più' attenzione era il respiro di Edward accanto a lei.
"Dio quanto sei..." sussurro' lasciando la frase incompleta, mentre gli accarezzava i capelli dorati sparsi sul cuscino bianco. Era incantata e lo osservava come se fosse stato una creatura vista per la prima volta solo da lei, mentre il suo petto si alzava e si abbassava, si alzava e si abbassava in un movimento che la ipnotizzava.
Alla fine, parlando davanti carpaccio, asparagi e molte, forse troppe, bottiglie di vino, Elizabeth aveva scoperto che il nome Peter Andrew del ragazzo delle consegne era uno pseudonimo. Il suo nome era Edward Leeford e, a quanto le diceva, si era rifugiato con questo falso nome dai riccastri dell'alta società' tanto cari a suo padre. Ma soprattutto non era quello spocchioso, antipatico e rigido maitre che le era parso. Anzi era tutto l'opposto: un' Elizabeth Boudelaire al maschile. E anche se era troppo presto per dirlo (dopotutto erano circa nove ore che si conoscevano), sentiva di aver avuto un colpo di fulmine.
"Certe cose accadono a chi non ci crede." borbotto' Elizabeth.
"Che dici?" Edward apri' gli occhi e la guardo'.
"Allora eri sveglio. Maledetto..."
"Mi stavi osservando come una donna dei telefilm perdutamente innamorata?"
"Si..." rispose Elizabeth leggermente urtata. "Avrei dovuto prevederlo che te ne saresti accorto. Le donne dei telefilm perdutamente innamorate fanno le peggiori figure con i loro amanti. Che puntualmente le colgono in flagrante."
"E' il vostro destino donne dei telefilm perdutamente innamorate." Si rizzo' a sedere. Elizabeth lo guardava con occhi cupi. Edward le accarezzo' la testa e le sussurro' all'orecchio: "A che pensi mia donna perdutamente innamorata?"
"Alla mia sfortuna." disse ridacchiando, mentre lui le faceva il solletico all'orecchio con la lingua. "E comunque non sono una donna perdutamente innamorata."
Si allontano' da lei. "Ah si?" chiese in falso tono irato.
"Già'." Affermo' in tono di sfida. Non era un'esperta in relazioni amorose, quindi affidava tutto al caso.
"Pensa alla mia sfortuna" disse, cogliendo la sfida: "Mi ritrovo nel letto con una ex squarta morti che ho conosciuto nel mio ristorante grazie alla sua faccia tosta e che non mi ama nemmeno."
Gli lancio' in faccia un cuscino. "Ma fammi il piacere!" Giocarono a cuscinate, finché' lei non crollo' esausta sul letto. Era come se si conoscessero da secoli. Lui cadde vicino a lei e si mise a giocare con i suoi ricci.
Era inutile mentire, non pensarci, ignorare... smentire. Si era innamorata di quel maledetto riccastro.
Si avvicino' al suo orecchio, mentre lui la guardava interrogativo, e disse: "Suki desu."
La guardo' per un attimo. Sapeva che non aveva capito se lo sentiva non poteva essere cosi' perfetto per lei.
"Anch'io."

L'aveva capito. Aveva capito cosa gli aveva detto.
Era proprio l'uomo per lei.



Ja-Ja-Jaaaan. Questo e' il mio terzo capitolo. *Pubblico festante applaude.*
Ho impiegato più' tempo per scrivere l'ultima parte che per i tre quarti del resto del capitolo a causa della tastiera, che surriscaldandosi ha invertito i tasti. Quindi ho passato una buona mezz'ora a capire quali fossero i tasti giusti e per memorizzarli. Il resto ve lo lascio immaginare... sigh!
Una delle tante piccole curiosità' e' costituita dal cognome di Elizabeth (per i disattenti Boudelaire). L'ho preso dal libro (o saga per dir si voglia) "Una serie di sfortunati eventi", che lessi quando ero molto piccola e che ho ritrovato qualche giorno fa mentre frugavo chissà' dove alla ricerca di una tastiera. Non l'ho trovata, ma ho capito come funziona il tasto ortografia che mi ha permesso di aggiungere accenti laddove la terza pers. sing. del passato remoto non coincidesse con la prima pers. sing. del presente, ovviamente senza accento, e qualche parola tipo città. *Festeggia alla grande insieme al pubblico.*
La Xenia di cui parla John e' il principio di ospitalità che gli antichi greci dovevano nei confronti della persona che ospitavano in casa propria. Era un legame che si instaurava tra chi ospitava e colui che veniva ospitato e durava per sempre. Piccolo esempio per rendere meglio l'idea: se tu venivi ospitato da Tizio e poi dopo qualche anno il nipote di Tizio ti chiede ospitalità, tu gliela devi. Allo stesso modo Il nipote di Tizio deve l'ospitalità a tuo nipote, pro nipote, pro- pro nipote... in un circolo infinito. Questa cosa mi ha stupito parecchio, soprattutto perché ne venni a conoscenza in un periodo carico di xenofobia.
Come avrete notato, lo pseudonimo sa troppo di finto ed in effetti mi ha lasciato piuttosto insoddisfatta come scusa. Tuttavia lasciare a quel personaggio il nome di Peter mi ricordava troppo Heidi e mi sapeva di squallido. Non che abbia qualcosa contro Heidi, ma... dare a un ragazzo delle consegne un nome di un pecoraro va bene più o meno, ma lasciarlo ad un maitre non mi andava. L'idea di aggiungere un partner per il cuore solitario di Elly e' stata un'idea di Vic... Voleva facessi qualcosa lemon o yaoi, ma sinceramente mi seccava molto inserire sporcellate nella mi fic. Se ne avete voglia potete sempre andare nell'angolo ricerca scegliere il genere "Erotico" e come avvertimento "Yaoi" o "Lemon" e leggete il brano che vi accattiva di più. Insulti e roba varia so che non ce ne staranno dato che questa fic non la legge nessuno, ma se mai ce ne saranno sono sempre i benvenuti. Devo farmi le ossa nel mondo senza pietà delle fanfic.
Passando alle cose serie ho voluto tralasciare ogni cosa e farvi immaginare, che e' molto peggio. Muhahahaha. Inoltre... no, Santa Maria Vergine, no e so che ve lo state chiedendo, il nome di Edward non l'ho preso da Twilight, anche se sembra che abbia scopiazzato dato che Elizabeth e' infatuata del suo Edward almeno quanto Bella sia infatuata del suo (Si, l'ho letto e allora? Ho visto anche i due film che sono usciti, ma per conoscere il nemico bisogna fingersi dalla sua parte e poi, zac! trafiggerlo con battutacce sulla trama). Ho detto ciò' per dimostrare un bel niente. Mi ritiro in clausura.
Il mio uomo (hahaha) ideale si dovrebbe chiamare Edward (come nome mi fa impazzire) o un qualsiasi altro nome giapponese (pretendo troppo?), dovrebbe essere uguale a me ma in qualche modo anche diverso in modo che non ci annoieremo mai l'uno dell'altra, ne' troppo appiccicoso ne' distaccato, senza pici pici ed altre ipocrisie ma un rapporto senza queste e sincero (io credo proprio di si). Semmai mi tradirà', non lo ucciderò' con la mia motosega, ma cercherà' di capire perché' lo abbia fatto.
Secondo me e' per questo che non trovo nessuno di interessante. Alla mia eta' sono tutti cosi' spensierati e scavezzacollo, fatti per il famoso "una botta e via"(in tutti i senzi pozzibbili). Questi miei quindici anni, tra qualche giorno sedici, non me li sto proprio godendo. Forse sarà' la mia assoluta ignoranza in campo amoroso. Chissà.
Have a nice day.

P.S. Come avrete notato Roma non viene proprio menzionata nel capitolo. Questo perché secondo un'antica leggenda cinese...? no romana! il vero nome di Roma sarebbe Amor, ovvero amore in latino e Roma al contrario. Non volevo mettere Amor o addirittura Amore... vi avrebbe dato delle aspettative e io cerco di non mettere troppe informazioni sul capitolo nel titolo (per questo  metto in latino il nome del capitolo... per occultarli, ma anche per chi volesse sapere che cosa vogliono dire vanno sul dizionario latino a cercare le parole... viva la conoscenza!). Ah a proposito... e' XenIa co l'accento sulla "i", non XEnia all'italiana... e nemmeno Xena.
  
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