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Autore: Aurora Barone    07/01/2010    3 recensioni
Ripropongo una storia che avevo scritto all' età di 14 anni, si può dire che è stata la mia prima storia, anche se prima ne esisteva un'altra versione, comunque questa è la versione che sto revisionando. Un crimanale e una ragazzina che subisce molestie dal padre adottivo si incontrano per caso in sgradevoli circostanze.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Yoko:
Mi svegliai con un dolore lancinante alla schiena, non avevo né la forza né la voglia di alzarmi, sopratutto ripensando alle parole brusche di Kyo che mi avevano ferito fortemente. Inoltre sentivo freddo persino sotto le coperte così ci affondai il viso lasciando scoperto soltanto il naso e gli occhi.
Dopo un po' sentii bussare alla porta ed ebbi il brutto presentimento che fosse Kyo, non avevo alcuna voglia di vederlo, poiché non sapevo come comportarmi con lui.
Non sapevo se dovergli delle scuse o riservargli rancore, oppure come altra possibilità: era lui a dovermi delle scuse per il suo comportamento, che mi aveva ridotto in lacrime.
Mi decisi ad aprir bocca chiedendo chi fosse, riconobbi subito la sua voce ancor prima che me lo dicesse, ma lo lasciai comunque parlare sperando che ci ripensasse e se ne andasse. Non lo fece. Sentivo il rumore di un piede che sbatteva nel pavimento, doveva essere un suo tic nervoso perché glie lo avevo visto fare già altre volte.
Gli dissi che poteva entrare, ormai rassegnata, ma rimasi nel letto con il viso quasi sepolto dalle pesanti coperte, avrei voluto affondarci il resto del viso per evitare di incontrare quegli occhi color carbone, che dovevano essere ancora irritati dal mio comportamento della scorsa serata
In quell'istante pensai che forse ero io a dovergli delle scuse, dovevo essergli parsa davvero infantile,dopotutto lui e suo padre erano due persone completamente differenti, nonostante la somiglianza, ma per quanto cercassi di pensarla così, la paura prendeva il sopravento impedendomi di pensare.
Era come una reazione istintiva, quasi animale, come quando da piccoli ci si brucia stando troppo vicini al camino oppure quando si mette un dito sulla punta di un coltello e ci si taglia, io allo stesso modo avevo paura di Kyo, perché avevo già commesso l' errore di avvicinarmi troppo a qualcuno e quand'era successo, mi ero bruciata e tagliata.
Potevo ancora sentire quel bruciore sulla mia pelle e il dolore provocato dai tagli fatti sul mio corpo, che era stato infettato,straziato e quasi squarciato dalla lama di un coltello e quella voce sadica e fredda risuonare nella mia testa senza darmi tregua, avrei tanto voluto che qualcuno la fermasse.
“Che c'è?” gli chiesi freddamente non appena entrò.
Era una freddezza che non mi apparteneva, ma anche quella era istintiva, ma non appena incrociai la sua espressione pentita, riuscii a distinguere Kyo da Keitawa.
“Credo di doverti delle scuse riguardo a ieri, non volevo risponderti in quel modo, però questa situazione è davvero pesante...” affermò porgendomi le sue più sincere scuse.
“Si, ti capisco e mi dispiace, la colpa in fondo è mia, è colpa della mia stupida paura che non riesco a superare...” affermai impacciata, mi sentivo così sciocca e in colpa per averglielo fatto pesare. Dopotutto era evidente che l' idea di essere figlio di Keitawa lo ripugnasse ed io non facevo altro che ricordarglielo di continuo.
Con quel mio atteggiamento non facevo altro che ferire tutti e due,continuando a dargliela vinta a Keitawa, mi parve persino di sentire la sua risata sadica avventarsi contro di me,mentre si metteva fra me e Kyo per dividerci.
“Non è colpa di nessuno dei due, forse un po' colpa del destino che ci ha giocato un cattivo scherzo, però non è da attribuire a nessuno dei due. Non è colpa mia perché non posso farci nulla se gli somiglio e non è colpa tua perché dopotutto quello che ti ha fatto è normale che tu ti senta spaventata da me, che gli somiglio così tanto e che per disgrazia sono pure suo figlio”
Le sue parole mi tranquillizzarono non poco, perché avevo creduto che si sarebbe arrabbiato, dicendomi che si sentiva offeso dal fatto che io non mi fidassi di lui e che lo paragonassi a suo padre, invece mi giustificava, del resto aveva ragione,io non avevo colpe e neanche lui.
“Si, però nonostante la colpa non sia di nessuno dei due il problema persiste...”gli feci notare scoraggiata.
“Già, per tale ragione ti starò lontano, non mi avvicinerò più del dovuto...” mi promise con un espressione malinconica.
“Si, ma non voglio neppure che tu lo faccia” affermai contrariata.
“Non credo che ci sia altra soluzione” esclamò fermamente convinto di quel che dicesse.
“Ma posso riuscire a superare le mie paure, l'ho già fatto una volta , prima non osavo avvicinarmi a nessun tipo di ragazzo...e adesso non ho più paura come prima e potrebbe essere la stessa cosa per le paure che provo quando ti sto vicino, posso superarle!” dissi ansiosa, non volevo che Kyo perdesse ogni speranza riguardo il nostro indefinito rapporto.
Di scatto scesi dal letto, prendendomi di coraggio per avvicinarmi a lui, non volevo che la sola persona che era state gentile con me, non mi stesse più vicino.
Ma non appena mi vide mettere i piedi sul pavimento incominciò ad allontanarsi,io non potendolo accettare, mi avvicinai sempre di più, volevo vincere ogni paura, perché temevo che Kyo se ne sarebbe andato per sempre e che si sarebbe cercato qualche altra ragazza, meno problematica di me e anche più carina.
“Non essere avventata, se vuoi superare la tua paura, non puoi credere di riuscirci subito, bisognerà fare un passo per volta, se riuscirai a trovare la forza e il coraggio di superare questa paura, ti avvicinerai di un passo verso di me e poi un' altro giorno ancora un passo in più, fino a che non arriverai ad annientare la distanza che ci separa superando ognuna delle tue paure” dissi osservandola.
Le sue parole annientarono le mie paure in un solo istante, era disposto ad aspettare ogni mio passo, giorno dopo giorno, chi altro lo avrebbe fatto?
Era dolce e paziente, più di quanto credessi,del resto non stavamo neppure insieme, non era di certo tenuto a farlo.
“D'accordo” affermai incoraggiata dal suo tono languido. “Allora farò il passo di oggi!” aggiunsi sorridendogli.
Dopo un po' tornai vicino al letto, mi avvicinai di un passo a lui, rimasi immobile a fissare la sua imponente figura così lontana, , era strano vederlo così distante, ma ciò mi motivava ancor di più a vincere ogni mia paura per abbattere ogni passo che ci tenesse divisi e lo avrei fatto, piano piano ci sarei riuscita ne ero certa.
“Kyo, c'è qualcosa che ti turba?”gli chiesi osservando preoccupata la sua espressione, forse si era pentito della frase che aveva appena pronunciato, che mi aveva reso così felice.
“Nulla, anzi credo di doverti delle scuse riguardo il comportamento di mio fratello” affermò dispiaciuto.
“Ah, te l' ha detto” affermai impensierita.
“Si, ma riguardo quel che ti ha detto, ci tengo a farti sapere che non ti ritengo un ripiego dato che è Mayko è morta”
“Non avevo voluto crederci, però devo ammettere che qualche dubbio mi era venuto al riguardo” dissi sinceramente mostrando un lieve sorriso per la sua confessione.
“E volevo dirti che avresti dovuto dirmelo, che mio fratello ti importunasse,anzi questa storia che non me l' hai detto mi fa un po' incazz... cioè volevo dire innervosire!” affermò correggendosi con un espressione furiosa.
“Volevo soltanto evitare che vi litigaste per colpa mia” dissi sommessamente e dispiaciuta di fronte la sua mimica alterata e di rimprovero.
Si scusò subito di essersi alterato in quel modo ed io mi scusai per non averglielo riferito, dopo scoppiammo a ridere, rendendoci conto che eravamo una di quelle coppie veramente poco inclini alle liti e allora mi disse“Che noiosi, potremmo litigare almeno per una volta con serietà”
“Ti stavo per dire la stessa cosa, Kuso!” lo punzecchiai.
“Ah, guarda che c'è il rischio che mi arrabbio sul serio se continui a chiamarmi in quel modo!” mi canzonò mostrandomi quel sorriso che mi lasciava senza fiato.
“Kuso, Kuso Kuso!” continuai a prenderlo in giro perché volevo ancora vedere quel sorriso che era interamente rivolto a me.
“Una ragazza della tua età non dovrebbe dire certe parolacce!” esclamò mettendosi un timbro di voce duro, imitando uno di quei professori bacchettoni e rompi scatole.
Mi misi a ridere , le sue imitazioni erano uniche, nessun altro sarebbe mai riuscito a farmi ridere tanto quanto lui. Era bravo,ma oltre a questo ero del tutto coinvolta da ogni suo gesto e parola da non lasciarmi sfuggire nulla della sua minuziosa e spassosa imitazione.
Continuai ancora a punzecchiarlo chiamandolo in quel modo perché volevo ridere a più non posso e volevo divertire lui, dopotutto c'è lo meritavamo, dopo aver sofferto tanto nella nostra vita per ragioni differenti.
“Cosa c'è Kyo? Sei diventato di colpo così serio e pallido in viso” dissi non appena smise di ridere.
“Nulla” affermò con una di quelle espressione che non prometteva nulla di buono, anche se negava ero sicura che c'era qualcosa che lo turbasse.
Avevo osservato la mimica del suo volto un' infinità di volte, conoscevo a memoria ogni sua espressione, quella afflitta, giocosa, dolce, seria,furiosa ed ero certa che quelle sopracciglia leggermente inarcate e quell' ambiguo sorriso, celassero qualcosa di grave.
“Non è vero, mi nascondi qualcosa e sembra anche una cosa grave, dalla tua espressione” affermai continuando a studiare il suo volto.
“E' che è una cosa un po' insolita, strana da dire..non so...” esclamò incerto e sembrava anche un po' in soggezione.
“Non sopporto che tu mi nasconda le cose sopratutto quelle che ti causano turbamento” affermai indispettita, del resto lui si infuriava perché non lo avessi messo al corrente dei problemi avuti con suo fratello ed io mi irritavo del fatto che mi tacesse le cose,eravamo pari.
“Ok, te lo dico” affermò respirando affannosamente, poi riaprì la bocca per pronunciare quelle parole, ma le dissi così piano che non riuscii a sentirle,allora con sgomento e un misto di mortificazione gli sentii dire:“Mio fratello in realtà è innamorato di me”
Io scoppiai a ridere credendolo uno scherzo dicendo “Bello scherzo! E magari ti aspettavi pure che ci cascassi!”
“No, Yoko è la verità” affermò cupamente, la sua espressione era così tremendamente seria che smisi subito di ridere e lo guardai con un espressione stravolta e incredula per quella scioccante rivelazione, che spiegava il comportamento ostile di Toshio verso di me.
“Per questo motivo se c'è qualche problema con lui faresti meglio a dirmelo...” disse torvo, mentre io annuivo non avendo la forza di parlare, più che altro non avevo idea di cosa poter dire di fronte una rivelazione come quella.
Il nostro silenzio fu subito interrotto da qualcuno che spalancò la porta,era proprio Toshio, colui di cui avevamo parlato un momento prima, tutti e due lo guardammo sbalorditi, osservai i suoi occhi sembravano a disagio di fronte i nostri occhi che lo scrutavano con attenzione.
Ci chiedevamo tutti e due la ragione per il quale fosse entrato nella mia stanza, ma dopo un po' Kyo aprì bocca e con irritazione gli fece notare che non era educato entrare nella stanza di una ragazza senza neppure avvertire.
Lui lo guardò di sottecchi, senza scusarsi,poi si voltò verso di me dicendo “ Credo di doverti delle scuse...” la sua espressione era afflitta sembrava sincero, ma non sapevo se fidarmi davvero.
Era difficile comprenderlo, inoltre le sue scuse erano state espresse con troppa facilità e quasi fatte apposta perché c'era Kyo nella stanza e per motivare in qualche modo quell' inaspettata e ineducata visita.
“Kyo ti dispiacerebbe lasciarmi solo con Yoko?” chiese guardando il fratello con un espressione sofferente.
“No, non vedo che cosa c'è che tu debba dirle che io non possa sapere!” affermò irritato.
“D'accordo, lo dirò davanti a te, non mi importa, la mia non è una minaccia, è soltanto una richiesta disperata” affermò piangendo davanti ai nostri stessi occhi.
L' osservai dispiaciuta, mentre Kyo sembrò essersi addolcito di fronte quel pianto, però rimase sempre nello stesso punto in cui era senza avvicinarsi a lui per consolarlo.
“Io volevo chiederti se per favore potessi lasciare in pace mio fratello” disse guardandomi con un espressione supplichevole evitando di incrociare lo sguardo di Kyo.
La sua richiesta era difficile da accontentare,però osservandolo così disperato, mi sentii male e in colpa, mentre Kyo sembrava in difficoltà, era come se non sapesse se arrabbiarsi con lui o oppure cercare di consolarlo e nell' indecisione non fece nulla.
Mentre Toshio lo osservava con la coda dell'occhio,mentre le lacrime scendevano frettolosamente giù dal suo volto come delle violente cascate, avrei voluto fermare quelle lacrime, ma ero io stessa ad avergliele procurate “sottraendogli” suo fratello,senza che gli fosse mai appartenuto.
Non gli risposi, non avevo la forza di dir nulla, non mi sentivo di accogliere la sua decisione, però sapevo che se gli avessi detto “No”, lui avrebbe continuato a piangere incessantemente e non riuscivo a rimanere insensibile a quel sincero turbinio di lacrime.
Mi sentii inondare il cuore dalla sua spontanea manifestazione di dolore e Kyo notando quanto il fratello mi avesse messo in difficoltà, disse con un tono di voce pacato “Lo capisco che stai soffrendo, ma non dovresti fare certe richieste...” poi aggiunse questa volta in tono di accusa “Sei egoista!”
“E tu non credi di non esserlo, non ci hai mai pensato a me, ai miei sentimenti!” disse il fratello ferito avvicinandosi a lui.
Ma dopo un po' entrò qualcun' altro, era quell' energumeno d'uomo che interruppe l' accesa discussione appena iniziata tra Kyo e il fratello.
“C'è la colazione pronta e poi dovremmo andare a cercare casa!” disse con quella sua solita espressione imperturbabile, poi si avvicinò a Toshio scrutandolo per bene.
“E' successo qualcosa?” gli chiese con un tono molto confidenziale, notando i suoi occhi arrossati e gonfi e il naso gocciolante di muco che risucchiava rumorosamente con il naso.
Toshio imbarazzato non rispose, mentre l'uomo si comportava come se nella stanza ci fosse soltanto Toshio e gli sfiorò quella lunga e rigogliosa matassa di capelli neri che possedeva soltanto lui, neppure io possedevo capelli belli come quelli. Poi di scattò si scusò goffamente per il suo azzardato gesto,mentre io e Kyo li osservavamo interrogativi.
L' energumeno, tirò fuori dalla tasca dei suoi pantaloni un fazzoletto di stoffa con le sue iniziali incise e glie lo porse con gentilezza, Toshio lo rifiutò dicendo che non poteva accettare il suo fazzoletto personale, ma lui insistette così tanto, che alla fine lo accettò ringraziandolo, si soffiò il naso con quel fazzoletto dicendogli che glie lo avrebbe pulito.
Kyo poi osservò l'uomo con un espressione acuta come se avesse intuito qualcosa e gli chiese “Non ti abbiamo ancora chiesto qual'è il tuo nome vero...”
“ Takahashi” affermò guardandomi con un espressione divertita, sapendo quanto disapprovassi quel nome.
“Lo dicevo che questo nome è troppo usato...” affermai sbuffando non potendone più di tutti quei Takahashi che imperversavano tutto il Giappone.
“Tanto dobbiamo usare dei nomi finti, quindi chiamatemi Saito” affermò sempre con quella sua espressione fredda, poi si voltò verso Toshio come se gli volesse dire qualcosa, ma alla fine non disse nulla,mentre Kyo fissava lui e poi Toshio, come se si stesse facendo un suo disegno in testa.
“Quanti anni hai?” chiese Kyo curioso.
“30...perchè?” chiese l'uomo, osservandolo stupito poiché prima d'ora non gli avevamo mai fatto domande.
“No, è che tu e Toshio vi togliete così poco, lui ne ha 27...” affermò lanciandogli un'occhiata d'intesa all'uomo, mentre Toshio fulminò Kyo con lo sguardo.
Io osservai l'uomo sorpresa, mi era parso molto più grande, io glie ne avrei dati una quarantina,ma sarà che alla mia età si ha come l'impressione che la gente adulta sia più vecchia di quanto realmente lo sia, anche Kyo la prima volta che lo avevo incontrato avevo avuto l'impressione che fosse molto più di grande di quanto realmente fosse.
“Si, lo avevo già notato...” affermò bonariamente.
“Credo che dovremmo andare a fare colazione!” disse Toshio, per fermare Kyo che stava per dire qualcos'altro a Takahashi.
Io del resto ero più confusa che persuasa, poi riflettendoci con più attenzione, mi parve di capire qualcosa, Kyo credeva che Takahashi avesse una sorta di cotta per Toshio e non faceva altro che incoraggiarlo.
Ma non capivo come facesse ad esserne così certo,poteva essere anch' essere che il suo comportamento nei confronti di Toshio fosse semplicemente amichevole e che lui lo avesse soltanto frainteso.
Arrivati al ristorante dell'hotel, ci accorgemmo che tutti i posti a sedere erano solo per due persone e Kyo non appena li vide distratti, mi prese per mano lasciando in tronco quei due con un espressione furba e soddisfatta.
“Sarà stato un bene averli mollati così di punto in bianco?” gli chiesi perplessa, ormai seduta davanti a lui in uno dei tanti tavolini del ristorante.
“E' soltanto un esperimento...” affermò guardandosi intorno per vedere se si erano seduti da qualche parte.
“Ho capito quello che intendi fare, però non credi di aver un po' frainteso quel ragazzo...magari prova solo simpatia per tuo fratello, metti caso che è etero, cioè non è bello infinocchiargli una situazione simile e comunque tuo fratello è innamorato di te...” affermai contrariata.
“Ah, ti crei troppi problemi...alla fine stanno soltanto mangiando da soli in un tavolo per due...”
“Lo stanno facendo?” gli chiesi stupita voltandomi verso la direzione che fissava con insistenza Kyo.
“Non dirlo in quel modo, che la gente potrebbe pensare male!” affermò ridendo.
Li osservai erano seduti su uno di quei piccoli tavolini aspettando che il cameriere li servisse, ma non riuscivo a percepire se tra quei due vi fosse un'atmosfera romantica.
Poi Kyo mi guardò dicendo “Mi spiace di aver sciolto in così poco tempo la promessa che ti avevo fatto...”
“Ah, ti riferisci a quando mi hai preso per mano, ma sai quando siamo in mezzo a tanta gente non ho paura di te e quando rimaniamo soli dentro una stanza...che ho paura” affermai a bassa voce per evitare che tutta la gente del ristorante sentisse i nostri discorsi.
“Allora non credo sia una paura tanto strana per la tua età....” costatò.
“Piantala di avere quell'aria di superiorità...” affermai sbuffando, non lo sopportavo quando diceva “alla tua età, i tuoi quattordici anni” o chissà quale altra frase che mi facesse sentire come se ci fosse un profondissimo burrone tra me e lui che ci tenesse separati.
“Non intendevo offenderti...” affermò pacatamente.
“E' soltanto che mi chiedevo che cosa pensa tutta questa gente che ci osserva...” affermò osservandosi intorno, poi si voltò di nuovo verso di me.
“Non è che ci voglia un genio per capirlo, insomma lo sai...” esclamai scocciata.
“E a te non dà fastidio?” mi chiese pensieroso.
“Si, ma se si pensa a tutto quello che gli altri pensano e potrebbero pensare, non si vive più...”gli feci notare.
“Oh come l'impressione che sia io il quattordicenne e tu la ventiduenne” affermò scherzosamente.
“No, è solo che ci sono abituata agli sguardi indiscreti della gente, tutti credono di sapere quello che sei e sono pronti a giudicarti,solo da quel poco che sanno o che colgono da un semplice sguardo, ma in realtà non sanno nulla...” affermai rammentando le mie compagne e tutti quelli che mi avevano sempre guardata con invidia perché il mio patrigno era una persona importante o che mi avevano definita presuntuosa, perché stavo sempre sulle mie a scuola o in qualunque altro posto, fraintendevano tutti questo mio comportamento definendomi come una persona che si sente superiore e che si distacca dagli altri, ma in realtà mi avevano dipinta per quella che non ero.
In realtà avevo soltanto paura del rifiuto degli altri o di venir maltrattata da qualcun' altro oltre che dal mio patrigno, così stavo sempre all'erta, non lasciando mai trapelare nulla su di me e rimanevo seduta davanti al mio banco in silenzio, persino a ricreazione quando tutti abbandonavano la classe, solo due persone ebbero il coraggio di parlarmi, lasciando che la mia barriera difensiva crollasse piano piano.
Erano state Yuri e Yamiko le sole che mi avevano degnato di un saluto e che talvolta mi davano a parlare senza pretendere neanche una risposta, avevano intuito che non ero così per presunzione, ma avevano scambiato il mio atteggiamento per timidezza, del resto ero anche timida.
Pensandoci mi mancavano le lunghe chiacchierate delle mie amiche, erano sempre state gentili nei miei confronti, sempre disponibili, anche quando mi sentivo triste, ma io non ebbi mai la forza di aprirmi con loro, temevo che non mi avrebbero capito nonostante mi volessero tanto bene.
Inizialmente quando ero triste mi assillavano riempiendomi di domande e di solito credevano sempre che il mio problema fosse Rei o qualche compito andato male, del resto loro riflettevano i loro problemi su di me, credendo che potessero essere gli stessi e non mi sentivo neppure di fargliene una colpa, però senza volere le odiavo perché loro erano così serene e spensierate, come se avessero assaporato solo esperienze dolci nella loro vita, mentre io avevo assaggiato solo quelle più amare e dolorose.
“Hai perfettamente ragione...” affermò come se gli avessi tolto le parole di bocca.
“Che avrò mai detto di così allucinante?” gli chiesi ironica.
“No, è soltanto che sei stata molto illuminante”con un sorriso stampato sulla bocca.
Dopo un po' il cameriere ci servii da mangiare, lui non appena ci venne dato il cibo,rimase fermo ad osservarmi mangiare, io imbarazzata gli chiesi perché non mangiava, almeno così avrebbe smesso di osservarmi con insistenza.

   
 
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