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Autore: cartacciabianca    07/01/2010    4 recensioni
[ SOSPESA ]
Nel 1459 Bianca de’ Medici sposava Guglielmo de’ Pazzi. Dalla loro unione sarebbero nati 15 figli, ma solo uno questi, consacrando la discendenza diretta di Cassandra della mitologia greca, avrebbe ereditato il dono della veggenza. Grazie alla sua naturale capacità nella pittura, Arianna, accolta nella bottega del Verrocchio di comune accordo con suo padre Guglielmo, intraprese ingenuamente la via dell’arte non a conoscenza del proprio oscuro potere. L’ostinazione della madre Bianca e un matrimonio combinato imminente allontanarono la fanciulla dai pennelli, ma Guglielmo, disperatamente alla ricerca di qualcuno che le insegnasse l’arte perché i suoi quadri (fonte di speculazioni sul futuro) potessero essere il più chiari possibile, permise alla figlia, in segreto e solo 15enne, di seguire le orme di Leonardo da Vinci. A sconvolgere la serena esistenza in bottega fu la condanna a morte della famiglia Auditore, avvenuta nel maggio del 1476 a seguito del processo che vide coinvolti molti, ma non tutti, i membri della famiglia Pazzi.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Leonardo da Vinci , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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In Bottega

La ragazza, dopo aver lasciato la tenda, si guardò attorno beandosi dell’amato silenzio che aveva ripreso terreno in quell’area della città. Si stirò le pieghe del vestito, si aggiustò i capelli, e solo allora traversò la piazza e sparì in un vicolo buio. Da una parte all’altra della stradina passava un filo con i panni appesi ad asciugarsi al sole. Il vociare della folla la fece prigioniera nel mare di gente che passeggiava per Ponte Vecchio, fermandosi di bancarella in bancarella a godersi quella magnifica giornata di primavera. La ragazza proseguì spedita sino alla sponda opposta, dove trovò ad attenderla il corso principale di Firenze, ancor più carico di gente.

Arianna giunse in strada e, sorvegliata da alcuni armati della Repubblica, tenne gli occhi bassi e camminò spedita. Tutt’attorno vi erano le risate dei bambini e il vociare degli adulti. Due poeti discutevano con anima accanto ad un carro di foglie secche, beffandosi a vicenda delle proprie opere.
-Cane, m’hai copiato! Lo so che ieri eri alla casaccia a recitar’ le mie lettere!- esordì il primo.
Arianna si soffermò a scrutare il secondo, che vestiva bene, da gran signore, ma era solo un ragazzino in confronto all’uomo che lo aveva appena insultato.
Cosimo de’ Pazzi rispose così: -Chi t’ha detto ‘sta buffonata?- fece stupito e amareggiato. –Non rubo le opere io. Sai chi sono?-.
-Sì, lo so bene, razza di infame! T’hanno sentito gli amici miei: strimpellavi le tue corde suonando le mie note e recitando le mie parole!- ribadì l’altro con ancor più rabbia in viso.
Arianna si tenne distante, non sentendosela di intervenire dove il fratello trovava difficoltà. Si mise all’ombra di un albero piantato in mezzo alla pietra e posò le mani sulla corteccia. Stette a sentire con un tremore lungo la schiena.
-Guarda coi tuoi occhi cos’ho cantato ieri, sono sicuro che è solo un malinteso, Sergio- si adoperò a prendere un blocchetto dalla cintura e lo mostrò al compagno. –Son tue ‘ste parole? Impossibile, le ho scritte in serata la settimana scorsa- disse Cosimo con un po’ di timore.
Sergio glielo strappò di mani e lesse avido sfogliando tutte le pagine alla ricerca della truffa. Dopo un tempo che parve infinito, il poeta restituì di malgrado al giovane il suo taccuino.
-Tieni. Cosimo, perdonami, avevi ragione. Dev’essere stata una truffa per farci azzuffare, eheh- rise quello.
Cosimo gli mostrò un sorriso. –Non fa nulla, carissimo, ti perdono- tornò serio. –Ma chi t’ha detto ‘ste cose?- chiese con un’ombra in volto.
-Voci, ma un certo Ezio pareva l’artefice dell’accusa-.
-Ezio…- pensò Cosimo. –Ezio Auditore?- domandò stupito.
-Sì, e c’era anche quell’altro con lui, stamani. Federico, sì! Mi hanno trovato che cantavo al Mercato Vecchio e mi hanno detto ciò- si fece rabbioso.
-Ezio non era alla casaccia ieri sera, e nemmeno suo fratello- pensò Cosimo ad alta voce.
L’altro si strinse nelle spalle. -Te l’ho detto che volevano solo farci azzuffare- ridacchiò.
-E tu ne saresti uscito vincitore- constatò Cosimo guardandosi dalla corporatura massiccia e ben piazzata dell’amico Sergio, che era il doppio di lui.
-Quelli lì ce l’hanno con la famiglia tua, Cosimo. Io starei attento- lo ammonì.
Cosimo scosse la testa guardando a terra. –No, quelli ce l’hanno col ramo di Francesco e Vieri. Io e i miei fratelli capitiamo in mezzo sempre per errore. Mio padre ha sposato Bianca, la sorella del Magnifico! Perché una famiglia così cara ai Medici come gli Auditore dovrebbe far del male a noi?-.
Sergio gli mise una mano sulla spalla e gliela strinse con premura. –Ci si vede presto. Riguardati-.
-Anche tu- Cosimo lo salutò con un gesto del capo, poi il poeta Sergio sparì tra la gente del corso.
Cosimo fece per allontanarsi, ma Arianna gli andò incontro prima di perderselo.
-Cosimo!- lo chiamò sfiorandogli la manica.
Egli si voltò con sorpresa. –Arianna!- esordì. –Cosa ci fai in giro a quest’ora? Non dovresti essere in bottega dal Verrocchio?!-.
Arianna sfuggì al suo rimprovero. –Francesco, il nostro Francesco, gareggiava oggi in giostra col Giuliano! Perché non l’hai veduto?-.
-Avevo impegni, sorella- rispose lui. –Te, piuttosto? Sei fuggita dalle faticacce di bottega per assistervi, eh?- la riprese.
Arianna annuì, sfoggiò un timido sorriso e colorò le guance. –Io non le chiamerei faticacce. Dipingere mi piace. E… Sì, son fuggita, ma vi prego!- si apprestò a dire. –Non riferirlo né a nostro padre, né a nostra madre! Tanto meno al mio Maestro stesso, se lo incontri-.
Cosimo scoppiò dalle risate. –Come vuoi, mì dolce sorellina. Ma dimmi: Francesco se l’è cavata?- chiese interessato.
I due si incamminarono l’uno affianco all’altra.
-Sì, egregiamente oserei aggiungere. Vederlo in lizza mi ha riportato al cuore di come si divertiva in campagna, ai tornei che i Medici organizzavano le estati…- fece sognante. –Dopo il matrimonio de li nostri genitori! Ti ricordi? Che spettacolo! Da allora Giuliano e Francesco sono diventati inseparabili! Non passa mai una giostra in cui ci sia uno senza l’altro!-.
-Vedo che mancano anche a te quei giorni. Sai, è curioso: ultimamente Giuliano si permette più di rado qualche sfogo. È come se d’un tratto fosse divenuto più prudente. Prudenza per cosa, poi?- azzardò contrariato. –La giostra di oggi non avrei proprio dovuto mancarla…- parlottò tra sé e sé guardando il limpido cielo. –Francesco non me lo perdonerà mai!- rise.
-Su questo hai ragione- constatò Arianna. –Ma dopo il torneo Giuliano festeggia un banchetto nel suo palazzo, per pranzo. Se andrai, spiegherò io la tua assenza a Bianca e Guglielmo- gli sorrise.
Cosimo si fermò. –Grazie, apprezzo il tuo buon coraggio nell’affrontare nostra madre, almeno in questo, ma… non posso. Guglielmo attende a casa il resto delle commissioni che mi ha dato da fare. Ci rivedremo per cena e ci mangeremo sopra con la famiglia tutta- pronunciò allegro.
-Sì, buona idea- assentì Arianna.
-Penso che il tuo tempo sia scaduto: adesso è meglio che tu vada, Arianna, prima che il Verrocchio mandi le guardie a cercarti e questa storia giunga alle orecchie di Bianca-.
Arianna sbuffò. –Tra tutti i mali, i castighi di quella donna sono i peggiori- brontolò.
Cosimo le carezzò i capelli. –A ‘sta sera- disse e si allontanò per strada.
Arianna riprese la sua via quasi correndo.
Allontanandosi dalla gente in strada, giunse incontro ad un giovane uomo sopraffatto da alcune pergamene, carte e oggetti vari. Stava in piedi a pochi passi dalla porta d’ingresso della bottega e aveva difficoltà nel bussare per avvertire del suo arrivo.
Arianna, per cortesia, si affiancò a lui e chiese: -Avete bisogno di aiuto, ser?-.
Senza sapere con chi stesse conversando, temé che potesse trattarsi del Verrocchio stesso.
Il ragazzo riuscì a voltarsi e guardare nella direzione di lei.
Tra un foglio e l’altro Arianna intravide due luminosi occhi azzurri e alcune ciocche di lisci capelli mielati stretti in un berretto rosso da pittore.
Entrambi sobbalzarono.
-Arianna!- la riconobbe lui.
-Leonardo!- si stupì lei.
L’artista, mirandosi attorno circospetto e stando ben attento a non far cadere le carte, domandò in ansia e sottovoce: -Che ci fate fuori dalla bottega?! Andrea vi cercava come un matto, e c’è mancato poco che chiamasse le guardie! Non può mica permettersi di perdervi, o vostro padre gli taglierebbe la testa! Siete una Pazzi! Valete quanto il busto di Giuliano al quale lavora-.
-So bene chi sono, Leonardo- formulò la ragazza intimorita. –Ma mio fratello gareggiava in giostra e sono fuggita per…-.
-Adesso non c’è tempo, mi spiegherete più tardi. Bussate!- ordinò.
-Cosa?!- eruppe la ragazza.
-Bussate ho detto! Fidatevi!-.
Arianna non se lo fece ripetere, e bussò alla porta della bottega con convinzione nonostante le tremassero le gambe.
Traditore! pensò la giovane.
Ad aprire la porta fu di Cione stesso, il Verrocchio che, appena li vide, sprizzò orrore e sorpresa.
-Arianna!- strillò esangue, e dai vari corridoi della bottega si affacciarono i volti curiosi di tutti i novizi orafi.
La ragazza strinse convulsamente le dita attorno alla stoffa del vestito, e serrando le labbra azzardò un inchino di scuse. –Maestro, io…-.
-Arianna era con me, Andrea-.
De’Pazzi sgranò gli occhi e si voltò a guardare Leonardo sovrastato di carte e pergamene.
-Con voi?!- si stupì Andrea. –Leonardo, vi mando a recuperare da casa vostra un progetto che avete scordato e ripagate la mia negligenza rubandomi un’allieva dalla bottega?! Ho cercato Arianna in lungo e in largo, ad un certo punto nessuno l’ha veduta più! Cominciavo a temere per la mia testa: Guglielmo, ma Bianca soprattutto, avrebbe potuto denunciarmi al Magnifico!-.
-Non era mia intenzione portarvi tanto scompiglio in cuore- ammise Leonardo con tranquillità. –Vi prego, non scaricate colpa alcuna su questa ragazza. Ho insistito personalmente perché mi accompagnasse, e, pur di non perder tempo, l’ho fatta fuggir via senza avvertirvi-.
Andrea di Cione restò allungo imprigionato in una maschera di stupore e furore assieme.
Leonardo e Arianna, l’uno affianco a l’altra di fronte a lui, apparivano un bel quadretto di mancata disciplina e insolenza che gli faceva venire i bollori freddi e palpare il cuore.
-Dentro! Tutti e due!- richiamò con sgarbo indicandogli la soglia. –E che la vergogna possa lacerarvi entrambi- borbottò poi richiudendo l’uscio un volta che furono entrambi oltre l’ingresso.
Arianna tenne lo sguardo a terra, mentre Leonardo si avviò su per le scale faticando a tenere l’equilibrio sui gradini con tutta quella roba in braccio.
La vicenda aveva attratto molti occhi curiosi. Arianna sentiva pungerle la pelle da quegli sguardi pieni di rancore e invidia nei suoi confronti. Lei, unica donna a mettere le mani ai pennelli: intoccabile dalle punizioni esemplari, e spesso corporali, che impartiva il Verrocchio in quei casi.
-Arianna, vostro padre non verrà a sapere di questo fattaccio perché tengo alla mia testa, ma auguro al vostro buon senso di ordinarvi un minimo di sincerità. Signorina, siete un raro tesoro nella mia bottega, ma questo non vi autorizza a bighellonare per la città senza avvertirmi. Che non si ripeta più- l’ammonì.
Arianna sprofondò il mento nel petto, alcune ciocche dei capelli le caddero dinnanzi al viso nascondendola come tende. –Vi porgo le mie scuse, Maestro, e giuro che non si ripeterà più- mormorò.
Andrea le sollevò il mento con due dita. –Abbiate almeno coraggio di guardarmi negli occhi se proprio volete che assecondi le vostre scuse-.
La ragazza annuì e tenne gli occhi di ghiaccio fissi in quelli castano profondo del suo mentore.
-Adesso va’- le ordinò severo. –Di sopra ti attende una tela pulita. Fa’ un buon lavoro con l’esempio che ti ho lasciato davanti-.
Arianna lo ringraziò con un leggiadro inchino e si avviò per le scale.
Giunta al secondo piano della costruzione, trovò ad attenderla un’ampia stanza ben illuminata da grandi finestre. Trasparivano i raggi del sole proiettando luce sul lucido pavimento in legno. Cavalletti per le tele, mobiletti, tavole per i colori e bacheche erano sparse qua e là per la camera, che ospitava un gruppo ristretto di poca gente. Vi erano anche scaffali colmi di libri là dove il muro era privo di vetrate.
Erano in totale un pugno di artisti: ciascuno seduto dinnanzi la propria tela bianca o già iniziata, dipingeva con grazia nel silenzio ben tenuto.
Lì tutto e tutti tacevano, non come le sale degli orafi e degli scultori al piano di sotto, dove il rumore degli scalpelli e del metallo contro metallo era assordante.
La stanza della tempera era silenziosa come l’aula di una biblioteca. Se si parlava era con sussurri o a gesti, perché non si poteva rischiare di compromettere il lavoro altrui per una parola di troppo. Alle volte qualcuno suonava per allietare la pittura, delle altre si recitava un sonetto o qualche verso della Divina Commedia per stimolare la fantasia e il pensiero. Ma niente più.
La scala proseguiva per un terzo piano. Questo ospitava un’altra bella stanza come quella, ma presieduta dal Verrocchio stesso e riservata di frequente utilizzo ad artisti che avevano commissioni importanti.
Appena entrata in camerata, Arianna si sentì sopraffare dall’imbarazzo.
Gli sguardi indignati di alcuni l’assalirono subito, la compassione di altri non bastò a rallegrarla.
Si allungò fino al suo solito posto, sullo sgabello posto dinnanzi al cavalletto e la tela bianca che l’attendevano lì dalla mattina. Non si volse mai, se non per guardare il soggetto che Andrea aveva lasciato sul mobiletto lì accanto.
Era una solita natura morta di frutta, assieme a qualche ramoscello appena colto dal melo nel cortile. Arianna riconobbe la fattura delle foglie e si sentì cullata dal profumo intenso di tempera misto all’aroma che proveniva dalla frutta.
A sua disposizione Andrea aveva messo ogni cosa necessaria: dall’acqua per pulire i pennelli, ai colori. Persino i pennelli stessi erano disposti in ordinata fila dal più fino al più grosso.
Arianna era quasi per prenderne il primo quando si udì nominare alla sua sinistra.
Cercò di non voltarsi, riconoscendo la voce di Davide Marrozzi.
-Alcuni artisti ogni tanto hanno bisogno di distrarsi- ridacchiò egli senza interrompere la propria mano che ‘pingeva –e fanno un passo al bordello, ma voi madonna, di grazia, dove siete stata?-.
Alcuni si permisero una risata, appoggiando il suo spirito, altri fecero “ssssssh!” volendo proseguire indisturbati.
Arianna si sentì sprofondare sempre più in basso.
Fu Gallo Cecconi ad intromettersi, dicendo a Davide in un sussurro: -Ha accompagnato Leonardo in casa a recuperare i disegni dell’Angelo per il Battessimo del Cristo- lo informò.
Davide allora tacque pensoso, forse preparandosi una prossima battutina. Fu lì per dirla, ma quando si accorse degli sguardi furenti che gli volsero gli altri artisti attorno, si cucì bocca.
Il silenzio tornò sacro.
Arianna iniziò il disegno con fretta e disattenzione. Schizzò una prima mezza figura del piatto che conteneva la frutta, ma poi la voglia le venne meno e si permise di guardarsi attorno, distraendosi un po’.
Fu allora che notò una figura familiare scendere le scale, venendo dal terzo piano.
Arianna sorrise a Leonardo che fece altrettanto quando incrociò i suoi occhi. Poi Andrea lo raggiunse sul pianerottolo ed entrambi gli artisti scomparvero di sopra.
Sono anni che lavorano assieme al Battesimo di Cristo pensò Arianna. Se non sbaglio è commissionato al Monastero di San Salvi di Vallombrosa. Mi piacerebbe vedere l’opera conclusa, sarebbe un onore immenso…
Lorenzo di Credi, il garzone più giovane della bottega, interruppe il filo dei suoi pensieri.
-Arianna, la tempera vi cola sulla gonna- notò il ragazzo.
-Oh, porca!…- imprecò lei accorgendosi di essere rimasta col pennello fermo a mezz’aria fissando il vuoto delle scale dove, fino a poco prima, aveva intravisto Leonardo ed Andrea.
La ragazza lasciò cadere il pennello nel barattolo dell’acqua e si guardò la gonna del vestito macchiata all’altezza del ginocchio di bluastro.
Bianca mi ucciderà appena lo vede!
Si affrettò a pulire il pulibile e ringraziò Lorenzo che le sedeva accanto lavorando ad un ritratto di donna.

Venne l’ora del pranzo annunciata dal suono delle campane, e la bottega si svuotò dei suoi garzoni che defluirono in una grande stanza al pian terreno nella quale avrebbero pranzato tutti assieme.
Arianna vide Lorenzo di Credi defilarsi quasi per primo dalla camera della tempera, inseguito da Gallo e Davide che gli mettevano le mani tra i boccoli biondi per diletto, deridendolo per l’aspetto da bambola che aveva.
Quelli se la prendono con tutti, eh? Sbuffò Arianna continuando a dipingere.
-Madonna- la chiamò d’un tratto una voce femminile. Ella si volse e riconobbe sulle scale la damigella incaricata di prelevarla dalla bottega e accompagnarla a casa per il pranzo.
-Viviana- la salutò amorevolmente. –Ho quasi finito, fatemi ritoccare un po’-.
La donna, che vestiva di un abito lungo color miele, le venne incontro. –È bellissimo- commentò. –Siete sicura di averlo fatto voi?-.
-Questo complimento è vecchio quanto il cucco, Viviana- rise Arianna.
Viviana aveva qualche anno più di lei, ma era affettuosa e premurosa come la madre che non aveva mai avuto.
La donna le carezzò i capelli. –Ho saputo che il tuo ultimo quadro a piacere ha riscosso tante polemiche. Sono curiosa: posso vederlo?- chiese.
Arianna si alzò dallo sgabello e si avvicinò ad alcune tele coperte da un mantello di seta poggiate in terra, in un angolo della stanza accanto alle finestre. –Sì, ve lo mostro, solo un momento- disse sollevando un lembo del telo e sbirciando qua e là alla ricerca del suo quadro.
Appena lo trovò, si stupì lei stessa di ciò che vi vide raffigurato. Il ricordo di quelle immagini le balzò alla mente come un getto d’acqua fredda sulla pelle.
Trasse il dipinto dagli altri. Non era molto grande, alcune parti incomplete, e lo mostrò a Viviana con neutralità.
La donna restò allungo ammaliata dalle figure accuratamente disegnate e ritoccate con la tempera in modo divino. Ma quando apprese il senso di quelle pose e di quei gesti, si portò una mano alla bocca, esterrefatta e spaventata.
Sullo sfondo vi erano gli emblemi del Regno di Napoli; la grande camera ritratta ospitava decine di persone, alcune piegate in terra, altre a vomitare, altre ancora a stringersi la gola senza riuscire a respirare.
Alla tavola sedeva un uomo vestito in modo sfarzoso. Si cibava di un piatto di funghi, e accanto gli stava un uomo di simili fatture. Forse un fratello.
Viviana notò con disgusto i piatti vuoti degli altri ospiti del pranzo, i quali soffocavano per via dei funghi che l’uomo mangiava. Presto anch’egli avrebbe fatto quella fine.
In un angolo sulla destra era raffigurato un Santo che appariva dal nulla, là dove Arianna non aveva concluso le nuvole che lo circondavano e i raggi del sole che lo illuminavano. Ai piedi del Santo stava una donna anch’ella ben vestita. Forse la moglie dell’uomo che mangiava i funghi.
-Madonna, cosa accade nel dipinto?- volle domandare ugualmente Viviana, sentendosi venir meno.
Arianna tenne gli stessi occhi di sempre. –A saperlo, Viviana- scosse la testa. –Ho veduto questa scena nella mia testa, ho trovato bello dipingerla, ma… a poco a poco capivo anch’io cosa stavo ritraendo. Quando mi sono fermata era troppo tardi: Andrea di Cione l’ha veduto e per poco non l’ha voluto bruciare-.
-Chi è l’uomo alla tavola sapete dirlo?-.
-No, ma qualcuno del Regno di Napoli. Gli stemmi… la stessa mano che li ha fatti li ha riconosciuti-.
-Ora capisco- mormorò Viviana. –Quindi avete immaginato tutto?-.
Arianna annuì. –Sì, almeno spero…-.
-Basta, vi prego, mettetelo via. Voglio ricordarvi che vostro fratello oggi è a pranzo da Giuliano. Una simil’ visione potrebbe portargli sfortuna-.
Arianna non volle credere alle sue parole, ma per qualche istante restò interdetta e in ansia. –Va bene, andiamo a casa prima che mio padre ci dia disperse- le sorrise, ma Viviana tenne la paura in viso per il tempo che seguì.
Arianna rimise al suo posto la tela e la coprì con la mantella assieme alle altre. Si avviò sulle scale assieme alla damigella e, giunte al pian terreno, venne loro incontro Andrea.
-Allora a domani, Arianna- la salutò il Verrocchio.
Arianna si permise un inchino, e fece altrettanto la damigella, costringendosi a star serena dopo la vista orripilante di quel quadro.



















.:Angolo d’Autrice:.
Su grande richiesta di goku94 ecco l’aggiornamento promesso!
Su questo capitolo non ho nulla da ridire, se non che le vicende di Arianna si ispirano ad un modello tutt’altro che realmente storico di donna medievale. Anche se si era brave a disegnare, all’epoca poteva capitare che una donna dipingesse? In una così prestigiosa bottega, poi? Ovvio che no.
Ecco da che proposito parte l’ideazione di questa storia.
*Incipit: l’accaduto a Cosimo è solo un piccolo esempio di pregiudizio avverso alla sua famiglia. Il ramo de’Pazzi di Guglielmo, tendo a sottolinearlo ogni volta che posso, fu neutrale alla congiura ma… ne accaddero delle brutte!*
Ringrazio goku94 e renault per i commenti al capitolo precedente e via, verso l’infinito e oltre! XD

Andrea di Cione [LINK] (Firenze 1437-Venezia, 1488), detto il Verrocchio, era quinto di otto figli e fu pittore attivo nella corte medicea e orafo. Il padre, Michele di Cione, da fabbricante di piastrelle che era divenne esattore delle tasse. Andrea non si sposò mai e fu costretto a badare ad alcuni tra i suoi fratelli e sorelle per via dei problemi economici della sua famiglia. Accolto alla corte di Piero e Lorenzo de' Medici, vi rimase fino a pochi anni prima della sua morte, quando si spostò a Venezia per lavoro, pur mantenendo la sua bottega fiorentina.
Benché fosse l’artista favorito del Magnifico, non ebbe mai a che fare con la famiglia Pazzi, specie tramite una ragazza che venne a studiare nella sua bottega!

Il Battesimo di Cristo [LINK] nasce come dipinto commissionato al Verrocchio solo, ma egli decise di avvalersi della bravura del suo più valido discepolo. A Leonardo spettò lavorare sull’angelo di sinistra e sui fondali paesaggistici. La realizzazione è datata 1474-75, perciò, avendolo collocato invece nel ’76 spero anche sta volta che gli storici non me ne vogliano.

Enrico d’Aragona [LINK] (Valencia, circa 1431 – Terranova da Sibari, 21 novembre 1478) è il soggetto del dipinto di Arianna. Fu feudatario napoletano e Marchese di Gerace. Capitai per caso sulla sua pagina wikipedia mentre cercavo non ricordo cosa e, leggendo la sua biografia, scoprii che morì giovane a Terranova di Sibari, presso la cui corte era ospite a pranzo. Per via dei funghi velenosi, morirono assieme a lui molti funzionari di riguardo. La donna non è altri che la moglie di Enrico. Ella si appella al Santo San Francesco di Paola pregando perché suo marito non lasci cinque figli e una dama vedova.

Lorenzo di Credi [LINK] (Firenze 1459 – 1537) attraverso una biografia su Leonardo risalgo a lui come il migliore amico (durante il tirocinio in bottega) dell’artista. Probabile che tra i due ci fosse anche qualcosa di più… compromettente. Ricordato per il carattere particolare delle sue linee, Lorenzo era il più giovane in bottega (senza contare Arianna), ciò nonostante, alla partenza del Verrocchio per Venezia, e successivamente alla sua morte, fu il “Lorenzino” ad occuparsi della sua gestione, nominato erede dallo stesso Andrea.

Viviana è un personaggio inventato da me ed è la dama di compagnia di Arianna, se così possiamo chiamarla. Solitamente era la serva ad essere più grande dell’accudito, ma per Arianna volevo che fosse il contrario.

Gallo Cecconi e Davide Marrozzi sono altri due personaggi di mia fantasia. Nella bottega del Verrocchio vennero accolti molti artisti ed orafi, di quali non si ricorda il nome perché non ebbero riguardo storico successivo al tirocinio. Antipatici quanto brutti.


   
 
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