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Autore: fiammah_grace    08/01/2010    2 recensioni
[Elena x Cloud]
Dopo l’evocazione di Meteor e la quasi distruzione del pianeta, la vita ha ripreso a scorrere di nuovo. Quello che un tempo aveva caratterizzato il passato, ora non era più nulla e così tutti cercavano la propria strada adesso. Così anche per la Shin-Ra. Il dipartimento Turk attualmente lavora in una discreta azienda, gestendo attività di ogni genere volte a migliorare Edge e salvaguardare il pianeta, per poter sanare in qualche modo i disastri da loro causati in passato.
Elena tuttavia è in qualche modo insoddisfatta da questa vita ormai priva di stimoli. Prima era troppo giovane per poter dare del suo meglio, per questo era messa da parte. Ora che invece la guerra era finita, era da mantenersi questo stato di pace.
Ma una strana missione invigorirà in lei un senso di ribellione, che la porterà ad avere a che fare con Cloud Strife, suo nemico di un tempo.
Genere: Romantico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Elena, Reno, Rude, Tseng
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3.

***

 

 

Elena rimase con le mani sulla bocca e gli occhi spalancati, fissi a guardare la figura dinanzi a sé. Lui era calmo, fermo, appena illuminato nella penombra, poggiato vicino una mensola.

Non sembrava minimamente turbato. I suoi occhi emanavano il solito gelido che era solito trasmettere a chi vi si specchiava dentro.

Fece una piccola smorfia. Non seppe interpretare se di disgusto o se divertito.

L’impulsività ancora una volta prese il sopravvento sulla giovane bionda Turk che si fece paonazza e si agitò in maniera incontrollabile.

 

-N-no…non…non farti strane idee. Io. Io non so che mi abbia preso. E’ stata l’atmosfera. Basta!- gesticolò con le mani e parlò come se cercasse di auto convincersi.

Cloud cercò di intervenire, conservando comunque il suo temperamento tranquillo. Si scostò appena dal mobile sul quale era adagiato e subito la ragazza trasalì fraintendendo probabilmente le sue intenzioni.

 

-Ho detto basta. Lasciami in pace!-

 

Detto questo scappò via, dirigendosi verso la porta di casa.

 

Quando Cloud si accorse che aveva intenzione di lasciare l’appartamento a quell’ora della notte, istintivamente le corse dietro, ma si ritrovò soltanto la porta sbattuta in faccia.

 

-Ouch!-  si massaggiò il naso. -Elena, dove diavolo stai andando?- Aprì ferocemente la porta e si affacciò sul pianerottolo.

 

Udì i passi della ragazza scendere velocemente le scale e poi il portone chiudersi.

 

-Che tipa.-

 

Ritornò dentro, prese una lunga giacca nera e uscì.

 

 

***

 

Dal canto suo, Elena stava correndo e si era allontanata ormai di molto dal palazzo dove attualmente abitava Cloud Strife.

Si fermò per prendere fiato.

 

Cosa stava facendo? Possibile che si comportasse sempre da sciocca, da stupida, da ragazzina!

Non riusciva ad accettarlo. Lei si riteneva una persona matura e responsabile, invece aveva baciato Strife solo perché…Perché?

 

Perché erano stati assieme in quei ultimi due giorni? Perché nella penombra, mentre lui bendava le sue ferite, con quegli occhi agghiaccianti, era terribilmente…terribilmente…

 

Abbassò lo sguardo.

 

Improvvisamente sentì le lacrime scivolarle lungo il viso. Le asciugò in fretta. Non ci capiva più niente. Perché adesso stava piangendo?

Non riusciva a capire, non riusciva a concretizzare.

Qualunque cosa facesse le sembrava comportasse guai e la mortificasse. Alla fine doveva sempre intervenire qualcuno per levarla dai guai. Non sarebbe mai stata quella donna perfetta, abile, giudiziosa che ambiva di essere. Era solo una ragazzina sciocca ancora troppo innamorata dell’amore per comprendere le cose serie della vita. Le mancava terribilmente l’essere fiera di sé stessa. Il riconoscere le sue qualità e il sentirsi amata.

Alla fine tutti guardavano e rivolgevano le loro attenzioni a persone completamente diverse da lei.

Perché? Questo perché?

 

Però lui…ha ricambiato quel bacio.

 

Emise un singhiozzo.

 

Lui…non aveva ricambiato il suo bacio. Probabilmente gli aveva fatto solo pena.

 

Anche lui, come Tseng, come tanti… aveva già rivolto i suoi occhi altrove.

Ricordava perfettamente di aver sempre visto Cloud accompagnato da splendide ragazze.

Prima la pupilla di Tseng: la bellissima ragazza vestita di rosa dagli occhi color smeraldo, Aerith Gainsborough. L’Ancient.

Poi l’avvenente donna dai capelli lunghi e scuri. Femminile e tosta, si percepiva già solo guardandola. Quei fieri e determinati eppure dolci occhi ambrati trasmettevano già quell’interesse che un uomo è solito ricercare.

Ricordò improvvisamente di aver visto una sua foto in casa di Cloud, vicina a dei bambini.

 

Ancora una volta aveva fatto un buco nell’acqua.

 

Che stupida…che incredibile stupida…

Chi più di lei sapeva farsi così male da sola?

 

Si lasciò scivolare sull’asfalto, in quella strada ormai deserta.

 

Incrociò le braccia e prese ad accarezzarsi. Era uscita senza giacca. Aveva freddo. Soffio cercando di farsi calore.

 

-Ti va di tornare?-

 

Si girò riconoscendo quella voce.

 

Vide ancora una volta, imponente di fronte a lei, la bellissima figura di Cloud Strife. Con i capelli scomposti e la sua solita aria trascurata, l’abbigliamento nero che faceva spiccare quel color biondo scuro che gli dava la notte.

 

Per un attimo rimase a fissarlo, subito dopo riabbasso lo sguardo.

 

Cloud si accovacciò vicino a lei ed assunse dei toni insolitamente dolci, ancora più penetranti del solito.

 

-Non è il caso che rimani qui da sola e non armata.-

 

Elena rimase ancora una volta in silenzio, al che il ragazzo alzò le sopracciglia e avvolse le sue braccia su di lei sollevandola fra esse.

 

La Turks rimase esterrefatta e istintivamente si aggrappò sulle sue spalle. Si sentì davvero piccola avvolta da quelle robuste braccia che avevano combattuto e fatto la guerra. La stessa guerra che aveva combattuto anche lei.

 

Ancora una volta non proferì parola. Voleva essere lì in quel momento, consolata da calde braccia.

 

 

***

 

 

Una volta arrivati, Cloud l’adagiò sul divano. Oramai la ragazza si era addormentata. Rimase ad osservarla per un po’.

Si atteggiava sempre da gran donna, ed ora era lì, con un leggero sorriso sulle labbra e gli occhi chiusi. Per di più era già la seconda volta che la metteva a dormire.

Più che altro la vedeva come una ragazzina che era cresciuta troppo in fretta, poi rifletté che probabilmente era proprio questo quello che la faceva comportare così. Non doveva essere facile per una della sua età fronteggiare i capi dell’ex Shin-Ra.

 

La sdraiò meglio, poggiandole addosso un grosso copertone di lana, l’unico caldo che avesse in casa. Infatti gli era stato regalato da Tifa quando una volta era rimasta la notte con lui ed entrambi quasi erano morti di freddo.

 

Si accomodò sul lato opposto dello stesso divano, poggiando la testa su bracciolo.

 

Cloud era sempre vissuto da solo negli ultimi anni, ed in tutto questo tempo ancora non aveva comprato un letto. Eppure quante volte glielo aveva detto Tifa, esasperata da come lui si trascurasse.

 

Ma lui era fatto così. Gli bastava il necessario per vivere, per di più davvero tornava a casa solo per dormire quindi un divano gli era più che sufficiente.

Però in quel momento si vergognò leggermente di aver costretto la sua ospite a dormire lì, per di più a condividere il posto con lui.

Si rannicchiò cercando di non metterle i piedi in faccia. Cloud non era così alto, ma superava abbondantemente la lunghezza di quel divano, quindi se si fosse disteso avrebbe sicuramente importunato il lato sul cui era adagiata Elena.

Si portò le ginocchia al petto e cercò di prendere sonno, ma quella non era proprio la sua posizione ideale e finì per agitarsi una continuazione.

 

Inutile negare che non era tanto quello il problema.

In realtà, forse in maniera inconscia, la presenza delle persone nella sua vita quotidiana era un qualcosa che era ancora capace di turbarlo molto.

 

Non era asociale, dopotutto amava la compagnia. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era così. Eppure era come se istintivamente volesse per lui una vita separata dagli altri.

 

Subito scosse le testa per scrollare di dosso quei pensieri che gli stavano frullando nella mente in maniera sempre più incessante.

Sbirciò davanti a sé. Nonostante fosse un cavallone quando dormiva, Elena era ancora addormentata, accoccolata tra le coperte. Non sembrava per niente in procinto di svegliarsi.

Chissà perché rimase a guardarla per un bel po’, forse perché effettivamente non l’aveva mai guardata prima di allora.

La conosceva, sapeva chi era, ma era come quando non si scopre qualcosa fino a quando non te la sbattono in faccia.

Questo era forse il suo caso.

Elena grossomodo era sempre presente da quando c’era stata la sua battaglia di tre anni fa. Eppure solo allora ebbe la sensazione di notarla veramente.

 

Ripensò al bacio che lei gli aveva dato.

Non era tipo da osannare certe cose. Un bacio era un bacio. Alla fine è solo un gesto d’affetto, non deve per forza simboleggiare qualcosa. Alla stessa stregua di un abbraccio, grosso modo.

Il fatto era che Cloud stesso non aveva mai ricevuto sulla sua pelle molti baci. Quella sensazione di calore, anche se breve, gli era quasi del tutto estranea. Si ritrovò a desiderarlo di nuovo, che qualcuno, senza esitazione, gli si avvicinasse dandogli quello che nella sua vita non aveva mai ricevuto. Solo per ricevere di nuovo quel piccolo calore.

Ma quello era il prezzo per ciò che aveva vissuto. Si girò nuovamente e cercò di prendere sonno, ancora una volta.

 

 

***

 

 

La notte trascorse abbastanza velocemente.

Cloud non aveva chiuso le finestre la sera prima, per questo i fiochi fasci di luce del mattino invasero la casa in poco, illuminandola completamente.

Uno di questi arrivò dritto sugli occhi di Elena, la quale cominciò a mormorare lamentandosi. Cercò di divincolarsi, ma c’era qualcosa che le impediva di muoversi liberamente, quasi come avesse addosso qualcosa di pesante.

Si sollevò e si accorse di essere sul divano di Cloud e non solo. Aveva persino addosso quel malandato biondino. Osservò i suoi piedi che erano di fianco a lei, fino a ripercorrere pian piano la sua figura adagiata dall’altra parte del divano.

Dormiva a pancia all’aria, con un braccio sotto la testa e l’altro abbandonato per terrà. Le gambe ben distese ed incrociate tra di loro, praticamente sopra di lei.

 

Assunse involontariamente un’espressione burlesca. Vederlo così era strano. Disordinato in tutto. Sia nel modo di vestirsi, di conciarsi, che nel suo appartamento e nel modo di dormire. Le venne quasi da ridere. Mancava solo che russasse o parlasse nel sonno ed il quadro era perfetto.

 

Scostò i piedi per liberarsi il passaggio e scendere dal divano. Questi rimbombarono a terra, ma lui non si mosse di una virgola.

 

Cercò un orologio, ma a quanto pare la casa di Cloud era sprovvista anche di quello. Cominciò a chiedersi se avesse almeno il bagno.

 

Orientarsi a casa del ragazzo era semplice visto che era costituita solo da un paio di stanze. Quel piccolo ingresso con il divano dove aveva dormito, che comunque sembrava essere la stanza più grande, la cucina e…il bagno, eccolo.

 

Entrò e si diede una piccola rinfrescata. Il toccò di quell’acqua fredda seppe risvegliarla lavandole via il tipico stordimento del primo mattino. Osservò nello specchio di fronte a sé il suo viso bagnato che gocciolava. Ora mai aveva perso tutto il trucco.

Solo all’ora, mentre si scrutava, si rese conto di avere l’orologio al polso.

Erano appena le sette del mattino. Evidentemente era così abituata a svegliarsi a quell’ora che ormai le veniva automatico alzarsi.

 

Si asciugò in fretta, poi ritornò vicino al divano per cercare la sua giacca blu scuro che aveva sfilato la sera precedente.

La ritrovò buttata su una sedia. Era un po’ sgualcita, ma non ci pensava proprio di lasciarla a casa di Cloud. Non era davvero il caso.

Doveva assolutamente andare via, e alla svelta. Proprio ora che sembrava dormire ancora, prima che potesse montarsi la testa.

 

Si avvicinò alla porta e prima di chiuderla dietro di sé si fermò ad osservare il giovane compagno col quale aveva condiviso i bei momenti degli ultimi giorni.

Frenetici, certo. Però…era stata davvero bene. Si era sentita viva come non si sentiva da molto.

In questo senso era riuscita nel suo intento, quello di vivere un’emozione, un’avventura tutta sua. Seppur piccola e breve, ne era stata felice. Era solo il suo stupido orgoglio o la sua mania di perfezione che le impediva sempre di apprezzare al meglio quelle sue piccole vittorie personali, che ai suoi occhi erano sempre così superflue rispetto quelle degli altri.

 

Lui dormiva ancora beatamente. Aveva ormai occupato tutto il divano, invadendo abbondantemente anche la porzione sulla quale aveva dormito lei fino a qualche attimo prima.

Ritornò indietro e si avvicinò alla finestra per socchiuderla e creare un po’ di penombra, per permettere al ragazzo di riposare ancora un po’.

Le sarebbe dispiaciuto se infatti si fosse svegliato anche lui presto come lei; dormiva così bene.

 

Fatto questo tornò alla porta ed uscì.

 

 

***

 

 

Le strade erano ancora deserte a quell’ora del mattino.

Le uniche persone che impegnavano le vie erano pochi studenti e lavoratori intenti a prendere i mezzi pubblici.

 

Elena era arrivata ai piedi della grande struttura dove lavoravano gli ex dipendenti della Shin-Ra rimasti uniti.

Non sarebbe dovuta tornare dopo il casino successo appena la giornata prima, ma sentiva di dover spiegare la sua versione dei fatti a Tseng, o per lo meno ai suoi amici.

Questo anche a costo di perdere il posto.

Non poteva condividere con questo rimorso, non voleva che gli altri pensassero che fosse impazzita o avesse fatto una bambinata. Voleva almeno andarsene in maniera adulta.

 

Sospirò e inquadrò tutta la struttura.

Aveva solcato centinaia di volte quella soglia, forse questa sarebbe stata l’ultima volta.

Effettivamente sentiva di meritarselo.

In fin dei conti…come avrebbe potuto giustificarsi? Se avesse detto la verità, ovvero che cercava dei nuovi brividi, l’avrebbero fatta ancora più sciocca. Se invece avesse inventato comunque sarebbe stata male con se stessa o, peggio ancora, non le sarebbe venuto nulla di credibile.

Poco importava a dire al verità, l’unica cosa che le premeva davvero in quel momento non erano tanto le conseguenze, ma il togliersi quel peso.

Quindi, con passo deciso, entrò nell’azienda.

 

Si avviò per i corridoi incrociando le solite persone che lavoravano lì con lei. Sembravano tutti molto naturali, quasi come se non fosse successo niente, o come se lei fosse aria, che passava inosservata, come sempre.

Questa sensazione da un lato l’aiutò a sentirsi meglio, ma d’altro canto…forse avrebbe preferito essere trattata come meritava ed essere subito adocchiata da tutti. Mah, forse era per davvero aria.

Si girò in torno in prossimità del suo ufficio e distinse chiaramente chi sperava di incontrare.

 

-Reno…-

 

Il ragazzo si girò e sembrò sorpreso di ritrovarsela a pochi metri di distanza. Lei lo guardava timidamente, aspettando la sua reazione.

Lui sgranò gli occhi non abbassando il bicchierino di plastica che aveva in bocca, poi di colpo deformò la faccia in un’espressione intrigante, mista allo scherzoso e alla felicità di vederla.

 

-Ehi, eccoti finalmente.- Le fece un cenno da cowboy.

 

Elena sorrise e gli si avvicinò.

 

-Come vanno le cose?- disse per capire com’era la situazione.

 

-Il mondo non cambia se ti assenti per qualche giorno.-

 

La bionda, a dir la verità, si rattristo un pochino per quella frase che aveva colto in pieno il suo stato d’animo.

 

-Ehi, piccola! Guarda che scherzo. Sei andata a cazzeggiare ed ora ti trovi nei guai, eh? Ma c’è paparino Reno che risolve tutto.- disse scherzosamente dandole un bel pizzico sulla guancia, così grande da deformarle la faccia.

 

-Ma…che fai? - disse cercando di ricomporsi, ma Reno non accennava a lasciare la presa. Lo guardò in viso e notò che aveva una parte della fronte arrossata e gonfia. -Che…che hai sulla faccia?-

 

-Ah, questo?- disse toccandosi il grosso bernoccolo. Finalmente la lasciò ed Elena prese a massaggiarsi la guancia.

 

-Allora? Finalmente Rude si è vendicato per quando gli hai scaricato gli occhiali nel cesso?- azzardò scherzosamente.

 

-Zitta..! Quello ancora non lo sa!-

 

-Così…eri stato tu.-

 

Reno si voltò e si ritrovò dietro l’imponente figura di Rude che lo fissava dalle sue lenti scure.

 

-Ehm…è stato un incidente, amico!” gli mollò una pacca sulla schiena con fare amichevole.

 

-Ne parliamo dopo. Ora pensiamo ad Elena. Come stai?-

 

-Non c’è male.-

 

-Oh, oh!- Reno le avvolse un braccio attorno alle spalle dondolandola energicamente  –Che domande sono? Elena è la nostra grande donna! Chi può scalfirla?-

 

-S-smettila! Mi prendi sempre per culo!- cercò di divincolarsi ma il rosso era incessante e continuò a giocherellare con lei come faceva sempre.

Tra Elena e Reno era sempre così.

Elena faceva la superiore, lui la lasciava fare per un po’. Subito dopo la bloccava con piccole mosse e le faceva fare cose ridicole tipo smorfie, balletti…

Il più delle volte la ragazza finiva per incazzarsi poiché teneva alla sua immagine diligente. Però talvolta succedeva che finissero per stuzzicarsi a vicenda, anche se Elena non era mai all’altezza di Reno.

 

-Sì, va beh, ma quello fa così perché ti vuole bene.- insinuò Rude guardando maliziosamente Reno.

 

-Ma queste sono cose private, Rude! Poi non te li racconto più i miei segreti.- ammiccò. Reno era sempre capace di scherzare su tutto.

 

Elena lo guardò cercando di far finta di non sentire. Intanto continuava a dimenarsi per scrollarsi il braccio di Reno dal collo. Lui, accorgendosene, cominciò a picchiettarla sulla testa componendole i capelli.

 

-Secondo te come si è fatto quel bernoccolo?- quella affermazione li fermò entrambi. –Ieri, nella confusione. Ci siamo messi a menar mazzate per farti fuggire. Siamo contenti che tu stia bene.-

 

Elena rimase senza parole. Non che non se lo aspettasse, ma sapeva che da ex-Turk, gli ordini erano ordini e andavano rispettati. Loro invece aveva trasgredito per lei.

 

-Davvero..? Allora…non siete in collera con me?-

 

-Scherzi? Proprio ora che finalmente hai cacciato la testa fuori dal sacco e ti sei fatta riconoscere? Benvenuta a bordo!- Reno la mollò e le si rivolse molto seriamente, seppur con i suoi toni perennemente scherzosi.

 

La ragazza li guardò grati. Li aveva sempre considerati degli amici, ma… il fatto che fossero rimasti dalla sua parte e avessero deciso di non giudicarla nonostante tutto, le riempì il cuore di gioia.

Ad Elena in realtà bastava poco per essere felice. Piccoli gesti, parole, che sapessero confortarla di tanto in tanto le erano più che sufficienti per ritrovare il sorriso.

Abbassò gli occhi. Odiava quando le veniva da piangere. Infatti in poco tempo sentì gli occhi bruciare.

 

Poggiò la fronte sulla spalla di Reno che era fronte a lei e si lasciò andare.

 

-Grazie, Senpai.-

 

Reno sorrise e le diede qualche colpo sulla schiena.

Non lo dava a vedere, ma era molto affezionato ad Elena, al suo modo di fare spesso troppo isterico, quando faceva la saputella, quando si metteva a dare ordini a destra e a manca…

La accarezzò un po’, poi rivolse il suo sguardo a Rude.

 

-Eh, eh…non ci rimanere male. Reno è Reno.-

 

-Cosa?- Elena alzò il viso poi allargò le braccia anche in direzione di Rude.

 

-Ma solo Rude sa ballare la danza di Snoopy- abbracciò così anche lui.

 

-A-ah! Ti sei fatto rosso!-

 

-Senti chi parla, il “rosso”.-

 

-Ehi! Che intendi? Sono bellissimi.- disse l’esuberante Turks toccandosi i capelli.

 

Elena si ricompose e si mise al centro tra i due.

 

-Adesso dovrei cercare Tseng. Devo parlargli.-

 

-Wow! Finalmente gli fai la dichiarazione?-

 

-D-Dichiarazione…-

 

-…di cosa?- la precedette Tseng, che intanto era comparso vicino a loro.

 

-Ohi, ohi…lasciamoli soli, lasciamoli soli…- Reno si trascinò dietro Rude, ed insieme si misero a scherzare tra di loro prendendo in giro i due.

 

Elena si imbarazzò di colpo. Ora che Tseng era arrivato, avrebbe dovuto parlargli e…e…

 

Certo, che idioti quei due…perché non la piantano? Mi deconcentrano!

 

Pensò mentre li vedeva ridere in loro direzione.

 

-Va bene se andiamo nel mio ufficio?.

 

-U-uh…sì, è meglio.- annuì lei.

 

 

***

 

 

Tseng aprì la porta del suo ufficio, ordinato e pulito come sempre.

Si poggiò alla scrivania di vetro e si rivolse alla ragazza che sembrava piuttosto smarrita, nonostante fosse stata spesso in quel posto.

 

Il moro si accorse del suo stato d’animo. Come darle torto in fin dei conti? Dopo quello che era successo, logico che fosse sulle spine. Per questo le sorrise e decide di essere veloce nel pronunciare le sue decisioni.

 

Intanto Elena, per la prima volta in tutta la sua vita, era riuscita a reggere lo sguardo di Tseng. Generalmente, se lui le si avvicinava o le parlava, tendenzialmente abbassava lo sguardo. Si scioglieva a quegli occhi severi ed impenetrabili e dopo non riusciva più a connettere nulla.

Questo perché da una parte era perdutamente innamorata di lui, dall’altra era anche la persona che più stimasse a questo mondo. Ogni suo gesto, parola, decisone… per lei non erano solo questo. Erano qualcosa di indiscutibile, di sacrosanto.

Forse da questo punto di vista non si sentiva degna di amarlo.

 

Osservarlo dritto negli occhi era un’emozione nella quale era possibile perdere la ragione, eppure in quel momento le sembrava del tutto naturale riuscire a rivolgerglisi.

Ad un certo punto notò che fu stesso lui a distogliere lo sguardo. Per un attimo pensò di averlo intimidito, questo la fece trasalire. Tuttavia riconosceva che fosse solo una fantasia della sua mente. Sapeva che lui non era abituato a essere desiderato così, forse era anche per questo che l’allontanava e non le aveva mai fatto sperare qualcosa. Tseng in qualche modo rifuggiva il vero amore.

 

-Credo abbiamo esagerato. –

 

Elena sussultò alla voce di Tseng che aveva interrotto quel breve, seppur intenso, silenzio.

Si sentì in dovere di dire qualcosa.

 

-Sì, ho esagerato, me ne rammarico molto. Io non volevo mancare di…-

 

Stranamente Tseng la interruppe subito. In genere non era sua abitudine non lasciare parlare le persone. Le ascoltava sempre in silenzio aspettando pazientemente il momento di dire la sua, se gli era richiesta.

 

-No, no. Hai frainteso completamente.- disse ridendo far sé.

 

La ragazza lo guardò sconcertata.

 

-Mi riferivo a me, a noi dell’azienda.-

 

-Che cosa?-

 

-Lasciami spiegare. Siamo stati un po’ troppo intransigenti con te ed ho lasciato che ti trattassero come una criminale.- si fermò. –Ci ho riflettuto. Li per li mi sembrava la cosa giusta , ma adesso mi rendo conto che non te lo meritavi.-

 

-A-aspetta…! No, cioè… hai ragione tu! Intendo, ad avermi punita! Io ho disobbedito e per di più ho fatto tutto di testa mia appropriandomi di un incarico che tu mi avevi affidato a fiducia. Ho fatto quel lavoro al posto di Reno e Rude per motivi del tutto personali. Questo…questo non è il giusto comportamento di un Turk.-

 

Tseng era rimasto fermo ad ascoltarla, con le braccia conserte. Ad un tratto, dopo una breve pausa, si alzò e le parlò con più scioltezza.

 

-Elena, non essere così severa con te stessa.-

 

Le si rivolse seriamente quasi come a volerle chiedere scusa. Lei si sentiva sprofondare sempre di più. Non voleva che Tseng si sentisse in colpa, non per lei. Lui aveva eseguito gli ordini, non c’entrava nulla.

A un certo punto lui parve fare un’espressione sarcastica e prese a gesticolare leggermente con le mani come mai aveva fatto.

 

-E poi siamo giovani, l’impulsività è una nostra caratteristica. Un po’ di vita ci vuole.-  sembrò imbarazzato lui stesso di parlare a quel modo.

 

Avrebbe dovuto essere la persona più felice del mondo perché Tseng stava cercando di confortarla?

 

- Comunque…- interruppe le sue fantasie - ...Guarda che c’è quella testa chiodata di nostra conoscenza qua sotto. A dire la verità già da un po’…- disse mentre sbirciava distrattamente tra le fessure delle persiane.

 

Elena spalancò gli occhi.

 

-C-Cloud Strife?-

 

-Proprio lui.-

 

-Posso?- gli chiese lei discretamente piegando la testa su un lato.

 

-Certo. Va’ pure.-

 

Detto ciò, la bionda lo ringraziò, fece un profondo inchino e corse via fuori dall’ufficio.

Tseng rimase a guardare nella direzione dove era sparita per un po’.

 

-Che ha l’impenetrabile Tseng? Un piccolo rimorso di ‘coscienza’?- sbucò Reno da dietro la porta.

 

-Da quanto sei qui?-

 

-Da abbastanza…-

 

- Bene, allora non c’è bisogno che ti aggiorno.-

 

-Uhm…e così la piccola Elena se la fa con Cloud Strife, eh? Non sei geloso?-

 

-Mah, diciamo che ho successo con le donne. -

 

-Oh..! Il nostro Tseng è un rubacuori.-

 

-Ci sono molte cose che non sai di me.-  disse ridendo far sé.  

 

 

***

 

 

Elena corse giù per le scale.

Non poteva crederci…come faceva sempre a trovarla?

Sembrava quasi che non riuscissero a separarsi, eppure erano stati assieme per così poco. Il suo cuore batteva forte e non vedeva l’ora di uscire fuori e rivederlo.

Cominciò a sorridere, sicura che chi la vedesse passare l’avrebbe presa per stupida.

Afferrò la maniglia della porta d’ingresso e la tirò con forza.

 

Si aggirò appena un po’ per la strada e subito lo vide, con la solita aria da gran figo che voleva trasmettere.

 

Era poggiato con le spalle sul muro, le braccia incrociate sul petto e le gambe accavallate tra loro.

Il vestito era scuro, come la sera prima, e faceva il solito contrasto con quei capelli che adesso sembravano ancora più biondi. Vedendola, allontanò la sigaretta dalle labbra e la premette contro il muro.

 

Le fece un piccolo cenno con la mano, invitandola ad avvicinarsi.

 

Elena acconsentì e presto fu di fronte a lui.

 

Il sole era abbastanza alto e i suoi raggi emanavano più calore rispetto a quando era uscita.

Quella luminosità così intensa vivacizzava i colori solitamente grigi della piccola città di Edge.

 

Si portò una mano fra i capelli e li aggiustò dietro le orecchie.

 

-Yo.-

 

-Ciao, Cloud.-

 

Rimasero in silenzio ancora per qualche secondo. Elena assunse un’espressione più seria, non voleva che si accorgesse della felicità che l’invadeva in quel momento.

Una felicità alla quale ancora non era in grado di dare un nome, anche se, dentro di sé, sapeva benissimo di cosa si trattasse.

 

-Ti sembra quello il modo di andartene?-

 

-Uhm…ci sei rimasto male?- chiese provocatoria, come non era mai stata.

 

In tutta risposta Cloud si sollevò e le diede le spalle.

Elena non capì e lo guardò incuriosita. Subito il ragazzo girò la testa all’indietro.

 

-Beh, non dovevi ‘pedinarmi’ ? Guarda che io ancora non ho sbrigato quella commissione per i tuoi.- disse giocherellando con una lettera che solo allora aveva cacciato dalla giacca.

 

-Che?-

 

-Sei la mia Turk, no? Allora muoviti o vado senza di te.- ammiccò e prese a camminare.

 

Elena fece qualche passo veloce per raggiungerlo.

 

-Sì, ma… EHI! Aspettami!- disse non trattenendo più il suo sorriso.

 

 

La sua impulsività nel rompere tutto ad tratto le sue abitudini, per lei dei solidi capisaldi, solo per appagare quel piccolo desiderio di un’avventura, di vivere emozioni nuove, di sentire qualche brivido che non avesse mai provato… l’avevano finalmente avvicinata a un po’ di quella perfezione che cercava: una perfezione chiamata felicità.

Ora come ora non le importava quanto sarebbe durato, poteva andare benissimo anche così. Era felice ed il suo cuore palpitava facendola sentire viva e speciale.

Questo era stato un suo grande trionfo.

 

 

Breaking the habits… for the happiness.

 

 

 

 

 

FINE

 

 

 

***

 

 

 

Grazie a coloro che mi hanno seguita. ^^
Spero che questa storia vi sia piaciuta e che il pairing vi abbia coinvolto almeno un po'. 
Cloud e Elena li trovo molto interessanti personalmente. 
Arrivederci! Un bacione a tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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