Anime & Manga > D'Artagnan
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Autore: Tetide    09/01/2010    3 recensioni
D'Artagnan & C. ai giorni nostri: loro sono poliziotti a Parigi, tra di loro c'è Aramis che ha una sorella gemella sensibile e coraggiosa, che sarà capace di portare imprevedibili sviluppi nel dipartimento: sarà lei, infatti, a svelare le losche trame di un giudice corrotto e prepotente, di nome Mansonne.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2- Legami e separazioni CAPITOLO 2
LEGAMI E SEPARAZIONI

Aramis stava scorrendo velocemente ma attentamente il documento che aveva dinanzi, con gli occhi sempre più sgranati per lo stupore. Finì di leggere e si alzò, sbattendo una mano sul tavolo.
“Accidenti! Ma si può?”.
Porthos e D’Artagnan si voltarono di scatto, il bicchiere del caffè ancora fumante in mano.
“Che c’è, Ara?”,
“Avete dato un’occhiata a questa roba? Pare che quel Mansonne debba avere un ruolo preponderante nel processo che si terrà all’ex-sindaco, Luigi Capeto!”,
“Ah, già! Gli appalti truccati!” D’Artagnan finì il suo caffè e gettò il bicchiere vuoto in una pattumiera “Si concluderà, finalmente?”,
“Si spera di sì… Ma questa società fantasma che gestiva tutti gli appalti per conto di Capeto pare abbia sede in Normandia…”,
“Quale società?” fece Porthos,
“La “Maschera di Ferro Inc.”: erano loro a gestire gli affari sporchi del nostro caro ex primo cittadino. Ha sede a Nantes. E Mansonne viene proprio da Nantes…”,
“E allora?” continuò D’Artagnan “Lo avranno chiamato proprio perché ha in mano testimonianze dirette preziose. Non lasciarti influenzare dal fatto che ti è antipatico!”.
Il tenente si alzò. “Scusate, avete ragione, ma… non sopporto chi maltratta le donne, lo sapete!”,
“Il nostro Aramis è un vero gentiluomo!” esclamò Porthos “Sarebbe stato bene alla corte di Luigi XIV!”.
Per tutta risposta, lui lo guardò accigliato.
In quel momento, la porta si aprì.
“Basta! Non ce la faccio più!!” un uomo entrò, una mano premuta sugli occhi.
“Che ti succede, Athos?”,
“La mia ex-moglie, Milady! Ora ne vuole ottocento al mese! Dove li trovo? Io non sono miliardario come Bill Gates!”.
Gli altri tre si guardarono, scambiandosi un sorrisetto.
“E’ il destino per aver sposato una segretaria, amico! Se mai Francine vorrà divorziare da me, sarò io a prendere gli alimenti, dato che lei è ingegnere ed io solo un gendarme!” scherzò Aramis,
“Molto spiritoso! Ma io non so dove andare a prendere quei soldi!”.
“E’ permesso?”.
Una voce femminile dal tono dolce, che giungeva dalla porta, attirò l’attenzione di tutti.
“Ho bussato, ma nessuno ha risposto…”.
Aramis e Porthos riconobbero la donna del mattino precedente.
“Venga pure avanti, signorina. E ci scusi, non l’abbiamo sentita”, le si fece incontro Aramis.
“Prego!”, la invitò a sedersi.
“In cosa possiamo esserle utili?” chiese Porthos,
“Ecco… io… ero venuta a ringraziarvi”,
“Ma dovere, signorina! E’ il nostro mestiere! Lei non deve ringraziarci di nulla!”,
“Sapete, quell’individuo… mi aveva messo proprio le mani addosso!”.
D’Artagnan si era avvicinato, e la ascoltava con attenzione.
“Il suo nome, signorina?” le chiese,
“Costance Bonacieux”,
“Era lì da molto, quando siamo arrivati noi?”,
“Da circa mezz’ora. Non voleva lasciarmi andare, finché non mi fossi decisa a spostare la macchina!”.
I quattro si guardarono, ed annuirono.
“Ad ogni modo, è finita, signorina. Può star tranquilla, ora”,
“Invece ho paura. Quell’uomo ha detto di essere un giudice. Sapete, io lavoro al tribunale: sono un apprendista avvocato”.
D’Artagnan, a quel punto, si chinò su di lei “Non le farà niente: lo abbiamo ammonito. E per qualunque cosa, può chiamare questo numero” , le porse in mano un foglietto “è il numero della centrale operativa” spiegò “per qualunque bisogno, là mi trova sempre, a qualsiasi ora”,
“Grazie, signore”,
“Mi chiami pure D’Artagnan”.
Gli altri notarono che il collega e la giovane signora si scambiavano sguardi timidi, ma interessati. Lei si alzò.
“Scusate se vi ho fatto perdere tempo. Adesso devo andare. Grazie di tutto”.
“La accompagno”, D’Artagnan la precedette per aprirle la porta.
Dopo che fu uscita, il ragazzo si appoggiò con le spalle alla porta chiusa, gli occhi sognanti in aria.
“Ma l’avete vista bene? Era uno schianto!” disse.
Gli altri tre lo guardarono basiti.
“Ti sei preso una sbandata, amico?” fece Porthos; lui non gli rispose.
“Non sarebbe da te” aggiunse ancora l’altro.
“Di qualunque cosa avrà bisogno la signorina Bonacieux, me ne occuperò io. Intesi?” fece poi D’Artagnan, alzando due occhi determinati.
“Come preferisci” Aramis lo guardava sgranando gli occhi.

                                           **********

Aramis rientrò a casa un po’ prima del solito; sentì nell’aria Tienimi con te di Baglioni, e capì che anche la sorella era rientrata.
La sentì canticchiare dalla cucina e sorrise: aveva imparato quel poco di Italiano per capire il suo cantante preferito, ricordò.
Timidamente, aprì la porta della cucina “Renée, che fai stasera?”;
lei sollevò la testa dal bollitore colmo di cioccolata che teneva in mano “Perché? Si va da qualche parte?”,
“Da Athos, se ti va di venire”,
“O.K.! Dammi un minuto”.
La giovane sparì nella sua stanza.
Aramis sorrise nuovamente; sempre in movimento, piena di vita: questa era sua sorella, la sua Renée! Quanto era cambiata da quella bambina con grandi occhi lucidi che si aggrappava alla sua mano davanti alle bare che contenevano i resti dei genitori mescolati a quelli di altri occupanti dell’aereo, in quella chiesa semibuia, di tanto tempo prima! A quell’epoca era così indifesa, debole: sarebbe bastato poco per farle del male! Adesso, invece, era una ragazza vitale e forte.
Se papà e mamma potessero vederla!, pensò.
“Sono pronta. Andiamo?”, era uscita dalla stanza.
“Il tuo ragazzo dov’è, stasera?” le chiese il fratello; lei fece spallucce.
“In giro con colleghi: devono preparare una tesi, pare”,
“E a te non dispiace?”,
“No. Io gli do fiducia”,
“Contenti voi…”,
“E Francine viene?”,
“Sì. E’ andata a comprare i rinfreschi assieme a Porthos. Ci vediamo là”.
Scesero in strada; l’aria era frizzante, si avvertiva l’inizio della stagione fredda.
“Accidenti! Dovevo mettere i pantaloni di lana!” fece Renée,
“Ci scalderemo camminando”,
“Che? Non hai portato la moto?”,
“Sì, ma è parcheggiata in fondo alla strada. Qui non c’era dove metterla”,
“Come al solito”.
La Yamaha di Aramis era una moto di grossa cilindrata, di un amaranto laccato che dava molto nell’occhio; lui aveva un casco dello stesso colore in cui nascondeva i lunghi capelli biondi durante i tragitti.
“Questo è tuo!” fece, porgendo alla sorella un casco grigio quando ebbero raggiunto il veicolo. Facendo una smorfia, lei lo prese “Mi rovinerà l’acconciatura!”,
“Preferisci rovinarti il cervello?”,
“Questo dipende da te, fratello: sei tu che guidi!”,
“Spiritosa, molto spiritosa!”.

                                     **********

A casa di Athos era tutto pronto. O quasi.
Francine e Porthos stavano finendo di sistemare sul tavolo i rinfreschi, croissant, quiches e formaggi di vario genere, insieme a spiedini di frutta multicolore; il padrone di casa stappava le birre e gli aperitivi, con una faccia da funerale.
“E dài, amico!” Porthos gli diede una pacca sulla spalla “E’ il tuo compleanno, o il tuo funerale?”,
“Se quella sanguisuga non la smette, tra non molto sarà il mio funerale” borbottò,
“Secondo me, te la prendi troppo” si intromise Francine “dovresti trovare un bravo avvocato, come ha fatto lei!”,
“Sì, bella forza! Lei ha il suo capo, come avvocato! Non le costa niente! Ma io, se ne cerco uno, e magari vinco la causa, quello che non pagherò più a lei dovrò passarlo all’avvocato come compenso!”,
“E piantala di crucciarti, anche stasera! Non porta bene, sai?” Porthos aveva già addentato un croissant.
Francine guardò l’orologio “Aramis dovrebbe essere già qui. D’Artagnan dov’è?” chiese a Porthos, alzando la testa,
“E’ andato a prendere la torta: alle nocciole e caffè, come piace al nostro festeggiato! E vediamo se cambia espressione!” rise.
Il citofono squillò.
“Vado io” fece Francine, correndo verso la porta.
“Piano con quei tacchi, o salirà tutto il vicinato! L’età media, qui, è dagli ottanta in su!”.
“Sono Marcel e Alain”, la ragazza mise giù il citofono.
Poco dopo, altre due persone entrarono, con le mani colme di bottiglie e pacchetti.
“Dove li mettiamo questi?”,
“In salotto” fece strada Francine.
Porthos mise su un pezzo degli Aerosmith.
“Povero me!” Athos si coprì gli occhi con una mano “Che festa!!!”.
“Yuhuu! Eccoci qui!” Renée ed il fratello sbucarono dalla porta dietro agli amici,
“E da dove saltate fuori voi due? Non vi abbiamo sentiti bussare!” Porthos strabuzzò gli occhi,
“Siamo entrati dietro a Marcel ed Alain, dato che il portone era aperto”.
Francine si buttò letteralmente addosso ad Aramis “Amore! Finalmente!!”.
I due si scambiarono un bacio.
Renée girò la testa sorridendo, fingendo di non guardare; poi, la sua futura cognata le si avvicinò “Ciao splendore!”, disse.
Lei le sorrise, in segno di saluto.
“Com’è che sei da sola? François non c’è?” le chiese poi,
“Ha avuto un impegno improvviso. Sarà per un’altra volta”.
Aramis guardò la sorella con aria pensierosa; sapeva bene quali erano gli “impegni imprevisti” del suo non amato futuro cognato, e poteva dunque facilmente indovinare che anche questo non si discostasse poi molto dai precedenti; solo, non capiva perché sua sorella non gliene avesse fatta parola.

La festa procedette bene; circondato dagli amici di sempre, Athos riuscì ad abbandonare, per qualche ora almeno, i suoi crucci, ed a lasciarsi andare a qualche risata meritata.
Porthos, da solo, fece onore alla torta, a buona parte delle tartine ed ad un paio di bottiglie di Pepsi.
D’Artagnan cercava di intrattenere la single improvvisata Renée, ma i suoi pensieri erano altrove.
“Decisamente una bella festa, Ara! Vi debbo ringraziare tutti quanti”, fece Athos,
“Lascia perdere” rispose Aramis, tenendo in mano una bottiglia di birra “per gli amici, si fa tutto con piacere!”,
“C’è una cosa, però, che non mi convince…” gli si avvicinò all’orecchio,
“Sarebbe?”,
“Tua sorella. Perché se ne sta impalata in un angolo senza parlare con nessuno? Di solito, lei è così socievole!”.
Aramis sbuffò, preoccupato “E’ da oggi che me lo chiedo, Athos. Finge di star bene, ma io so bene che non è così. Le sta succedendo qualcosa, è evidente; ma non vuole dire cosa”.
Athos guardò intensamente Renée: quella ragazza gli era sempre piaciuta.
Era forte e determinata, eppure gentile e garbata: mai che prendesse di sopra la gente o che mancasse di rispetto a qualcuno; proprio il contrario di Milady, la sua ex-moglie, la quale credeva che tutto le fosse sempre dovuto! E poi, era bella Renée, molto bella; proprio come suo fratello Aramis, al quale tutte le donne della gendarmeria facevano gli occhi dolci!
Quasi gli avesse letto nel pensiero, il biondo tenente gli disse “Preferirei che fossi tu mio cognato, Athos: di sicuro, la tratteresti meglio! Perché sono sicuro che, qualunque cosa sia successa, ha a che vedere con quel François!”.
Athos annuì: da quando stava insieme a François, Renée era diventata molto cupa.


                                               **********

D’Artagnan pagò il barista e corse via, il cuore leggero per la troppa gioia a tal punto da non riuscire quasi a stare per terra.
Era in momenti come quello che apparivano palesi ed evidenti a tutti i suoi appena ventuno anni: quando tutto il suo essere mostrava un entusiasmo tale da non potere essere contenuto in un corpo, né certamente da poter essere imbrigliato nei modi pacatamente gioiosi dell’età adulta.
Tornò ai tavolini sul terrazzo, dove una raggiante Costance lo stava attendendo, seduta con il viso appoggiato sulle mani unite.
“Scusa se ti ho fatto aspettare. Ecco il tuo succo di pera” disse lui, porgendole un bicchiere colmo.
Si sedette anche lui, iniziando a sorseggiare un caffè alla turca.
Da quasi due settimane, ormai, si vedevano: l’incontro in gendarmeria era stato galeotto per entrambi, e dal quel giorno Costance prima e D’Artagnan poi avevano trovato ogni scusa per dare appuntamento all’altro in posti che ben poco avevano a che fare con un ufficio di polizia. Fino a quando non avevano capito che la loro era molto più di reciproca simpatia.
“Com’è andata, oggi, in tribunale?” le chiese lui; lei fece spallucce
“Come al solito. Cause di condominio e questioni patrimoniali; non c’è granché, in questo periodo”,
“Ma quando inizierà il grande processo?”,
“Quello all’ex-sindaco? Dovrebbe essere ai primi di Novembre, se non sbaglio”,
“E tu assisterai?”,
“Credo di sì, come uditrice, almeno. Ma ti confesso che l’idea di rivedere quel Mansonne mi piace sempre meno”.
D’Artagnan rise “E per quale motivo? Mentre lavora non potrà farti niente!”,
“Non mi piace comunque. E’ falso. Ha una voce che somiglia ad un sibilo. La sua sola presenza mette agitazione”,
“Dài, tesoro! Non mi dirai che una tosta come te si spaventa per così poco! Dimostragli che non hai paura di lui! Verrò anche io in aula, qualche volta, se ti potrà aiutare. Va bene in questo modo?”.
Lei sorrise, e chinò il capo in segno di assenso.


                                             **********

Renée rientrò a casa prima del solito; era una sera di metà Novembre, e su Parigi pioveva forte.
Chiuse la porta, appoggiandovisi con le spalle. Tese l’orecchio per percepire rumori: silenzio.
Aramis non era ancora rientrato; bene, meglio così.
Gettò la sacca sul divano del salotto, e si diresse in camera sua per cambiarsi; aveva un macigno al posto del cuore.
I genitori di François avevano davvero esagerato, quella sera. Venirla a trovare al bar, durante l’orario di lavoro, per metterla in ridicolo davanti a clienti e colleghi non era stato davvero il modo migliore di concludere una giornata già pesante di per sé; poi, il fatto che François fosse presente, e non facesse nulla in sua difesa, limitandosi a restarsene in un angolo con gli occhi bassi, mentre sua madre la chiamava “ragazzina senza dignità”, era stato davvero troppo!
Possibile che quel ragazzo che diceva di amarla tanto preferisse lasciarla umiliare, piuttosto che contraddire la madre? Si coprì il viso con le mani, scoppiando in lacrime.
Ricadde sul divano, scossa dai singhiozzi.
Perché, perché François non era come suo fratello, sensibile e generoso? Perché si continuava a comportare da ragazzino viziato e debole?
Restò a piangere per una buona mezz’ora; poi, si asciugò il viso e si alzò, decisa ad andare a prendersi qualcosa da bere per affogare il suo dolore.
Passò davanti alla porta socchiusa della camera di Aramis, e solo allora si accorse che da lì giungevano dei rumori attutiti.
Sospiri.
Imbarazzatissima, fece un passo indietro, nascondendosi nel vano di una porta.
Aveva capito benissimo cosa stava succedendo lì dentro, e che Aramis non era da solo; e lei non voleva certo fare la spiona che osserva di nascosto il fratello fare l’amore con la fidanzata!
Stando attenta a non far rumore, tornò sui suoi passi, rientrò in salotto e si accese la televisione, chiudendo la porta.
Dopo un po’, sentì un lieve bussare all’uscio.
“Si può?”,
“Francine! Entra!”.
La ragazza richiuse la porta dietro di sé “Scusa. Non volevamo metterti in imbarazzo: credevamo che in casa non ci fosse nessuno”.
Lei sorrise “Non preoccuparti, non lo avete fatto. Sono rimasta qui a godermi un po’ di TV”,
“Che fai a casa a quest’ora?” Francine si stava sollevando i suoi lunghi capelli castani in una crocchia,
“Ho avuto una sera di permesso” mentì Renée,
“Strano! Non succede mai”, Francine passò a sistemarsi la vestaglia,
“Ogni tanto succede” Renée sorrise in modo obliquo.
L’altra la guardò “Non mi convinci stasera, Renée. Mi sembri strana”.
Lei fu brava a glissare l’argomento. O quasi.
“Posso farti una domanda, Fran?”,
“Certo. Dimmi pure”,
“Quando è stato che tu e Ara… beh, sì, insomma… che avete capito di essere fatti l’uno per l’altra?”.
Francine sorrise “E’ questo che vuoi sapere? Beh, è stato quando… abbiamo capito di volere l’uno la libertà dell’altro!”.
La ragazza sorrise “Ed è successo presto?”,
“Abbastanza, sì. Ma, scusa, tu e François…”,
“Non l’abbiamo ancora capito, no…” la voce di Renée iniziava a frantumarsi di nuovo nel pianto.
“Ehi, ehi, tesoro!” Francine la abbracciò “Non è il caso di piangere, davvero! Forse il vostro rapporto ha solo bisogno di un po’ di tempo. Dateglielo, e tutto andrà meglio!”,
“Vorrei darti ragione, Francine. Ma credo che tra me e François il tempo sia scaduto, ormai”.
La cognata la lasciò andare, e la guardò intensamente.
“Allora, significa che non è quello giusto per te”.
  
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