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Autore: _Ceres_    03/07/2005    6 recensioni
L'amore non è eterno, anche se alcuni si illudono che esistea un'anima gemella con cui ci si possa amare per l'eternità. Però esistono amori che non si affievoliscono col tempo, nemmeno se qualcuno fa di tutto per dividerlo. Ma in quel caso si nasconde dietro l'odio dell'abbandono e il dolore di essere soli...
Genere: Romantico, Triste, Drammatico, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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tanpopo01

Tanpopo
di _Ceres_


cap.1
Ordinary people


Non guardare indietro,
potresti ricordare qualcosa che vuoi dimenticare.
Non guardare avanti,
potresti sognare qualcosa che non avverrà mai.
Chiudi gli occhi 
e riaprili quando avrai la forza di tornare indietro senza piangere
e andare avanti
sorridendo.

 

La pioggia batteva forte sulle finestre dell'aula, producendo un rumore attutito che unito alla voce calma del professore creava un'atmosfera piacevole, quasi soporifera. Mosse dal vento le fronde degli alberi sbattevano contro i vetri dell'aula, come fantasmi inquieti che cercavano di esternare il loro dolore urlando e scuotendo tutto quello che trovavano sul loro cammino. Ma di dolore non ce n'era in quella classe... solo la voce monotona del vecchio professore di algebra e le chiacchiere bisbigliate dei compagni. Non era certo una giornata adatta allo studio, ma piuttosto al riposo; ciò nonostante Ichigo si obbligò ad osservare attenta il professore, prendendo appunti sul metodo di Ruffini.

"Ruffini... ma 'sto qui aveva niente di meglio da fare che inventare il suo metodi?" pensò tristemente la ragazza, cercando di capire qualcosa dei calcoli alla lavagna. La matematica non era il suo forte, decisamente: non la si poteva imparare da un libro -come il professore amava dire, nella sua materia bisognava saper giocare con i numeri- quindi non serviva a molto imparare a memoria le regole che governavano i diversi principi. E per una studentessa che giocava tutto sulla memoria era una cosa impossibile.

    - ... quindi da questo potete dedurre che Ruffini si può applicare solo se sono presenti due condizioni nel divisore: quali sono, Momomiya? -

La ragazza si alzò, prontamente. - Il divisore deve essere un binomio di primo grado, e la lettera ordinatrice deve avere coefficiente uno. -

    - Ottimo, Momomiya... siediti pure. - il vecchio professore le sorrise, scarabocchiando un giudizio positivo sul suo registro, poi si tolse gli occhiali e continuò - Ora andremo avanti con... - non riuscì a terminare la frase che la campanella suonò la fine delle lezioni. - Ragazzi, nella prossima lezione ci sarà un test su quanto abbiamo fatto fin'ora... studiate tutto il programma svolto, in particolare i prodotti notevoli... - raccomandò il professore, anche se sapeva che gran parte della classe era già persa nei propri pensieri. Colpa della pioggia, pensò.

Ichigo chiuse il libro stancamente, convincendosi che anche continuando a fissare per ore quei numeri alla lavagna non ne avrebbe cavato un ragno dal buco. Si alzò, stropicciandosi gli occhi per la stanchezza, e sistemò alla meglio i libri nella borsa. Poi si diresse verso la porta, dove l'attendeva Rei, sorridente. Appena la moretta notò la faccia dell'amica esclamò:

    - Ichigo! Che hai, sei stanca? -

La rossa annuì. - Ieri sera Tanpopo non mi ha fatto dormire... pensa che anche questa volta ha sognato che un enorme bambola assassina era venuta a giocare con lei alle 'signore prendono il the', ma il the era avvelenato... -

    - Non ci credo, ancora la bambola assassina! - l'amica rise di gusto. Tanpopo sognava spesso una bambola grondante di sangue, sempre con gli stessi abiti e lo stesso sguardo 'terrorificante', come lo definiva la bambina; anche se la sognava in mondi diversi era sempre l'oggetto dei suoi incubi. Un vero e proprio caso patologico, e molte volte Ichigo si era chiesta se non fosse il caso di portarla da un bravo psicologo. Ma poi pensava che i bravi psicologi costavano, e le sue finanze non glielo permettevano...

    - Già... così alla fine non ho dormito più di tre ore... sono stanchissima. Penso che appena arriverò a casa mi butterò sul letto e mi metterò a dormire. -

    - Ma come, Ichigo? E al karaoke allora non ci vieni? - Rei sembrava più arrabbiata che dispiaciuta. Dopo la scuola di solito  lei andava a divertirsi col suo gruppo, in discoteca o al cinema, ma molte volte era costretta a declinare gli inviti. In fondo non poteva certo comportarsi come i suoi coetanei, lei aveva delle responsabilità come madre -molte volte però questo la seccava, e avrebbe voluto essere una normale ragazza senza impegni o doveri. Ma a quanto pare il destino l'aveva presa di mira, nemmeno ora che i geni del gatto di Iriomote dentro di lei si erano addormentati era *normale*... 

Quella sera poteva lasciare Tanpopo con la madre e andare a divertirsi, ma preferiva riposare: quella settimana era stata veramente stressante. Era dura lavorare di giorno e frequentare la scuola serale, senza contare gli obblighi verso la figlia. Scosse la testa, declinando l'invito.

    - Mi spiace Rei, ma non ce la faccio. Domani poi devo fare tutta la giornata al negozio, e devo fare compere con Tanpopo... mi spiace veramente tanto, questa volta potete fare a meno di me, ok? -

    - ... ok, ma solo per questa volta... certo che dev'essere dura avere una figlia, non è così? -

Ichigo sorrise dolcemente, poi rispose - E' vero, a volte è veramente dura. A volte penso che la mia vita sarebbe migliore senza una figlia, che io sarei più libera... ma quando arrivi a casa, e Tanpopo ti viene incontro con quel bellissimo sorriso e le guance tutte rosse, e ti vuole raccontare tutto quello che ha fatto... e giocare... pensi che non ne potresti fare a meno. E' faticoso, ma gratificante. -

Rei la osservò per pochi secondi, tristemente. Era così cambiata dalla ragazza spensierata che conosceva alla medie... sembrava che dopo la nascita di Tanpopo fosse diventata più adulta, ma dolce... come una madre. Tutto in lei aveva assunto quel ruolo: i capelli rossi scarlatti ricadevano lunghi sulla schiena, ed alcune ciocche di capelli che sfuggivano alle forcine dorate coprivano gli occhi nocciola, dello stesso nocciola di un tempo, anche se si poteva scorgere il dolore di quello che aveva passato e che stava affrontando ora.

    - Oh, accidenti! - esclamò Ichigo, serrando i pugni e agitandoli in aria arrabbiata.

    - Che c'è? -

    - Ho dimenticato l'ombrello... - disse, mostrando la lingua. Rei sospirò, tirando fuori il suo. Per quel lato non era cambiata... Aprì di scatto l'ombrellino arancione ed uscirono insieme, attraversando velocemente il cortile infangato, proteggendosi col grande tomo di algebra dalla pioggia che si faceva sempre più forte.

    - Ichigo... ma alla fine com'è andato l'appuntamento di ieri? - le chiese l'amica improvvisamente.

    - Ma non era un appuntamento! - protesto l'altra, mentre le sue guance prendevano un colorito rossastro.

    - Confessa, confessa! Quello era un tuo ex... come si chiama... Aoyama! -

    - Eravamo insieme alle medie, Rei! E' preistoria ormai! -

    - Ma ti piaceva tanto... ricordo che solo a fare il suo nome diventavi rossa alla pari dei tuoi capelli. Dì la verità, che cosa è successo fra voi due? -

   - Niente... - mormorò per liquidarla -non le piaceva affatto la piega che stava prendendo quel discorso, ma Rei le scoccò un'occhiataccia e decise di raccontarle tutto. Quella dopotutto era la sua migliore amica, no?

   - Beh... ci siamo visti in un caffè, e abbiamo parlato del più e del meno. Lui fa l'agente immobiliare ora, con un discreto successo. Ogni tanto esce con qualcuna, ma non ha ancora trovato la sua 'anima gemella...' E poi... poi si è offerto di aiutarmi con Tanpopo. Sì insomma, sai che lei ha bisogno di un padre... -

   - Ma lei ce l'ha, un padre... - cominciò Rei, ma si zittì subito vedendo l'espressione fredda di Ichigo. Aveva provato molte volte a convincerla, ma invano: su quel punto era irremovibile, ed infatti anche quella volta le parole non cambiarono affatto.

   - E' vero. Ma mi rifiuto di accettare che uno come lui sia il padre del mio angelo. - disse, e negli occhi dell'amica Rei poteva vedere rabbia, rancore, voglia di riscatto e il dolore dell'abbandono. Lo sapeva bene che cosa aveva provato Ichigo in passato, ma non poteva certo continuare ad andare avanti così, da sola. Tanpopo aveva davvero bisogno di una figura maschile, ed il suo vero padre, per quanto stronzo e vigliacco quanto potesse essere, doveva sapere di avere una figlia. Sangue del suo sangue. E Ichigo non poteva continuare a studiare, lavorare e prendersi cura di sua figlia da sola.

   - ... e tu cosa gli hai risposto, Ichigo? Gli hai detto di sì, vero? -

La rossa non rispose, osservando distrattamente una vetrina.

   - ... vero che lo hai fatto? Dimmi di sì... dimmi qualcosa! -

   - ... NO, gli ho detto di no, che potevo farcela con le mie forze. NON mi guardare così, Rei chan - la bloccò prontamente, vedendo che l'amica aveva aperto bocca per ribattere - E' inutile che tu mi dica di quale stupidità abissale io sia dotata, e non voglio sentire una delle tue solite prediche. Mi sono fidata una volta di un uomo, e sono rimasta incinta al secondo anno di liceo! Non voglio fare di nuovo lo stesso errore, e poi ce la faccio, davvero... -

    - No, Ichigo, no! Un giorno crollerai, me lo sento! -

    - Non ti preoccupare Rei... se un giorno dovessi crollare allora chiederei aiuto a Masaya e a te. E poi i miei genitori mi sostengono sempre... -

    - Va bene Ichigo chan, se la pensi così... - fece non molto convinta.

Arrivarono alla metro, il luogo d'incontro dei suoi amici. Quando Ichigo disse loro che non poteva venire reagirono più o meno come Rei, lamentandosi e cercando di convincerla, ma la lasciarono andare. Capivano tutti in che situazione fosse.

    - A domani Ichigo! - la saltarono, e lei ricambiò con un gesto della mano da dietro il vetro dello scompartimento. Non c'era porto per sedersi, così si aggrappò ad uno dei sostegni di metallo e prese un libro dalla borsa, il libro di scienze. Doveva cercare di buttarsi avanti con lo studio, domani ci sarebbe stato un altro test e doveva lavorare...

    - Dunque... capitolo terzo... - iniziò a leggere il paragrafo, ma dopo poche righe già era persa nei suoi pensieri. Scosse la testa, rileggendo quelle frasi, ma per quanto ci provasse la mente non sembrava capire niente di quello che leggeva. Decise di metterlo via, non sarebbe riuscita a concentrarsi se non si fosse prima riposata.

Stazione di Narita, ripeto,  fermata alla stazione di Narita...

Scese tra la calca dalla metro, e si avviò correndo verso la casa dei suoi genitori. Aperta la porta trovò subito la madre arrabbiata, le mani sui fianchi e lo sguardo torvo.

    - Ichigo! -

    - Ehm... si mamma? - rispose dolcemente, togliendosi le scarpe ed infilandosi le pantofole di casa. Guardò a terra: goccioline d'acque le cadevano dai vestiti, e in pochi secondi si era già creata una piccola pozzanghera. Sapeva che la madre si sarebbe arrabbiata ancora di più, odiava che casa sua fosse sporca. E ora lei era bagnata fradicia. Prese velocemente un asciugamano, passandoselo sui capelli ramati.

    - Sei tutta bagnata piccola! Perché non hai portato l'ombrello? -

    - Non potevo sapere che avrebbe piovuto, mamma... - e roteò gli occhi, dirigendosi verso la cucina.

    - No signorina! Non provare a girare per casa tutta bagnata, ho finito di pulire appena adesso! -

    - Ciao papà, ciao piccola mia! - salutò, mentre suo padre le sorrideva leggendo il giornale e la piccola Tanpopo correva verso di lei, felice.

    - Mamma, mamma! Ti devo dile una cosa! -

    - Cosa, Tacchan? - abbracciò la bambina, mentre la madre cercava di allontanarle dicendo che Tanpopo avrebbe rischiato la polmonite così, e Ichigo pensò che forse non sarebbe stato negativo possedere ancora i poteri di mewmew, almeno avrebbe potuto arrivare a casa prima.

    - E' un segleto, non lo posso dile qui. - disse semplicemente la bambina, incrociando le braccia con aria saputa.

    - Hai ragione, andiamo. Ho bisogno di farmi un bel bagno, vieni anche tu.* -

La prese in braccio, percorrendo il corridoio fino al bagno. Ichigo chiuse la porta, e mormorò:

    - Ora siamo sole, dimmi tutto. -

La piccola, che aveva già cominciato a spogliarsi, si fermò e sorrise.

    - Mamma, ho il ragazzo! - Poco ci mancò che Ichigo scivolasse per terra, poi si rialzò e boccheggiò:

    - Co... cosa? -

    - E' Tomoya, il mio amico all'asilo! Ha detto che gli ttavo simpatica, e ha detto anche che un gionno ci sposelemo. Ma dobbiamo decidele ancola la data. - fece, annuendo come se fosse una cosa ovvia.

Ichigo guardò la piccola Tanpopo, che sorrideva contenta mentre apriva il rubinetto della vasca. Non poteva crederci: la sua piccolina, la SUA bambina, all'età di 5 anni aveva già il fidanzatino! No, non poteva, lui l'avrebbe di certo fatta soffrire, illudendola di un amore eterno, l'avrebbe ferita e abbandonata per una più bella, ricca e disponibile...

... ma no, di che si preoccupava? Erano bambini dell'asilo, santo cielo, di certo un giorno di quelli, magari domani, sarebbe venuta a casa dicendo che ne aveva trovato uno più simpatico... Tanpopo sorrise, trascinandola per la mano verso la vasca.

    - Allola mamma, sei contenta? Pecchè non palli più? -

    - Ma no, sono contenta per te Tacchan... -

    - Mamma? - la chiamò la piccola, mentre le insaponava i capelli.

    - Uhm? -

    - Tu ce l'hai mai avuto un fidanzatino? -

Immediatamente l'immagine di un ragazzo si fece spazio nella sua memoria, ma Ichigo lo respinse subito. Sospirò seccata, prendendo ad insaponarsi il braccio sinistro.

    - Sì, tesoro. -

    - E' bello no? Tomoya mi fa sempre tanti regalini. Oggi mi ha fatto un blaccialetto con la pasta cololata... -

Si fermò subito, mentre molti altri ricordi che credeva di aver cancellato cercavano di salire a galla. Risciacquò il sapone dal corpo e si immerse nella vasca, seguita a ruota dalla figlia.

    - ... sì, ma vedi... - disse, spostandole una ciocca bionda dal viso, quel viso che assomigliava così maledettamente a quello di lui, quell'uomo che l'aveva fatta soffrire - ... non tutti i fidanzatini ti fanno i regali perché ti vogliono bene. - Tanpopo la guardò curiosa, non capendo quello che sua madre voleva dire.

    - Mamma, ma io non faccio i regali a qualcuno che mi sta antipatico! -  protesto energicamente, seguendo una logica esatta per una bambina di 5 anni che non aveva la benché minima idea di che cosa fosse il mondo al di fuori dalle mura di casa.

    - Voglio dire che non tutte le persone sono quello che credi. Magari pensi che loro sono buone, e che ti vogliono bene... invece sono totalmente diverse... oh, lascia stare. Che cosa hai fatto oggi, insieme ai tuoi amici? -

    - Oggi ho imparato a scrivere il mio nome, e poi la maetta ci ha laccontato una ttoria, e poi... - cominciò a raccontare la bambina, ma Ichigo non le prestava molta attenzione. Non poteva fare altro che osservare i suoi lineamenti, il suo modo di fare, i suoi occhi così azzurri come...

... come i suoi...

Tanpopo assomigliava molto a lui. Troppo forse. Ogni volta che la guardava ricordi, brutti e belli, le ritornavano in mente, ricordi che aveva cercato inutilmente di dimenticare, ricordi che facevano male, dentro, nell'anima...

Aveva cercato ci ucciderla.

Cioè, ci aveva solamente pensato. Lei era un continuo ricordare, era la prova della sua ingenuità e della sua capacità di amare qualcuno fino ad abbandonarsi completamente, quella capacità che aveva una volta. Perché dopo di lui, di quello sporco bastardo di Ryo non aveva più *amato* qualcuno. Aveva come perso la capacità di fidarsi completamente ed abbandonarsi, forse era rimastra troppo segnata, e non sarebbe mai stata capace di aprire un'altra volta il suo cuore a qualcun'altro.

Tanpopo era un legame vivente con quella persona che aveva cercato in tutti i modi di dimenticare. Come un ponte fra lei e quell'uomo con cui aveva cercato di tagliare tutti i ponti, tranne quello. Non poteva uccidere la sua bambina, non poteva fermare il cuore di quella piccola creatura che si fidava così tanto di lei, non poteva tradire così egoisticamente la sua fiducia come aveva fatto Ryo con il suo amore.

Ichigo l'amava. Per questo non poteva.

Ma questo voleva dire anche che Ryo non l'aveva mai amata, lui che l'aveva tradita così facilmente... ?

    - ... e poi ho imparato una nuova canzoncina... mamma, ttai bene? -

    - Eh... eh? Cer... certo Tacchan, certo... dai, usciamo dalla vasca che è tardi... -

Tirò fuori la piccola, legandole attorno uno strofinaccio, e tolse il tappo della vasca. L'acqua cominciò a vorticare piano, sparendo a poco a poco, e Ichigo si bloccò ad osservare i riflessi di quel vorticare ordinato, desiderando che anche i suoi ricordi più tristi potessero uscire così dalla sua memoria.

~

* In Giappone il bagno non si fa tanto per lavarsi, ma è un momento di relax. E non è raro che i genitori facciano il bagno con i figli, quando sono piccoli naturalmente...

Bene, primo capitolo finito. Devo avere il nos nelle mani, perché l'ho scritto di getto in poche ore! Beh, ditemi che ne pensate. E recensite, mi raccomando!

  
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