Fanfic su attori > Ben Barnes
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Autore: MoonLilith    11/01/2010    12 recensioni
Lui mi sorride, un sorriso assolutamente da togliere il fiato, e mi fa un cenno con la testa.
Faccio per chiudere la porta, lentamente, ma quando è quasi chiusa, qualcosa la interrompe.
La riapro. C’è lui appoggiato allo stipite della porta, con una mano poggiata su di essa, a tenerla aperta.
« Voglio rivederti. » mi dice, serio in volto, guardandomi fisso.
Io? Io boccheggio.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ben Barnes, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XI.

ATTENZIONE! Questo capitolo contiene delle scene dai contenuti spinti. Se non vi piace leggere determinate descizioni, seppur leggere nella forma, non proseguite oltre! :D Grazie!


Ben P.o.V.
Il silenzio in casa è palpabile. È paradossalmente frastornante. È completamente buia, silenziosa, sembra quasi che non ci sia nessuno, o che io stia dormendo. Ma non è così.
Sprofondato nella mia poltrona preferita, quella in cui insomma ci ho scavato la forma del mio sedere, guardo la TV con sguardo imbronciato e i muscoli del viso contratti.
Il senso di insoddisfazione mi perseguita da quando me ne sono andato da Milano. C’è sempre qualcosa che mi segue, una sorta di malinconia, condita da un po’ di nervosismo.
Senza parlare di lei. È un pensiero fisso. È una tremenda e dolcissima ossessione. Non riesco a schiodare più il suo viso dalla mia mente. Non riesco più a concentrarmi, non riesco più a fare niente.
Fisso la TV col viso poggiato sulla mano, stravaccato sul bracciolo. Gli occhi ridotti in due fessure, fisso in realtà un punto indefinito, pensando solo a lei.
A quanto mi fa incazzare. A quanto ci sto male. A quanto dannatamente mi manca.
Che abbia sbagliato? Me ne sono andato in quel modo per smuoverla un po’, per farle aprire gli occhi. E se avessi commesso un errore, se lei invece di reagire mi avesse già mandato a fanculo e stesse continuando con la sua vita?
È tutto così… grigio. Lei aveva colorato la mia vita, la mia vita così terribilmente stressante da tre anni a questa parte, circa. Mi sentivo alienato da tutto, non mi sentivo più un ragazzo, ma solo un automa che continuava a fare il suo lavoro per inerzia.
Lei è stato un ciclone, lei ha cambiato tutto questo.
Forse è colpa mia, io non sono stato in grado di farle capire quanto sia stata in grado di fare per me, senza fare realmente nulla. Solo essendo se stessa.
Paradossale. Un attore che non è in grado di far comprendere alla ragazza di cui è innamorato realmente i propri sentimenti. Assurdo.
Passo una mano sugli occhi, li strofino, sono stanchissimo.
Mi alzo lentamente e mi dirigo in bagno per fare una doccia. Prima di entrare, accendo la radio, e lascio quando sento le note di una canzone dei Muse, Undisclosed Desires. Dev’essere uno dei singoli dell’ultimo CD.


I know you've suffered 
But I don't want you to hide 
It's cold and loveless 
I won't let you be denied 

Soothing 
I'll make you feel pure 
Trust me 
You can be sure 


Entro nella cabina, apro l’acqua calda. Dopo qualche secondo, in cui la temperatura si stabilizza, il getto mi investe gentilmente.
Sento scivolarmi di dosso, temporaneamente, tutta la stanchezza, il malumore.
Mentre m’insapono, mi tocco il viso, constatando che la barba sta già crescendo. L’ho fatta solo ieri mattina, cavolo. E i capelli, dovrei tagliarli. Da bagnati mi arrivano fino alle spalle, ormai.
In un mese non ho pensato ad altro se non a Jo.


I want to reconcile the violence in your heart 
I want to recognize your beauty's not just a mask 
I want to exorcise the demons from your past 
I want to satisfy the undisclosed desires in your heart 


Eccola, di nuovo, prepotente nei miei pensieri. Sempre, sempre lei. Qualsiasi cosa io pensi, alla fine mi compare sempre il suo viso in mente.
Che persecuzione. Non stavo così da una vita.


You trick your lovers 
That you're wicked and divine 
You may be a sinner 
But your innocence is mine 

Please me 
Show me how it's done 
Tease me 
You are the one 


E pensare che Anna mi dava affettuosamente del “timido insensibile”. Il classico tipo che ride sempre, che se t’incontra è allegro, giovale, gentile, un po’ timido.
Ma, dopo cinque minuti, ti ha già dimenticato.
Ed è vero, io sono proprio così. Da quando avevo 22 anni, sono semplicemente diventato un semplice “ricettore di sentimenti”. Non per mia scelta, lo sono diventato inconsapevolmente, di certo non senza una motivazione. E che motivazione… sono diventato un insensibile dal bel sorriso. Percepisco tutti i sentimenti, di tutti, nei miei confronti. E ricambio, sì, un po’. Non troppo. Non ho più un vero amico, per esempio. Tanta gente che mi è simpatica, sì, ma non un amico da considerare un fratello. Ma non con lei, con lei mi è bastato un attimo. Mi è bastato guardarla negli occhi la prima volta.
Già in quel momento sapevo che non sarei mai riuscito a dimenticare quegli occhi, quella bocca, quella voce stupenda.
Che ora mi perseguita. Sì, è un’ossessione, perché non è qui con me.


I want to reconcile the violence in your heart 
I want to recognize your beauty's not just a mask 
I want to exorcise the demons from your past 
I want to satisfy the undisclosed desires in your heart 


Poggio la fronte contro le piastrelle gelide della doccia, con gli occhi chiusi lascio che il getto m’investa la testa e la nuca. Sento le goccioline d’acqua stuzzicarmi la pelle, scendere lungo i ciuffi di capelli bagnati, gli zigomi, il naso, la schiena.
Please me 


Show me how it's done 
Trust me 
You are the one 

I want to reconcile the violence in your heart 
I want to recognize your beauty's not just a mask 
I want to exorcise the demons from your past 
I want to satisfy the undisclosed desires in your heart 

Jolene… chissà cosa stai facendo, adesso.
All’improvviso, lo squillo del telefono mi riporta alla realtà.

Jo P. o V.
Ma che cazzo vogliono questi?!
« Signorina, tutto bene? Cosa fa qui? » mi sento dire.
Li guardo un attimo confusa, poi mi ricordo di essere a Londra, e di dover parlare in una lingua che non è la mia.
Ma prima di ribattere, li metto a fuoco, notando le loro divise. Ah, ma sono i Bobbies. A meno che non mi siano capitati due Bobbies pervertiti e maniaci (il che, con tutto quello che mi sta succedendo, non mi riesce difficile credere), dovrei essere al sicuro adesso.
« La signora che abita nel palazzo di fronte ci ha fatto una segnalazione, ha detto che lei è qui da più di mezz’ora senza muoversi. »
Sollevo lo sguardo, non può capire che ho pianto, le lacrime si confondono alle gocce di pioggia, e la mia voce trema non solo per la disperazione, ma anche per il freddo che mi sta entrando fin dentro le ossa.
« I-Io… sono stata derubata… » mormoro, col groppo in gola.
« Lei non è di qui? »
Scuoto il capo.
« No, sono italiana. Sto cercando una persona. Ma mi hanno rubato tutto quanto. » mormoro ancora tremante. Chino il viso, non riesco a fermare le lacrime. Dio, che situazione di merda.
« Ci segua in commissariato, signorina. Stare sotto la pioggia non è la soluzione migliore. »
Annuisco, mi alzo e li seguo in auto.
Dentro la macchina sento un attimo di torpore in più. Sono completamente fradicia e rabbrividisco ogni secondo, ma i due Bobbies non sembrano farci caso.
Arriviamo in commissariato, che in effetti è vicinissimo.
Tremante, mi accompagnano dentro, e mi fanno sedere ad una scrivania. Per fortuna ci sono i riscaldamenti, anche se quel lieve torpore non fa che creare una sorta di contrasto col freddo che sento dentro, ed è una sensazione bruttissima, veramente sgradevole.
Uno dei due Bobbies se ne va, mentre l’altro rimane e si siede di fronte a me, dall’altra parte della scrivania.
Mi verrà un’influenza, di questo passo.
Lui mi guarda, con un sorrisetto di circostanza. Credo che abbia notato che sono completamente inoffensiva, ma non è abbastanza arguto per notare il mio tremore e il mio malessere. Male, male, caro Bobby.
« Allora, signorina… » inizia il tipo, poggiando i gomiti sulla scrivania e incrociando le mani. Ma fanno un corso di addestramento a tutti i tizi delle forze dell’Ordine per fargli compiere gli stessi movimenti? Inarco un sopracciglio. « Mi vuole dire cosa ci faceva lì sotto la pioggia da così tanto tempo? Ho capito che le hanno rubato tutto, ma poteva recarsi in commissariato da noi e sporgere denuncia. »
No, aspetta vuoi attimo. Vuoi fare concorrenza alla fama dei Carabinieri italiani, vero?
« Se avessi saputo dov’è il Commissariato, ci sarei venuta sicuramente. » sbotto, guardandolo alquanto scazzata.
« E perché allora non rivolgersi a qualche passante, o suonare a qualche casa? »
Non rispondo. Sospiro, voltando lo sguardo. Ma chi c’ha pensato, pensavo solo a lagnarmi sulla mia sfiga.
E sul fatto che non rivedrò mai Ben.
« Chi cercava, signorina? Possiamo darle una mano a mettersi in contatto, se mi fornisce nome e cognome. »
Spalanco gli occhi. Mi volto verso di lui, veloce.
« E’ vero! Sto cercando Ben Barnes. La prego, mi aiuti! » esclamo io, forse un’ottava più alta del normale.
Lui mi guarda.
Io lo guardo.
Lui mi guarda.
Io lo guardo.
Passa qualche istante in silenzio. Mi sta squadrando. Cos’ho detto?
Dopo qualche istante di fuoco china lo sguardo, sospirando.
« Sai, hai recitato così bene che c’ero quasi cascato. » mi dice con un sorrisino affranto.
Prego?
« Ma non vi stancate mai? » continua, usando improvvisamente un tono molto più amichevole, ma sembra che mi stia prendendo per il culo. « Cioè… ma siete un gruppo unico, o prendete iniziativa singolarmente? Addirittura farmi credere di essere straniera, siete intelligenti però, eh! » dice sarcasticamente.
« Ma cosa sta dicendo, mi scusi?! » sbotto io, sconvolta.
« Andiamo, signorina, non se ne può più. Se dovessi scortare ogni ragazza che mi chiede del signor Barnes a casa sua, avrebbe l’appartamento perennemente pieno di donne. » mi dice con aria stanca, sorridendo ancora.
Adesso me lo mangio, lo giuro.
« Io non ho idea di che cosa stia parlando! » esclamo, avvicinandomi. « Io stavo davvero andando a casa di Ben Barnes! Io… io... Avevo il biglietto con la mappa del suo appartamento, poi devo averla persa per strada e… »
« Dai, su, dall’idea della ragazza italiana, mi aspettavo qualcosa di più. » mi dice lui, sornione.
« Non sto mentendo! » esclamo a voce più alta. « La prego, mi deve credere! Sono da sola, non ho più i miei documenti… non so come dimostrarle che ho ragione, ma è così, davvero! » lo supplico, esattamente.
Sospira, mi guarda, scuote un attimo il capo.
« Non so più come comportarmi, con voi. » mormora incrociando le braccia.
« Non le sto mentendo… la prego, lo chiami almeno… chiami Ben, la prego! Io… io sono sua cugina! » esclamo alla fine, sentendomi già gli occhi che mi pizzicano per le lacrime. Sì, lo so, scusa stupidissima, ma è l’unica cosa che mi è venuta in mente. Ricordate che sta per venirmi una broncopolmonite.
Lui inarca un sopracciglio.
« E secondo te potrei disturbare il signor Barnes a quest’ora per una fan girl? »
« CRISTO, NON SONO UNA FAN GIRL! » urlo alzandomi in piedi e sbattendo i palmi delle mani sulla scrivania. Ed ecco le lacrime. Iniziano a scendere. Sbotto a piangere, sedendomi di nuovo. « Lo chiami… la prego… non è tardissimo, provi a chiamarlo, lui le confermerà la mia versione! Posso anche dirle l’inizio del suo numero privato, me lo ricordo, ce l’avevo scritto, ma solo l’inizio… »
Poi non ce la faccio più. Mi accascio sulla scrivania, e mi metto di nuovo a piangere. Singhiozzo e tremo per il freddo. Mi sto lentamente asciugando da sola. Umidità saltami addosso!
Perché tutto questo? È forse una sorta di punizione divina? Gli dei mi stanno punendo per non aver sequestrato prima il ragazzo migliore che possa esserci sulla faccia della terra?
Sono così fottutamente vicina a lui… eppure mi sento così lontana… cosa starà facendo? Mi starà pensando? Lui neanche sa che sono qui…
Sento un movimento dall’altra parte della scrivania. Un suono familiare.
Uno sbuffo, dei tasti che vengono composti.
Sollevo di scatto il volto, con gli occhi lucidi e sgranati.
Il Bobby mi lancia uno sguardo seccato, quindi si volta di lato fissando il muro.
Sento un telefono squillare.
Uno, due, tre squilli. Perché non rispondi?
Andiamo. Vai a rispondere a quel fottuto cellulare.
Quattro, cinque, sei.
Non dirmi che non sei in casa. Questa sarebbe la sfiga delle sfighe.
Il Bobby mi osserva, io serro la mascella.
Cristo santo, rispondi!
« Pronto? »
Sento un balzo al cuore. Ma quale balzo, è un triplo salto mortale. Spalanco gli occhi e la bocca a sentire la sua voce, affannata, come se fosse corso per rispondere.
Mio Dio, è la sua voce. È dall’altra parte di quel telefono, basterebbe allungare la mano per parlarci.
Il cuore galoppa.
« Buonasera signor Barnes, la prego di scusare il disturbo… Sono Jonathan McCain, la chiamo dal commissariato più vicino di polizia… c’è qui una ragazza che-- »
« BEN, BEN SONO JO! SONO A LONDRA! TI PREGO DIGLI CHE MI CONOSCI, DIGLI CHE SONO… CHE SONO TUA CUGINA! » mi metto a urlare avvicinandomi al telefono il più possibile.
Sento silenzio dall’altra parte della cornetta.
« Stai buona, ragazzina! Mi scusi signor Barnes, stanno diventando delle attrici veramente in gamba purtroppo… eh eh eh… » dice con fare confidenziale il poliziotto.
Ma cosa cacchio dici, idiota?!
« La porti qui, immediatamente. È davvero mia cugina. » gli sento dire soltanto dall’audio soffocato della cornetta, risoluto.
Un sorriso mi esplode sul viso. Ma allora qualcuno esiste lassù!
Eccole, sono tornate. Le farfalle nello stomaco!
« Oh, oh signor Barnes, sul serio? La accompagno subito a casa sua allora, mi dovrete scusare, io ho dubitato della ragazza ma per ovvi motivi e… »
« Agente, la prego, si sbrighi. » si limita a rispondere Ben.
Dio, se è figo.
L’agente si fa dare l’indirizzo, quindi chiude la chiamata. Mi guarda, in un misto tra l’imbronciato e l’imbarazzato.
Anch’io lo guardo, con aria trionfante, malgrado non mi riesca benissimo visto il tremore convulso a causa del freddo.
« Andiamo, forza… la accompagno… oh ma lei ha freddo?! La prego, metta questo addosso… » mi dice lui, mettendomi sulle spalle il suo cappottone lungo.
Stronzo, avevo freddo anche cinque minuti fa.
Ma ne approfitto, e in silenzio mi faccio accompagnare verso casa di Ben.
In macchina sono nervosa. Tamburello le dita sulle gambe, mi mangiucchio le unghie, non riesco a stare ferma. Mi mancava già questa sensazione: il respiro irregolare, quello strano e piacevole dolore alla bocca dello stomaco, l’ansia, l’agitazione.
Arriviamo sotto il palazzo in cui vive Ben, che era due incroci più a sud rispetto a dove mi ero seduta a piangere, vicino alla cabina. Pazzesco.
Sono impaziente, ma cerco di contenermi. Alla fine, in teoria, abbiamo detto all’agente di essere cugini.
Il Bobby suona al campanello. Subito risponde la voce di Ben.
« Salite. Quinto piano. »
Sussulto. Oddio, è lassù. Porca paletta, Jo. Rilassati. È tuo cugino, su.
Ha solo la voce più incredibilmente sexy del mondo, ma adesso è tuo cugino.
I secondi passano lentamente, mentre entro in ascensore e premo il tasto per il quinto piano.
Inizia a muoversi. Ma quant’è lento?! Sbrigati tesoro, sbrigati. Non guardo l’agente per non rischiare di fargli capire quanto sono nervosa.
Mi guardo allo specchio. Sono orribile, mio Dio! Ho i capelli mezzi asciutti, tutti arruffati e annodati, il trucco è andato a farsi friggere, ho due occhiaie sotto gli occhi pazzesche.
Sospiro… mai che mi veda decente. Questo è un momento particolare, voglio dire, se fosse un film dovrei essere bellissima, dovrebbe esserci una canzone di sottofondo, tipo quella lì dei Vanilla Sky che mi piaceva tanto, On&On… e poi, ovviamente, tutte le scene un po’ sfocate e la slow motion…
Ed è mentre penso a queste cose che vedo la porta dell’ascensore alle mie spalle aprirsi. Oltre questa, proprio di fronte, una porta aperta. E Ben sulla soglia, in pantaloncini grigi, maglia a maniche corte un po’ aderente, nera, piedi scalzi, capelli bagnati.
Lo vedo dallo specchio. Ok, è finita, sto per svenire. Ma è diventato più bello?! Può un ragazzo essere sempre più bello, ogni volta che lo vedi?
Puoi ogni volta innamorarti nuovamente della stessa persona appena il tuo sguardo incrocia il suo, anche se è attraverso uno specchio?
Mi volto, seguo l’agente fuori dall’ascensore, guardando a terra, rimanendo dietro il tizio, imbarazzata.
Guardalo, Jo. Guardalo. Abbi il coraggio.
Ma non faccio neanche in tempo a trovarlo, il coraggio.
Mentre il Bobby sta per aprire bocca per salutare Ben, lui avanza di un passo, lo supera. Poggia una mano sulla mia nuca, mi tira verso di sé.
E in quel momento non ci capisco più niente.
Le sue labbra ardenti si poggiando dolcemente sulla mia fronte. Lo sento inspirare forte, come se volesse inebriarsi del mio profumo, mentre per qualche secondo rimane così, a sfiorarmi la fronte con le labbra.
Il mio cuore, nel frattempo, ha smesso di battere. Ho le labbra socchiuse, ma non riesco a respirare. Mi sento solo avvampare, e mi sento bene.
Mi sento stramaledettamente bene, appena posa la mano su di me.
Mi mordo il labbro inferiore, e mi sembra davvero che ci sia lo slow motion mentre sollevo il viso e con i miei occhi cerco i suoi. Li ritrovo lì, a guardarmi, a studiarmi, a parlarmi.
Argento contro onice.
Di nuovo, ancora.
E in questi pochi secondi, esistiamo solo noi su quel pianerottolo.
Cerco di trasmettergli il più possibile con il mio sguardo.
Sposta la mano a carezzarmi la guancia, arriccia quelle labbra meravigliose in un lieve sorriso.
Vorrei morire qui, adesso, tra le tue braccia.
Socchiudo gli occhi, mi gongolo un attimo in quella calda carezza.
« Sei fradicia… entra in casa. » mi mormora lui nel modo più tenero e dolce che possa esserci.
Sorrido appena, annuisco.
Tolgo il giaccone dalle spalle e lo riconsegno al Bobby, che è rimasto lì ad assistere a quella scena forse un po’ troppo ambigua tra cugini.
« Grazie mille. Gliel’ho bagnato, mi spiace. » gli dico, tendendolo verso di lui.
« Oh ma non si preoccupi signorina, non c’è problema! Arrivederci, arrivederci! » mi dice lui, cordiale.
Lecchino.
Lo guardo male ed entro in casa.
Ben si ferma a parlare un attimo con l’agente.
Ma che cavolo fai?! Mandalo a quel paese e vieni da me!
Mentre l’agente lo informa di avermi trovata “bagnata come un pulcino” sotto la pioggia vicino la cabina a due isolati da qui, io mi guardo intorno nell’appartamento.
In stile minimal, il pavimento è bianco, lucidissimo. È un’ampia area, sulla destra solo un muro di cartongesso divide l’ingresso dal salotto, mentre sulla sinistra intravedo la cucina, bianca, nera e acciaio.
Proprio di fronte a me, alla fine del corridoio, ci sono altre porte, tutte bianche.
Un tappeto nero spezza tutta quella distesa di puro bianco.
Osservo attentamente la struttura della casa, deformazione professionale.
Quasi non bado alla porta che si chiude alle mie spalle. Ma neanche stavolta mi da il tempo di muovermi.
Mi sento improvvisamente cingere da dietro, dalle sue braccia calde e forti. Il suo profumo mi sta letteralmente drogando. Profuma di pulito, di buono, è sicuramente appena uscito dalla doccia.
Mi lascio stringere forte, chiudo gli occhi e mi abbandono a quell’abbraccio.
« Non ci credo che l’hai fatto. » mi mormora lui, ridendo appena.
« A stenti ci credo io, pensa un po’! » rispondo, sorridendo a mia volta.
Quindi mi volto, senza sciogliere l’abbraccio. I nostri corpi aderiscono perfettamente.
Lui mi osserva, quindi si lascia scappare una risatina.
« Hai tutti i capelli arruffati. » mi dice, portando una mano ad accarezzarmi la testa.
« Sì, grazie, sto bene e tu? » rispondo io, sarcasticamente. È tutto così normale. Tutto così spontaneo, così bello.
« Hai bisogno di qualcosa, Jo? Vuoi fare una doccia? » mi chiede lui, continuando ad accarezzarmi il capo.
Io scuoto la testa.
« Vuoi mangiare? »
Scuoto di nuovo la testa.
« Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo? »
Ancora più veloce, scuoto la testa.
« Vuoi farmi un piacere? » gli chiedo, guardandolo.
« Certo, dimmi tutto. »
« Sta zitto. »
Gli sussurro, citando le sue stesse parole. Con le mani afferro la maglietta appena sotto il colletto, e lo tiro verso di me.
Dolcemente, le nostre labbra s’incontrano. Di nuovo, per l’ennesima volta, ma adesso basta avere paura. Basta riflettere.
Gli cingo il collo con le braccia, lui mi stringe per la vita, forte, contro il suo corpo.
Approfondisco subito il bacio, con la mia lingua vado a cercare la sua, che non tarda a corrispondere.
I nostri respiri si confondono, s’intrecciano, le labbra si accarezzano, bramose l’una dell’altra.
Mi mordicchia il labbro inferiore, quindi sposta la bocca sul mio collo, iniziando a mordere la pelle anche lì.
Stringo la sua maglietta, è una sensazione così strana, particolare… bella.
Lui è bello. È perfetto.
Mi spinge lentamente contro il muro, tornando a baciarmi, a divorarmi di baci.
Quando sento la mia schiena a contatto col muro freddo, apro gli occhi, andando a cercare il suo viso.
Lui poggia entrambi gli avambracci contro il muro, chiudendomi nella gabbia del suo corpo. E io non ho certo intenzione di fuggire. Mi guarda, anche lui, con le labbra arrossate e gonfie.
Sollevo le mani, le poggio entrambe sul suo viso.
Lui si avvicina, mi da un bacio a fior di labbra. Quando si allontana, sono io a cercarlo, per baciarlo. Come se non volessi lasciarlo più andare. Ed è davvero così.
« Mi sei mancato terribilmente… » mormoro chinando appena lo sguardo, imbarazzata.
« Guardami, Jo. » mi sussurra lui, e riesco a sentire il suo fiato accarezzare la mia pelle, anche se parla a voce così bassa che a stenti riesco a sentirlo io.
È un tocco sensuale, una carezza leggera, la sua voce.
Sollevo gli occhi, di nuovo, a incontrare i suoi.
È serio. Mi osserva, mi studia. Io sposto le mie mani un po’ più indietro, ad accarezzargli distrattamente i capelli.
« Sono sette giorni che non dormo. Non riesco a lavorare, non riesco a concentrarmi, non riesco a fare nulla. Sono sette giorni che ho l’angoscia nel cuore, sento una morsa che non mi fa respirare, sono distratto e perennemente di malumore. Ed è tutto per colpa tua. »
Mi mormora lui. Mi sento terribilmente in colpa. Mi mordo il labbro inferiore sto di nuovo per abbassare lo sguardo a causa della vergogna. Cosa ho fatto… l’ho distrutto. Lo sto facendo stare male. Sono la causa delle sue sofferenze.
« Sono innamorato di te. »
Quest’altro sussurro mi pietrifica. Sussulto, trattenendo il fiato. Lo guardo, stringendo appena la presa sul suo viso. È serio. Non una mossa, non un tremore nello sguardo tradisce i suoi pensieri, le sue emozioni.
« Ma… hai appena detto che io ti faccio stare male… » mormoro flebilmente.
« Lo so. E questo mi fa arrabbiare. Perché non sei esattamente tu a farmi star male… è la tua mancanza accanto a me. Ma è inevitabile… sono follemente, terribilmente innamorato di te. » sussurra ancora, senza togliermi gli occhi di dosso neanche un secondo.
Non posso crederci. Percorro con lo sguardo il suo volto perfetto, i suoi lineamenti da principe, accarezzo i suoi capelli, le sue guance, percorro le curve delle sue labbra.
Lo desidero, tutto. Voglio che i suoi pensieri siano per me, solo per me. Che ogni suo respiro sia mio, ogni battito cardiaco gli ricordi il mio nome.
« Anch’io. » mormoro verso di lui. Il suo sguardo si fa appena sofferente.
« Dimmelo, ti prego. Voglio sentirtelo dire. » mi supplica lui, teneramente.
Non potrei mai dirgli no. Basta essere pavidi, basta temere. Me lo sta chiedendo, con quel tono e quell’espressione che farebbe sciogliere chiunque. Figuriamoci me, che ormai sono completamente assoggettata a lui.
« Sono innamorata di te, Ben. » mormoro nell’imbarazzo più totale.
Lui sorride apertamente, quando me lo sente dire.
« Però » dico sollevando l’indice contro di lui con fare minaccioso « ora basta foto con le ragazze, eh? » dico crucciata, agitando il ditino.
Lui si mette a ridere, allontanandosi.
« Lo sai che non posso evitarlo! »
« Qui c’è da stilare una lista di regole, sì sì. » dico io, sarcasticamente, poggiando le mani sui fianchi. « Ehi, ma dove vai? »  gli chiedo quando realizzo che si sta allontanando.
« Vado a prenderti qualcosa da metterti addosso, forse non te ne accorgi ma sei gelida. » dice lui, aprendo l’ultima porta infondo al corridoio e sparendo all’interno della camera.
Lo seguo lentamente, affacciandomi poi oltre la porta, alla sua ricerca.
Mi lascio sfuggire un’esclamazione quando mi ritrovo nella sua camera da letto.
Sembra… non saprei. Una sala prove, forse.
Prima di tutto, è letteralmente enorme. Sul muro opposto c’è il letto matrimoniale, con la struttura bassa, semplice, squadrata, in legno wengè. Le lenzuola sono beige e marroni. A terra c’è un bel parquet lucido, le pareti sono di un bel marrone caldo, cosparse di quadri etnici, poster… di tutto. La sua camera ha un’atmosfera totalmente diversa rispetto al resto della sua casa. Malgrado sia grande è calda ed accogliente, il che dipende dalle tonalità di marroni e dalle caratteristiche dell’arredamento.
I mobili non sono sfarzosi o classici, ma il legno ne conferisce un’aria “calda”.
Ok, ho finito con la deformazione professionale, giuro.
In fondo alla stanza, c’è un piano rialzato, e i tre muri che sporgono sono completamente in vetro, ora semicoperti da delle persiane. Al centro di questo piano rialzato, c’è una batteria.
Proprio di fronte a me c’è un armadio enorme, che fa angolo e arriva a toccare quasi il comodino basso posto di fianco al letto. In un altro angolo della stanza, c’è una scrivania con un computer portatile che occupa la metà della superficie. Il resto della scrivania è strapieno di buste di tutte le forme, colori e spessori. Di fianco, a terra, c’è una bustona trasparente piena anche quella di buste.
Accanto al letto, dall’altra parte rispetto all’armadio, c’è una libreria enorme, che contiene di tutto: CD musicali, Vinili, DVD, videocassette, libri… è pazzesco, sembra infinita.
Proprio sopra la testiera del letto, vi è la riproduzione enorme di un quadro che io conosco bene: “Il Cavaliere Rosso” di Carlo Carrà, uno degli esponenti del futurismo italiano del primo ‘900.
Un milione di punti al signor Barnes per questa camera da letto.
Lui è di fronte al cassettone posto di fianco all’armadio. Alla mia esclamazione, mentre apre il primo dei cassetti, si volta a guardarmi.
« Ti piace? » mi chiede, lanciando uno sguardo alla camera.
« L’adoro! » esclamo io, avanzando di due passettini, guardandomi intorno. Con la luce soffusa delle lampade da terra poste agli angoli della stanza, sembra ancora più calda e suggestiva.
« Prendi. » mi dice lanciandomi una felpa e dei pantaloncini. « In bagno ci sono anche delle pantofole, se hai freddo ai piedi ti do un paio di calzini. Ah, e sul mobile bianco a sinistra ci sono degli asciugamani puliti. Vieni. »
Posa la sua mano sulla mia schiena e mi conduce verso il bagno.
« Grazie. » dico un attimo imbarazzata. Mi sorride e richiude la porta, lasciandomi sola in bagno.
Sospiro, avvicinandomi allo specchio. Ho le guance paonazze. Non riesco a non sorridere a me stessa. Sono contenta di essere lì, di aver fatto la pazzia.
Prendo un asciugamano e inizio ad asciugarmi il volto, quindi mi spoglio dei miei vestiti fradici, riponendoli nella cesta dei panni sporchi.
Mi asciugo completamente, sono tutta bagnata anche sotto ai vestiti. L’acqua è arrivata ovunque!
Tolgo anche il reggiseno, tanto la felpa mi va così larga che di certo non si nota se ce l’ho oppure no.
Le mutandine dovrò lasciarle ad asciugare lì, temo.
Quando infilo la felpa, l’odore di Ben mi pervade. Oddio, il suo profumo. Mi poggio con la schiena contro il muro e resto qualche istante immobile, ad occhi chiusi, cercando di soffocare il batticuore.

Ben P.o.V.
Chiudo la porta bel bagno, sorridendole. Ha detto bene il poliziotto: sembra un pulcino bagnato. E io mi sto sforzando terribilmente di non appiccicarmi a lei come una ventosa.
Entro in camera, sospiro. Mi siedo sul bordo del letto, mi passo una mano a ravvivare i ciuffi davanti al volto, riflettendo.
Non posso resistere ancora. Le sono stato affianco un mese, anzi di più. E in questo tempo l’ho desiderata come mai mi era successo prima, per nessun altra.
È venuta qui per me. Non è certo la prima che l’ha fatto, ma… lei è speciale.
Mi volto a guardare il mucchio di lettere nell’angolo della stanza. Mi lascio sfuggire un sorriso. Sono forse un pazzo? Di tutte le ragazze del mondo, dovevo innamorarmi proprio di quella che mi ha filato di meno…
Sento la porta aprirsi, e rivolgo lo sguardo in quella direzione.
E lei è lì, sulla porta. Ed è bellissima.
La felpa le va troppo grande, e le arriva a coprire tutte le mani. Anche i pantaloncini sono troppo larghi, e ha dovuto fare un grosso nodo coi laccetti per non farli cadere giù. Dai bordi larghi dei pantaloncini, spuntano le sue gambe, sottili e dal colorito pallido.
La guardo dalla testa ai piedi.
Lei ricambia lo sguardo, in silenzio. Non ce la faccio più.
Mi alzo in piedi, la raggiungo velocemente. Le poggio una mano sulla parte inferiore della schiena, tirandola verso di me.
Mi chino a cercare avidamente le sue labbra. Lei all’inizio sembra sorpresa, ma poco ci vuole perché ceda alla cascata di baci e carezze.
Entrambe le mie mani ora le carezzano la schiena. Le faccio scivolare lentamente, andando a seguire le forme apparentemente celate dalla mia felpa.
Sfioro i suoi fianchi, arrivo fino alle cosce, chinandomi leggermente.
Con un movimento veloce, improvvisamente, la sollevo, facendole divaricare le gambe, prendendola in braccio.
Lei mi circonda il collo con le braccia, aggrappandosi con le ginocchia al mio corpo. Con le mani ancora sotto le sue gambe, la spingo contro il muro, mentre continuiamo a baciarci, dolcemente, mentre le nostre lingue si cercano e s’incontrano.
Ci stacchiamo un attimo, per riprendere fiato. La guardo, lei ricambia lo sguardo.
Si avvicina, mi bacia lentamente, e io socchiudo gli occhi, assaporando la morbidezza delle sue labbra. Ma lei non si allontana. Con la punta della lingua, lentamente, lecca il mio labbro inferiore.
« Mi stai provocando? » mormoro lentamente, aprendo gli occhi per guardarla.
Lei si limita a sorridermi, chinandosi a leccarmi lievemente il collo.
È inevitabile.
Mi sto eccitando. Inizio a sentire il mio corpo ribollire. Sento il sangue pulsarmi nelle vene.
La desidero troppo.
Con lei in braccio, mi allontano dal muro. Lentamente mi dirigo verso il letto, la poso su di esso, e io mi metto a gattoni su di lei, tra le sue gambe divaricate.
Adesso sei mia, solo mia.


Jo P. o. V.
« Mi stai provocando? » mormora lui, a voce bassa, roca, terribilmente sensuale. Mi chiedo se gli venga naturale essere così attraente, o se riesca a simulare anche questo.
Mi limito a sorridergli. Lo sai benissimo.
Io lo voglio, lui mi vuole. Basta aspettare, non resisto più.
Tra le sue braccia, mi lascio portare verso il letto. Mi posa lì, e mi sovrasta, guardandomi.
Mi mordo il labbro inferiore, agitata. Inizio a sentirmi strana, inizio a sentire uno strano calore nel basso ventre. E so cos’è. Sei tu, Ben.
Si china a baciarmi, dolcemente. Ricambio quel bacio, portando le mani ad accarezzargli lentamente la nuca, insinuando le dita tra i suoi capelli.
Scosta le labbra, le porta lentamente sul mio collo, lasciando una scia ardente sul mio viso. Intanto sento le sue mani percorrere le curve del mio corpo, arrivando ai lembi inferiori della felpa.
Inizia a tirarla su, lentamente, mentre con lo sguardo cerca la mia approvazione. Mi limito a sorridergli, rossa come un pomodoro in zona guance.
Lui mi ricambia il sorriso, lievemente, mentre ricomincia a sollevare la felpa. Mi alzo a sedere, in modo che lui riesca a sfilarmela.
Oddio. Sono senza maglietta davanti a lui. Che vergogna.
Scosto lo sguardo, ma lui porta dolcemente la sua mano sul mio viso, e lo ruota in modo da guardarci, inevitabilmente.
Si china di nuovo, mi bacia dolcemente, poi scende a baciare il collo, e bacio dopo bacio scende sempre di più, lentamente.
Mi mordo il labbro inferiore, e trattengo il fiato per qualche secondo quando sento le sue labbra posarsi sul mio seno. Lentamente inizia a giocare con esso, a mordicchiarlo e leccarlo ovunque.
Stringo appena i ciuffi di suoi capelli tra le mie dita, mentre il mio battito cardiaco aumenta e il mio respiro diventa irregolare.
Con una mano mi accarezza l’altro seno, finchè poi non inizia a scendere anche con essa, sfiorandomi la pelle, gentilmente, percorrendo la vita e i fianchi, fino a giungere ai pantaloncini.
Inizio a sentir esplodere il calore che provoca il suo tocco, lo sento espandersi tra le mie gambe, ed è una sensazione che avevo dimenticato essere in grado di provare.
Stacca la bocca dal mio seno, si solleva di nuovo a guardarmi, mentre slaccia lentamente il nodo ai pantaloncini.
Lo guardo anch’io, tormentandomi il labbro inferiore.
Sento la sua mano ritornare appena più su, e poi scivolare lentamente al di sotto del primo strato di stoffa che nasconde la mia intimità.
Trattengo il fiato, di nuovo.
La sua mano scivola all’interno delle mie gambe, accarezzandomi lentamente. Lui continua a guardarmi, osserva la mia reazione, vuole vedere la mia eccitazione crescere visibilmente.
Chiudo gli occhi, respiro profondamente.
Lui continua a massaggiarmi lentamente, premendo appena, con dolcezza, all’altezza del clitoride, come se avesse paura di farmi del male.
Mi lascio sfuggire un gemito, sento chiaramente i miei slip bagnarsi ulteriormente, e inizio a muovere lentamente i fianchi, automaticamente.
« Gli slip sono tutti bagnati… potresti pendere un raffreddore… dobbiamo toglierli. » mi dice lui, a bassa voce, divertito. Apro gli occhi, e lui caccia appena la lingua, con una smorfia maliziosa.
Con entrambe le mani, in ginocchio davanti a me, afferra i lembi dei pantaloncini e degli slip, sfilandomeli via insieme, tendendo le mie gambe.
Adesso che mi vergogno.
Ma dura pochi istanti. Lui si china, mi sorride, mi bacia. In quel momento io afferro la sua maglietta, e inizio a togliergliela. Lui mi aiuta, e in pochi istanti resta solo in boxer, a carponi su di me.
Le mie mani gli accarezzano i pettorali, poi gli addominali, lentamente, fino ad arrivare ai boxer. L’eccitazione è visibile, la stoffa è tesa, quindi so benissimo dove andare a posare la mano.
Inizio a percorrere la lunghezza del suo membro solo con l’indice, avanti e indietro, lentamente. Adesso sono io che guardo lui, e mi compiaccio del suo sguardo dapprima perso nel vuoto, con la bocca socchiusa, ma che poi va a cercare la mia mano, per seguire i miei movimenti.
Inizio a carezzarlo con tutta la mano, premendo appena.
Lui continua a osservare, in silenzio, malgrado io riesca ad avvertire il suo respiro appena irregolare.
Torna a guardarmi, mi sorride. La sua mano di nuovo inizia a giocare col mio seno, coi capezzoli ormai turgidi per l’eccitazione.
Con la mano gli scosto i boxer quanto basta per iniziare a giocare con più libertà.
La sua mano scende, piano piano, insinuandosi di nuovo in mezzo alle mie gambe. Ora le sue dita sono a diretto contatto con la mia intimità. Inizia a stimolare lentamente il clitoride, per poi andare appena più a fondo e insinuare il medio dentro di me, che ormai mi sto completamente abbandonando.
Mi lascio sfuggire un gemito più forte, e sento la sua eccitazione crescere tra le mie mani, al sentirmi gemere così.
Continuiamo a cercarci l’un l’altro. Lui mi morde ovunque, la mia bocca brama la sua pelle, il calore cresce e si mescola con quello del corpo dell’altro.
D’un tratto, Ben si rimette in ginocchio, sfilando completamente i boxer.
Quindi si china di nuovo su di me, inoltrandosi con il suo bacino tra le mie gambe.
Sento il suo corpo posarsi contro il mio, e mi sento bene, mi sento protetta.
Sollevo le mani a carezzargli il viso.
« Fai piano… io ho quasi dimenticato come si fa… » mormoro, accennando un sorriso.
Lui mi guarda, ricambia il sorriso, e si china a baciarmi.
Con le labbra che ancora sfiorano le mie, lentamente, inizia ad entrare dentro di me.
Sposta le labbra sulla mia guancia, mi bacia lentamente, dolcemente, quasi a volermi tranquillizzare, mentre pian piano continua a spingere sempre di più. Io stringo forte i denti, aggrappata con le mani alla sua schiena.
Mi bacia il lobo dell’orecchio, poi di nuovo la guancia, le labbra, mentre lentamente inizia ad entrare e uscire, facendo abituare il mio corpo alla sua presenza.
Lentamente, il dolore lascia spazio a profondi attimi di piacere.
Inizio a gemere, e quando lui capisce che non mi sta più facendo male, inizia ad aumentare il ritmo dei movimenti.
Anch’io inizio a muovere il bacino, aumentando ancora di più il piacere, mentre i miei sensi si offuscano, lasciando spazio solo a lui, al suo corpo che adesso si fonde col mio, ai nostri respiri che si intrecciano, ai nostri sguardi che si sfiorano dolcemente.
Lo guardo, osservo il suo viso, assorto, in estasi. Le sue labbra sono socchiuse, così come i suoi occhi. I capelli scendono a toccargli lievemente gli zigomi, ora lucidi di sudore.
Lo accarezzo, mentre lui continua a muoversi dentro di me, sempre più veloce. Passo le mani tra i suoi capelli, e quando lui inizia ad andare ancora più affondo, involontariamente cerco la sua pelle, su cui soffocare i miei gemiti. Gli  mordo la spalla, poi il collo, e questo sembra piacergli, sembra invogliarlo a muoversi ancora più forte, più veloce.
Poi lui cerca le mie labbra, bramoso, e mentre le divora i nostri respiri affannosi si uniscono, così come i nostri corpi.
E gli attimi passano così, in quella stanza silenziosa, rotta solo dai miei gemiti, i nostri respiri, la nostra voglia di essere uno parte dell’altra.
Il piacere cresce velocemente, prende possesso del mio corpo, e sento lo stesso per lui. Non mi era mai successo prima. Arrivare a questo punto, mai.
Nessuno era mai stato capace di farmi stare così.
Sento il calore ingigantirsi velocemente, e così i miei gemiti si fanno più forti.
« Ben… » Involontariamente mi scappa il suo nome, un sussurro pronunciato con dolce disperazione. E anche lui si lascia sfuggire un gemito, poco prima che quel calore esploda dentro di noi ed entrambi raggiungiamo l’amplesso.
Ed è una cosa bellissima.
È uno sfogo, è come scaricare finalmente tutto quello che ho tenuto dentro per tanto, troppo tempo.
Ti sto dimostrando che sono tua, Ben. Ti sto dimostrando che per me esisti solo tu e nessun altro.
Dura pochi, infiniti istanti.
Mi lascio cadere sul letto, tremante. Guardo il soffitto. Poco dopo, lui mi raggiunge, abbandonandosi su di me, ed entrambi riprendiamo fiato.
Si avvicina, mi bacia dolcemente la guancia.
Ed ecco che succede l’inevitabile.
Jo, sei una stupida.
Le labbra mi tremano, gli occhi mi si fanno lucidi. Lentamente, scende una lacrima. Lui se ne accorge, perché va a bagnare anche il suo viso.
« Jo, che succede? » mi chiede lui, allarmato, ma con una dolcezza che mi fa solo piangere di più.
Si solleva sulle braccia, per guardarmi meglio in volto.
Apro gli occhi, imbarazzata sposto il viso.
« Io… sono felice. Perché… pensavo di non vederti mai più. Sono stata uno schifo senza di te, e… adesso non ci credo che sono qui. » mormoro io, a mezza voce, senza guardarlo.
Lui soffoca una risatina, si alza a sedere, andando a cercare i suoi boxer.
« Come pensi che mi stia sentendo io in questo momento? » mi chiede, mentre è chinato a terra a cercare la sua biancheria.
« N-non lo so… cioè, non so se per te è stato lo stesso. »
« Invece è proprio così. » mi risponde, rialzandosi con i boxer in mano e iniziando a infilarli. « Non considerarmi come Ben l’attore pieno di ragazze che gli muoiono appresso, considerami come Ben il ragazzo che non riusciva ad affezionarsi a qualcuno da anni. » mi dice ironicamente, mentre inizia a infilare la maglietta nera.
Io gli guardo la schiena, i capelli, i muscoli che si tendono a ogni suo movimento. Mi alzo, mi avvicino a lui, lo abbraccio da dietro. Mi accoccolo come un gattino.
« Io sono la ragazza più felice del mondo. E non perché ho appena fatto l’amore con Ben, l’attore famoso… ma perché l’ho fatto con Ben, il ragazzo migliore che potessi mai incontrare. » gli dico a bassa voce, imbarazzata.
Lui rimane qualche istante in silenzio, poi di colpo si gira veloce, mi spinge sul letto e mi abbraccia.
« Ti posso stringere forte e soffocarti? » mi chiede lui, ridendo.
« A tuo rischio e pericolo. » rispondo io, prima che lui stringa più forte l’abbraccio e mi faccia letteralmente scomparire tra le sue braccia.
« Hai freddo? » mi chiede lui, scostando le coperte.
« Un po’. »
« Ti prendo la felpa e i pantaloncini. »
« E gli slip. »
« Non ce n’è bisogno. » caccia la lingua con una smorfia maliziosa.
Scuoto la testa, e mi rivesto quando lui riesce a trovare i miei/suoi vestiti.
Mi infilo subito sotto le coperte, mi accoccolo a me stessa, e lui mi raggiunge dopo qualche istante.
Mi prende tra le braccia, stringe forte, mi sfiora la fronte con le labbra.
« Cosa farai, adesso? » mi chiede a bassa voce, accarezzandomi i capelli.
« Non lo so… ci penserò domani. » mormoro io, avvicinandomi ancora di più a lui, posando la testa nell’incavo tra il suo collo e la spalla.
Lui sorride, annuisce. Mi bacia di nuovo, sul capo. Poi, senza più una parola, ci addormentiamo. 

***

Alèèè! Finalmente ci hanno dato dentro, ne? xD

Dai dai, che carini. u_u

Vabbè! Passiamo ai commentiniii! <3

Dani_k: ahahah sììì morti continue alla vista di Ben! xD Comunque povera Jo, le aveva lasciate un attimo dietro di sè per chiamare! Non è colpa sua se porta sfiga! xD Purtroppo non ho sfornato il capitolo "domani" (cioè qualche giorno fa x°°) necessitava impegno! Grazie per il commento!^^

linkinstefy: sììì è la sfiga fatta persona xD ma si è riscattata, dai u_u Grazie mille! :D

Lady Nionu: ahahah eccolo qui xD No, per ora non credo le ritroverà! xD Grazie per il commento!^^

debblovers: vedo che la foto che vi ho postato ha fatto il suo bel successo! Ma con un soggetto così, come non potrebbe =ç= Grazie per il commento!^^

GiO_HP4e: grazieeeee!!^^

carlottina: ahaha grazie per il bellissimo commento! Ehi, c'eri quasi però! Non la mettono in prigione ma la portano in commissariato x°°° si è riscattata la fanciulla! grazie milleee!^^

DarkSakura: in effetti non erano esattamente Ben e un amico eheheheh xD Ma porella tutti a dire che è sbadata u_u (la difendo perchè anch'io sarei capace di lasciarmi le valigie alle spalle mentre telefono!! xD) grazie per il commentooo!^^

jas_93: sono d'accordo! il mio spirito di fangirl voleva farmi scrivere che Jolene non se ne frega niente delle foto e si fa il figaccione che ha di fianco xD Ma cerco di immedesimarmi nei panni di una ragazza che sta realmente vivendo una situazione del genere! Poi col caratteraccio che ha Jo... xDD Grazie per il commento!^^

clacly: accontentata! Ecco il capitolino x° grazie per il commento!^^

Lady Gray: grazie per i molteplici commentiniiii!! :D

Grazie mille per i commentini ragazze, siete davvero troppo buone <3 Spero vi piacerà anche questo capitolo! Un bacione!

Elisa aka Moonlilith

 

   
 
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