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Autore: likeasong    12/01/2010    3 recensioni
-Perdonami, non mi sono presentato. Sono J.. Justin.- disse il moro, allungando una mano verso di lei. Lily prese la sua mano riluttante e si presentò, mentre fissava per la prima volta negli occhi il suo vicino, le sembrò quasi di averlo già visto, ma sicuramente era un’allucinazione dovuta alle luci del bancone. Prese a giocherellare con il bicchiere fra le sue dita: faceva sempre così quando sentiva che c’era qualcosa che non andava.
New York. I Jonas sono cresciuti e cambiati, ma nuovi incontri trasformeranno la loro vita.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Prima di tutto volevo ringraziare chi ha commentato questa storia, chi l'ha solo letta, chi l'ha messa tra i preferiti o tra le seguite.
@Maggie_Lullaby Grazie mille, anche se breve mi fa davvero piacere il tuo commento! Non ti devi scusare. =D
@abigailw13 Grazie davvero tantissimo! Mi davvero piacere il tuo commento! *_* Adoro come scrivi, quindi vederti leggere la mia storia è davvero fantastico. ;D

Capitolo 2
It’s a new day.
Walking through life unnoticed
Knowing that no one cares
Too consumed in their masquerade
No one sees her there
And still she sings
Everything burns – Anastacia feat. Ben Moody
Il sole era alto su New York City, la città si era svegliata e iniziavano i preparativi per un altro fervido giorno. Lily camminava senza guardare verso quella che si prospettava un’altra disastrosa giornata sul lavoro, alla ricerca di qualche notizia su un cantante che neppure le importava. Schivava le varie persone, cercando in contemporanea di bere il suo caffè di Starbucks e tenere nell’altra mano il telefono. Chi poteva essere al telefono se non sua madre? Perché era la solita storia che si ripeteva da anni: Lily si arrabbiava, Mary lasciava passare una notte e la mattina richiamava per dirle che le dispiaceva, anche se tutto sommato le cose non stavano davvero così. Ma la paura di perdere la sua unica figlia era troppo forte per giocare con il rischio.
-Sì, mamma. Va bene, dispiace anche a me per come mi sono comportata. Non volevo ferirti. Ci sentiamo.- chiuse il telefono, riponendolo nella borsa, e sbuffò.

-Dobbiamo restare in studio di registrazione tutto il giorno e stasera c’è un’intervista per la televisione.- espose Kevin, dando un’occhiata al BlackBerry tra le sue mani e sfogliando l’agenda virtuale.
Camminava in mezzo ai due fratelli, che, con le mani in tasca, fissavano  il pavimento o i passanti.
-Ehi, voi due, mi state ascoltando?- chiese il maggiore, guardando prima Joe e poi Nick.
-Cosa?- intervennero insieme.
-Lasciate perdere e seguitemi.- sbuffò scuotendo la testa, dirigendosi a passo svelto verso l’enorme grattacielo in cui risiedevano gli studi della loro casa discografica.
Joe aumentò il passo per stare dietro ai fratelli, ma si scontrò contro una donna che sfortunatamente stava passando lungo il suo raggio d’azione e che gli diede una spallata.
-Cazzo, fai attenzione a dove vai!- gridò alla malcapitata, che si girò a guardarlo con faccia esterrefatta per pochi secondi. Abbastanza tanto per sputargli in faccia “Stai calmo, non sei per niente il Dio in terra” e voltarsi per la sua strada.
Joe la maledisse mentalmente e tornò dai fratelli, notando che il maggiore lo stava fissando con aria eloquente.
-Cosa c’è? Vuoi  farmi la predica, di nuovo?-  chiese, enfatizzando le ultime parole.
-No, Joseph. Vorrei soltanto capire come mai ti comporti così. Sono mesi che tu e Nick andate avanti in questo modo, cosa vi prende?-
I due alzarono le spalle e si avviarono verso l’entrata, udendo Kevin che sbuffava e che molto probabilmente stava alzando gli occhi al cielo.

“Ma che razza di deficiente quell’uomo.” Pensò Lily, camminando decisa verso la redazione.
Sì, quella giornata era iniziata decisamente male e quell’incontro non aveva fatto altro che peggiorare il suo umore.
Sbatté la borsa sul tavolino del suo ufficio e sprofondò nella sedia girevole che aveva fatto richiedere apposta per lei: era già tanto se ogni mattina si recava in quell’edificio, quindi tanto valeva lavorare comodi.
-Tutto bene?- chiese una voce femminile.
Lily alzò la testa e vide Abigail che faceva capolino dalla porta, annuì e la invitò a sedersi.
-Giornata no?- continuò.
-Non puoi immaginare quanto.-
-Fammi indovinare? Tua madre.- disse senza esitare.
-E’ così scontato?- domandò con una punta di ironia, correlata da una smorfia sul viso.
-Diciamo che da quando lavoro qui, quello è stato il tuo problema principale. Ad eccezione di quel Max che ti aveva fatto perdere la testa e che quando ti aveva lasciata eri rimasta depressa per un paio di settimane; senza dimenticare, Sam! Quel ragazzo e le tue storie su di lui mi avevano fatto impazzire.-
Lily scoppiò a ridere. – Sam me lo ero dimenticato, grazie per avermelo riportato in mente.-
-Almeno ti ho fatto tornare il sorriso.- evidenziò la donna di fronte a lei.
Abigail era più giovane di Lily di tre anni, ma avevano cominciato a lavorare insieme in quella redazione: lei come apprendista, Lily come giornalista fissa, ovviamente grazie alla madre. Durante il periodo di prova, aveva frequentato la New York University e ora che l’aveva finita, era rimasta in quegli uffici solo perché non riusciva a trovare lavoro altrove, ma si era ripromessa che alla prima occasione se ne sarebbe andata da lì: quelle mura erano troppo strette per lei, come lo erano per Lily.
La loro amicizia era nata come spirito di aggregazione e si era sviluppata nel corso degli anni che erano state insieme, con un ufficio accanto all’altra. Abigail era la classica ragazza della porta accanto: capelli a caschetto castani, occhi verdi e quella faccia acqua e sapone a cui nessuno avrebbero potuto dire di no. Abitava nel West Village e, a differenza di Lily, la sua famiglia non aveva fatto nulla per aiutarla nella sua carriera: era indipendente sia economicamente, che caratterialmente. Se tutti andavano da una parte, lei avrebbe scelto la via opposta a costo di complicarsi la vita.
-Le signore qui presenti potrebbero dedicarsi al loro lavoro, piuttosto che a futili argomenti, dato che non è per quello che le ho assunte? Avrete tempo nella vostra pausa pranzo.- Il signor Howard entrò nell’ufficio di Lily e si mise di fronte alle due donne. –Sempre se avrete ancora la vostra pausa pranzo.- sibilò  tra i denti. –Signorina Smith, perché non si avvia verso il suo ufficio visto che devo scambiare due parole con la sua collega.- Così dicendo si sporse verso la porta e la tenne aperta, mentre Abigail usciva e scambiava un’occhiata fugace con Lily.
-Allora,- esordì il suo capo, dopo essersi accomodato sulla sedia davanti alla scrivania, -come sei messa con l’articolo?- Incrociò le dita al petto e aspettò la risposta.
-Me l’ha consegnato ieri, mi dia il tempo di organizzare alcune cose..- disse con aria accusatoria.
-Non c’è tempo! Ti ho dato un mese e non intendo prolungare l’attesa.- Detto questo uscì dall’ufficio, sbattendo la porta.
Perché tutta quest’ansia? Lily proprio non riusciva a capire.

-No, quest’assolo in questo punto della canzone non ci sta per niente bene.- disse sconsolato Kevin, mentre alzava gli occhi e guardava i due fratelli appoggiati svogliatamente ad un tavolino dietro il vetro della sala registrazione. Lasciò la chitarra in mano al tecnico e si diresse verso di loro.
Era da quella mattina che si trovavano in quell’edificio e, escluso il maggiore, gli altri due si erano impegnati poco o nulla per alcune canzoni, per poi tornare a sedersi e osservare.
-Ragazzi, potreste darmi una mano?- chiese, sperando in un aiuto divino. –Lo sapete che i produttori vogliono un nuovo album, ma noi non abbiamo le canzoni. Possibile che voi non riusciate a fare nulla se non comportarvi come due adolescenti che non vogliono crescere?-
-Kevin,- iniziò il mezzano, mettendosi le mani dietro la testa, -te l’abbiamo già detto. Noi facciamo quest’album per fare un favore a te. Non ci interessa più nulla di questa carriera.- Si era alzato e lo fissava negli occhi. –Non ci farai cambiare idea. -
-E’ così anche per te?- biascicò rivolto a Nick.
Il più “piccolo” diede un’occhiata veloce prima a Joe e poi a Kevin. -Sì.-
-Se allora la pensate così, quella è la porta. Perché non ve ne andate?- li incalzò, indicando l’uscio dietro di sé. Il suo viso era una maschera senza espressione: i muscoli erano rilassati, ma al minimo movimento delle labbra si tendevano, quasi pronti ad esplodere.
-Perché te l’abbiamo promesso.- disse semplicemente Nick.
-E perché tu sei nostro fratello e ti vogliamo aiutare.- aggiunse Joe, appoggiando una mano sulla spalla di Kevin; quest’ultimo con un rapido movimento si scansò e una smorfia si dipinse sul suo viso.
-Forse non avete capito: la domanda di prima non prevedeva una risposta. Voi ve ne dovete andare di qui. E’ un’affermazione.- disse categorico il maggiore, stringendo le mani a pugno lungo i fianchi.
I due si fissarono sbalorditi. -Ma..-
-Non accetto repliche. Fuori di qui.-
Joe e Nick si alzarono e trascinarono la porta dietro di loro, facendola chiudere con un colpo secco.
Kevin si lasciò cadere sulla sedia su cui fino a pochi secondi prima era seduto Nick e si appoggiò con i gomiti al tavolo, portando le mani nei capelli. –Che cosa ho fatto?- sussurrò l’ormai trentenne Kevin Jonas rendendosi conto che ora era, letteralmente, nella merda. Colto da un attimo di lucidità, prese il telefono e annullò l’intervista prevista per quella sera.

-Chiami un taxi?- chiese Joe, rivolto al ragazzo con i capelli ricci di fianco a lui: i venticinque anni non pensavano sul suo viso: sembra essere rimasto il ragazzo che era stato un tempo, anche se di cose ne erano cambiate da quando erano stati presi dalla Disney fino ad allora.
-Sì, vieni con me?-
-No, faccio ancora un giro.-
-Avverto mamma di non chiamarti a casa.- ridacchiò il minore, facendogli l’occhiolino ed entrando sul taxi che si era appena fermato davanti a lui.
Joe scosse la testa e si avviò lungo la strada principale, trafficata da ogni sorta di persona: era l’ora di punta e le vie si stavano affollando con lavoratori appena usciti dai rispettivi uffici. Si tirò su il cappuccio e mise le mani in tasca, mentre evitava di scontarsi contro le persone.

-Jenny? Mi senti?-
Lily si sistemò il cellulare vicino all’orecchio, tenendolo saldo con una spalla, mentre cercava di infilarsi i guanti.
-Sì, dimmi tutto.- disse una voce decisamente troppo allegra dall’altra parte della linea.
-Non dirmi che stai già bevendo! Sono solamente le sette di sera. – disse con tono accusatorio. Jenny era la sua migliore amica dai tempi dell’infanzia ed era completamente l’opposto di Lily. Feste, ragazzi e shopping: ecco la sua filosofia di vita.
-E’ solo un aperitivo, stai tranquilla. Cosa dovevi dirmi?-
-Niente, lascia perdere. Volevo sapere se ti andava di andare al nostro club, ma- si fermò, udendo il parlottare di una voce maschile, -sento che sei già occupata. Ti chiamo domani.-
-Mi dispiace, Lil. Domani, però, sono prenotata per te.-
Lily si avviò sicura lungo la via: sarebbe andata lo stesso a quel club, aveva decisamente bisogno di liberare
la mente dai pensieri e quel posto era la sua ancora di salvezza.


Nota dell'autrice: Nello scorso capitolo mi ero dimenticata di appuntare l'età dei personaggi per rendere più facile la comprensione:
Lily Brown: 28 anni
Joe Jonas: 28 anni
Nick Jonas: 25 anni
Kevin Jonas: 30 anni
Abigail Smith: 25 anni
Jenny McGraw: 28 anni
  
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