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Autore: AbdullallaH    13/01/2010    1 recensioni
Immaginate Bill, Georg, Gustav e Tom come quattro dèi, imprigionati da un'eternità su una nuvola a tremila metri d'altezza. Immaginate la noia che provano. Immaginateli scendere da questa prigionia, andare incontro alla profezia a cui il Fato ha deciso di legarli. Immaginateli sulla Terra, nel bel mezzo di una guerra che ormai dura da anni...
La Fan Fiction è ispirata al poema epico dell'"Iliade" attribuito ad Omero.
Genere: Parodia, Demenziale, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE;

« Ma ti sei rincoglionito del tutto?! », trillò Bill riferendosi a se stesso. Gli altri tre gli lanciarono parecchi sguardi molto interrogativi, esageratamente interrogativi. Il moro era parecchio strano, vero, ma fino a quel momento non aveva mai mostrato sintomi di crisi d’identità né di deficienza senile.
« Fratellino? Ti senti, emh, bene? », domandò Tom, leggermente impaurito da cosa il gemello gli avrebbe risposto.
« Ma certo! Allora, cosa avete deciso? Vogliamo scendere? », chiese, come se non si fosse reso conto di ciò che aveva urlato prima a sé.
« Bill, ma… »
« COGLIONE! Non puoi scendere da qui! », urlò di nuovo il moro, schiaffeggiandosi da solo.
Tom, Georg e Gustav erano ormai terrorizzati dallo strano comportamento della checca isterica, emh, del povero Bill. Decisero di fare finta di niente e di continuare a guardarlo comportarsi in quel modo buffo. Poi, l’avrebbero preso in giro per l’eternità.

I tre dinosauri guardavano tramite la sfera di cristallo l’intera scena, con il loro consueto secchio di pop-corn conditi con sangue di pipistrello sulle ginocchia, ridendo a squarciagola.
« Guardali, guarda Bill quanto sembra idiota! Anche se non sento niente, sembra un imbecille », disse Heute, facendo cadere i pop-corn sul pavimento.
Morgen rise e le si videro gli unici due denti che le erano rimasti attaccati alle gengive. Restarono ancora un bel po’ a guardare il caos che avevano causato modificando la memoria del moro.
Speravano ardentemente che i ragazzi non scendessero sulla Terra. In parte perché erano sfaticate e non avevano nessuna voglia di fermarli o di correre loro dietro. E poi perché li consideravano quattro ragazzi molto carini che non meritavano nessuna punizione divina.
Ma, siccome la loro sfera di cristallo era molto vecchia e non aveva l’audio, le Moire non sapevano che Bill aveva già condiviso la sua idea di disobbedire al Fato con il resto del gruppo.

Bill era completamente andato. Probabilmente troppo sonno e troppa noia insieme danneggiano altamente il cervello.
Georg, invece, tra i quattro era il più terrorizzato: continuava ad andare avanti e indietro urlando a squarciagola cose incomprensibili, con i Venti che lo rincorrevano, stancandosi a morte. Finalmente, l’Ostro riuscì a fermare il dio e a fargli capire che sembrava un pazzo furioso.
Il moro, poi, continuava a litigare con se stesso sulla posizione da prendere in questa situazione: scendere o non scendere? Questo è il dilemma.
Intanto, mentre gli altri due sprecavano i loro neuroni, Tom e Gustav, gli unici rimasti abbastanza sani di mente per riuscire a pensare, avevano deciso di scendere, dal momento che la vita sulla nuvoletta era diventata insostenibile (per colpa dell’inquinamento provocato da Georg e dai suoi “venti rettali” come lui stesso amava chiamarli). Avevano bisogno di aria e di un posto migliore e più ampio dove vivere.
« Secondo me » disse Gustav con aria saggia « dobbiamo semplicemente buttarci di sotto e le nostre tuniche faranno da paracadute. Così scenderemo ad una velocità che ci permetterà di non schiantarci ».
« Sei sicuro che andrà così? », domandò Tom, leggermente scettico. « Non mi va di morire, sono troppo bello per finire da Ade e Persefone. Non voglio diventare il loro figlioletto adottivo! », sentenziò con una vocina piagnucolante.
Il biondo lo guardò negli occhi, sicuro. « Sono sicurissimo. Al cento per cento », continuò, mettendo una mano sulla spalla del rasta. « E poi, dimentichi che siamo immortali ».
Tom ridacchiò nervosamente. « Già, hai ragione ». Poi continuò: « Sì, ma se tu scendi con noi sulla Terra, chi trasporterà il Sole ogni giorno? ».
« Doh! ». Rimasero entrambi un po’ a pensarci su. Era una decisione difficile. Gustav sapeva che gli altri ragazzi non sarebbero mai scesi se lui non fosse stato con loro e Tom sapeva che il compito del biondo era molto difficile e serviva un briciolo d’intelligenza per portarlo a termine.
Improvvisamente, nel più assoluto silenzio della notte, interrotto solo da Bill che si urlava contro, sentirono un nitrito che risolse ogni loro problema.
« Pegaso! », esclamarono insieme, sorridendosi e abbracciandosi.
Finalmente sarebbero potuti scendere sulla Terra. L’unica cosa che restava da decidere, era quando saltar giù. Alba o tramonto?
« Alba »
« Tramonto », dissero in contemporanea i due numi. Iniziarono a litigare furiosamente, lanciandosi addosso pezzi di stelle e di nuvola che trovavano in giro. Tom prese addirittura in mano il suo mitico scettro, con cui controllava i fulmini, ma anziché fulminare l’amico, sbagliò mira e colpì il gemello, che cadde a terra (o meglio, sulla nuvola) mezzo bruciato.
« Che odorino! Spuntino di mezzanotte? », domandò Georg, che i Venti erano finalmente riusciti a tranquillizzare, il naso al cielo per annusare l’aria. « Sei stato tu a cucinare, Gustav? ». Ma, prima di ottenere una risposta, corse via chissà dove e chissà perché.
« Oh merda! », esclamò il rasta, bianco come un fantasma. « Ho ucciso mio fratello! »
« Idiota, siamo immortali! », gli ricordò il biondo dandogli un pugno sulla testa. « Tra cinque minuti tornerà come nuovo ».
« Non dovremo mica insegnarli tutto d’accapo, vero? Tipo, come andare in bagno, come mangiare senza sbrodolarsi, no? », chiese Tom.
Gustav sospirò, pensando “Che domanda stupida”. « No, stai tranquillo »
Il dio dei Venti si diresse nuovamente verso gli altri saltellando « Lecker, lecker! Si mangia! », esclamò, tirando fuori dalla tunica coltello e forchetta. « Dov’è il cibo? »
Tom strappò dalle mani di Georg le posate. Poi gridò « Ti inforchetto fino a strapparti il muscolo della coscia! Bill è quello che tu credi sia uno spuntino! Deficiente! ». Georg si allontanò lentamente dal rasta, sussurrando: « Hai cucinato… Hai cucinato… Il tuo… piccolo… amato… FRATELLINO! »
I Venti, intelligenti e consapevoli delle assurdità che Georg aveva pronunciato, lo portarono via. Ma prima che il nume scomparisse dalla vista degli altri, se ne uscì con un’idea che avrebbe evitato altri “spuntini” innocenti. « Fate i bigliettini per scegliere tra alba e tramonto! » Gustav e Tom, non avendo un’idea migliore, scrollarono le spalle e decisero di procedere. Cinque bigliettini con scritto “alba” e cinque con scritto “tramonto”.
« Chi pesca però? »
Una mano si levò verso il cielo nero, con intenzioni per niente gentili. « Io! », gridò Bill istericamente, rovinando il momento di suspense.
« Ma tu non eri bruciacchiato? », chiese Gustav. « Ah, già ». Rimase trenta secondi in silenzio, poi come una furia si scaraventò su… « TOM! Io ti uccido! Sai quanto tempo mi ci è voluto per sistemarmi i capelli? Quasi tre secoli. Tre secoli porca troia! E tu rovini tutto in due secondi, brutto bastardo! Quel tuo stupido scettro deve essere distrutto! Non sei capace a fare niente, non sai nemmeno usare quella stupida arma! »
« L’arma la so usare eccome, fratellino. Atena lo sa molto bene », leccandosi il piercing sulla sinistra del labbro inferiore. « Dai, calmati adesso, non l’ho mica fatto apposta! Pesca questo cavolo di biglietto e facciamola finita ».
Bill pescò tra i dieci bigliettini quello che avrebbe deciso il loro intero destino.
Lo aprì e lesse ad alta voce: « Alba. Bene, credo dovremmo partire più o meno… Adesso ».
Il destino era stato scritto dalla mano del moro. Sarebbero scesi sulla Terra e chissà se poi sarebbero riusciti a risalire sulla nuvoletta; chissà cosa avrebbe pensato la gente di loro, quattro immortali magnifici e viziati. I tre numi recuperarono Georg, sistemarono le loro tuniche, salutarono Pegaso, le stelle, la luna e forse qualcun altro. Poi, si presero per mano, i cuori che battevano all’impazzata, i Venti che li salutavano spettinando loro i capelli, e si avvicinarono al bordo della nuvola.
« Ok. Pronti? », domandò Tom, che in quel momento era il più coraggioso e il più elettrizzato. « Al mio tre allora. Uno… Due… e tre! ».
In contemporanea piegarono le ginocchia e balzarono di sotto, l’adrenalina che scorreva nelle loro vene, sperando che tutto fosse andato come Gustav aveva ipotizzato. Altrimenti si sarebbero leggermente schiantati a terra e si sarebbero fatti leggermente male.

No. Le tuniche non si rivelarono funzionare come un paracadute. No, la teoria di Gustav non si rivelò esatta. Ma non preoccupatevi, i nostri quattro eroi non sono morti. Anzi.
Arrivarono sulla Terra. Precisamente nella città di Tokyo. Nudi. Senza un graffio, poiché i Venti erano stati invocati da Georg e avevano permesso loro un ottimo atterraggio. Ma erano comunque nudi, così come mamma li aveva fatti. Ed era una splendida giornata di sole.
Si guardarono meglio intorno e videro che vi erano due gruppi di persone posti uno di fronte all’altro. Sembravano odiarsi a morte e pronti a fare di tutto per eliminarsi a vicenda. Le uniche cose che avevano in comune erano lo sguardo diretto ai quattro ragazzi e la bocca spalancata per lo stupore.
« Meno male che le tuniche dovevano fare da paracadute eh Gustav? Non le abbiamo nemmeno più le tuniche!! », commentò Tom, non potendo fare altro.
« Credo sia meglio coprirci con le mani per quanto possibile », consigliò Georg.
Un fischio di approvazione si levò da uno dei due gruppi. Poi, Bill chiese: « Che diavolo succede qui?! ».
  
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