“All'inferno il Diavolo è un eroe positivo.”
(Stanisław Jerzy
Lec)
L’Inferno è
oscurità.
Un’oscurità densa,
assoluta, che si nutre del più flebile raggio di luce, persino dello
splendore di un Serafino.
È amara consapevolezza.
Qui sono sconosciute le dolcezze dell’oblio: le cristalline acque del Lete sono destinate ad anime più meritevoli; per i
dannati c’è solo l’implacabile Stige,
che impedì a Narciso di scorgere il tanto amato riflesso.
I crimini, le colpe, i rimpianti,
tutto grava su un’anima che non può neppure confidare nel rifugio
della follia: Dio non lo permetterebbe. Che senso avrebbe strappare le ali di
una mosca che non brama più il volo?
È così; io ne sono
la prova.
Ha creato questa tetra prigione e
mi ci ha confinato; voleva punire la mia superbia e mi ha fatto re di un popolo
di reietti e di sconfitti.
Cosa pensava di dimostrare? Che
fra me e loro non c’è più alcuna differenza? Che,
nonostante la mia antica grandezza, ora condivido lo stesso destino di questa
feccia?
Credeva che mi sarei pentito e
come un novello figliol prodigo sarei tornato strisciando al podere avito,
gustando poi il vitello grasso scannato per l’occasione?
Qualsiasi cosa credesse, si
sbagliava.
Il mio spirito risplende
brillante, anche qui. Non trascorro l’eternità leccando le ferite
infertemi, ricordando con rimpianto la sua luce, che illuminava un mondo in
totale armonia.
Dopotutto, di cosa dovrei sentire
la mancanza?
Dio non è amore, è
potere.
Un potere di cui è geloso;
un potere che lo spinge a distruggere chiunque lo metta in discussione, fossero
pure i suoi giocattolini preferiti…
Seguendo il suo sadico disegno,
ha infatti creato gli uomini col libero arbitrio; ha
concesso loro il desiderio e la capacità di conoscere e poi vi ha posto
dei limiti. Un guinzaglio per dei cagnolini troppo vivaci. Io li ho
semplicemente aiutati ad allentare le loro catene.
Non l’ho fatto per invidia,
come spesso si concedono di pensare: cosa avrei dovuto invidiare a creature
tanto infime? L’amore di nostro padre? Se ne avessi sentito la
necessità, di certo non sarei qui.
No, l’ho fatto
semplicemente per dimostrargli che nessuna delle sue creature, almeno fra
quelle dotate di cervello, avrebbe mai accettato una simile tirannia.
È vero, lassù
è ancora pieno di castrati che instancabili ed estatici cantano le sue
lodi, ma sono sicuro che sente il suo trono ogni
giorno più traballante.
Sa che non ci vorrà ancora molto prima che altri seguano il mio esempio, abbandonando il loro posto; sa che sarò io a vincere: è meglio regnare all’Inferno, che servire in Paradiso.
Note: Ho scritto questa storia mesi fa, ma mi è sempre mancato il coraggio di postarla. Le original mi bloccano, le sento troppo personali, troppo mie. La dedico alla mia Claus, lei sa perché <3
Spero vi piaccia. Fatemi sapere ^^