Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: FuoriTarget    15/01/2010    6 recensioni
[Andre con un sorriso malefico si fece ambasciatore per tutti: -Non siamo mica idioti: Manu è cotto come una bistecca alla griglia- ...
-Non gli abbiamo detto nulla perchè lo conosciamo, sappiamo che manderebbe tutti al diavolo- ...
-La sera della tua festa, quando lei è salita sul tavolo a ballare, credevo che gli sarebbe esplosa la testa- tutti risero in coro con lui.
-Sei mesi... e non hanno mai detto nulla!?- ... ]
Manuel e Alice, due universi che si scontrano in una Verona ricca e piena di pregiudizi. Un rapporto clandestino nascosto a tutto il resto del mondo che si consuma lentamente, una passione ardente che diventerà dipendenza vera e propria.
E forse, se il Fato lo permetterà...Amore.
Ebbene si postato il capitolo 18!! Gelosia portami via...
In corso revisione "formale" dei primi capitoli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
10



-Relazione Clandestina-



9






La testa poggiata sul banco verde.

Guardava la punta della matita scorrere sul quaderno tracciando dei segni casuali, seguiva con gli occhi quella scia nera assorta in un flusso ambiguo di pensieri.
Il caldo era arrivato tutto in pochi giorni, l'estate aveva spintonato via la primavera con violenza e da una settimana l'afa invadeva le aule e stringeva la gola degli studenti impegnati sui banchi.
Nonostante tutto -la fine del liceo, gli ottimi voti, la lode annunciata, la prospettiva della liberazione dai genitori entro breve- Alice non riusciva a mettersi il cuore in pace su una particolare faccenda. Tutta colpa di Manuel!!!

-che stai facendo?- quella voce la risvegliò dal suo letargo meditativo.
Alzò solo lo sguardo verso l'interlocutrice che le sedeva accanto, senza muovere un muscolo.
Chiara si era autoproclamata sua tutor nella riabilitazione dal bastardo: la chiamava per assicurarsi che studiasse, le controllava i compiti e la spronava a mantenersi in pari e non perdere il ritmo in vista dell'esame. Non che le facesse piacere, ma Alice fu costretta ad ammettere che grazie a lei i suoi voti erano tornati quelli di una volta e anche in latino c'erano stati dei miglioramenti.
-mi annoio.- rispose bofonchiando con la bocca schiacciata contro il dorso della mano.

Chiara prese un libro e glielo sbattè vicino alla faccia senza ottenere la minima reazione.
-studia...che manca poco all'esame!!-
Esame. Esame. Esame. Non si parlava d'altro anche i progetti per le vacanze erano stati momentaneamente accantonati per concentrarsi su libri tesine e mappe concettuali. A scuola la corsa agli armamenti era stata invisibile ma massiva: giravano appunti su appunti, cartucciere per bigliettini fai-da-te e il toto-tema dava ormai per certo che uscisse Pascoli.
-non mi va...ho studiato tutto ieri...- continuò a bofonchiare senza alzare la testa.

-smettila di poltrire!! reagisci..- chiuse il quaderno che aveva davanti nonostante la prof non avesse ancora finito di correggere gli esercizi, mancavano pochi secondi alla campanella.
-non si è ancora fatto sentire?- una voce conosciuta intervenì alle sue spalle.
L'altra addetta alla riabilitazione intervenne senza che nessuno l'avesse chiamata in causa: Chiara si occupava della scuola, Laura della sua vita sociale. In maniera altrettanto accanita. Ovviamente anche in quell'occasione aveva capito qual'era la causa di tanta afflizione senza dir nulla, non che fosse difficile indovinarlo...da una settimana Alice si trascinava a scuola sempre più svogliata e quasi tutta la classe (Edo compreso) aveva colto quel malessere senza però conoscerne la ragione.
-no...- rispose alla bionda sprofondando con la testa tra le braccia nascondendo il volto, dopo aver abbandonato la matita e i suoi disegni senza senso.

-oh no! ancora con quello stronzo? potresti avere chiunque in questa scuola o nel resto della città, e tu vai a intestardirti sull'unico idiota che non ti si fila?? anzi non è che non ti vuole, quello ti vuole eccome! ma pretende solo quello che pare a lui...Alice fidati di me..dimenticalo! trovati un altro per un po' poi vedrai che non penserai più a lui...chiodo scaccia chiodo funziona SEMPRE!!-
-non credo sia così semplice la situazione..- intervenne l'altra prima che Alice potesse rispondere.
Nessuna delle due si era schierata apertamente, non potevano negare che Manuel fosse il bonazzo più figo della scuola, però la sua reputazione lo precedeva di parecchio e aveva trattato male la loro amica, quindi era diventato comunque un nemico.
Nonostante questo Laura si era mantenuta molto più diplomatica nei suoi confronti, al contrario dell'altra che lo disapprovava apertamente. Le aveva confessato di capirla, che anche lei si era presa una cotta per lui al biennio...poi aveva conosciuto Charlie. Però aveva ascoltato pazientemente i pianti di Alice e i racconti delle notti che aveva passato con Manuel, di come l'aveva sempre trattata bene e di come si era sentita per la prima volta una donna tra le sue braccia. E si era pure adoperata parecchio per strappare informazioni a Charlie o al Vigna, col quale aveva parecchia confidenza dalle medie.
-credo che sia proprio cotta...non studia, è afflitta, non esce al pomeriggio, a scuola non sculetta più come prima e non si fila nessuno...la situazione sta degenerando!- disse la bionda Laura sarcastica poggiando una mano sulla spalla di Alice.

-sei cattiva..- bofonchiò la vittima delle sue ironie ancora nascosta con la testa tra le braccia.
La campanella le impedì ogni replica.
Dopo cinque ore di lezione, di cui due di italiano una d'inglese e due di fisica, la pausa pranzo appariva come una visione mitologica nonostante comportasse l'incontro/scontro con Manuel.
Si alzò insieme alle amiche, prese il cellulare da sotto al banco e lo infilò nella tasca della gonna della divisa. Edoardo le passò accanto senza degnarla di uno sguardo, cosa che nelle ultime settimane aveva gradito parecchio; avevano rotto da quasi un mese e lui pian piano si era allontanato facendo crescere le speranze di Alice che avesse trovato finalmente qualcun'altra da torturare. Attraversò l'aula di malavoglia e trascinando i piedi, seguì le amiche e con loro si unì alla folla nel corridoio diretta in mensa.

-oh no...è venerdì ci sarà il pesce...che schifo!!- mugugnò arrancando alle spalle di un gruppo di primine
-dai su che fa bene, combatte i radicali liberi e non ti fa venire le rughe..e poi mi sa tanto che con questa storia che sei triste e hai bisogno di cioccolata hai messo su qualche chiletto- le rispose Laura spingendola avanti verso la mensa con una risata leggera.
Quando raggiunsero la 5°D il corridoio era ormai quasi vuoto, Jack e Charlie (e ovviamente anche Manuel) avevano il compito d'inglese all'ultima ora e la porta chiusa era un chiaro segnale che non fosse ancora finito. Laura e Chiara si scambiarono un sguardo molto esplicito che non sfuggì ad Alice.
-sisi va bene li aspettiamo!!-
Le conosceva troppo bene, erano tutte e due in pensiero per i due poverini intrappolati tra le grinfie della Pasquali. Non aspettarono che pochi secondi perchè la porta si aprì subito dopo lo sbuffo di Alice.
Uscirono per prime due ragazze che salutarono allegramente il trio dirigendosi in mensa, seguirono un altro paio di gruppetti poi finalmente Jack e Charlie fecero la loro mesta comparsa. Dalle facce il compito non doveva esser andato bene.
-non credo di aver preso la sufficienza stavolta...- mormorò Charlie alla sua ragazza che provvedette subito a rifilargli uno scappellotto e una ramanzina su quanto poco mancasse agli esami e sull'importanza di una buona media. La scena si ripetè dall'altro lato in toni un po' meno vivaci, Jack era più ottimista ma aver scritto che Virginia Wolf era una "lesbica rivoluzionaria" non giocava certo a suo vantaggio. Alice seguì il siparietto in silenzio con una spalla appoggiata alla porta dell'aula, e proprio non si era accorta che qualcuno doveva ancora lasciare la classe.
Di nuovo la sfortuna/fortuna giocò con le coincidenze: il gruppo s'incamminò ciarlando verso il refettorio, Charlie riparandosi dalle sberle di Laura mentre Jack, dopo aver notato suo fratello e il Vigna alla fine del corridoio, si bracciò urlando per farsi tenere il posto a tavola. Non potè che scrollare il capo davanti alla loro spensierata allegria e decidersi a seguirli.
Ancora concentrata sulle figure davanti a lei ignorò la persona contro cui andò a sbattere: Manuel! Uscì in quell'istante finendo contro la schiena di Alice, entrambi si bloccarono pronti ad insultare l'altro finché non si accorsero chi fosse davvero l'altro.
Ci fu solo uno scambio di sguardi, inceneritori si, ma nessuno scontro verbale. Fu Manuel ad arretrare per primo mentre il resto del gruppo si era fermato a guardare la scena: si stampò in faccia il suo peggior ghigno derisorio e con un gesto ampio e signorile le cedette il passo.
-Aroldi..- sussurrò chinando il capo con falsa galanteria, simulando un saluto.
Per un istante soppesò l'idea di prenderlo a calci su quel bel didietro scolpito, poi le venne in mentre che probabilmente si sarebbe fatta più male lei o forse non sarebbe nemmeno riuscita a colpirlo. Così, adirata offesa e indignata, accettò la sfida e gli sfilò davanti con tutta la grazia che possedeva: il sedere diritto, petto il fuori, collo allungato e sguardo disinteressato. Mascherando l'odio e l'imbarazzo.
-vado a fumare!- sussurrò a Chiara, quando le passò accanto, un attimo dopo svoltò a destra su un altro corridoio che portava al cortile
-Alice aspetta!! dai ci andiamo dopo pranzo...-
La voce la raggiunse quando ormai le lacrime traballavano sul bordo delle ciglia. Si era lasciata alle spalle tutti: gli amici confusi, le amiche dispiaciute e sopratutto un Manuel odioso che l'aveva presa in giro e le aveva ghignato in faccia come fosse una qualunque ragazzina del liceo.
-che succede a Alice??- chiese Jack dopo aver assistito alla scena. Si era illuso che Alice riuscisse a superare la cosa.
-niente..problemi di cuore..- 

-davvero? per chi? non starà mica tornando con Edo?- continuò cingendo la vita alla sua ragazza conscio che Manuel li avesse raggiunti e potesse sentire la conversazione.
-OH NO!! Dio ce ne scampi!!- sospirò Laura alzando gli occhi al cielo con aria melodrammatica, fulminata all'istante dall'altra: -stavo solo scherzando...ha detto che non aveva fame! Spero solo che stia bene, stamattina alla terza ha avuto un capogiro..- tentativo di salvataggio in extremis che convinse tutti, e stuzzicò l'unico a cui era velatamente diretto.


Alice sola sui gradini della scuola si gustò a pieno la calma che le infondeva quella sigaretta.
Pensava a lui ovviamente.
A quanto fosse bello. A quanto lo odiasse per la sua stupida faccia di bronzo. A quanto si sentisse stupida ogni volta che lui la ignorava come se non si conoscessero affatto, come se non fossero mai stati a letto insieme. Ogni volta che si incontravano era un dramma, non avrebbe mai smesso di piacerle -assolutamente impossibile- ne avrebbe mai smesso di irritarla a morte per come l'aveva trattata, sopratutto dopo il bacio al BM -altrettanto assolutamente impossibile-!! Eppure negli ultimi giorni era arrivata una sensazione nuova e terrificante; tutto era iniziato per caso a pranzo con una battutina di Laura.
-ha!! se ci penso che ti scopavi quel bonazzo...mi vengono le vampate!!- aveva esclamato a bassa voce alle altre due.
Alice era arrossita come un peperone e all'improvviso le erano venute in mente tutte le serate e i pomeriggi passati a casa di Manuel e tutte le cose che aveva fatto con lui: si rese conto che guardandolo poteva benissimo immaginarselo nudo senza dover fantasticare. E la stessa cosa valeva per lui.
Da quel momento aveva evitato accuratamente di incontrarne lo sguardo, più di quanto non facesse già prima, imbarazzata più che mai al pensiero che lui potesse "vedere" senza sforzo attraverso gonna e camicetta. Si odiava a morte per quella stupida vergogna.
Non avrebbe voluto piangere ancora ma le lacrime sembravano volerle uscire per forza.

Si rannicchiò abbracciandosi le gambe con un braccio e continuando a sorreggere la sigaretta con l'altra mano. Più ci pensava più finiva per sentirsi un imbecille completa e le tremavano le mani. Era sempre stato così, da due anni aveva iniziato a fumare, le piaceva e riusciva a calmarla in maniera sorprendente; conosceva i rischi e i danni come tutti eppure non riusciva a separarsi dalle sue sigarette sottili.
Tutti dicevano che vederla fumare aveva un che di inquietante, per come teneva la sigaretta tra le dita come se fosse fatta di piombo e per la grazia delle sue mani lunghe e sottili. Jack sosteneva che fosse innaturale vederla fumare.
Passarono una decina di minuti nel silenzio più completo e aveva appena cominciato a calmarsi quando la porta dietro di lei si aprì, non ci fece caso più di tanto, non gliene poteva fregare di niente e di nessuno in quel momento.

Si materializzarono due scarpe da basket bianche e nere sul gradino accanto a lei. Conosceva quelle scarpe, al contrario delle femmine erano pochi i maschi che portavano le scarpe da ginnastica sotto la divisa, ma non voleva vederle proprio in quel momento. Il ragazzo con le Nike si chinò sedendosi a pochi centimetri da lei, sfilò dalla tasca un pacchetto di Winston blu e ne fece scivolare una tra le labbra mentre le loro ginocchia quasi si sfioravano.
Guadava dritto davanti a se e lo stesso fece lei, non lo voleva lì in quel momento, voleva stare sola a piangere in pace, non voleva sentirsi stupida o imbarazzata voleva solo starsene da sola.
Concentrò l'attenzione sulla strada oltre il cancello, sulle auto parcheggiate, i passanti, mentre ascoltava il ragazzo agitarsi accanto a lei frugandosi le tasche.
-hai da accendere?- chiese calmo e senza guardarla.
Non rispose girò soltanto la mano con cui si avvolgeva le gambe e aprì il palmo porgendogli l'accendino rosso. Manuel sfruttò il momento per guardarla un po' da vicino, non aveva più la possibilità di farlo tanto spesso. Era talmente magra che le gambe rannicchiate le aderivano al petto schiacciandole il seno. Il collo bianco allungato per appoggiare il mento sulle ginocchia e le braccia sottili ad abbracciare il tutto. Ordinata ma tutto fuorché ordinaria.
Era così buffa. Così diversa da lui che sedeva scomposto a gambe aperte.
Lo prese si accese la sigaretta in silenzio e poi lo ripose sulla mano che era rimasta aperta in attesa.

-grazie- sussurrò soffiando fuori dai polmoni il fumo grigio.
Alice snervata si accese un'altra sigaretta con pochi movimenti veloci e silenziosi. Rimasero l'uno accanto all'altra in silenzio a fumare.
Non riuscì a trattenere le lacrime, si odiò a morte per la sua scarsissima resistenza a quell'essere seduto accanto a lei, e così si lasciò solcare il viso da poche gocce salate e sconsolate. Qualche momento e si ricompose passandosi la mano, che teneva ancora la sigaretta, frettolosamente sul viso.

Aspirò ancora quel delicato veleno e poi si decise a importunarlo.
Non si voltò verso di lui, non voleva vederlo, non voleva che i suoi occhi lambissero i suoi.
-cosa vuoi Bressan?- gli disse cercando di mantenersi calma
Lui non le rispose subito, guardava lontano oltre il cancello, oltre gli alberi sul marciapiede, oltre le nuvole lontane.
-da quando per te sono Bressan e non Manuel?- Il volto era serio, ma stonava completamente con il tono derisorio che aveva assunto.
Le venne voglia di mandarlo a quel paese e andarsene a mensa con tutti gli altri. Eppure rimase vigliaccamente al suo posto, troppo dipendente da quella vicinanza.
-da quando io sono Aroldi e non più solo Alice..- acida sibilò la risposta di getto.
Piccola pausa, il tempo di un tiro alla sigaretta poi fu lui a riprendere la conversazione: -perchè non sei a mangiare?-
-non mi andava..-
Per un istante si ritrovò a godere di quella conversazione, per una volta non doveva essere lei a tirargli fuori le parole con le pinze, i ruoli erano invertiti e Manuel sembrava diventato improvvisamente logorroico. Nel momento sbagliato.
-perchè devi essere così testarda..devi dimenticarmi! Io non posso stare con te, non è il momento...quindi fai un favore a tutti e due: lasciami perdere!-

Lo disse con calma quasi per farle capire l'entità delle sue parole: non voleva assolutamente ferirla, voleva proteggerla da se stesso, ciononostante fu una coltellata in pieno stomaco. Non ne vedeva il motivo e non avrebbe mai potuto se Manuel avesse continuato a tenerle nascosta quella parte di se: come poteva la piccola e ingenua Alice Aroldi indovinare le terribili frustate che aveva subito in passato quel ragazzo cupo e silenzioso seduto lì accanto. Per lei era solo Manuel, lo stronzo bellissimo che la faceva tribolare, di certo pieno di problemi ma non così insormontabili.
Aspirò ancora un'ultima tirata, poi gettò il mozzicone ancora acceso lontano nello spiazzo.
-non voglio più ripetertelo, dimenticami!!- il tono calmo e risoluto, era un ordine puro e semplice, detto da lui sembrava così facile da eseguire: voleva essere chiaro con lei, non voleva che pensasse che provasse qualcosa. Doveva credergli.
Si alzò in piedi deciso più che mai ad andarsene, si fermò solo un momento prima di voltarsi e rientrare, guardandola dall'alto: non piangeva più, ma sicuramente era più scossa di quanto volesse mostrare.
Esattamente tanto quanto lui era interessato a lei più di quanto volesse mostrare.
Risalì i gradini di marmo lentamente. Quattro banalissimi gradini che parevano la scalata dell'Everest senza ossigeno.

-non capisco più se menti solo a me...o anche a te stesso- soffiò fuori dalle labbra il fumo, non si voltò nemmeno per dirglielo, continuò a guardare il cancello imperterrita.
E lui si bloccò su momento sull'ultimo gradino -cento metri dalla vetta del monte, come vedere la meta e non poterla toccare...-
"sei proprio una cretina...vuoi farti del male?" ma dirglielo in quel momento gli sembrò solo un inutile spreco di fiato, Alice era sempre stata troppo testarda, discutere con lei significava perdere. Continuò a camminare infischiandosene di ciò che aveva detto lei, scomparendo dietro alla porta a vetri.
Pian piano gli studenti cominciarono ad affluire all'esterno mentre lei rimaneva là, paralizzata. Le passavano accanto incuranti del suo cuore spezzato, e per la prima volta si sentì sola in mezzo a tanta gente. Aveva letto e sentito di quella sensazione, Laura le aveva detto di averla provata spesso quando ancora ballava, l'aveva definito 'panico da palcoscenico'...eppure lì di palcoscenici non ce n'era traccia.
Era un vuoto talmente concreto che avrebbe potuto tracciarne i confini attorno a se, arrivava appena oltre i piedi girandole attorno come un cerchio e l'avvolgeva fino alle mani e su tutto il resto del corpo. Le conversazioni, le voci le risate, arrivavano solo in parte all'orecchio, perse nella loro inutilità.
Non sapeva bene come o perchè, lo sentiva nella sua voce, nel modo di agire, Manuel non era stato sincero, si stupì anche delle sue stesse sensazioni ma ne era certa in maniera viscerale. Semplicemente lo percepiva, lo sapeva, stava mentendo in qualcosa, magari pensava davvero quello che le aveva detto però non completamente. Ci si stava aggrappando con tutta se stessa a quella insensata consapevolezza, solo per sentirsi un po' meno disperata, un po' meno sola.

E il cuore batteva lento, non si era scompensato. Qualcosa le si era fermato in gola -non il cuore-, e non si decideva a scendere.
Guardò distrattamente i ragazzi della scuola riversarsi nello spiazzo antistante l'ingresso, li osservò ridere spensierati, parlottare a gruppetti, scherzare tra loro.
Mai aveva visto lui in quegli atteggiamenti spensierati, forse non ne era nemmeno capace. Aveva mai riso davvero? Con la pancia che fa male e gli occhi che lacrimano?
E la domanda insorse nei suoi pensieri sottile e inesorabile come la nebbia: era mai stato felice davvero?
In tutto quel trambusto di domande irrisolte e sentimenti e contrasti verbali senza valore, non si accorse nemmeno di aver ricominciato a piangere. Ci pensarono le sue amiche, quando la trovarono in quello stato catatonico mentre si guardava intorno con la sigaretta consumata tra le dita e le gambe ancora avvolta da un braccio immobile, la alzarono di peso sotto lo sguardo impotente di Jack trascinandola nel bagno delle ragazze.
Alice non si accorse di nulla: le voci concitate, il panico di Chiara che voleva chiamare l'ambulanza e l'altra voce che la spronava a respirare col naso, una delle due le passo un fazzoletto bagnato sulla fronte, qualcun altro faceva vento. 
Era in trance, si sentiva persa, senza un appiglio, come se stesse affogando nell'aria.
Non aveva più la forza di fare nulla, ne studiare ne parlare ne alzarsi e andare a casa, sarebbe rimasta volentieri là seduta su quel gabinetto chiuso in attesa che il dolore passasse e che la volontà ritornasse. E non importava quanto ci avrebbe impiegato: un'ora, un giorno una settimana un mese, lei avrebbe aspettavo pazientemente che l'aria tornasse da sola dentro i polmoni senza far male.

-qualunque cosa sia..tu sei più forte!-
Chi disse quella frase? Laura? Chiara, o forse Martina che era arrivata per ultima?
Non era importante.
Perché fu l'unica ad arrivarle alla mente?
-non vorrai farti vedere così da lui?-
Di nuovo nel vociare sommesso delle tre quella fu l'unica frase che arrivò davvero alla sua mente.
Magari era stata la sua stessa coscienza a parlare?
All'improvviso, come se un elastico avesse ceduto ad una tensione troppo forte, tutto tornò. I volti delle sue amiche e le loro voci familiari, poi quelle delle altre curiose che si erano infilate in bagno di soppiatto, la tensione di Chiara che parlava a raffica e Martina che si mangiava le pellicine con le sopracciglia contratte.
L'aria tornò al suo posto nei polmoni, e tutto si mosse a velocità normale.
Le ragioni di quel crollo erano ben in vista nella bacheca della sua memoria, l'avevano portata al punto di rottura.
Manuel le aveva chiesto troppo, dimenticarlo era impossibile tanto quanto respirare sott'acqua: si può resistere per un po', ma alla fine si ritorna sempre a galla.
La vita riprese come se quell'attimo fosse sparito. Alice tornò in aula quel pomeriggio senza dire una parola e con l'espressione di una che avesse passato una tranquilla pausa pranzo a rinfrescarsi in giardino, e tutto venne obliato.
I giorni passarono come le nuvole bianche nel cielo: lenti e silenziosi, senza temporali. La situazione si stabilizzò pian piano, Alice fingeva di non vedere.
Ogni giorno andava a scuola curando nei minimi dettagli la scultura perfetta che aveva creato di sé, veleggiava armoniosa nei corridoi con lo sguardo alto, sopra i volti di quelli che incontrava per ridurre al minimo il rischio di spiacevoli incontri. Nel week end sopportava, come ogni donna sa fare, stringeva i denti i pugni le ginocchia e qualunque cosa abbastanza dura da sopportare la torsione, intanto sorrideva e scherzava con tutti, evitava Manuel come la peste con la disinvoltura di una donna d'altri tempi. Si sentiva sempre più una protagonista di quei telefilm anni '60, quelle che sorridevano spensierate anche in mezzo all'apocalisse.
E chi sapeva non poteva fare a meno di chiedersi dove trovasse tutta quella forza.
Senza che se ne accorgesse passò la metà di maggio, finirono le verifiche e le interrogazioni e arrivò il tempo della paura, dell'ansia dei patimenti.


-è venerdì...non esci?-
Non era poi così strana come scena.
Sua madre seduta sul bordo del letto con la gambe accavallate sotto la vestaglia azzurrina in perfetto pendant con il copriletto blu notte e le ciabatte celesti, in modalità chioccia preoccupata pronta al terzo grado. E Alice non era per nulla in vena di confessioni.
-non credo, ho da studiare e poi scusa tu non dovresti stare dall'altro lato? Pensavo che cercare di trattenermi in casa facesse parte dei tuoi doveri!?!-
Fare la finta tonta sarcastica le veniva bene solo con due persone: sua mamma e un ragazzo moro di cui stava cercando di cancellare il ricordo.
-guarda signorina che io sono tua madre, con me non attaccano i tuoi trucchetti: io so che mi stai nascondendo qualcosa!!- era completamente calata nel ruolo tanto che alzò addirittura il dito in direzione della porta del bagno dal quale la figlia le stava rispondendo, conscia che non avrebbe potuto vederla.
Uno sbuffo fu l'unica risposta che ottenne.
La signora Aroldi sapeva di aver sbagliato parecchio nell'educazione di Alice, l'aveva lasciata sola troppe volte e sin da quando era piccola si era sempre dimostrata più indipendente del necessario, guadagnandosi la fiducia dei suoi. Col senno di poi, da mamma, avrebbe dovuto sapere che questo l'avrebbe allontanata da lei, Alice non si era mai confidata con lei senza però mentirle, aveva giocato bene le sua carte dosando in maniera molto saggia le informazioni che poteva darle. Sottovalutandone a volte l'occhio clinico di madre.
-se non hai voglia di raccontarmelo non importa, vorrei solo essere sicura che tu sia tranquilla! so che suona strano detto da me, ma se tua avessi bisogno di un consiglio sai sempre su chi poter contare vero??-
-mamma smettila con tutta questa mammite!! E' ovvio che verrei da te se avessi un problema..- brontolò tornando in camera con i capelli fradici che gocciolavano sulla canotta del pigiama: -è l'esame che mi stressa!-
Le rifilò la causale perfetta sperando di sedare la sua voglia di gossip.
-almeno dimmi come si chiama...-
-chi???- l'acuto esagerato sulla vocale finale tradì clamorosamente la finta noncuranza con cui continuò a riporre i vestiti stirati.
-quello per cui hai lasciato Edoardo e per cui ti sei presa una cotta!- esclamò sorniona con un sorriso 32 denti: -guarda che non sono ancora così decrepita!!-
Per un istante, breve e ingenuo, rimase spiazzata, poi la consapevolezza che quella fosse la sua mamma la travolse. Come poteva non averlo capito? Lei era carne della sua carne, sangue del suo sangue, donna come lei con metà dei suoi geni, come poteva non averlo sentito? Se ciò che aveva provato con Manuel era così grande, così difficile da capire e da contenere in se stessa, era effettivamente impossibile che la persona che le aveva dato la vita non l'avesse avvertito!
I minuti le ore le notti che aveva passato con lui, erano qualcosa di vivo, e chiaro nella sua mente, qualcosa di talmente forte che tentare di non pensarci era un sforzo al di là delle sue capacità. Era amore? possesso? bramosia? Non avrebbe saputo definirlo. Eppure sua madre l'aveva visto chiaramente, senza indugi aveva capito che aveva lasciato Edoardo per Manuel. Che lui era qualcosa da nascondere, qualcosa di proibito.
-Manuel...-
Il punto di non ritorno era stato varcato. Nel preciso momento in cui aveva sussurrato quel nome, capì di aver firmato una sentenza di morte; non per la reazione che avrebbe potuto aver sua madre o per il fatto che sicuramente avrebbe indagato per scoprire chi fosse, ma per la portata dell'evento. Confessare un amore alla mamma è sempre (sempre!) fonte di guai.


-Alice!!!! che.cavolo.ci.fai.ancora.in.pigiama!!- l'urlo cavernicolo di Laura rimbombò per tutta la villetta facendo tremare di paura la povera inquilina
-per favore non cominciare! non è che ho molta voglia di uscire, sto facendo uno sforzo immenso!- provò a tenerle testa minacciandola con l'arricciacapelli puntato come un'arma. Ma la vincitrice del contrasto era già annunciata!
-si certo certo...invece che perdere tempo a lamentarti comincia a vestirti che altrimenti non troviamo più parcheggio-
Sfavillante nei suoi shorts di jeans e camicetta si accomodò senza tanti preamboli sulla tazza del wc con le gambe accavallate e le braccia strette in una morsa: -Ali ora ti farò il predicozzo e tu mi ascolterai in silenzio, annuendo e dandomi ragione! siamo d'accordo?- Alice non capì se davvero stesse aspettando una risposta quindi si limitò a sorriderle e continuare a truccarsi.
-stasera ci sarà anche Manuel! e sarà bello e stronzo come sempre, e tu già lo sai...ma io non intendo assistere di nuovo alla scena di mercoledì scorso!! Niente lacrime, respiri rantolati o sguardi persi nel nulla! per poco non mi hai fatto venire un infarto la settimana scorsa, quindi se non vuoi farlo per te stessa o per lui, vedi di farlo per me. Non voglio mai più trascinarti in giro più morta che viva: ora annuisci!!-
E si ritrovò ad annuire sotto suo preciso ordine.
Dopo la predica i preparativi furono abbastanza svelti. In meno di un quarto d'ora Laura riuscì a trascinarla in macchina vestita e truccata, aveva scelto di corsa un vestito bianco corto fin sopra al ginocchio, dei sandali bassi e la Balenciaga di pelle invecchiata. Volente o nolente si ritrovò a guidare la macchina dell'amica, raggiungere le Colombare non era una passeggiata, bisognava attraversare la città e superare tre tornanti: troppo per la precaria sicurezza al volante della bionda che l'aveva costretta a prendere il suo posto.
Arrivarono dopo una ventina di minuti, i bordi della carreggiata lungo tutte le ultime curve erano già occupati, ma Jack aveva tenuto loro il posto così parcheggiò senza problemi sotto gli sguardi incarogniti di chi era risalito a piedi.
Il parco delle colombare era uno dei posti più belli di Verona, un punto strategico sopra San Zeno da cui si poteva ammirare la città dall'alto, lontani dal caos dell'autostrada e dal traffico delle vie principali. Ogni anno alla metà di maggio gli universitari organizzavano una grande festa lassù per salutare l'arrivo dell'estate, ed ogni anno puntualmente qualche liceale coraggioso riusciva ad imbucarsi!
Ci vollero pochi secondi ad individuare il luogo del raduno nell'oscurità: la musica rimbombava tutt'attorno e un alone di luce bianca avvolgeva lo spiazzo e i suoni di David Guetta vibravano nell'aria. Alice inspirò profondamente, pronta ad affrontare qualunque cosa sarebbe successa.
Laura la prese per mano e la guidò tra la folla fino al limitare della radura, qualcuno aveva arrangiato una postazione da dj su un lato mentre dalla parte opposta vide i loro amici già piazzati ad un tavolo tutti armati di bicchierone di birra.
C'era anche lui.
Seduto tra Jack e Filo sorseggiava fiero la sua birra con un gomito poggiato sul tavolo e la testa voltata verso Andre.
Lo vide bere e accennare un sorriso mentre gli altri ridevano di gusto e prendevano in giro il Vigna che era rimasto in piedi.
Si ritrovò a meno di cinque metri da loro, con le mani libere e un improvvisa voglia di spaccargli la faccia, non sapeva se sarebbe riuscita ad ignorarlo, aveva bisogno di qualcosa che le impegnasse le mani. Fermò Laura toccandole un braccio e la guardò sorridente: -prima di sederci accompagnami a prendere da bere, altrimenti poi ci sarà una gran fila!!-

-ok- le rispose alzando le spalle, era evidente che non l'aveva interpretato come un modo per ritardare l'incontro.
Dopo la fila si ritrovò con una media chiara in mano e nessun altra scusa per scampare il macello, l'incontro era inevitabile e così si avvicinò al tavolo rassegnata trascinando i piedi nell'erba umida.
-ciao a tutti- esordì Laura trillando come un  uccellino e attirando così su di se l'attenzione di tutto il tavolo.
Alice cercò di mimetizzarsi col buio alle sue spalle, con scarsi risultati considerando il candore quasi cangiante del vestito e della sua pelle, e non potè fare a meno di scivolare con lo sguardo fino allo spazio tra Jack e Filo, ma lui stava ostentatamente ammirando la birra nel suo bicchiere.

Il resto del gruppo salutò affettuosamente le due ragazze e fece loro spazio sulle panche.
Laura e Alice presero posto davanti a Chiara intavolando con lei una fitta conversazione.
Pian piano lo spiazzo erboso si riempì di ragazzi e ragazze, erano quasi tutti in piedi accalcati a ballare al centro della radura, i fusti di birra vuoti cominciarono ad accumularsi e anche Alice giunta alla terza birra cominciava ad essere parecchio allegra. Rideva con tutti e per tutto, scivolava sulla panca come un anguilla senza trovare pace e si toccava i capelli in continuazione, segno che fosse parecchio agitata.
Chiara e Laura la guardavano indecise se ridere o disperarsi. Ma in confronto alle condizioni degli altri, lei era persino consolante!
La festa entrò nel vivo e tutto procedette come nella norma. Le ragazze ballavano allegre in mezzo alla ressa mentre i ragazzi preferirono restare nelle retrovie seduti su un paio di panchine continuando a scolarsi  bicchieri di birra. Ad Alice piaceva un mondo andare alle feste universitarie, la faceva sentire importante, sopratutto per come la guardavano quei ragazzi più grandi: se ai liceali faceva vibrare tutti gli ormoni, a loro si presentava come un ottima occasione per divertirsi e allungare le mani. Non aveva problemi a gestirli, quando cominciavano a farsi troppo pretenziosi, li scacciava o se ne andava con le amiche, ma vederli così eccitati in balia solo di un suo gesto era una sensazione impagabile.
Se Manuel non fosse stato a pochi metri da lei probabilmente sarebbe stata una serata perfetta.
A diciotto anni, quasi diciannove, il futuro è solo una parola, un concetto evanescente e labile: vuoto, come quelle parole che hai ripetuto talmente tante volte che hanno perso significato e che si perdono nella lista delle cose da fare scivolando sera dopo sera sempre più in basso.
E proprio non ci stava pensando al futuro Alice mentre lanciava in mezzo al prato l'ennesimo bicchiere vuoto, e ballava spalla a spalla con Laura e Martina; era passata da un paio d'ore la mezzanotte e la festa era ancora nel vivo nonostante lei fosse già ridotta uno straccio. Come lei anche gli altri del gruppo  avevano alzato parecchio il gomito quella sera: Filo sdraiato nell'erba non riusciva più ad alzarsi e guardava le stelle senza vederle davvero, mentre Jack e Charlie ridevano di lui e del bicchiere che teneva in bilico sullo stomaco, anche se loro non erano in condizioni  migliori, Edo invece era ancora in pista e ballava con una bionda, poco distante da Alice. Filo Andre e Manuel erano spariti come sempre.


Poco distante dal nucleo pulsante del parco sul limitare del bosco un ragazzo, seduto alla base di un albero guardava la scena da un angolo, e seguiva con particolare attenzione i movimenti di Alice. La vide apparire tra la folla, che rideva bella come sempre, non ballava più, semplicemente si muoveva scoordinata e fuori tempo, reggeva a fatica il bicchiere che teneva nella mano destra e la borsa abbandonata a terra.
Si agitava con gli occhi chiusi appoggiandosi di tanto in tanto a un amica.
Sorrise tra sè nel vederla così disinibita ma dolce nelle movenze.
Non che non l'avesse mai vista ubriaca o dolce, in effetti poteva dire di aver visto parecchie sfacettature della sua personalità, eppure quella sembrava la sua versione più sincera. La più vera. Non aveva maschere ne finzioni, era abbastanza ubriaca per infischiarsene delle buone maniere e di divertirsi senza pensare a nulla.
Perse l'equilibrio ancora una volta inciampando in un filo d'erba e finì tra le braccia di Chiara, incespicando le due amiche la portarono fino ad una delle panchine sostenendola dalle ascelle.

-non beveva così da un bel po'...- ridacchiò una delle due guardandosi attorno per cercare un angolo vuoto.
-eh già, mettiamola là seduta vicino agli altri-  le rispose Laura indicando il gruppetto di amici con il mento, faticosamente la trascinarono fuori dalla folla e la fecero sedere tra Jack e Charlie che ridevano tirando dei sassolini in testa al fratello di Jack.
-ho sete..- mormorò con la testa poggiata su una spalla.
-ok andiamo a prenderti da bere, tu stai buona qui con gli altri- Alice annuì felice ribaltando la testa sulla spalla di Jack con gli occhi semichiusi e un sorriso placido sul volto.

Tornarono poco dopo con un bicchiere d'acqua e glielo misero in mano, Alice lo guardò stranita e brontolò a bassa voce: -acqua?!? io volevo un'altra birra!!- 
Nonostante tutto ne bevve un bel sorso sotto l'occhio vigile di Chiara, poi allungò una mano verso la birra che Filo cercava di tenere in mano e la sostituì con il suo bicchiere d'acqua senza che il ragazzo sdraiato a terra reagisse.
-ecco fatto!- esordì soddisfatta
Chiara cercò di prenderle il nuovo bicchiere ma lei la schivò: -torna pure a ballare io sto bene, vi aspetto qui..- le disse Alice ad occhi chiusi indicando non si sa bene perchè Charlie.
-sicura?- chiese Laura con le mani piantate sui fianchi
-ceeeeerto!!-
In quello stato non poteva creare grossi danni e i due ragazzi l'avrebbero tenuta d'occhio, per cui Laura a Chiara decisero di darle ascolto e così Alice rimase sola tra i ragazzi che ridevano sguaiati e si prendevano in giro a vicenda.

Lontana dalla sorveglianza dei suoi cani da guardia, continuò a bere ancora, decisa ad ignorare Manuel: a dimenticare le sue parole, a dimenticare la sua freddezza, a dimenticare lui! Almeno per una notte...
Alle 3 non riusciva più a stare seduta, sentiva tutto girare intorno a lei, le voci completamente distorte e il corpo pareva fatto di gomma. Era ufficialmente sbronza. La nausea arrivò alla quinta mezza pinta, i suoi cinquanta chili scarsi erano saturi di alcol e non poteva essere altrimenti, quindi barcollando e trascinandosi un po' raggiunse il primo albero che aveva a tiro.
Manuel, l'unico ancora orientato del gruppo, la vide allontanarsi ondeggiando pericolosamente, accasciarsi e rialzarsi pochi metri dopo. Preoccupato dal suo stato si alzò per seguirla. La trovò in ginocchio sull'erba.
Le faceva male la mano, la corteccia era dura e inconsciamente la stava stringendo con troppa forza, poteva sentire le schegge di legno infilarsi sotto la pelle, ma tutto era sovrastato dalle dolorose contrazioni del suo stomaco...e dal puzzo tremendo di vomito.
Quando arrivò una mano fresca a posarsi sulla sua fronte e tenerle diritta la testa, tutto migliorò drasticamente: gli spasmi erano meno violenti e tutto il resto del corpo riusciva a rimanere in equilibrio senza che fosse lei a tenersi. Senza nessuna valida ragione era consapevole che quella mano appartenesse a Manuel ma tutto era troppo sfuocato per reagire.

Manuel aveva allungato il passo per raggiungerla prima che vomitasse dentro la sua stessa borsa: le afferrò la fronte tirandola verso di se e con l'altra mano raccolse i capelli rossi che fluivano in avanti con uno strattone davvero poco delicato. Passò qualche minuto prima che si calmasse e smettesse di sussultare, dopodichè scivolò seduta sui talloni con la schiena poggiata alle gambe di Manuel.
Si pulì la bocca con un fazzoletto che era apparso dal nulla nella sua mano, sputò varie volte per lavare via il sapore acido.
Odiava vomitare.
Erano passate le 3 e la festa per fortuna stava cominciando a scemare, Manuel, dopo uno sguardo veloce al resto del gruppo, si chinò su di lei e agguantandola per le braccia la sollevò di peso per spostarla da quella pozza maleodorante, le scostò i capelli dal viso e mormorandole nell'orecchio chiese: -sei viva?-

Alice annuì lievemente senza parlare e con gli occhi chiusi e la testa ribaltata su una spalla. Cercò il suo braccio e si mosse per cercare di alzarsi, ma non appena si mise in posizione eretta scivolò nuovamente a terra a vomitare.
"pessima idea..." pensò Manuel puntando gli occhi al cielo per poi guardarla esasperato. Si voltò di nuovo verso il gruppetto di amici che sembrava essersi lievemente calmato mentre Alice in ginocchio si teneva aggrappata ai suoi pantaloni.
Dopo parecchi minuti e molti conati di vomito, le amiche della ragazza li raggiunsero trafelate.
-oddio per fortuna è qui, l'abbiamo cercata ovunque, ci stavamo preoccupando!! ma ha vomitato?- chiese Chiara guardando l'amica riversa a terra.
-si..3 volte- le rispose Manuel lanciando uno sguardo alla zona contaminata.
Le due si scambiarono uno sguardo che Manuel non riuscì a decifrare, parevano quasi contente della cosa.
Un mugugno sommesso si alzò alle loro spalle.
-come la portiamo a casa? nessuno degli altri è in condizioni di guidare quindi abbiamo solo 5 posti e dobbiamo caricare anche Charlie Jack e Filo, altrimenti quelli a casa non ci arrivano...- proseguì Laura grattandosi la nuca.

-vogl.. ...dar casa!- provò a bofonchiare Alice nel mero tentativo di alzarsi.
Ricadde però subito seduta contro un albero abbracciata alla sua stessa borsa piagnucolando parole incomprensibili.
Fu allora che a una delle due venne l'idea geniale, se avessero provocato Manuel forse si sarebbe offerto lui stesso di portarla a casa.
-potremmo chiedere a Edo se la porta a casa?- propose Chiara con le mani sui fianchi e l'espressione più genuina del mondo.

Manuel risorse dall'ombra in cui era sprofondato: -ci penso io- intervenne serio a bassa voce.
-non credo sia il caso che venga in moto con te.. Edo ha la macchina e poi conosce casa sua, le darà una mano ad andare a letto...- Laura dopo aver intuito perfettamente la strategia di Chiara rincarò la dose: -hai ragione, poi conosce anche i suoi nel caso si svegliassero...sua madre stravede per lui!-
Quella fu la stoccata giusta all'orgoglio di Manuel.
-a lei penso io, dite a sua madre che dorme fuori!- e questa volta il tono non ammetteva repliche.
La mora e la bionda lo guardarono fintamente perplesse poi si decisero ad accettare.
-va bene, mando io un messaggio a sua madre per dirle che dorme da me, dille di chiamarmi domattina appena si sveglia! E stai attento a quel che fai!- disse Laura con gli occhi castani piantati in quelli scuri di lui, mentre con una mano sfilava il cellulare dalla tasca degli shorts.
Non che Manuel potesse definirsi esattamente una persona generosa, però a volte capitava anche a lui di fare qualcosa per gli altri, e ultimamente questo "altri" coincideva spesso con la persona di Alice Aroldi. Quella sera fu una di quelle fortunate volte.
Inspiegabilmente sotto lo sguardo divertito delle due ragazze, si fece avanti con l'andatura degna di un prode cavaliere che si accinge alla battaglia più gloriosa della sua vita; afferrò Alice per un braccio senza alcun garbo portandola di nuovo eretta e la sostenne finchè non smise di barcollare. Poi mormorò qualcosa a denti stretti con le labbra che le sfioravano i capelli, in modo che solo lei potesse sentire: -andiamo?-
Manuel non rispose al ghigno divertito di Laura ne alle sue minacce, passò un braccio sotto le spalle della ragazza afferrandola con forza sulle costole.

-merda Alice! quante volte ancora dovrò vederti così...- brontolò scocciato sollevandola con un colpo di reni.
Da parte sua Alice non aveva più alcuna percezione dell'esterno, sapeva di essere tornata in piedi senza sapere esattamente come fosse successo. Qualcosa di forte che premeva sul fianco sinistro la manteneva in quella posizione, eppure non avrebbe potuto dire se fosse un muro, una persona o un auto; tutto era storpiato dalle luci alle persone, persino il terreno...il mondo si muoveva ad una velocità strana, a volte troppo accelerata, a volte troppo lenta.
Poi anche lei cominciò a muoversi, un piede dopo l'altro e le sembrò di essere un'astronauta sulla Luna tanto si sentiva leggera. Cominciò a credere di star sognando tutto.
Dall'esterno la scena apparve confusa e surreale come nella mente di Alice.
Di tutti quelli che vi assistettero, pochi l'avrebbero ricordata il giorno dopo, e di quell'esigua minoranza coloro che avrebbero potuto dare una spiegazione al comportamento di Manuel si potevano contare sulle dita di una mano. Senza dire nemmeno una parola al resto del gruppo, il ragazzo scomparve tra i cespugli seguendo il sentiero che li avrebbe riportati al parcheggio, Chiara si affrettò a raggiungerlo con la borsa di Alice e un giubbotto di pelle nera in mano.
Laura tornò dai ragazzi, dei pochi che avevano seguito la scena, Charlie il suo ragazzo, finse di non aver visto ne intuito nulla, perchè per il bene di tutti certe cose era opportuno che rimanessero nascoste, mentre Jack accanto a lui seguiva con lo sguardo la figura della fidanzata sparire dietro alla "strana coppia".
Solo Andre si mostrò contrariato, conosceva abbastanza Manuel per sapere che non era tipo da aiutare qualsiasi ragazza ubriaca in cui si imbatteva, ma nonostante questo evitò d'inseguirlo e chiedergli spiegazioni, avrebbe ottenuto solo un occhiataccia....o al massimo qualche insulto.
A fatica Alice riuscì a trascinarsi fino al parcheggio, dove si accasciò guidata dalle mani di Manuel sul bordo di un marciapiedi.
Da lì tutto divenne estremamente buio....
Non si accorse di finire sul sedile del passeggero di una BMW scura, ne del giubbotto caldo che le coprì le gambe. Cadde in uno stato soporoso, più simile al coma che al sonno che mantenne fino alla fine del viaggio.
La radio spenta, i finestrini chiusi nonostante il caldo, la guida più leggera del solito e la mente piena di dubbi: per quale motivo dopo averla insultata, scacciata e averle intimato di dimenticarlo per ben due volte, ora si ritrovava di nuovo in auto accanto a lei??
Eppure credeva di essere stato chiaro con se stesso...Alice era un argomento taboo! Non andava pensata, ne immaginata, non bisognava guardarla, ne parlarle, starle lontano era l'obbiettivo primario!
Eppure l'aveva soccorsa subito, le aveva tenuto la testa mentre vomitava tutto quell'alcol, l'aveva aiutata a rimettersi in piedi e le stava offrendo la possibilità di non dover dare spiegazioni a nessuno e rintanarsi in casa sua....fortuna che l'obbiettivo era starle lontano!!!
Arrivato in fondo alla discesa prese velocità lungo il rettilineo di via Nevio per poi fermarsi al semaforo rosso all'incrocio con Porta Trento, giusto il tempo di lanciare un occhiata veloce al sedile accanto. Alice era là con la testa schiacciata contro il finestrino e l'espressione beata di chi non sa dove si trova ma non gliene importa nulla, i piedi sul sedile e le ginocchia strette al petto le davano un'aria da bambina spersa.
Ne seguì la linea del viso dall'orecchio al mento e il profilo dolce del naso e delle labbra, le braccia ossute e il vestito bianco arrotolato fino all'inguine. E purtroppo era bellissima.
Quando raggiunsero il cortile del palazzo di Manuel, trasportarla fino al portone e poi su con l'ascensore fino al sesto piano fu una vera passeggiata rispetto a quello che dovette affrontare dopo: per un istante davanti alla sconfortante visione della minuscola scala a chiocciola, fu davvero tentato di lasciala a dormire sul divano così com'era, ma le condizioni del vestito e la possibilità che vomitasse sul tappeto del suo salotto lo fecero desistere. E poi se Sonia l'avesse trovata lì abbandonata l'avrebbe ucciso. Quindi a suon di spinte e strattoni e con davvero poca delicatezza la trascinò al piano superiore, affrontando da solo 20 ripidissimi scalini con una bambola a dimensioni reali sulla schiena; non che lei avesse opposto resistenza però di certo non gli aveva facilitato le operazioni.
Prevedibilmente Alice si accasciò a terra accanto al letto non appena la lasciò per andare ad accendere la luce.
Di nuovo -sbuffando- la caricò di peso per metterla seduta sul letto, ma qualcosa lo bloccò appena prima di lasciarla andare.
-pipì- aveva mormorato al suo orecchio quella palla al piede di Alice Aroldi.
Non era mai stato incline alle bestemmie, nonostante di difetti ne avesse parecchi, era una delle poche cose che gli aveva lasciato sua madre, eppure in quel momento alcune sante paroline affiorarono sulle sue labbra...si trattenne a fatica e solo perchè era assolutamente certo che la colpa di tutto ciò che era successo quella notte non era da imputare ad una qualsiasi divinità, ma solo ed esclusivamente a lei!
La portò fino al gabinetto quasi di corsa mentre continuava a ripetergli nell'orecchio quelle due stupide sillabe: e ringrazio mentalmente l'università di Manchester e tutti i suoi dirigenti per le trasferte e i convegni che impegnavano suo padre all'estero quasi tutto l'anno, perchè se fosse stato a casa e l'avesse visto aiutarla ad abbassarsi le mutande e sedersi sul gabinetto, carta igienica alla mano, sarebbe di sicuro morto di vergogna..

In qualche modo riuscì a trascinarla di nuovo fino al letto -dopo averla aiutata anche a rivestirsi e averle pulito le mani e le ginocchia sporche di erba- ma perlomeno aveva ripreso un po' di lucidità, non abbastanza comunque da collaborare.
-grazie Manu..- bofonchiò in un momento di assurda lucidità strappandogli un sorriso divertito.
Le sfilò i sandali e il vestito sporco di erba e terra lasciandoli in un angolo, e quando si ritrovò davanti ad un completino color cipria, trasparente, ornato da piccole margherite bianche e gialle gli mancò quasi il fiato. Aveva quasi scordato quanto fosse perfetta.
Improvvisamente, mentre Alice cominciava a tremare, si ritrovò a chiedersi per quale assurdo motivo avesse deciso di troncare quella relazione.
E non trovò la risposta.
Trovò da sola il bordo delle coperte e senza fare domande ci si infilò sotto, raggomitolandosi su se stessa.
La osservò un momento, sedendosi accanto a lei, sdraiata sul suo letto in biancheria intima. Ed era bellissima.

Ubriaca, incosciente ma bellissima.
Qualunque altro ragazzo della sua età avrebbe detto la stessa cosa, e probabilmente l'avrebbe pure preso in giro per non aver approfittato di un'occasione del genere. Si ritrovò a chiedersi cosa sarebbe successo se le avesse dimostrato altre intenzioni, e non sforzò nemmeno la fantasia, riportò solo alla mente l'ultima notte che avevano passato lassù insieme certo che sarebbero finiti ancora una volta a fare sesso.
-no Manu stai qui, non andartene..- protestò Alice nel momento in cui provò di alzarsi.

-torno dopo- le rispose liberandosi dalla presa delle sue dita esili e malferme posate sulla gamba.
Tornò dopo pochi minuti con un secchio e un asciugamano in mano, non voleva rischiare di dover anche pulire il suo vomito...
Alice si era rannicchiata dal suo lato in posizione fetale sotto il lenzuolo bianco, abbracciava il cuscino alla sua sinistra e dormiva profondamente.
Dopo essersi liberato di jeans e maglietta si sdraiò nel letto accanto a lei con la schiena contro la spalliera del letto, e lei non si fece scrupoli ad accomodarsi con la testa sul suo grembo, lo abbracciò con una mossa felina e lui, impreparato a reagire, rimase fermo a subire l'invasione.
-non approfittare di me..eh!?- cercò di apparire seria, come se fosse una raccomandazione come un'altra.
-proverò di resisterti..- rispose sorridendo alla sua espressione goffa, mentre intrecciava le gambe con le sue.
Non tentò nemmeno di liberarsi, allungò una mano sul comodino per spegnere il cellulare, spense la luce e le passò una mano sulla chioma rossa per scoprirle il volto. Rimase immobile ad accarezzarle i capelli, stregato da quel senso di necessità che provava nei suoi confronti e dal quale stava cercando di scappare disperatamente chiedendosi per l'ennesima volta come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente: se avesse accettato le sue condizioni, se fosse diventata la sua ragazza, se avesse acconsentito a legarsi a lei.
E come se avesse parlato a voce alta, la risposta di Alice arrivò.
-saremmo stati bene, ti avrei reso felice se tu non mi avessi mandata via...- aveva gli occhi chiusi e l'espressione concentrata, sapeva perfettamente ciò che stava dicendo. Forse.

-..perchè siamo innamorati l'uno dell'altra.. ci apparteniamo..-
No. Ora decisamente non poteva essere lucida, non gli avrebbe mai detto davvero una cosa del genere.
-...e tu lo sai!-
Manuel rimase immobile, interdetto, non capiva quanto lei fosse cosciente di ciò che aveva detto, non sapeva se dar credito alle sue parole, sembrava seria, ma non poteva esserlo davvero..

-dormi ora- le disse indeciso su come affrontare la cosa accarezzandole i capelli al buio.
"Alice Aroldi dovresti proprio smettere di bere..." pensò prima chiudere gli occhio guardandola addormentarsi contro il suo petto nudo, dolce e serena nella sua incoscienza.

















Spazio Autrice:

Siete ufficialmente liberi di odiarmi!!
me lo merito
Quasi due mesi di ritardo non sono giustificabili nemmeno si mi avessero assunta alla NASA!!
Quindi odiatemi liberamente!!
Detto questo non mi prolungherò in scuse inutili, ne a raccontarvi per quali assurde ragioni non ho mai avuto tempo di scrivere,
vi dico solo che ora..
sono felice di potervi regalare questo nuovo capitolo!!!

Ora colgo l'occasione per farvi i più sinceri auguri di buone feste, a voi lettori e alle vostre famiglie!!
-in ritardo, proprio nel mio stile!-

Regalinooo:
parte 1 - @ school
parte 2 - the party

Dedico questo capitolo alla mia adorata Ale-chan
la mia nuova beta
la mia consigliera
un'amica
e sopratutto una persona specialissima!!

Vai con le recensioni:

Sophief88: eh per sapere come andrà a finire ci vorrà ancora un po' e non illuderti per questa fine sdolcinosa, ci saranno ancora molte peripezie da affrontare per i due della "strana coppia"!!
scusa per la risposta frettolosa che ti ho mandato via mail...ero stra impegnata! spero di averti fatta contenta!

xsemprenoi: wow...mi piace far piangere le persone perchè io piango solo con le storie che mi prendono di più...quindi è una cosa che mi rende orgogliosissima!!! Manu ha un sacco di problemi -sopratutto mentali- e di ragioni per star lontano da lei, ma verranno fuori più avanti..tutti insieme!!

RBAA: carissimaaaaaaaa!!! ben ritrovata! colgo l'occasione per congratularmi con te per la bellissima conclusione alla tua storia nel fandom di Naruto perchè non mi ricordo se ho recensito! ...strabiliante...davvero! Anch'io voglio un Manuel...gonfiabile però! E senza il dono della parola, perchè con quello fa solo danni! Hai i capelli rossi??? Davvero?? allora sei la mia piccola Alice!
Grazie per i complimenti..in questa versione mi sono ridimensionata un po' con le descrizioni perchè il mio moroso sosteneva che fossero troppo porno!! Per il fatto della routine quotidiana..ti ringrazio tanto, perchè il mio impegno è tutto lì a rendere il più possibili vicino a voi questa storia!!!

LaylaFly: io invece ODIO alla follia Manuel Bressan perchè mi sta portando sulla via della psichiatria!! Per colpa sua impazzirò...

Un saluto speciale alla mia amica Chiara, che spero leggerà questo nuovo capitolo,
perchè è l'unica persona del mio 'mondo' a far parte anche di questo...1bacio.



Piccola nota finale:

Vorrei specificare che tutti i comportamenti che assumono i personaggio di questa storia non fittizzi, e non vanno emulati!
Bere troppo fa male!
Fumare fa male!
Assumere droghe -di ogni genere- fa malissimo!!
Mentire è sbagliato!
Tradire è sbagliato!

Mi sentivo in dovere di dirvelo per questioni...deontologiche.



a presto
1bacio. Vale



















   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: FuoriTarget