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Autore: excalibaka    15/01/2010    1 recensioni
Filosofica trattazione dell'essere.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NON SI SCENDE PIU’ SU!


Forse dopo molte ricerche, avevo raggiunto l’entità del mio essere, la causa del mio soffrire, il motivo delle mie inquietudini.
Un qualcosa di fin troppo semplice e forse proprio per questo ancor più inaccessibile a chi si inerpica nelle elucubrazioni, si era celato dietro ad ogni mio gesto, ogni mia riflessione.
Potrei riassumere questa mia scoperta in questa frase: “Non volevo essere soltanto me”.
Si!, soltanto, Perché essere soltanto un uomo? Perché, oppure, soltanto una donna? Perché solo sincero? Perché sarei potuto essere soltanto bugiardo? Volevo essere tutti.
Non volevo avere un mio carattere…ma nemmeno assumere quello di un altro., volevo poter aver il mio, ma allo stesso tempo essere un altro uomo nascosto in una donna bugiarda e sincera.
E’ fin troppo semplice e banale giungere alla conclusione che questo era impossibile.
Ma non fu altrettanto banale la mia espressione, riflessa allo specchio di fronte al quale ero, nel momento in cui realizzai questo impedimento.
NO!, non era banale, non era banale il mio contorcersi di pensieri e dolori, cozzavano fra loro nella mia anima: poco dopo essere quasi arrivato a scoprirmi, capivo che non sarebbe stata l’illuminazione giusta.
Un giorno, poi, per varie ciance sciupate durante una cena di famiglia avevo fatto un altro passo in me…, dovrei precisare la mia gioia e l’entusiasmo che, ingannevoli, fecero in modo da farmi credere che quello sarebbe stato l’ultimo.
Avevo infatti pensato: l’unica cosa nociva al mio vivere era essere ristretto in una definizione, imprigionato in un riassunto di idee, catalogato.
Non sarei voluto essere una donna perché subito dopo non sarei potuto essere uomo, ma nemmeno sarei stato un uomo intelligente se qualcuno mi avesse definito soltanto come un uomo.
Ma allora ero forse solo Michele?
Ovvio che no…dove avremmo messo Giuseppe, Andrea…Angelo?
“Bè,  ma allora sarai soltanto tu!” sussurrava alle orecchie diceva il mio cervello.
Ma lo stesso poi diceva anche: “io?, e chi sono io…forse un uomo? Ed ecco che tutto ricominciava.
 
Direte…riflessioni marginali?
Non credo, soprattutto quando il tuo non comprenderti porta a stare così male da non voler nemmeno stare più bene.
Non voler essere felice per sfuggire all’ipocrisia e fingere di sapere cosa o chi fossi, perché solo scoprire questo, pensavo, mi avrebbe fatto davvero felice.
Cominciai così a chiedere persino ai miei odiosi compagni di scuola cosa io fossi e le risposte…:
“Michele!”
“Un coione!”
“Ah!…non lo so aspetta che non mi ricordo…”
“…”
“Che vol dì?”
“se non lo sè tu!”

Proprio così, se sia stata colpa della loro vuotezza o della circostanza non so, fatto sta che queste furono le risposte.
Chi poteva capirmi?
Oscar Wilde!? ,sdrammatizzavo in virtù della stima che gli riservavo,
 Bè…lui  ne aveva capite tante di cose…ma un uomo dell’ 800 per quanto i suoi scritti possano rimanere moderni non sa del frastuono delle macchine, della televisione, dei computer, dei nuovi dolori giovanili…ma lui se lo sarà chiesto chi era?
Ecco.
Sembrò un dilemma anche a me questo al primo ragionarci, si magari lo sarebbe potuto essere e invece;
 proprio la soluzione giusta!
E si, perché lui era  Dorian Gray, era Il fantasma di Canterville! ,Basil, Guido!
Ma lui era stato tutti loro! E quando voleva, poteva essere una donna, un uomo, un genio, un povero scemo, un pazzo! uno splendido ritratto o un orrendo decadente dipinto.
Era l’immaginazione la chiave più evidente dell’enigma, che delusione, così raggiungibile, così usata da tanti e sicuramente non sfruttata mai come avrei fatto io.
Mi chiedo come potevo affidare la mia vita ad un ennesimo avvilente intoppo.
Sin ora ogni tesi era stata giusta, si! Ma irrealizzabile, e se ora pensavo davvero che immaginare di essere un altro bastasse, o almeno, fosse così forte da farmelo credere, ero solo un povero dannato ad esistere in un pensiero.
Caddi di nuovo al piano terra del mio palazzo di tesi, e scesi nella disperazione.
Cercavo ogni giorno di rialzarmi e di percorrere questa alta scala a pioli, che nel momento della discesa si trasformava rapidamente in uno scivolo facendo in modo che il precipitare fosse molto più allettate e semplice della salita.
Ma se salendo “ai piani alti” del pensiero non facevo che ricadere nelle vili strade di pianura, se avessi puntato verso il basso?, ci sarebbe stata una forza capace di tirarmi su?
Incredibile ma credo vero, iniziai a voler abbassarmi e precipitare nel mondo in tutte le cose, anche le più insignificanti, quelle senza spessore, tutte!
E incomincerei proprio da questo scritto, elaborato in una sera piuttosto dolorosa come tante altre ma in modo diverso.
Inizio da qui la mia discesa, con il parlarvi non più delle mie filosofie, delle mie paure ed ansie né delle mie gioie, ma di Michele, si, lo stesso che non vorrei essere se fosse solo questo.
Michele è un ragazzo, non come tanti altri, uno che ama la neve se la guarda appoggiato sul maglione impregnato del profumo di un familiare, di un amico.
Non uno che ama le cose semplici, forse solo quelle più vere, ma magari non le più reali.
Uno che la sera si domanda tanto, forse di più, e va a dormire con le risposte intrecciate l’una all’altra, come le luci di Natale che ama tanto.
Il paragone è a caso, ma non sembra, perché Michele è uno che confida molto nelle risposte ed è solo tormentato dai dilemmi, dare una risposta accende appunto una luce per lui, e anche se qualcuno superficialmente potrebbe dire il contrario, egli la preferisce al buio.
Ama la musica in un modo particolare, ogni suo gesto deve avere una colonna sonora sembra pazzo e maniacale ma a lui piace.
Ama il cinema, l’arte in tutte le sue forme.
E’ uno che non sopporta l’azione di scegliere per escludere, proprio perché non sa e non potrà mai rinunciare a niente per ottenere altro, perché sa che ogni cosa che lascia, sarebbe potuta essere sua.
Uno che ha imparato a non rimpiangere gli sbagli a considerarli anzi scelte non razionali e quindi non dipese da lui, per lui è inutile piangere il passato spendendo in lacrime il presente che piangerebbe da passato a sua volta.
 Oltre alle tante persone che odia c’è qualcosa che odia troppo, e non riesce a perdonare Dio per averla creata: Il Tempo, gli porta via sorrisi, gli porta via attimi e presenti inafferrabili, gli porterà via ciò che più ama e qua, quà sarà il momento in cui urlerà più forte di quanto non faccia già molto spesso senza motivo.
Sa amare.
Veramente, lo sperimenta su molte persone questo amore, c’è poi da dire che teme di essere biasimato per dichiararlo ma poi ripensa a cosa gliene possa fottere del parere di chi non lo ama a sua volta.
E’ tentato, spesso, e molte volte non sa evitare le tentazione ma non si dispiace troppo, Gli piacciono i bambini che sorridono, le donne ma le teme e per fortuna, per alcuni sfortunatamente, anche gli uomini.
Lunedì 14 ottobre
Ah! Quanto ama i giorni nei quali è sommerso dai pensieri insulsi della quotidianità: I ritardi, i compiti…
Sono un bel quadretto teatrale di scemenza che interrompe una scena tragica Leopardiana, ma è una stonatura voluta, una accordo disarmonico studiato a dovere.
Anche i discorsi poco dogmatici sul troppo caldo e l’avvento di un freddo fastidioso delle belle donnine all’edicola li trova piacevoli, e assorto nello scorgere tra le uscite manga del mese le ascolta volentieri ma non le invidia.
Bè mi sono stufato di sentirmi un estraneo di queste descrizioni che mi riguardano troppo quindi ho deciso di parlare in prima persona anche se il desiderio di vedermi da fuori non mi ha ancora abbandonato…,
La pioggia autunnale, era una di quelle, quel giorno, che sanno mettermi tristezza ma non così tanta da costringermi a cercare un po’ di felicità e quindi mi lasciava là, stranito e infastidito da tutto quello che fino a ieri mi causava solo uno sguardo sprezzante.
L’arrivo a scuola fu il medesimo previsto purgatorio, e si , perché per entrare si doveva percorrere una specie di piattaforma rettangolare che poi sviava a sinistra verso l’ingresso, non c’era nessuno capace di non osservare quelli che camminavano in mezzo assorti, come fingevo io, nei loro pensieri, così  tutti questi invadenti sguardi sembravano ricadermi tutto a un tratto addosso e i conseguenti pensieri e commenti sul mio modo di vestire, in questo senso di piccolo fastidio, provavo una gioia enorme nel non essere capito né “accettato” erano solo pecore che guardavano il loro pastore molto più libero di loro ma ancora assoggettato a doverle sfamare.
La giornata scorse piuttosto veloce, come d’altronde era giusto visto che la scuola non mi annoiava affatto,  anzi mi interessava molto e in ogni frase o sguardo di un professore cercavo di cogliere qualche perla di saggezza o qualcos’altro, tutto per risolvere i miei problemi esistenziali.
Ora mi chiedo come mai mi sono messo a raccontarvi di una ripetitiva giornata d’autunno piovosa trascorsa dietro i vetri di una classe grigiastra, se non altro perché è diventata quasi la prassi iniziare un romanzo con queste frasi.
Ma cosa ci potevo fare io se quel giorno pioveva ed era Autunno? Avrei potuto raccontarvi di una freddissimo pomeriggio estivo-privamerile passato all’ombra di un salmone, magari sarebbe stato più raro e avrei usato l’ultima mia scoperta l’immaginazione!, ma poi? A cosa sarebbe servito? Forse anche il mio inconscio aveva deciso di scendere in basso per voler allontanarsi dall’immaginazione che confonde la realtà, come si suol dire: scendere con i piedi per terra.
Già, questa idea che i sogni sono in alto e la realtà in mezzo alla gente, sì, la condividevo, ma se la mia teoria fosse stata giusta allora è in basso che si raggiungono i sogni, insomma quella famosa energia capace di riportarmi su…
Ma che noia parlare dei banchi di scuola e cercare di descrivere questa giornata autunnale sapendo che molti, troppi l’hanno già fatto a pochi anche sublimemente.
Mi pervade proprio in questo istante un immenso desiderio di narrarvi una storia fantastica frutto dei sogni, non altro infatti di ciò che nasce dalla delusione della realtà e dal bisogno di uscirne.
Ma una bimba intrappolata nella caverna di un centauro avrebbe come unica priorità dilemmatica quella di scapparne ed io voglio superare altri ostacoli  ben diversi o almeno provarci, e se non ci riuscissi rimarrei solamente al buio di quella caverna.
Caspita! sono passate poche righe ed ecco che mi accorgo di essere ben otto gradini più in alto del pavimento, avevo sbagliato! Ero risalito verso i miei pensieri dogmatici e mi ero lasciato sotto tutti gli altri!, O forse no!, forse la strategia era giusta!, assorto dai pensieri della pioggia e dei banchi di scuole ero salito proprio per essere sceso di molto!.
Bastava allora solo non pensare a rispondere alle proprie domande più irraggiungibili e cercare invece di rispondere alle più elementari per costruire un’ altra scala quella delle risposte delle quali tanto mi fido, su cui potermi arrampicare con fermezza e dall’alto di quelle osservare la pila delle domande, che anche se ancora troppo alta, già spaventava di meno.

Solo con il tempo capii che la risposta più definitiva era quella di lascire una domanda...perchè darle una spiegazione sarebbe tato chiuderla in un senso...invece alcune cose della vita non la devono avere una spiegazione per essere vere.

Merda... guardo lo specchio e lo lecco in preda alla pazzia.

  
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