Capitolo 17
L’Epifania Che Tutte Le Speranze Porta Via-Sto Pensando A Te
“Non ci posso credere! Come fai a stare con lei quando stai
anche con quell’odiosa donna che era con te, quel pomeriggio al negozio?”
esclamai, alzando di un bel po’ la voce.
Giuliano si parò una mano davanti e la zia mi guardò come se
fossi impazzita.
“Che hai detto, Luna?” chiese.
“Zia, lui non sta solo
con te! Qualche giorno fa ero al negozio dove lavora Stella e lui è venuto con
una donna dai capelli rossi che doveva comprarsi un abito per la notte di
Capodanno, per andare ad una festa da alcuni amici dei Parioli Nord! La
chiamava “Amore” e “Chicca”, le ha regalato un anello grande quanto una noce…
Come ti giustifichi?” domandai, rivolta verso Giuliano che dal rossore era
passato al colorito cereo. “Chi era quello, per caso il tuo gemello?” aggiunsi
sarcastica.
“E’ vero? Giuliano, tu hai un’altra?” strillò la zia, con il
viso deformato dalla scoperta e un rossore che mano a mano faceva sì che il suo
viso s’intonasse con i capelli. “Ed è rossa come me? E’ con lei che eri a
Capodanno?”. Il suo tono ovviamente era sia incredulo che pervaso da una minima
speranza che fosse tutto uno scherzo di cattivo gusto.
Giuliano abbassò lo sguardo e sospirò. “Kitty, è una lunga
storia…”.
“Se fai così devo dedurre che è una lunga storia che si può
riassumere con la frase “Sei uno stronzo e basta!”, che dici?” lo sfidò,
innervosita al massimo.
Guardare quella scena, e soprattutto le condizioni della
zia, mi fece male al cuore.
“Luna, per favore, credo sia meglio se torni a casa” se ne
uscì lei quando Giuliano continuò con il suo mutismo colpevole. La sua voce era
incontrollata, tremava a dismisura.
“Ma zia…” protestai invano, ma mi zittì.
“E’ una cosa mia, devo risolvere questa situazione per bene.
Ti prego, và a casa, ti chiamo io dopo” mi salutò, passandomi il giubbino, e
nel giro di due istanti mi ritrovai fuori la porta, salvo poi sentire le sue
urla irate.
Mi sentivo male nel pensare ciò che la zia stesse provando
al momento, l’ennesima delusione dopo che si era illusa di aver trovato l’uomo
giusto, e aspettai invano una sua telefonata fino all’una passata di notte.
Cosa dovevo fare? Volevo starle vicino, ma non volevo
nemmeno essere invadente. Averla vista in lacrime per la prima volta mi aveva
colpita, e finalmente avevo realizzato quanto la ammirassi: era riuscita a
superare i tanti ostacoli che la vita le aveva presentato pur di non omologarsi
e accontentarsi della prima scelta che le capitava davanti agli occhi. Al posto
suo non avrei sopportato i numerosi momenti di buio che aveva vissuto, e non
sarei mai arrivata a quarantasei anni così allegra ed energica.
Aspettai una sua telefonata invano fino al giorno
dell’Epifania, così quel giorno mi decisi a farle visita con una bella calza
strapiena di cioccolato e un sorriso comprensivo stampato in faccia.
Bussai alla porta e mi aprì dopo un po’, con evidenti
occhiaie bluastre sotto agli occhi e i capelli scarmigliati.
“Ciao zia! Non potevo non farmi vedere il giorno della
Befana” esclamai, abbracciandola e
porgendo la calza.
Stavo per aggiungere qualcos’altro quando lei mi precedette,
con un tono di voce deciso e stranamente tranquillo.
“E’ inutile che ci giriamo intorno: ho lasciato Giuliano e
non ho nemmeno voglia di arrendermi a causa sua. Chi potevo mai sperare di
incontrare in uno speed dating? Avevi
ragione, ci sono solo gli scarti degli scarti, persone che non fanno per me. Ma
non mi arrenderò, oh, no. Sono certa che da qualche parte esiste un uomo per
me, dolce, gentile che mi ami per quello sono” disse, conducendomi in cucina,
dove prendemmo posto. Mi venne da sorridere pensando che quella descrizione
corrispondesse in tutto e per tutto a Michele, e fu in quel momento che decisi
di fare di tutto per farli avvicinare senza dire niente a nessuno. Conoscendo
la zia avrebbe subito apprezzato Michele per le sue qualità; ci sarebbero solo
voluti dei casuali incidenti che li avrebbero obbligati a stare un po’ più a
contatto e poi tutto sarebbe andato per il meglio. Non ero il tipo di ragazza
che amava fare da Cupido, ma in quel caso l’avrei fatto volentieri, spinta
dall’affetto verso quelle due persone che secondo me meritavano di essere
felici insieme dopo tanti anni di solitudine.
Però quel pomeriggio mi resi conto che a non avere affatto
bisogno di Cupido fosse mia sorella, che ormai sembrava decisamente partita per
il pianeta dell’amore insieme a Mario.
Mentre mangiucchiavo un pezzetto di cioccolato fondente che
avevo trovato nella maxi calza che mi avevano regalato i nonni, quest’ultima
entrò di soppiatto nel soggiorno. “Luna, vestiti che stanno venendo Marco e
Mario” ordinò.
La guardai scocciata, accasciandomi con la schiena contro il
divano su cui ero seduta comodamente. “Che cosa? Io tra un po’ volevo andare da
Paola…” sbuffai. Per quel giorno avrei preferito non vedere Marco; non lo
vedevo da circa una settimana e i miei nervi stavano meglio dal momento che
riuscivo a dormire di più dal momento che non occupava la mia mente con i suoi
sorrisi e i suoi più innocenti gesti che ero obbligata a vedere e a notare
ogniqualvolta ci vedevamo.
“E ci andrai dopo,muoviti, su!” mi incitò.
“Dimmi, ne approfitti perché siamo sole in casa e così con
la scusa del tuo migliore amico vedi anche Mario?” chiesi perfidamente,
facendole la linguaccia.
“Scema! Che ne puoi capire, tu!” mi rimbrottò falsamente
sarcastica, facendo a sua volta una smorfia.
Purtroppo per me, però, restava il fatto che avrei rivisto
Marco a breve e che avrei dovuto sostenere uno dei miei monologhi interiori per
resistere. Quell’aspettativa però, faceva sì che lo pensassi ancora di più del
dovuto nell’attesa di rivederlo, bello e distinto come sempre.
“Sto pensando a te
mentre cammino, mentre parlo, mentre rido, mentre respiro
sto pensando a te
mentre mi sveglio, quando corro tutto il giorno
sto pensando a te
mentre mi spoglio di ogni orgoglio mentre guardo il mio destino
sto pensando a te
quando ricordo mentre ancora sento il tuo profumo”
Inoltre, mi ritrovai
a sperare che dopo quella visita almeno Paola stesse in buona vena e non
avrebbe iniziato a piagnucolare con i suoi soliti discorsi depressivi su quanto
quel ragazzo fosse il suo ossigeno e bla bla bla.
Indossai una camicia blu con dei jeans, ed ebbi a stento il
tempo di aggiustare quel groviglio di capelli che mi ritrovavo in testa che
sentii il campanello suonare.
“Vado!” trillò Stella, tutta agghindata con una delle sue
solite mise appariscenti. Il rumore dei soliti tacchi chilometrici scandiva i
suoi passi, e sentii ticchettare per una decina di secondi. Aveva decisamente
perso la testa, si, ne ero più che certa.
Ebbi appena il tempo di ritornare in salotto e fare finta di
star sfogliando una rivista che Marco entrò nella stanza con un passo quasi
felpato e rapido.
“Ciao” esordì.
“Ciao Marco” risposi. “Siediti” lo invitai, fingendomi una
buona padrona di casa, e così prese posto al mio fianco. “Stella e Mario…?”
domandai poi, fingendomi curiosa quando sentivo ancora i battiti del mio cuore
ancora un po’ accelerati. Il mio stomaco era ancora stordito dal lieve pugno
che aveva creato l’apparizione del ragazzo.
“Non
me lo chiedere, stavano bofonchiando con aria decisa, perciò sono subito venuto
qui. Cosa pensi che ci dovranno dire?” chiese.
“Perché, devono dirci qualcosa?” feci a mia volta.
Marco si voltò e ghignò. “Perché pensi che ci abbiano
convocati qui, allora?” dichiarò retorico, sospirando. “Non so te, ma da quando
si vedono sto uscendo pazzo, Mario è decisamente fuori di sé” si lamentò.
Annuii con vigore. “Si! Ti giuro, Stella è decisamente
partita, fa cose senza senso, ride ogni tre secondi, però un po’ la invidio” mi
lasciai sfuggire, senza riuscire a
trattenermi. Mi posai la mano destra sulla bocca, come se avessi detto la più
abominevole delle parolacce, e Marco mi guadò curioso.
“La invidi? Come mai?” domandò, continuando a scrutarmi in
un modo che mi metteva decisamente in soggezione.
Scrollai le spalle e girai lo sguardo altrove, imbarazzata.
“Perché è bello amare ed essere amati. Non che lo sappia per esperienza
personale, però da quel che vedo deve essere decisamente il massimo che si può
chiedere alla vita” sussurrai.
“Hai ragione” disse, e quasi mi sentii sciogliere per il
tono che aveva usato. Ritornai con lo sguardo su di lui, sorpresa, ma l’arrivo
dei nostri fratelli ci obbligò a chiudere lì quella conversazione.
Stella si schiarì la voce; alle sue spalle, Mario sembrava
sentirsi un po’ fuori luogo, imbarazzato ma decisamente felice.
“Allora, cosa dovete dirci?” domandai impaziente.
“Infatti, ci siamo scocciati di aspettare…” mi diede man
forte Marco, e così dicendo poggiò una mano sulla mia spalla in un modo così
innocente che però mi fece quasi sobbalzare lo stesso.
“Come siete impazienti! Beh, c’è che…” iniziò Stella, per
poi voltarsi verso Mario.
“Ieri ci siamo messi insieme!” dissero all’unisono, dopo uno
sguardo d’intesa.
“L’avevo capito, che vi credete, pensate che non vi abbia
visti dallo specchio mentre ero nella mia stanza e voi vi stavate baciando?” esclamò
Marco, ridendo.
“Potevi fotografarli” lo rimbrottai, ma sorrisi e mi alzai,
raggiungendo mia sorella, per poi abbracciarla con calore. “Sono felicissima
per voi” mormorai.
“Grazie, tesoro” sussurrò. Non mi aveva mai chiamata così,
si vedeva che l’amore le dava proprio alla testa.
“Allora d’ora poi posso chiamarti cognatino?” presi in giro
Mario appena mi separai da Stella.
“Puoi chiamarmi come vuoi” acconsentì, abbracciandomi. “Però
anche tu sarai la mia cognatina, allora”.
Marco fece lo stesso, e non dimenticherò mai lo sguardo che
ci scambiammo poco dopo, uno sguardo quasi di consapevolezza. “Abbiamo passato
i guai, ora. Prepariamoci al loro primo litigio” ridacchiò lui, salvo poi
schivare un colpo opera di suo fratello.
Ero davvero felice per Stella, per il fatto che stesse con
uno che l’amava davvero, perché si vedeva da un miglio di lontananza lo sguardo
da pesce lesso innamorato che Mario assumeva quando la guardava.
Passammo un’oretta felice a chiacchierare tra noi, poi,
quando mi allontanai per andare a bere un bicchiere d’acqua in cucina, Marco mi
seguì.
”Che dici, ce la squagliamo? Si vede che vogliono restare un
po’ da soli” disse a bassa voce, deciso. “Come minimo ora si staranno mangiando
la faccia, durante la nostra assenza”.
Finii di bere ed acconsentì. “In realtà io avevo in
programma di andare a trovare Paola prima che di sapere della vostra visita”.
“Anche io dovevo andare a trovare Mattia…” disse, quasi
incredulo. “Che dici, allora, andiamo?” propose.
“Ok… Ma dimmi, tutta questa gentilezza proviene dagli ultimi
residui di aria natalizia?” domandai, cercando di buttarla sullo scherzo,
mentre mi recavo nell’ingresso per prendere il mio cappotto sull’attaccapanni.
“No, perché oggi è la tua festa, no?” rispose, facendo uno
stupido occhiolino.
“Ah ah ah. Se io sono la Befana tu chi sei, l’elfo di Babbo
Natale?”.
“Scema. Ehi, piccioncini, noi usciamo che abbiamo delle
visite da fare, ok?” aggiunse ad alta voce, rivolto a Stella e Mario.
Ci fu uno strano suono di assenso e così uscimmo di casa,
volti verso la sua auto.
Non so perché ma mi venne il dubbio di chiamare Paola, per
vedere se era in casa e non far sì che alla fine mi sarei trovata solo Mattia
tra le calcagna. Marco mi guardava curioso mentre aprivo il cellulare e cercavo
il numero in rubrica.
“Chiamo Paola e vedo se è in casa, non vorrei fare la figura
della scema se non la trovo” spiegai.
“Giusto. Puoi domandarle se Mattia è in casa? Così evito a
mia volta” chiese con gentilezza, in un modo tale che nemmeno la persona più
cattiva del mondo gli avrebbe saputo rispondere di no.
“Certo…”. Il cellulare non faceva altro che riempirmi la
testa con i suoi “tu,tu,tu” e quando stavo per staccare mi rispose una voce che
non apparteneva alla mia amica.
“Pronto, Paola?” domandai come una scema, pur sapendo che
quella fosse una voce maschile. Probabilmente era Mattia.
“Luna, Paola è di là… Sono Antonio”.
Ebbi la sensazione di essermi persa qualche pezzo mentre
ricollegavo quell’affermazione al suo senso logico. Antonio a casa di Paola?
Che ci faceva lì? Era forse andato da lei per una consegna di dolci o giù di
lì?
“Antonio!” esclamai, e qui Marco mi guardò come se fossi
impazzita. “Ma che ci fai da Paola?” domandai, curiosa e desiderosa di capirci
qualcosa.
“No, niente, mi trovavo da quelle parti… Tu, piuttosto?”
chiese.
“Io? Oh, no, niente, niente, è solo che sono con Marco e
visto che non riusciva a rintracciare Mattia mi ha chiesto di chiamare Paola
per sapere se è in casa” mentii spudoratamente, tanto che Marco assunse
un’espressione indignata.
“No, Mattia non c’è, in realtà non c’è nessun altro” ammise,
in un tono quasi eloquente.
Che cosa? Paola e Antonio da soli in casa dopo che non li
avevo mai visti così in confidenza? Il mondo stava letteralmente impazzendo,
non c’erano altre spiegazioni.
“Va bene, gli dirò di riprovare a chiamarlo, grazie. Salutami Paola, eh”.
“Certo, ciao Luna” e subito staccò. Riposi il cellulare in
tasca e mi guardai intorno quasi con confusione.
“Ma
sei pazza? Perchè hai cacciato quella scusa? Ora Paola inizierà a farsi mille
problemi sul perché ho fatto chiamare te e non ho chiamato io” mi attaccò
subito Marco, con un tono grave. Sbatté le mani sul volante.
“Oh, ma piantala! Senza offesa ma credo che tu sia l’ultimo
dei suoi pensieri dal momento che sta a casa da sola con Antonio…” gli feci
notare con sarcasmo.
“Infatti, è un'altra cosa che non capisco, insomma, ci sono
rimasto quando ti ho sentito nominarlo” ammise, scuotendo il capo. “Non sapevo
che fossero amici”.
“Nemmeno io se è per questo. Ma Antonio aveva un tono strano,
sai? Tipo quella dei criminali dopo che hanno commesso un delitto” cercai di
spiegare. “E se fosse una sorta di appuntamento?” domandai al nulla.
“Mi fa piacere per loro, vuol dire che ci hanno dimenticati
finalmente” disse Marco.
“Si, ma poi, se le supposizioni di Stella sono esatte,
dovrei restituire il biglietto del concerto ad Antonio…” dissi sconsolata.
Marco non disse nulla per qualche istante. “Io ti consiglio
di far finta di nulla, se lui te lo chiede nel caso voglia andarci con Paola
glielo ridai, altrimenti, che te ne frega. Ma sai quanti altri ragazzi possono
essere?” domandò.
“Mi prendi in giro?” chiesi con amarezza. Oltre Antonio e al
massimo Mattia non poteva essere nessun altro, era ovvio.
“No. Perché dovrei? Vedi che sei tu che ti butti così giù
anche quando io cerco di essere gentile?” mi rimproverò.
Mi ci volle una forza sovrumana per trattenere un sorriso,
dopotutto quella frase gli doveva essere costata molto.
“Piuttosto, dove andiamo?” domandò. Sembrava quasi un
tassista un po’ annoiato ad essere onesti.
“Non lo so, insomma, puoi lasciarmi qui se hai da fare…”.
Non volevo essergli da impedimento se aveva qualcosa da fare, era già stato
abbastanza gentile nel darmi il passaggio.
“Non ho nulla da fare stasera. Se tornassi a casa mi
metterei a studiare e ne ho abbastanza di chiese e monumenti, ad essere
onesti”.
“E allora…?” chiesi esitante, senza sapere dove volesse
arrivare.
“E allora ti va se andiamo al cinema? Ho proprio voglia di
rilassarmi un po’ mangiando un chilo di pop corn” ammise, voltandosi e
sorridendo incoraggiante. “Ho bisogno di energie, domani ho il primo
allenamento dell’anno”.
Se avessi potuto, in quel momento gli sarei saltata addosso
e lo avrei tenuto avvinghiato a me per le prossime dodici ore. Andare al cinema
con lui?
Si! Si! Si!
urlavano gli spiritelli maligni che mi
avevano ormai invaso il cervello. E mi
raccomando, scegliete un film horror
che più horror non si può così hai la scusa per gettarti addosso e non
scrollarti più! aggiunsero.
Scacciai quel pensiero e feci un cenno di assenso, quasi
come se per me fosse un qualcosa di irrilevante. Ero consapevole che dopo
quelle ore passate in sua compagnia non avrei dormito per le seguenti dieci
notti, ma visto che ultimamente ero diventata molto masochista, non vedevo
l’ora di passare due ore seduta al suo fianco.
“Cosa vorresti vedere?” gli domandai mentre facevamo la fila
per i biglietti.
“Non lo so… Tu che dici? “Io&Marilyn”?”
disse poco convinto.
“Mmm…” dissi vaga, guardandomi intorno. Diedi un fugace
sguardo a tutte le locandine, per poi restare ammaliata da una delle tante, che
aveva come copertina due visi, uno di un ragazzo e uno di una ragazza con sotto la scritta
“Dieci Inverni”. “So che ora dirai di no, ma quello mi ispira” ammisi,
indicando quel tabellone.
Marco seguì il mio dito
e poi valutò la proposta in silenzio.
“E’ inutile, lo so che non acconsentirai mai a vedere un film romantico” lo presi in giro.
Mi guardò con aria di sfida e cacciò uno di quei sorrisi che
tanto amavo. “Credi che non lo vedrei?”.
“No, perché poi ti commuoveresti e faresti la figura
dell’idiota” dissi saccente, con l’aria di chi la sapeva lunga. I ragazzi erano
così, volevano fare i duri vedendo film d’avventura ed azione solo perché
davanti ad uno d’amore si sarebbero sciolti e avrebbero dimostrato le loro
debolezze. Avevo letto la trama su una rivista, di quel film: parlava di un
ragazzo e una ragazza che si erano incontrati per la prima volta a diciott’anni
su un vaporetto che li avrebbe condotti a Venezia nel 1999, per poi far continuare
ad evolvere il loro rapporto nei dieci anni successivi che li porterà
dall’amicizia all’amore e poi ai litigi, passando da Venezia fino a Mosca.
(http://www.movieplayer.it/film/24905/dieci-inverni/)
“Io non mi commuovo assolutamente” protestò, e fu così che
dieci minuti dopo ci ritrovammo nella sala in cui proiettavano proprio quel
film. Io sorridevo soddisfatta mentre lui mangiava i pop corn con aria decisa,
come per sfogare in quel modo la sua frustrazione e la sua sottomissione dovuta
al fatto che mi avesse accontentata solo per farmela vedere.
Le luci della sala erano ancora accese, e Marco sembrava
essere lì solo per mangiare.
“Giuro che devo infastidirti al massimo per tutto il film
con il rumore della mia mascella al lavoro” disse risoluto quando notò che lo
guardavo un po’ schifata.
“Sono brava nel non ascoltare, fidati, e poi posso sempre
spostarmi…” ribattei, anche se quella era l’ultima cosa che volevo. Che senso
aveva stare in quel cinema se non starci vicino e sentirlo al mio fianco?
“Provaci. E poi chi mi farà da cuscino quando mi addormenterò
per questa palla di film?” domandò
retorico.
Fare da
cuscino? Io? Ma pure da materasso con tanto di piumone, no problem!
“Chi ti dice che ti farò da cuscino?” chiesi acida, fingendo
di non essere allettata dall’idea.
In quell’istante, le luci iniziarono a spegnersi e poco dopo
ci ritrovammo immersi nel buio più totale. “Io. Sei uno scricciolo, non hai la
forza per respingermi”.
Non ribattei; sentii il viso improvvisamente in fiamme e per
dispetto presi una manciata di pop corn dal suo contenitore enorme. Il film
iniziò e mi catturò dal primo istante; sorrisi malinconicamente nel vedere che
i protagonisti del film, Silvestro e Camilla, erano identici a me e Marco
quando litigavano, e dal primo istante, però, almeno loro sembravano essere
fatti l’uno per l’altra quando solo loro non se ne rendevano conto.
Il primo tempo terminò e restai scandalizzata quando vidi
Marco andare a comprare un’altra confezione di pop corn con un sorriso
divertito sulle labbra, anche se per fortuna ritornò con una confezione mini
che divorò in meno di quattro minuti.
Il secondo tempo iniziò dopo poco e mi sentii entrare in
un’altra dimensione quando avvertii Marco appoggiarsi sulla mia spalla.
“Almeno sei comoda, dai” disse altezzoso, appoggiandosi
meglio.
“Prego, eh” sbuffai, ma, decidendo di non fregarmene e
seguendo il mio istinto meno nobile, mi appoggiai a mia volta su di lui. “Così
non sei solo tu che uscirai da qui ben riposato” mentii, più spavalda di quanto
sapevo di essere.
“Ma certo, non vedo dove sia il problema, almeno sei leggera
e non mi schiaccerai sotto il tuo peso” osservò con nonchalance. Eravamo viso
contro viso mentre parlavamo; sarei rimasta così ancora tanto tempo, a perdermi
nelle sue magnifiche iridi blu che al buio scintillavano ancora di più, e mi
sentii morire quando lo avvertii aiutarmi a poggiarmi su di lui. Poggiò il capo
sul mio, circondò le mie spalle con un braccio e domandò: “Va bene così?”.
“S-Si” bofonchiai incerta. Speravo che non stesse avvertendo
il mio cuore battere all’impazzata in quei momenti, e chiusi gli occhi per
calmarmi. Che bella sensazione era starsene così, al caldo, avvinghiata al
ragazzo che amavo… Ma la consapevolezza di sapere che per lui non fossi alto
che un mezzo di comodità mi logorava l’anima.
Perché diamine si comportava così? Per lui non contavo
nulla, ero solo la compagnia dal momento visto che il suo migliore amico non
c’era.
“Cosa faresti al posto mio
se ogni pensiero
se ogni pensiero fossi io?
Cosa faresti tu?
Cosa faresti tu?”
Purtroppo, però, quando si sta bene il tempo vola, e fu così
che ci ritrovammo a tornare seduti per bene appena le luci iniziarono a
riaccendersi.
Non ci guardammo negli occhi per un bel po’, fissando ognuno
in direzioni diverse mentre uscivamo dalla sala. Mi sentivo intontita, anche se
a riportarmi alla pazza e burrascosa realtà ci pensò un sms di Paola.
Luna,
scusami per prima. Comunque, non ci crederai, ma domani io e Antonio andiamo a
cena fuori insieme… Ho mille cose da dirti! ;-) Ti voglio bene!
Lo lessi quando ero ormai nell’auto di Marco che mi stava
riportando a casa, e non riuscii a non
ridere nervosamente.
“Che c’è?” chiese lui.
“C’è che avevamo intuito bene, Paola si vede con Antonio.
Magnifico, mia sorella e la mia più cara amica sono occupate, ci manca solo
Miriam e sto apposto!” esclamai sarcastica, senza riuscire a trattenermi. Come diavolo si erano conosciuti per bene?
Paola aveva molte cose da raccontarmi, decisamente.
“Non dire queste cazzate,pensa che è meglio soli che male accompagnati” se ne uscì
Marco, quasi con una voce ostile che mi fece ricordare i momenti in cui si
comportava sgarbatamente.
Lo guardai male e non parlammo più fino al momento in cui
arrivammo sotto casa dei nonni.
“Beh, allora ciao” dissi, mentre aprivo la portiera.
“Ciao”.
Non aggiunse altro, quasi come se mi avesse fatto un piacere
venendo al cinema con me dopo che me lo aveva proposto. Come dovevo fare? Dove
avevo sbagliato? Possibile che fosse così lunatico, ancora peggio di me?
Mi trascinai in casa desiderosa di andare a letto nonostante
fosse ancora presto, ma scoprii che mi sarebbe stato inutile quando ad aprirmi
la porta ci pensò mia madre, perfettamente truccata come sempre, insieme ad un
suo urletto: “Sorpresa!”.
“Mamma, ma che ci fai qui?” domandai. “Ti aspettavamo tra
quattro giorni” le ricordai, visto che sarebbe venuta per le imminenti nozze di
Flavia.
“Flavia ha dei problemi con l’abito, glielo devo stringere
un po’ e così eccomi qua in anticipo, non sei contenta?” chiese allegra,
abbracciandomi.
“Ma certo…”. Perfetto, ci mancava solo lei e le sue subdole
supposizioni sulla mia cotta per Marco e potevo dire di aver avuto tutto dalla
vita!
“Vieni di là, mi sto divertendo un mondo con tua sorella e
il suo ragazzo!” esclamò, prendendomi per un braccio e conducendomi in
soggiorno.
“Vuoi dire che hai già saputo e metabolizzato la cosa?”
chiesi.
“Ma certo! Anche se mi dispiace che sia sempre Stella quella
ad avere un ragazzo e non tu…”.
“Mamma!”.
“Ok, non fiaterò più, promesso” disse, con finta aria da vittima.
Papà arrivò poco dopo, e appena vide mamma sbiancò.
“Dante! Caro, torni a casa tutte le sere a quest’ora?”
domandò mamma, con la sua solita risatina, abbracciandolo. Era sempre molto
affettuosa con lui, nonostante la separazione, ma dal modo in cui papà si
separò e la guardò compresi che era molto freddo.
“E tu compari sempre così all’improvviso, Cristiana. Ti
dispiace venire un secondo di là? Dovrei parlarti” rispose a tono lui, in un
modo glaciale che raramente gli avevo visto dipinto in faccia.
Evidentemente le avrebbe chiesto della sua relazione e del
perché non glielo aveva detto.
Guardai Stella, che sospirò.
“Non voglio vederli litigare anche ora che si sono separati”
mormorò, appoggiandosi sulla spalla di Mario che le accarezzò dolcemente la
testa. Com’erano belli insieme, dovevo ammetterlo. Era una coppia perfetta, ben
proporzionata ed equilibrata: lui simpatico ma allo stesso tempo serio e
responsabile, lei estroversa e un po’ pazza quando ci si metteva, ma con un
gran cuore.
“Tranquilla, amore” la tranquillizzò lui, stringendola a sé.
Per fortuna, anche se i nostri genitori avevano avuto un
diverbio, il tutto si era probabilmente risolto rapidamente perché tornarono
nella nostra stanza poco dopo, papà più calmo e mamma più sorridente.
“Allora, Stella, non fai conoscere il tuo ragazzo a papà?”
chiese mamma ammiccante.
Papà guardò entrambe come se avesse udito un’eresia e subito
Mario, che al loro ingresso si era separato da Stella, scattò su.
“Cioè, Stella, tu hai un ragazzo e lo sa tua madre che è
appena venuta da Firenze e non io? Possibile che qui sono sempre l’ultimo a
sapere le cose?” chiese papà, quasi esasperato ma con la solita espressione del
papà geloso dipinta in volto.
“Papà! Ci siamo messi insieme ieri, è solo un caso! Comunque
lui è il mio ragazzo Mario, il fratello di Marco” esclamò Stella, e quasi mi
venne da ridere nel vedere la scena in cui Mario e papà si stringevano la mano
e si guardavano, l’uno intimorito, l’altro minaccioso.
Fu così che Mario si fermò a cena e conobbe anche i nonni.
Ogni volta che lo guardavo cercavo di non notare i tratti di somiglianza che lo
accumunavano a Marco, ma invano, e il pensiero di doverlo obbligatoriamente
vedere per tutta la giornata al matrimonio, ben quattro giorni dopo, mi turbava
alquanto. Ormai era una parte fondamentale della mia vita, ed ero certa che, a
modo mio, sarebbe sempre stato lui il mio “amore”, anche se un domani avrei
avuto la fortuna di incontrare qualcuno che ricambiasse i miei sentimenti e mi
avrebbe amata per quella che ero.
*°*°*°*
Hola chicas!
Rieccomi
con un nuovo capitolo in anticipo per XXX_Ice_Princess_XXX dato che non
avrebbe potuto leggerlo se avessi aggiornato martedì poiché dopodomani partirà
per andare in gita e a cui auguro di divertirsi un mondo anche per me che non
ci sto comprendendo più nulla tra compiti e interrogazioni ^^
Comunque, immagino che cap dopo cap avrete notato che c‘è un
certo avvicinamento tra i due e anche Marco sembra molto più gentile e dolce,
anche se alla fine ritorna improvvisamente gelido… Beh, vi dico solo che
probabilmente il prossimo cap, in cui ci sarà il matrimonio di Flavia, vi
piacerà molto!
Scusatemi se non ho il tempo di rispondere alle vostre
recensioni, ma sappiate che ringrazio di cuore le 27 persone che hanno inserito
la storia tra i preferiti e le 32 che l’hanno inserita tra le storie seguite, e
ovviamente coloro che hanno recensito, ovvero:
XXX_Ice_Princess_XXX
Blair95
Lola SteP
CriCri88
Fattucchiara
vero15star
rossy87
Spero continuerete a seguirmi, sappiate che ogni vostra
recensione mi fa sorridere peggio di una bambina perchè sapere che Luna&co
vi stanno facendo appassionare e sorridere proprio come succede a me è
magnifico… GRAZIE!
“Che gli
dici?” mi sfidò, ridendosela. Si stava per caso prendendo il gioco della sua
povera gemella fuori di senno?
“Voglio
proprio vedere. Insomma, se foste una coppia sareste abbastanza impegnati a
litigare tra voi per rompere le scatole a me e a Mario…” insisté Stella in un
modo così deciso che replicai subito con un: “Però non stiamo insieme e la
questione non si pone, ok? E ora zitta che mi fai aumentare il mal di testa”.
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“Scusami, non avrei dovuto, è colpa della febbre, io… Scusa…” biascicai, e ci restai malissimo quando non udii alcuna risposta, salvo poi avvertire le sue braccia stringermi a sé.
Perchè secondo voi Luna chiede scusa? Cos'è che "Non avrebbe dovuto"? Si accettano scommesse xD
Un bacione,
la vostra milly92