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Autore: milly92    16/01/2010    7 recensioni
Si dice sempre che non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina, eppure questo è l’errore che commette Luna giudicando male la sua gemella Stella e il migliore amico di quest’ultima, Marco. Si trasferisce nella città in cui abita suo padre sin da dopo la separazione con sua madre e, inevitabilmente, Stella la segue. Cosa succederà quando, tra uno spagnolo affascinante, una zia quarantenne single, un datore di lavoro bonaccione, dei nonni affettuosi e cugine un po’ pasticcione, Luna sarà costretta a vivere delle situazioni che nel loro essere spiacevoli la porteranno a ricredersi, soprattutto riguardo Marco? Può un “odio secolare” mutare in qualcosa che possa remotamente chiamarsi amore?
Genere: Romantico, Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Odi, Sed Amo'
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L’Epifania Che Tutte Le Speranze Porta Via-Sto Pensando A Te

Capitolo 17

L’Epifania Che Tutte Le Speranze Porta Via-Sto Pensando A Te

“Non ci posso credere! Come fai a stare con lei quando stai anche con quell’odiosa donna che era con te, quel pomeriggio al negozio?” esclamai, alzando di un bel po’ la voce.

Giuliano si parò una mano davanti e la zia mi guardò come se fossi impazzita.

“Che hai detto, Luna?” chiese.

“Zia, lui non sta solo con te! Qualche giorno fa ero al negozio dove lavora Stella e lui è venuto con una donna dai capelli rossi che doveva comprarsi un abito per la notte di Capodanno, per andare ad una festa da alcuni amici dei Parioli Nord! La chiamava “Amore” e “Chicca”, le ha regalato un anello grande quanto una noce… Come ti giustifichi?” domandai, rivolta verso Giuliano che dal rossore era passato al colorito cereo. “Chi era quello, per caso il tuo gemello?” aggiunsi sarcastica.

“E’ vero? Giuliano, tu hai un’altra?” strillò la zia, con il viso deformato dalla scoperta e un rossore che mano a mano faceva sì che il suo viso s’intonasse con i capelli. “Ed è rossa come me? E’ con lei che eri a Capodanno?”. Il suo tono ovviamente era sia incredulo che pervaso da una minima speranza che fosse tutto uno scherzo di cattivo gusto.

Giuliano abbassò lo sguardo e sospirò. “Kitty, è una lunga storia…”.

“Se fai così devo dedurre che è una lunga storia che si può riassumere con la frase “Sei uno stronzo e basta!”, che dici?” lo sfidò, innervosita al massimo.

Guardare quella scena, e soprattutto le condizioni della zia, mi fece male al cuore.

“Luna, per favore, credo sia meglio se torni a casa” se ne uscì lei quando Giuliano continuò con il suo mutismo colpevole. La sua voce era incontrollata, tremava a dismisura.

“Ma zia…” protestai invano, ma mi zittì.

“E’ una cosa mia, devo risolvere questa situazione per bene. Ti prego, và a casa, ti chiamo io dopo” mi salutò, passandomi il giubbino, e nel giro di due istanti mi ritrovai fuori la porta, salvo poi sentire le sue urla irate.

Mi sentivo male nel pensare ciò che la zia stesse provando al momento, l’ennesima delusione dopo che si era illusa di aver trovato l’uomo giusto, e aspettai invano una sua telefonata fino all’una passata di notte.

Cosa dovevo fare? Volevo starle vicino, ma non volevo nemmeno essere invadente. Averla vista in lacrime per la prima volta mi aveva colpita, e finalmente avevo realizzato quanto la ammirassi: era riuscita a superare i tanti ostacoli che la vita le aveva presentato pur di non omologarsi e accontentarsi della prima scelta che le capitava davanti agli occhi. Al posto suo non avrei sopportato i numerosi momenti di buio che aveva vissuto, e non sarei mai arrivata a quarantasei anni così allegra ed energica.

Aspettai una sua telefonata invano fino al giorno dell’Epifania, così quel giorno mi decisi a farle visita con una bella calza strapiena di cioccolato e un sorriso comprensivo stampato in faccia.

Bussai alla porta e mi aprì dopo un po’, con evidenti occhiaie bluastre sotto agli occhi e i capelli scarmigliati.

“Ciao zia! Non potevo non farmi vedere il giorno della Befana”  esclamai, abbracciandola e porgendo la calza.

Stavo per aggiungere qualcos’altro quando lei mi precedette, con un tono di voce deciso e stranamente tranquillo.

“E’ inutile che ci giriamo intorno: ho lasciato Giuliano e non ho nemmeno voglia di arrendermi a causa sua. Chi potevo mai sperare di incontrare in uno speed dating? Avevi ragione, ci sono solo gli scarti degli scarti, persone che non fanno per me. Ma non mi arrenderò, oh, no. Sono certa che da qualche parte esiste un uomo per me, dolce, gentile che mi ami per quello sono” disse, conducendomi in cucina, dove prendemmo posto. Mi venne da sorridere pensando che quella descrizione corrispondesse in tutto e per tutto a Michele, e fu in quel momento che decisi di fare di tutto per farli avvicinare senza dire niente a nessuno. Conoscendo la zia avrebbe subito apprezzato Michele per le sue qualità; ci sarebbero solo voluti dei casuali incidenti che li avrebbero obbligati a stare un po’ più a contatto e poi tutto sarebbe andato per il meglio. Non ero il tipo di ragazza che amava fare da Cupido, ma in quel caso l’avrei fatto volentieri, spinta dall’affetto verso quelle due persone che secondo me meritavano di essere felici insieme dopo tanti anni di solitudine.

Però quel pomeriggio mi resi conto che a non avere affatto bisogno di Cupido fosse mia sorella, che ormai sembrava decisamente partita per il pianeta dell’amore insieme a Mario.

Mentre mangiucchiavo un pezzetto di cioccolato fondente che avevo trovato nella maxi calza che mi avevano regalato i nonni, quest’ultima entrò di soppiatto nel soggiorno. “Luna, vestiti che stanno venendo Marco e Mario” ordinò.

La guardai scocciata, accasciandomi con la schiena contro il divano su cui ero seduta comodamente. “Che cosa? Io tra un po’ volevo andare da Paola…” sbuffai. Per quel giorno avrei preferito non vedere Marco; non lo vedevo da circa una settimana e i miei nervi stavano meglio dal momento che riuscivo a dormire di più dal momento che non occupava la mia mente con i suoi sorrisi e i suoi più innocenti gesti che ero obbligata a vedere e a notare ogniqualvolta ci vedevamo.

“E ci andrai dopo,muoviti, su!” mi incitò.

“Dimmi, ne approfitti perché siamo sole in casa e così con la scusa del tuo migliore amico vedi anche Mario?” chiesi perfidamente, facendole la linguaccia.

“Scema! Che ne puoi capire, tu!” mi rimbrottò falsamente sarcastica, facendo a sua volta una smorfia.

Purtroppo per me, però, restava il fatto che avrei rivisto Marco a breve e che avrei dovuto sostenere uno dei miei monologhi interiori per resistere. Quell’aspettativa però, faceva sì che lo pensassi ancora di più del dovuto nell’attesa di rivederlo, bello e distinto come sempre.

 

“Sto pensando a te
mentre cammino, mentre parlo, mentre rido, mentre respiro
sto pensando a te
mentre mi sveglio, quando corro tutto il giorno
sto pensando a te
mentre mi spoglio di ogni orgoglio mentre guardo il mio destino
sto pensando a te
quando ricordo mentre ancora sento il tuo profumo”

 

 Inoltre, mi ritrovai a sperare che dopo quella visita almeno Paola stesse in buona vena e non avrebbe iniziato a piagnucolare con i suoi soliti discorsi depressivi su quanto quel ragazzo fosse il suo ossigeno e bla bla bla.

Indossai una camicia blu con dei jeans, ed ebbi a stento il tempo di aggiustare quel groviglio di capelli che mi ritrovavo in testa che sentii il campanello suonare.

“Vado!” trillò Stella, tutta agghindata con una delle sue solite mise appariscenti. Il rumore dei soliti tacchi chilometrici scandiva i suoi passi, e sentii ticchettare per una decina di secondi. Aveva decisamente perso la testa, si, ne ero più che certa.

Ebbi appena il tempo di ritornare in salotto e fare finta di star sfogliando una rivista che Marco entrò nella stanza con un passo quasi felpato e rapido.

“Ciao” esordì.

“Ciao Marco” risposi. “Siediti” lo invitai, fingendomi una buona padrona di casa, e così prese posto al mio fianco. “Stella e Mario…?” domandai poi, fingendomi curiosa quando sentivo ancora i battiti del mio cuore ancora un po’ accelerati. Il mio stomaco era ancora stordito dal lieve pugno che aveva creato l’apparizione del ragazzo.

“Non me lo chiedere, stavano bofonchiando con aria decisa, perciò sono subito venuto qui. Cosa pensi che ci dovranno dire?” chiese.

“Perché, devono dirci qualcosa?” feci a mia volta.

Marco si voltò e ghignò. “Perché pensi che ci abbiano convocati qui, allora?” dichiarò retorico, sospirando. “Non so te, ma da quando si vedono sto uscendo pazzo, Mario è decisamente fuori di sé” si lamentò.

Annuii con vigore. “Si! Ti giuro, Stella è decisamente partita, fa cose senza senso, ride ogni tre secondi, però un po’ la invidio” mi lasciai sfuggire, senza  riuscire a trattenermi. Mi posai la mano destra sulla bocca, come se avessi detto la più abominevole delle parolacce, e Marco mi guadò curioso.

“La invidi? Come mai?” domandò, continuando a scrutarmi in un modo che mi metteva decisamente in soggezione.

Scrollai le spalle e girai lo sguardo altrove, imbarazzata. “Perché è bello amare ed essere amati. Non che lo sappia per esperienza personale, però da quel che vedo deve essere decisamente il massimo che si può chiedere alla vita” sussurrai.

“Hai ragione” disse, e quasi mi sentii sciogliere per il tono che aveva usato. Ritornai con lo sguardo su di lui, sorpresa, ma l’arrivo dei nostri fratelli ci obbligò a chiudere lì quella conversazione.

Stella si schiarì la voce; alle sue spalle, Mario sembrava sentirsi un po’ fuori luogo, imbarazzato ma decisamente felice.

“Allora, cosa dovete dirci?” domandai impaziente.

“Infatti, ci siamo scocciati di aspettare…” mi diede man forte Marco, e così dicendo poggiò una mano sulla mia spalla in un modo così innocente che però mi fece quasi sobbalzare lo stesso.

“Come siete impazienti! Beh, c’è che…” iniziò Stella, per poi voltarsi verso Mario.

“Ieri ci siamo messi insieme!” dissero all’unisono, dopo uno sguardo d’intesa.

“L’avevo capito, che vi credete, pensate che non vi abbia visti dallo specchio mentre ero nella mia stanza e voi vi stavate baciando?” esclamò Marco, ridendo.

“Potevi fotografarli” lo rimbrottai, ma sorrisi e mi alzai, raggiungendo mia sorella, per poi abbracciarla con calore. “Sono felicissima per voi” mormorai.

“Grazie, tesoro” sussurrò. Non mi aveva mai chiamata così, si vedeva che l’amore le dava proprio alla testa.

“Allora d’ora poi posso chiamarti cognatino?” presi in giro Mario appena mi separai da Stella.

“Puoi chiamarmi come vuoi” acconsentì, abbracciandomi. “Però anche tu sarai la mia cognatina, allora”.

Marco fece lo stesso, e non dimenticherò mai lo sguardo che ci scambiammo poco dopo, uno sguardo quasi di consapevolezza. “Abbiamo passato i guai, ora. Prepariamoci al loro primo litigio” ridacchiò lui, salvo poi schivare un colpo opera di suo fratello.

Ero davvero felice per Stella, per il fatto che stesse con uno che l’amava davvero, perché si vedeva da un miglio di lontananza lo sguardo da pesce lesso innamorato che Mario assumeva quando la guardava.

Passammo un’oretta felice a chiacchierare tra noi, poi, quando mi allontanai per andare a bere un bicchiere d’acqua in cucina, Marco mi seguì.

”Che dici, ce la squagliamo? Si vede che vogliono restare un po’ da soli” disse a bassa voce, deciso. “Come minimo ora si staranno mangiando la faccia, durante la nostra assenza”.

Finii di bere ed acconsentì. “In realtà io avevo in programma di andare a trovare Paola prima che di sapere della vostra visita”.

“Anche io dovevo andare a trovare Mattia…” disse, quasi incredulo. “Che dici, allora, andiamo?” propose.

“Ok… Ma dimmi, tutta questa gentilezza proviene dagli ultimi residui di aria natalizia?” domandai, cercando di buttarla sullo scherzo, mentre mi recavo nell’ingresso per prendere il mio cappotto sull’attaccapanni.

“No, perché oggi è la tua festa, no?” rispose, facendo uno stupido occhiolino.

“Ah ah ah. Se io sono la Befana tu chi sei, l’elfo di Babbo Natale?”.

“Scema. Ehi, piccioncini, noi usciamo che abbiamo delle visite da fare, ok?” aggiunse ad alta voce, rivolto a Stella e Mario.

Ci fu uno strano suono di assenso e così uscimmo di casa, volti verso la sua auto.

Non so perché ma mi venne il dubbio di chiamare Paola, per vedere se era in casa e non far sì che alla fine mi sarei trovata solo Mattia tra le calcagna. Marco mi guardava curioso mentre aprivo il cellulare e cercavo il numero in rubrica.

“Chiamo Paola e vedo se è in casa, non vorrei fare la figura della scema se non la trovo” spiegai.

“Giusto. Puoi domandarle se Mattia è in casa? Così evito a mia volta” chiese con gentilezza, in un modo tale che nemmeno la persona più cattiva del mondo gli avrebbe saputo rispondere di no.

“Certo…”. Il cellulare non faceva altro che riempirmi la testa con i suoi “tu,tu,tu” e quando stavo per staccare mi rispose una voce che non apparteneva alla mia amica.

“Pronto, Paola?” domandai come una scema, pur sapendo che quella fosse una voce maschile. Probabilmente era Mattia.

“Luna, Paola è di là… Sono Antonio”.

Ebbi la sensazione di essermi persa qualche pezzo mentre ricollegavo quell’affermazione al suo senso logico. Antonio a casa di Paola? Che ci faceva lì? Era forse andato da lei per una consegna di dolci o giù di lì?

“Antonio!” esclamai, e qui Marco mi guardò come se fossi impazzita. “Ma che ci fai da Paola?” domandai, curiosa e desiderosa di capirci qualcosa.

“No, niente, mi trovavo da quelle parti… Tu, piuttosto?” chiese.

“Io? Oh, no, niente, niente, è solo che sono con Marco e visto che non riusciva a rintracciare Mattia mi ha chiesto di chiamare Paola per sapere se è in casa” mentii spudoratamente, tanto che Marco assunse un’espressione indignata.

“No, Mattia non c’è, in realtà non c’è nessun altro” ammise, in un tono quasi eloquente.

Che cosa? Paola e Antonio da soli in casa dopo che non li avevo mai visti così in confidenza? Il mondo stava letteralmente impazzendo, non c’erano altre spiegazioni.

“Va bene, gli dirò di riprovare  a chiamarlo, grazie. Salutami Paola, eh”.

“Certo, ciao Luna” e subito staccò. Riposi il cellulare in tasca e mi guardai intorno quasi con confusione.

“Ma sei pazza? Perchè hai cacciato quella scusa? Ora Paola inizierà a farsi mille problemi sul perché ho fatto chiamare te e non ho chiamato io” mi attaccò subito Marco, con un tono grave. Sbatté le mani sul volante.

“Oh, ma piantala! Senza offesa ma credo che tu sia l’ultimo dei suoi pensieri dal momento che sta a casa da sola con Antonio…” gli feci notare con sarcasmo.

“Infatti, è un'altra cosa che non capisco, insomma, ci sono rimasto quando ti ho sentito nominarlo” ammise, scuotendo il capo. “Non sapevo che fossero amici”.

“Nemmeno io se è per questo. Ma Antonio aveva un tono strano, sai? Tipo quella dei criminali dopo che hanno commesso un delitto” cercai di spiegare. “E se fosse una sorta di appuntamento?” domandai al nulla.

“Mi fa piacere per loro, vuol dire che ci hanno dimenticati finalmente” disse Marco.

“Si, ma poi, se le supposizioni di Stella sono esatte, dovrei restituire il biglietto del concerto ad Antonio…” dissi sconsolata.

Marco non disse nulla per qualche istante. “Io ti consiglio di far finta di nulla, se lui te lo chiede nel caso voglia andarci con Paola glielo ridai, altrimenti, che te ne frega. Ma sai quanti altri ragazzi possono essere?”  domandò.

“Mi prendi in giro?” chiesi con amarezza. Oltre Antonio e al massimo Mattia non poteva essere nessun altro, era ovvio.

“No. Perché dovrei? Vedi che sei tu che ti butti così giù anche quando io cerco di essere gentile?” mi rimproverò.

Mi ci volle una forza sovrumana per trattenere un sorriso, dopotutto quella frase gli doveva essere costata molto.

“Piuttosto, dove andiamo?” domandò. Sembrava quasi un tassista un po’ annoiato ad essere onesti.

“Non lo so, insomma, puoi lasciarmi qui se hai da fare…”. Non volevo essergli da impedimento se aveva qualcosa da fare, era già stato abbastanza gentile nel darmi il passaggio.

“Non ho nulla da fare stasera. Se tornassi a casa mi metterei a studiare e ne ho abbastanza di chiese e monumenti, ad essere onesti”.

“E allora…?” chiesi esitante, senza sapere dove volesse arrivare.

“E allora ti va se andiamo al cinema? Ho proprio voglia di rilassarmi un po’ mangiando un chilo di pop corn” ammise, voltandosi e sorridendo incoraggiante. “Ho bisogno di energie, domani ho il primo allenamento dell’anno”.

Se avessi potuto, in quel momento gli sarei saltata addosso e lo avrei tenuto avvinghiato a me per le prossime dodici ore. Andare al cinema con lui?

Si! Si! Si! urlavano gli spiritelli maligni che mi avevano ormai invaso il cervello. E mi raccomando, scegliete un film horror che più horror non si può così hai la scusa per gettarti addosso e non scrollarti più! aggiunsero.

Scacciai quel pensiero e feci un cenno di assenso, quasi come se per me fosse un qualcosa di irrilevante. Ero consapevole che dopo quelle ore passate in sua compagnia non avrei dormito per le seguenti dieci notti, ma visto che ultimamente ero diventata molto masochista, non vedevo l’ora di passare due ore seduta al suo fianco.

“Cosa vorresti vedere?” gli domandai mentre facevamo la fila per i biglietti.

“Non lo so… Tu che dici? “Io&Marilyn”?” disse poco convinto.

“Mmm…” dissi vaga, guardandomi intorno. Diedi un fugace sguardo a tutte le locandine, per poi restare ammaliata da una delle tante, che aveva come copertina due visi, uno di un ragazzo e  uno di una ragazza con sotto la scritta “Dieci Inverni”. “So che ora dirai di no, ma quello mi ispira” ammisi, indicando quel tabellone.

Marco seguì il mio dito  e poi valutò la proposta in silenzio.

“E’ inutile, lo so che non acconsentirai mai  a vedere un film romantico” lo presi in giro.

Mi guardò con aria di sfida e cacciò uno di quei sorrisi che tanto amavo. “Credi che non lo vedrei?”.

“No, perché poi ti commuoveresti e faresti la figura dell’idiota” dissi saccente, con l’aria di chi la sapeva lunga. I ragazzi erano così, volevano fare i duri vedendo film d’avventura ed azione solo perché davanti ad uno d’amore si sarebbero sciolti e avrebbero dimostrato le loro debolezze. Avevo letto la trama su una rivista, di quel film: parlava di un ragazzo e una ragazza che si erano incontrati per la prima volta a diciott’anni su un vaporetto che li avrebbe condotti a Venezia nel 1999, per poi far continuare ad evolvere il loro rapporto nei dieci anni successivi che li porterà dall’amicizia all’amore e poi ai litigi, passando da Venezia fino a Mosca.

(http://www.movieplayer.it/film/24905/dieci-inverni/)

“Io non mi commuovo assolutamente” protestò, e fu così che dieci minuti dopo ci ritrovammo nella sala in cui proiettavano proprio quel film. Io sorridevo soddisfatta mentre lui mangiava i pop corn con aria decisa, come per sfogare in quel modo la sua frustrazione e la sua sottomissione dovuta al fatto che mi avesse accontentata solo per farmela vedere.

Le luci della sala erano ancora accese, e Marco sembrava essere lì solo per mangiare.

“Giuro che devo infastidirti al massimo per tutto il film con il rumore della mia mascella al lavoro” disse risoluto quando notò che lo guardavo un po’ schifata.

“Sono brava nel non ascoltare, fidati, e poi posso sempre spostarmi…” ribattei, anche se quella era l’ultima cosa che volevo. Che senso aveva stare in quel cinema se non starci vicino e sentirlo al mio fianco?

“Provaci. E poi chi mi farà da cuscino quando mi addormenterò per questa palla di film?”  domandò retorico.

Fare da cuscino? Io? Ma pure da materasso con tanto di piumone, no problem!

“Chi ti dice che ti farò da cuscino?” chiesi acida, fingendo di non essere allettata dall’idea.

In quell’istante, le luci iniziarono a spegnersi e poco dopo ci ritrovammo immersi nel buio più totale. “Io. Sei uno scricciolo, non hai la forza per respingermi”.

Non ribattei; sentii il viso improvvisamente in fiamme e per dispetto presi una manciata di pop corn dal suo contenitore enorme. Il film iniziò e mi catturò dal primo istante; sorrisi malinconicamente nel vedere che i protagonisti del film, Silvestro e Camilla, erano identici a me e Marco quando litigavano, e dal primo istante, però, almeno loro sembravano essere fatti l’uno per l’altra quando solo loro non se ne rendevano conto.

Il primo tempo terminò e restai scandalizzata quando vidi Marco andare a comprare un’altra confezione di pop corn con un sorriso divertito sulle labbra, anche se per fortuna ritornò con una confezione mini che divorò in meno di quattro minuti.

Il secondo tempo iniziò dopo poco e mi sentii entrare in un’altra dimensione quando avvertii Marco appoggiarsi sulla mia spalla.

“Almeno sei comoda, dai” disse altezzoso, appoggiandosi meglio.

“Prego, eh” sbuffai, ma, decidendo di non fregarmene e seguendo il mio istinto meno nobile, mi appoggiai a mia volta su di lui. “Così non sei solo tu che uscirai da qui ben riposato” mentii, più spavalda di quanto sapevo di essere.

“Ma certo, non vedo dove sia il problema, almeno sei leggera e non mi schiaccerai sotto il tuo peso” osservò con nonchalance. Eravamo viso contro viso mentre parlavamo; sarei rimasta così ancora tanto tempo, a perdermi nelle sue magnifiche iridi blu che al buio scintillavano ancora di più, e mi sentii morire quando lo avvertii aiutarmi a poggiarmi su di lui. Poggiò il capo sul mio, circondò le mie spalle con un braccio e domandò: “Va bene così?”.

“S-Si” bofonchiai incerta. Speravo che non stesse avvertendo il mio cuore battere all’impazzata in quei momenti, e chiusi gli occhi per calmarmi. Che bella sensazione era starsene così, al caldo, avvinghiata al ragazzo che amavo… Ma la consapevolezza di sapere che per lui non fossi alto che un mezzo di comodità mi logorava l’anima.

Perché diamine si comportava così? Per lui non contavo nulla, ero solo la compagnia dal momento visto che il suo migliore amico non c’era.

“Cosa faresti al posto mio
se ogni pensiero
se ogni pensiero fossi io?
Cosa faresti tu?
Cosa faresti tu?”

Purtroppo, però, quando si sta bene il tempo vola, e fu così che ci ritrovammo a tornare seduti per bene appena le luci iniziarono a riaccendersi.

Non ci guardammo negli occhi per un bel po’, fissando ognuno in direzioni diverse mentre uscivamo dalla sala. Mi sentivo intontita, anche se a riportarmi alla pazza e burrascosa realtà ci pensò un sms di Paola.

Luna, scusami per prima. Comunque, non ci crederai, ma domani io e Antonio andiamo a cena fuori insieme… Ho mille cose da dirti! ;-) Ti voglio bene!

Lo lessi quando ero ormai nell’auto di Marco che mi stava riportando  a casa, e non riuscii a non ridere nervosamente.

“Che c’è?” chiese lui.

“C’è che avevamo intuito bene, Paola si vede con Antonio. Magnifico, mia sorella e la mia più cara amica sono occupate, ci manca solo Miriam e sto apposto!” esclamai sarcastica, senza riuscire a trattenermi.  Come diavolo si erano conosciuti per bene? Paola aveva molte cose da raccontarmi, decisamente.

“Non dire queste cazzate,pensa che è  meglio soli che male accompagnati” se ne uscì Marco, quasi con una voce ostile che mi fece ricordare i momenti in cui si comportava sgarbatamente.

Lo guardai male e non parlammo più fino al momento in cui arrivammo sotto casa dei nonni.

“Beh, allora ciao” dissi, mentre aprivo la portiera.

“Ciao”.

Non aggiunse altro, quasi come se mi avesse fatto un piacere venendo al cinema con me dopo che me lo aveva proposto. Come dovevo fare? Dove avevo sbagliato? Possibile che fosse così lunatico, ancora peggio di me?

Mi trascinai in casa desiderosa di andare a letto nonostante fosse ancora presto, ma scoprii che mi sarebbe stato inutile quando ad aprirmi la porta ci pensò mia madre, perfettamente truccata come sempre, insieme ad un suo urletto: “Sorpresa!”.

“Mamma, ma che ci fai qui?” domandai. “Ti aspettavamo tra quattro giorni” le ricordai, visto che sarebbe venuta per le imminenti nozze di Flavia.

“Flavia ha dei problemi con l’abito, glielo devo stringere un po’ e così eccomi qua in anticipo, non sei contenta?” chiese allegra, abbracciandomi.

“Ma certo…”. Perfetto, ci mancava solo lei e le sue subdole supposizioni sulla mia cotta per Marco e potevo dire di aver avuto tutto dalla vita!

“Vieni di là, mi sto divertendo un mondo con tua sorella e il suo ragazzo!” esclamò, prendendomi per un braccio e conducendomi in soggiorno.

“Vuoi dire che hai già saputo e metabolizzato la cosa?” chiesi.

“Ma certo! Anche se mi dispiace che sia sempre Stella quella ad avere un ragazzo e non tu…”.

“Mamma!”.

“Ok, non fiaterò più, promesso” disse, con finta aria da vittima.

Papà arrivò poco dopo, e appena vide mamma sbiancò.

“Dante! Caro, torni a casa tutte le sere a quest’ora?” domandò mamma, con la sua solita risatina, abbracciandolo. Era sempre molto affettuosa con lui, nonostante la separazione, ma dal modo in cui papà si separò e la guardò compresi che era molto freddo.

“E tu compari sempre così all’improvviso, Cristiana. Ti dispiace venire un secondo di là? Dovrei parlarti” rispose a tono lui, in un modo glaciale che raramente gli avevo visto dipinto in faccia.

Evidentemente le avrebbe chiesto della sua relazione e del perché non glielo aveva detto.

Guardai Stella, che sospirò.

“Non voglio vederli litigare anche ora che si sono separati” mormorò, appoggiandosi sulla spalla di Mario che le accarezzò dolcemente la testa. Com’erano belli insieme, dovevo ammetterlo. Era una coppia perfetta, ben proporzionata ed equilibrata: lui simpatico ma allo stesso tempo serio e responsabile, lei estroversa e un po’ pazza quando ci si metteva, ma con un gran cuore.

“Tranquilla, amore” la tranquillizzò lui, stringendola a sé.

Per fortuna, anche se i nostri genitori avevano avuto un diverbio, il tutto si era probabilmente risolto rapidamente perché tornarono nella nostra stanza poco dopo, papà più calmo e mamma più sorridente.

“Allora, Stella, non fai conoscere il tuo ragazzo a papà?” chiese mamma ammiccante.

Papà guardò entrambe come se avesse udito un’eresia e subito Mario, che al loro ingresso si era separato da Stella, scattò su.

“Cioè, Stella, tu hai un ragazzo e lo sa tua madre che è appena venuta da Firenze e non io? Possibile che qui sono sempre l’ultimo a sapere le cose?” chiese papà, quasi esasperato ma con la solita espressione del papà geloso dipinta in volto.

“Papà! Ci siamo messi insieme ieri, è solo un caso! Comunque lui è il mio ragazzo Mario, il fratello di Marco” esclamò Stella, e quasi mi venne da ridere nel vedere la scena in cui Mario e papà si stringevano la mano e si guardavano, l’uno intimorito, l’altro minaccioso.

Fu così che Mario si fermò a cena e conobbe anche i nonni. Ogni volta che lo guardavo cercavo di non notare i tratti di somiglianza che lo accumunavano a Marco, ma invano, e il pensiero di doverlo obbligatoriamente vedere per tutta la giornata al matrimonio, ben quattro giorni dopo, mi turbava alquanto. Ormai era una parte fondamentale della mia vita, ed ero certa che, a modo mio, sarebbe sempre stato lui il mio “amore”, anche se un domani avrei avuto la fortuna di incontrare qualcuno che ricambiasse i miei sentimenti e mi avrebbe amata per quella che ero.

 

*°*°*°*

Hola chicas!

Rieccomi con un nuovo capitolo in anticipo per XXX_Ice_Princess_XXX dato che non avrebbe potuto leggerlo se avessi aggiornato martedì poiché dopodomani partirà per andare in gita e a cui auguro di divertirsi un mondo anche per me che non ci sto comprendendo più nulla tra compiti e interrogazioni ^^

Comunque, immagino che cap dopo cap avrete notato che c‘è un certo avvicinamento tra i due e anche Marco sembra molto più gentile e dolce, anche se alla fine ritorna improvvisamente gelido… Beh, vi dico solo che probabilmente il prossimo cap, in cui ci sarà il matrimonio di Flavia, vi piacerà molto!

Scusatemi se non ho il tempo di rispondere alle vostre recensioni, ma sappiate che ringrazio di cuore le 27 persone che hanno inserito la storia tra i preferiti e le 32 che l’hanno inserita tra le storie seguite, e ovviamente coloro che hanno recensito, ovvero:

XXX_Ice_Princess_XXX

Blair95

Lola SteP

CriCri88

Fattucchiara

vero15star

rossy87

 

Spero continuerete a seguirmi, sappiate che ogni vostra recensione mi fa sorridere peggio di una bambina perchè sapere che Luna&co vi stanno facendo appassionare e sorridere proprio come succede a me è magnifico… GRAZIE!

 
Come sempre eccovi qualche anticipazione…:

“Ti giuro che è vero! Verissimo! Lo amo alla follia però tu devi stare zitta, capito? Capito? Altrimenti io… Io dico a Mario che…”.

“Che gli dici?” mi sfidò, ridendosela. Si stava per caso prendendo il gioco della sua povera gemella fuori di senno?

_____________

“Voglio proprio vedere. Insomma, se foste una coppia sareste abbastanza impegnati a litigare tra voi per rompere le scatole a me e a Mario…” insisté Stella in un modo così deciso che replicai subito con un: “Però non stiamo insieme e la questione non si pone, ok? E ora zitta che mi fai aumentare il mal di testa”.

_____________

“Scusami, non avrei dovuto, è colpa della febbre, io… Scusa…” biascicai, e ci restai malissimo quando non udii alcuna risposta, salvo poi avvertire le sue braccia stringermi a sé.

Perchè secondo voi Luna chiede scusa? Cos'è che "Non avrebbe dovuto"? Si accettano scommesse xD

 Spero di riuscire ad aggiornare venerdì, girls!

Un bacione,

la vostra milly92

  
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