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Autore: samek    16/01/2010    1 recensioni
Una bambina ed un giovane artista legati dal filo rosso del Destino.
(Scritta per la Criticombola di Criticoni)
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Originale – Racconto Sentimentale;

Fandom: Originale – Racconto Sentimentale;
Rating: Pg13;
Genere: Sentimentale;
Beta: Narcissa63;
Summary: Una bambina ed un giovane artista legati dal filo rosso del Destino.

(Scritta per la Criticombola di Criticoni)
Note:Scritta per la Criticombola di Criticoni. Prompt 36 –Gen.

 

 

Il Filo Rosso del Destino.

 

Il sole brillava vivace su piazza San Pietro ed una brezza fresca e primaverile spazzava via le nuvole dal cielo azzurro di Roma. La folla brulicava nelle stradine e tra i colonnati, chiacchierando fittamente, ed una bambina correva, tentando di acchiappare i piccioni.

Un bel ragazzo dai capelli neri, seduto su di un gradino, disegnava tenendo un album in grembo. La bimba affascinata gli si avvicinò, sbirciando il suo lavoro, ed il giovane alzò il capo, incontrando due vispi occhi scuri incastonati da un visetto paffuto e da setosi capelli castani.

«Ciao!» lo salutò la piccola, vestita di un vistoso cappottino rosso «Che occhi strani che hai!» esclamò subito dopo, con tutta l’innocenza dei suoi cinque anni.

L’artista ponderò l’idea di risponderle “Per guardarti meglio”, come nella fiaba di Cappuccetto Rosso, invece sorrise divertito e chiarì: «Perché sono giapponese».

«Che vuol dire?» domandò la bimba, corrugando le sopracciglia sottili in una buffa espressione perplessa.

«Che non sono di qui» spiegò l’altro.

«Allora anche io sono straniera!» replicò lei convinta.

«Davvero? Da dove vieni?» chiese allora lui, socchiudendo gli occhi a mandorla per schermarli dalla luce solare.

«Dalla Sardegna» affermò, tutta fiera di sapere la risposta.

«Oh, ma io vengo da molto più lontano» ribatté lui «Guarda, nel mio paese le banconote sono così» aggiunse poi, prendendo il portafoglio e mostrandole una banconota da mille yen.

La bambina la prese tra le manine, facendo un versetto molto simile ad un “Ooooh!”, che fece ridacchiare l’improbabile interlocutore.

«Io sono Akira, e tu?» si presentò quest’ultimo, tendendole il palmo.

«Maria» rispose l’altra, ricambiando il gesto «Cosa stai facendo?» chiese subito dopo, piena di curiosità.

«Sto disegnando. Marietta, dove sono i tuoi genitori?» replicò e lei si guardò attorno, indicando un punto vicino ad una delle fontane della piazza, dove due coppie stavano chiacchierando.

«Lì, con i miei zii» spiegò, agitando la manina per salutarli.

Una donna bruna, che doveva essere la madre, la notò e si avvicinò a grandi passi. «Mi scusi, mia figlia le sta dando fastidio?- esordì all’indirizzo del giovane straniero, afferrando il polso della bimba.

«No, non si preoccupi» rispose lui cortese.

«Mamma, posso stare qui con Akira?» la pregò la piccina «Guarda cosa mi ha dato! Akira è giapponese» raccontòtutta contenta.

«Parli molto bene la nostra lingua. Da quanti anni sei in Italia?» chiese la donna, con la medesima curiosità di Maria.

«Da quasi sei anni. Mi sono trasferito qui con la mia famiglia ed ora studio all’Accademia delle Belle Arti…- narrò l’orientale, ma venne interrotto dalla sua nuova piccola amica.

«Posso stare qui con te a disegnare?»

«Ma tesoro, non puoi rimanere qui a disturbarlo» obiettò la signora.

«No, la lasci stare…a me non da fastidio, se per voi non è un problema. Mi piacerebbe ritrarla» ribatté il ragazzo.

«Oh…beh, d’accordo. Noi siamo qui vicino» concesse la madre, a mo’ di monito verso entrambi, prima di raggiungere nuovamente il marito ed i cognati, senza perderli d’occhio.

Akira cedette un foglio e delle matite colorate a Marietta che, tutta contenta, si appoggiò allo scalino e si mise a pasticciare, mentre lui prese un carboncino e, cambiando foglio, cominciò a disegnarla.

Passò forse una mezz’ora, prima che i genitori della bimba tornassero a prenderla per andare a pranzo, e la signora costrinse la piccola a restituire il denaro.

«Aspettate» li fermò il ragazzo e scribacchiò qualcosa sul biglietto «Tienilo. Spero di rivederti un giorno, Cappuccetto Rosso» aggiunse, richiudendole la banconota nel palmo.

Più tardi la madre, mettendo nell’armadio il cappottino di Maria, trovò il biglietto da mille yen nella tasca destra. Fece per prenderlo, ma poi ci ripensò e decise di lasciarlo dov’era, convinta che alla bimba avrebbe fatto piacere avere un ricordo del giovane artista. Non si accorse quindi che questi, prima di dare la banconota alla piccina, vi aveva vergato sopra una frase.

 

*°*°*°*°*

 

Il vento soffiava impetuoso nel centro storico romano, incanalandosi per le strade lastricate di sampietrini* e trasportando un caleidoscopio di profumi tipici di quella città. Una ragazza sulla ventina rabbrividì e cinse più strettamente l’album da disegno che teneva tra le braccia, come se questo potesse ripararlo dalle folate gelide. Si guardò attorno, alla ricerca di un bar dove poter entrare a prendere qualcosa di caldo e notò, poco distante, un cartello che annunciava un’esposizione delle opere di un certo Akira Misashi.

Attirata dal nome familiare e dall’imperituro amore per l’arte, la giovane donna varcò la soglia del locale e cominciò a passeggiare per la lunga galleria, ammirando assorta i quadri alle pareti. Si fermò ad osservare il ritratto di una bimba dai lunghi capelli scuri, vestita di un vivace cappottino rosso, che disegnava qualcosa appoggiata ad un gradino. Si sentì mancare il fiato e, senza poterne fare a meno, cominciò a cercare il prezzo di quell’opera.

«Mi dispiace, ma quel quadro non è in vendita» la sorprese una voce maschile e, quando si voltò, incontrò gli occhi a mandarlo di un uomo di mezza età.

«Mi scusi, è lei il signor Misashi?» domandò emozionata.

«Sì, esatto» confermò questi.

«Sono felice di constatare che, dopo quindici anni, il mio ritratto sia ancora così importante, per lei» affermò allora la fanciulla.

«Come scusi?» ribatté stupito l’artista.

La ragazza prese a frugare nella propria borsa, estrasse il portafoglio e da lì tirò fuori una banconota da mille yen, che poi consegnò nelle mani dell’uomo.

Su di un angolo di questa, era ben visibile una scritta:

 

“Forse un giorno, quando sarai più grande,

il filo rosso che ci unisce ci farà incontrare ancora.

Akira Misashi.”

 

Lo sguardo incredulo del giapponese si spostò dal biglietto alla giovane donna che aveva dinnanzi. «Marietta?» chiese conferma con voce titubante e, quando l’interpellata annuì, un sorriso raggiante si aprì sul suo volto.

La ragazza si slanciò verso di lui e lo abbracciò. Per tanti anni quella banconota era stata il suo portafortuna e, finalmente, aveva nuovamente incontrato l’uomo che aveva instillato in lei l’amore per il disegno.

 

FINE.

 

*Il sanpietrino o sampietrino, come riportato sul Dizionario De Mauro, è il nome del blocchetto di porfido utilizzato per la realizzazione del lastricato stradale di uso comune nel centro storico di Roma e in Piazza San Pietro per pavimentare strade o piazze.
Il sampietrino rappresenta una tipologia di pavè.
Accostando più blocchetti si ottiene una pavimentazione su estese superfici che prende appunto il nome di sampietrini (o anche, a Roma, "selci" - da cui la nota battuta di Verdone nel film Compagni di scuola: "Ti prendo a selciate!"). [Fonte Wikipedia]

 

 

   
 
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