Anime & Manga > Inuyasha
Ricorda la storia  |      
Autore: mikamey    19/01/2010    5 recensioni
Shot formata da 14 paragrafi di circa cento parole ciascuno, racconteranno una parte di infanzia di Inuyasha in particolare la sua fragilità di bambino e la sua condizione da mezzodemone. “La foresta è ormai alle loro spalle e dinnanzi a loro, si scorge un villaggio. il bambino indietreggia, ora sa che è arrivato il momento di scappare. Lui non può vivere al villaggio, lui non può stare tra gli umani. La sua nuova dimora è la foresta, il suo nuovo tetto quella tana.”
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
notti di luna nera
Notti di luna nera



Un singhiozzo, un altro. Un bambino di all’incirca quattro anni piangeva nascosto nella foresta. Il viso arrossato e rigato dalle lacrime, la veste sporca di fango, il corpo scosso dai tremori. Era una notte quieta, silenziosa, senza luna. Sembrava che la natura si fosse assopita per dar voce a quella piccola anima sola. Forse sperava che qualcuno lo sentisse e lenisse le sue pene. Forse, non sapeva che  quel cucciolo era un orfano. Forse, ignorava che la paura di un bambino sa essere infinita se non ha qualcuno accanto.

Un rumore di foglie calpestate, una minuta figura e una voce femminile che si avvicinano al nascondiglio. Il bambino smette di piangere, trattiene istintivamente il respiro ma avverte distintamente il pulsare frenetico del suo cuore, terrore. La donna si china di fronte  a lui, gli sorride, lo prende per mano. La sua presa è delicata, calda e per un attimo, un solo istante, rassicurante. Il bambino si lascia condurre fuori dal suo rifugio senza opporre resistenza, e permette al donna di osservarlo da vicino. Anche lui la guarda, è una contadina. I suoi abiti sono logori, le sue mani segnate dal lavoro, i capelli sono ispidi e malamente raccolti e il suo viso è solcato da una profonda cicatrice; ma il suo sguardo, è buono.

La donna, gli asciuga le lacrime e pulisce il suo visino, gli sorride ancora.
-ti sei perso?
No, non mi sono perso
-non sai dove è la tua mamma?
Io non ho più una madre
La donna non riceve nessuna risposta. Il bambino ora trattiene nuovamente le lacrime e si copre il viso con la sua folta chioma corvina. Non vuole mostrarsi debole, non più di quanto non lo sia già in quella notte, eppure, lascia che la donna lo prenda nuovamente per mano e gli accarezzi il capo.
Adesso anche la donna è in silenzio, si leva il logoro scialle dalla schiena e lo poggia su quelle esili e tremanti spalle, poi, si incammina lenta per la foresta assieme a quella silenziosa e impaurita creatura.

Camminano silenziosi per la foresta, con solo le stelle ad illuminare il loro tragitto con un chiarore, troppo flebile per indicare la strada ad un viandante inesperto. La donna tiene ancora la mano del bambino nella sua, avverte la sua inquietudine, avverte il suo istinto alla fuga, ma lei non rafforza al presa su quella fredda manina. Sa che se lo facesse rischierebbe solamente di impaurirlo ulteriormente. Quel bambino è come un cucciolo che ha perso la madre, è desideroso di vicinanza ma combattuto dall’idea di fidarsi o meno di chi gli offre aiuto.

Il bambino sa che dovrebbe fuggire, sa che sarebbe facile divincolarsi da quella blanda presa e correre il più lontano possibile da quella donna umana; ma quel calore, il ricordo di quel sorriso, quella figura cosi minuta e fragile glielo impediscono. Forse ,quella donna è come lui. Forse, quella donna è emarginata e sola, proprio come lui. Forse, può fidarsi di lei o quantomeno rubarle un po’ di quel calore, di quello strano tepore che solo la sua mamma sapeva infondergli, così continua a seguirla fissando il terreno scorrergli sotto i piedi, lento, come la loro andatura.

La foresta è ormai alle loro spalle e dinnanzi a loro, si scorge un villaggio. Il bambino indietreggia,  ora sa che è arrivato il momento di scappare. Lui non può vivere al villaggio, lui non può stare tra gli umani. La sua nuova dimora è la foresta, il suo nuovo tetto quella tana. Non può correre il rischio di essere braccato dal villaggio, inseguito da un branco di uomini con le torce e armati di vanghe e tridenti ai quali non importa che lui sia solo un cucciolo, senza possibilità di difendersi ne di attaccare. Prima c’era la sua mamma a proteggerlo ora invece doveva  nascondersi, almeno finchè non avesse imparato a difendersi.

La donna sente il bambino strattonare, sa che ha paura, sa che vuole tornare al suo nascondiglio. Lo ferma e si china nuovamente di fronte a lui, lo fissa in volto e porta la sua manina a percorrere la cicatrice sul suo viso.
-vedi questa? È stato un demone, mi ha attaccata nella foresta, ma un bonzo mi ha salvata. Anche io sono sola, anche io ho perso la mia famiglia; ma adesso ho una casa al villaggio e tu puoi stare con me, non devi temere, lì i demoni non potranno farti del male non devi più nasconderti.

Il bambino osserva silenzioso la donna, passa ancora una volta la mano su quella cicatrice, sul quel tratto di pelle più sottile, più liscio e dal colore diafano in netto contrasto col resto di quel viso bronzato, è stato un demone a sfregiarla… Inizia ad avvertire un peso all’altezza del cuore e sente il calore svanire dal suo corpo. Volge silenzioso il suo sguardo a quel gruppo di case e poi nuovamente alla donna. Adesso, ogni dubbio è scomparso, sa cosa deve fare, sa quale è il suo posto. Si toglie il caldo scialle dalle spalle e lo ritorna alla sua padrona poi, correndo, si inoltra nel fitto del bosco incurante dei richiami della giovane.



Ha corso a perdifiato per tutta la notte, ha corso finchè non è sorta l’alba mosso non più dalla paura della notte, ma dai rimorsi e sensi di colpa. Si era illuso di poter avere di nuovo qualcuno accanto, aveva creduto che quella donna lo avrebbe accolto e magari abbracciato come sua madre, ma ciò non sarebbe mai accaduto, lui non poteva vivere in un villaggio, per lui non c’era più amore ne affetto, da nessuno, lo sapeva; ma la notte prima era troppo fragile sia nel corpo che nel cuore per opporsi al sogno di essere amato.

Un tonfo, un altro tonfo. Un piccolo mezzo demone tentava di arrampicarsi su una grande quercia senza servirsi degli artigli, la luna quella notte era quasi piena tra breve sarebbe diventata una perla perfetta e poi sarebbe scomparsa, e quel giorno, lui sarebbe dovuto riuscire ad arrampicarsi su quell’imponente albero anche con le sue sembianze umane. Non poteva correre il rischio di essere scoperto un’altra volta, non poteva cedere di nuovo al bisogno di affetto. Scacciò dalla sua mente il ricordo del calore umano e continuò nei suoi tentativi.

In una notte di luna nera un bambino riposava tra i rami di un’alta quercia, immaginava cosa sarebbe potuto succedere se quella notte avesse seguito la donna al villaggio, se avesse accettato la sua ospitalità. Avrebbe dormito al caldo, su un vero futon, cullato dal calore della donna e al mattino seguente, l’ignara, si sarebbe trovata accanto un mezzo demone. A quel punto si sarebbe sentita tradita, lo avrebbe scacciato e l’intero villaggio gli avrebbe dato la caccia.  E se invece avesse accettato la sua natura? Avrebbe subito la stessa sorte di sua madre, sarebbe stata odiata e perseguitata dai suoi stessi simili fino alla morte.

Strinse al petto i suoi averi, un pettinino e un rossetto della madre, la veste del cane di fuoco di un padre mai conosciuto e infine, il vecchio scialle logo della contadina che un mese prima gli aveva ricordato il calore dell’affetto. Lo aveva ritrovato davanti il suo rifugio assieme a del cibo il giorno seguente al loro incontro quando era tornato per recuperare i suoi tesori e fu certo per la prima volta di aver fatto la cosa giusta fuggendo. Lui non era nato per essere amato, lui portava solo sventura. lui era destinato a rimanere solo. Lui non avrebbe sopportato di leggere la paura e lo sdegno negli occhi di quella donna.

In quella notte di luna nera un piccolo bambino passò la notte rannicchiato tra le fronde di una quercia, portava alle spalle un caldo scialle ma tremava come una foglia. Odiava essere solo e soprattutto odiava quelle notti scure, quando la sua fragilità fuoriusciva da suo cuore rendendolo troppo debole; ma stava imparando a sopravvivere, stava imparando a sopportare la sua fragilità fisica e innalzare una barriera capace di proteggere la sua anima dalla solitudine. Quella notte il primo di tanti mattoni era stato posto attorno al suo cuore ad erigere una corazza, in attesa che qualcuno, un giorno, trovasse il modo di espugnarla.

Sono passati più di cento anni da quella fatidica notte e quel cucciolo grazie alla sua corazza è riuscito a sopravvivere, ha affrontato le avversità della vita, il dolore di una nuova perdita, il sapore della sconfitta e quello della vittoria. Ha conosciuto l’affetto di amici sinceri e l’amore di una donna. Ora il suo cuore è nuovamente capace di amare e ricevere amore, non maledice più la sua parte umana, adesso, non ha più paura, non è più solo; e in questa nuova notte di luna nera finalmente riposa tranquillo stringendo tra le braccia il suo nuovo tesoro.








Ciaooooooooooooooooooo
È un secolo che non compaio qui su efp! ( della serie voi non ve ne eravate accorti oppure ne eravate felici :p) ad ogni modo eccomi qui con un nuovo lavoro. Superfluo dire che il protagonista è   Inuyasha! In particolare i suoi primi anni di solitudine dopo la morte della madre. Si tratta di un bambino solo, spaventato in conflitto tra il bisogno di affetto e quello di proteggersi dagli uomini. Ammetto che non ho mai scritto nulla di questo genere è un piccolo esperimento  e confido nei vostri commenti per sapere se è riuscito o meno. Che dire, è nato tutto da una drabble, che si è tramutata in una serie di drabble collegate tra loro e alla fine è uscita una shot.
Ma non una normale.. eh no no no! questa “storia” è formata da 14 paragrafi e ognuno di loro è di circa 100 parole.
Inuyasha bambino mi è sempre piaciuto e spesso ho cercato di immaginare come abbia passato la sua vita dopo la morte della madre, non sappiamo come ciò sia avvenuto ne quando ma è facile intuire che Inuyasha era solo un cucciolo quando è avvenuto in quanto sua madre era ancora molto giovane! Ovviamente questo è solo un mediocre tentativo di illustrare uno squarcio di quel periodo. Ho immaginato questo inuyasha alla sua prima notte da umano senza Izayoi accanto con tutte le paure e fragilità di un bambino e di un mezzodemone nel suo giorno di deblezza.
Mi piacerebbe scrivere un’altra di queste “shot” per parlare di un Inuyasha bambino alle prese con il mondo demoniaco anziché quello umano…ma haimè il tempo non è mio amico quindi mi affido al vostro parere x decidere se fare un nuovo esperimento o concludere qui il tutto.

Spero con tutto il cuore che questo mio lavoro vi piaccia e invito chiunque ha avuto il coraggio di leggerla a lasciare un segno del proprio passaggio regalandomi un consiglio, un complimento o una critica.

Un abbraccio a tutti
Mikamey



  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: mikamey